Le
esibizioni canore di Walther von Stolzing,
il tamarro venuto dalla campagna in città per liberarsi dal monotono tran-tran
di una vita senza problemi ma anche senza particolari emozioni, sono quattro,
cui però ne va aggiunta una quinta, surrettizia ma importante.
Orbene,
come già l’apprendista (artigiano-calzolaio e cantore) David ha anticipato a
Walther al momento di far la sua conoscenza in chiesa, e come poi pontificherà il
Maestro Kothner leggendo la tavola che reca le Leges Tabulaturae, una Canzone
di Maestro deve consistere in uno o più Bar
(la struttura portante della canzone) a sua volta costituito da tre componenti:
due strofe (Stollen) di testo diverso
ma egual musica, più un epòdo (Abgesang)
con testo e musica tassativamente diversi.
La prima
esibizione di Walther è quella del Probelied
(la canzone d’esame) che il nostro deve inventare lì sui due piedi ed esporre
alla Gilde per accedere al titolo di
Maestro. Siamo nel primo atto, chiesa di SantaCaterina e con Sixtus Beckmesser
in funzione di censore. Walther canterà i due Stollen, poi l’Abgesang
sarà contrappuntato e disturbato da continui interventi dei Maestri, che ormai
lo hanno irrimediabilmente bocciato, travolto dalla gragnuola di segni d’errore
sciorinata dal (prevenuto) censore. Ecco come si presentano il testo e la
struttura musicale (numero di battute) della prima strofa:
So rief der Lenz in den Wald,
dass laut es ihn durchhallt:
und wie in fern'ren Wellen
der Hall von dannen flieht,
von weither naht ein Schwellen,
das mächtig näher zieht.
Es schwillt und schallt,
es tönt der Wald
von holder Stimmen Gemenge;
nun laut und hell,
schon nah zur Stell',
wie wächst der Schwall!
Wie Glockenhall
ertost des Jubels Gedränge!
Der
Wald,
wie bald
antwortet er dem Ruf,
der neu ihm Leben schuf:
stimmte an
das süsse Lenzeslied!
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4
4
4
4
6
6
4
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Così ha chiamato la primavera entro la foresta,
che altamente tutta ne rintrona:
e come in onde sempre più lontane
via se ne fugge il suono,
di lontano s'appressa un ondeggiare
potente, via via più vicino.
Il quale rigonfia ed eccheggia,
e risuona la foresta
del concento delle dolci voci.
AAlta ormai e chiara,
già presso a me,
come l'onda cresce!
Come uno scampanìo,
rimbomba del giubilo il tumulto!
La foresta,
come súbita
risponde ella a quel
grido,
che nuova vita le ha infuso:
è cominciato
il dolce inno della primavera!
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A dispetto
dell’orecchiabilità della musica, va riconosciuto che la struttura della strofa
lascia un po’ a desiderare dal punto di vista della simmetria e del flusso
melodico: in particolare nella seconda parte (i gruppi di 6 battute) sembra
perdere scorrevolezza per sovrabbondanza di testo e note, ha una falsa cadenza
su Der Wald wie bald (dopo la quale
la canzone, invece di chiudere, riprende con un motivo del tutto nuovo) prima
di quella effettiva (stimmte an).
Insomma, sembra che Walther voglia strafare, aggiunge versi e musica che rischiano
di appesantire la strofa e allungare inopinatamente il brodo.
Peggio ancora va alla
seconda strofa (So rief es mir in der
Brust) che ha le stesse caratteristiche (e quindi gli stessi problemi)
della prima, ma con l’aggravante del maldestro preludio, causato dallo stato
d’animo alterato di Walther a fronte della reazione negativa di Beckmesser alla
sua prima strofa: dove il giovane fa addirittura del sarcasmo sul Merker,
paragonato all’inverno che, nascosto in una siepe di rovi, cerca di rovinare il
bel canto primaverile. Non è poi così strano che l’inflessibile Beckmesser ci
trovi più di un errore, e pure gli altri Maestri (il solo Sachs escluso) si
mostrino contrariati, poichè trovano difficoltà a seguirne la narrativa.
Così nel caotico Abgesang Walther romperà ogni argine, paragonando Beckmesser ad una
civetta che aizza corvi, gazze e cornacchie (i Maestri!) contro il meraviglioso
uccello (lui...) dalle ali dorate. Insomma, un esordio non proprio brillante
(ma a Walther sarà sufficiente aver colpito l’immaginazione di Sachs...)
Passiamo
ora alla canzone che Walther inventa – prendendo spunto da un sogno appena
fatto - il mattino successivo, alla presenza e dietro le rassicuranti
esortazioni di Sachs. Sarà (variata!) quella della gara finale (Preislied) ed è composta da due Bar (un
terzo, Walther lo inventerà in seguito, in presenza di Eva) perfettamente
identici nella musica. Ecco qua la prima strofa:
Morgenlich
leuchtend in rosigem Schein,
von Blüt
und Duft
geschwellt die Luft,
voll
aller Wonnen,
nie ersonnen,
ein
Garten lud mich ein,
Gast ihm zu sein.
