Programma dalla struttura
super-tradizionale quello diretto questa settimana da Oleg Caetani: un’ouverture, un poema
sinfonico e una grande sinfonia.
Protagonista della prima parte la figura
di Don Giovanni, che ritroviamo nella
celebre Ouvertura dell’opera mozartiana e subito dopo nel Don
Juan di Richard Strauss. Devo
dire che Caetani non mi ha completamente convinto: già l’attacco dell’Ouvertura ha mancato di mettere nella
dovuta evidenza quei due autentici abissi infernali evocati dalle minime di viole, archi bassi e fagotti
(battute 2 e 4) che si estendono oltre le semiminime
del resto degli strumenti (è una perla
del Teofilo, che anticipa qui lo spaventevole ingresso della Statua nella scena
XXV dell’opera). Poi le cose sono andate discretamente bene.
Anche il Tondichtung ha avuto un inizio piuttosto travagliato: gran fracasso
generale dal quale faticavano ad emergere le linee melodiche. Poi le cose sono
migliorate assai, grazie ai passaggi piu solistici: l’oboe della love-scene in SOL maggiore e i quattro
corni all’unisono del successivo tema eroico.
Curioso (e anche... preoccupante) che Caetani dirigesse leggendo a fatica una Taschenpartitur!
Molto
meglio la Quinta di Ciajkovski,
che il maestro russo-elvetico-italiano conosce a memoria e che l’Orchestra
ormai presenta quasi regolarmente in ogni stagione (ultimamente diretta da Xian,
Axelrod e Bignamini). Emozionante come sempre l’Andante cantabile, strepitosi gli ottoni nel finale, dove il fato, che si era fin lì manifestato come
destino-cinico-e-baro, si trasfigura
in prospettiva addirittura trionfale.
Trionfo che il pubblico assai folto non
ha mancato di tributare a tutti con applausi e ovazioni.
Nessun commento:
Posta un commento