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17 ottobre, 2018

Mozart acerbo in salsa barocca


Dopo averci proposto un’opera di un compositore ormai andato troppo in là con la maturazione (Cherubini, AlìBabà) ecco che la Scala, per riequilibrare la situazione, ce ne ha offerta una di un compositore ancora assai lontano dalla maturità (Mozart, La finta giardiniera): così la media è ristabilita, ma il risultato è che ci siamo dovuti sorbire due lavori non propriamente entusiasmanti... cose da festival, come infatti succede per questo spettacolo importato da Glyndebourne e approdato ieri sera alla terza delle sette recite in programma, non privo di qualche manipolazione, tipo spostamenti di arie e tagli ai recitativi.

Aspetti decisamente problematici sono la piattezza (appunto) dei recitativi e la prolissità di buona parte dei numeri, criticità che fanno quasi annegare le parti pur mirabilmente ispirate della partitura (dove si prefigura il Mozart che tutti... conosciamo). Mi permetto di aggiungere come l’approccio barocchista di Diego Fasolis (magari filologicamente corretto) forse non sia il più adatto a mettere in risalto le qualità dell’opera. Poi ci si è messa pure la sfiga che ha costretto la protagonista Hanna-Elisabeth Müller a mimare il suo ruolo alla prima di lunedi scorso, mentre la voce (della Martin du Theil) veniva dalle quinte; e poi a disertare la seconda, per cantare finalmente ieri sera.

E direi che non abbia cantato male, così come la travestita Lucia Cirillo e il convincente Mattia Olivieri. Gli altri su discreti standard, con qualche bercio di troppo da parte di Kresimir Spicer.

Frederic Wake-Walker (di cui avevamo apprezzato... con riserve le sue Nozze di un paio d’anni fa) propone una messinscena brillante e spiritosa (ne è testimone il finale davvero azzeccato) ma sa anche ben rendere le atmosfere da tregenda del second’atto.
    
Pubblco abbastanza folto, ma piuttosto parco di entusiasmi, salvo l’accoglienza divertita alla calata del sipario. Qualche minuto, non di più, di applausi per tutti.

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