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4
2
2
4
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Luminoso
nel roseo chiaror della mattina,
del
profumo dei fiori
l'aria impregnata,
pieno di
tutte le voluttà
mai sognate,
un
giardino m'invitava
ospitalmente ad entrare.
|
Come si
nota, è una strofa assai regolare e all’ascolto presenta solo una piccola
forzatura sul penultimo verso (la terzina sul mich). Chiude sul DO di impianto.
La
seconda strofa (Wonnig entragend dem seligen
Raum) ha la
stessa struttura in versi della prima, mentre muta significativamente (anche se
assai sottilmente) sul piano musicale: infatti alla settima delle 12 battute (Prangen dem Verlangen) un FA# al posto del LA produce la modulazione da
DO a SOL maggiore, nella cui tonalità la strofa si chiude. Sachs lo fa
prontamente notare a Walther, esortandolo a trovare un degno figlio a tali
genitori (le due strofe, appunto) e così l’Abgesang torna, a partire dal SOL
come dominante, a DO maggiore, dove viene esposto il bellissimo tema dell’amore:
Sei euch
vertraut,
welch' hehres Wunder mir geschehn:
an meiner Seite stand ein Weib,
so hold und schön ich nie gesehn:
gleich
einer Braut
umfasste sie sanft meinen Leib;
mit Augen
winkend,
die Hand wies blinkend,
was ich verlangend
begehrt,
die Frucht so hold und wert
vom Lebensbaum.
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8
5
4
6
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Vi sia
confidato,
quale alto prodigio m'è avvenuto:
al mio fianco stava una donna,
così dolce e bella, giammai avevo vista:
simile a
sposa,
soavemente mi cinse la persona;
con gli
occhi accennando,
la mano luminosa indicava
quel che
io struggendomi bramavo:
il frutto così dolce e nobile
dell'albero della vita.
|
Beh, qui
un pedante potrebbe obiettare (e Sachs non manca di farlo, bonariamente) sulla
chiusa un poco affrettata, ma certo (sarà per la presenza del Maestro) rispetto
al Probelied i progressi – almeno in
fatto di proporzioni formali - sono evidenti. E vengono subito confermati dal
nuovo Bar (Abendlich glühend in himmlischer Pracht) che Walther sciorina senza
esitazioni e... tutto d’un fiato, in perfetta identità musicale (salvo minori
differenze di orchestrazione) con il precedente!
Acquisita
dimestichezza con il Bar, Walther la sfoggia (dopo che abbiamo assistito al
siparietto con Beckmesser) all’innamorata, venuta da Sachs per problemi di...
calzature. Questa nuova componente (Weilten die Sterne im
lieblichen Tanz?) che
completa la terna ispirata al sogno mattutino, ha la stessa identica struttura
delle precedenti, anche qui con varianti solo di orchestrazione.
Arriviamo
quindi alla quarta esibizione del nostro cavaliere, quella più importante e
decisiva, alla tenzone canora e in presenza della moltitudine del popolo di
Norimberga. Sappiamo come il povero Beckmesser abbia appena miseramente fallito
la sua, bistrattando oltre ogni limite soprattutto il testo, trascritto da
Sachs, del Lied di Walther. E poi lo stesso Sachs ha adeguatamente preparato il
popolo ad accogliere come un eroe il cavaliere venuto dalla campagna. E poco
prima – nel grande quintetto - lo
aveva addirittura informalmente nominato Maestro
in una cerimonia privata in casa sua (il battesimo del Lied del suo sogno!)
testimoni Eva, Magdalene e David. Insomma, la gara è pure... truccata e il
nostro ormai sa di avere campo libero. E allora che ti fa? Fa il gradasso! E si
prende – rispetto alla pulizia formale del canto mattutino - un sacco di libertà, come del resto è nella
sua natura di giovane ribelle e presuntuoso, natura che qui riemerge proprio
come il giorno precedente, in occasione della prova in chiesa.
Cominciamo
con il testo: Walther qui canterà un
solo Bar, ma vi mescola versi dei tre Bar inventati al mattino a casa di Sachs:
il primo Stollen è una variante ampliata di quello del primo Bar; il secondo
Stollen attacca come il primo del secondo Bar, ma poi ne modifica profondamente
e ne amplia il testo; lo stesso dicasi per l’Abgesang, che si basa sull’incipit
di quello del terzo Bar, per poi modificarlo ed ampliarlo considerevolmente.
Dal punto di vista letterario è interessante notare come le variazioni e
soprattutto le tre nuove conclusioni (dei due Stollen e dell’Abgesang)
introducano i concetti di Religione ed Arte che giocano un ruolo di primo piano
nell’opera (e, non dimentichiamolo, nella prospettiva esistenziale-estetica di
Wagner, che sembra far proprio il sogno di Walther!): il primo Stollen chiude
con l’immagine di Eva in Paradiso; il
secondo con quella della Musa del Parnaso;
e l’Abgesang presenta la mirabile sintesi delle due figure: Parnaso e Paradiso!
Ma le conseguenze
più importanti e macroscopiche di queste deviazioni nel testo sono ovviamente
quelle che ricadono sulla musica, che acquista nuove (e magari... eterodosse) caratteristiche,
legate all’allungamento del testo, che scombina le mirabili proporzioni
originarie; e a sia pur momentanee modulazioni, che fanno deragliare la melodia
dai sicuri binari della tonalità d’impianto (sempre DO) e dalla sua dominante
SOL.
Il primo
Stollen (Morgenlich leuchtend in rosigem Schein) ripercorre quasi
pedestremente (testo e musica) i primi 6 versi dell’originale (fino a ein Garten lud mich ein); ma poi, invece
di chiudere sul settimo e sulla tonica, e approfittando del fatto che i Maestri
non seguono più il testo consegnato da Sachs a Kothner, aggiunge altri 7 versi
e ciò comporta anche una forzata e quasi innaturale ripresa del discorso
melodico (qui tutto e sempre in DO) che è certo di gran spessore, ma che appare
anche piuttosto sovrabbondante, ripetitivo e molto... teatrale. E i Maestri
infatti reagiscono in modo perplesso: riconoscendo la dignità e il valore del
canto, ma rilevando anche il mancato rispetto delle famigerate regole. Quanto al pubblico, ad esso
basta il confronto impietoso con i disastri di Beckmesser per garantire il suo apprezzamento.
Ancora
più pesanti gli interventi di Walther sul secondo Stollen (Abendlich dämmernd umschloss mich die Nacht). Qui lui non solo modifica assai l’intero
testo (sempre portandolo da 7 a 13 versi) ma introduce ardite modulazioni nella
musica: invece di chiudere sulla dominante SOL, ecco che si imbarca (dort unter einem Lorbeerbaum) in una
frase che vira bruscamente a SI maggiore! E subito dopo (ich schaut’ im wachen Dichtertraum) da SI maggiore modula ancora inopinatamente
(su Dichtertraum) a RE maggiore! Da
qui torna al DO di partenza (mich netzend
mit dem edlen Nass) e sembrerebbe poi chiudere (Weib) sulla dominante, ma senza modularvi: quindi non è la chiusura
prevista, cui si deve arrivare appunto sulla scala di SOL, passando dal FA#: ed
ecco che allora il SOL di Weib viene sporcato da un DO#, creando un’atmosfera
sospesa, dalla quale ripartono testo e canto (die Muse der Parnass!) per raggiungere il SOL, modulandovi come da
copione. Insomma: un percorso tortuoso ed accidentato, che i Maestri battezzano
come ardito e singolare, pur
riconoscendone la cantabilità. Per il pubblico, piacevolmente sorpreso: di bene
in meglio... e già canticchia la melodia!
L’Abgesang viene pure
ristrutturato (da 11 a 15 versi) e la parte musicale viene semplicemente
ampliata, con qualche ridondanza e ripetizione, ma restando sempre entro la
tonalità di DO. La frase musicale che ne caratterizza la parte finale viene poi
ripresa dal coro con un gran crescendo, a
decretare il trionfo di Walther(=Wagner!)
Che
dire? Il ragazzo è evidentemente esuberante e, quando non è indirizzato e monitorato
da vicino da un maestro (come Sachs...) tende facilmente a partire per la
tangente, perdendo il senso delle proporzioni e delle simmetrie, anche se la
sua inventiva crea sempre motivi accattivanti e di facile presa sui... non esperti.
Ma ora, dopo
che abbiamo osservato e giudicato le diverse prestazioni del Walther cantore (ormai promosso a Maestro) torniamo proprio all’inizio, o
quasi, della storia, cioè a quando lo Junker
ancora non aveva cominciato ad esibirsi come Singer. È il momento in cui, di fronte ai Maestri riuniti in
SantaCaterina, deve assolvere alcune burocratiche formalità, prima di
sottoporsi alla prova: gli vengono chieste le generalità, la provenienza famigliare
e geografica e attestazioni di onorabilità. A queste risponde, tagliando corto,
il Maestro Pogner, che garantisce per Walther. Dopodichè al giovane aspirante è
richiesto di esporre il suo curriculum: gli studi che ha fatto, gli insegnanti che
lo hanno introdotto all’arte poetico-musicale e i relativi insegnamenti ricevuti.
(Sappiamo che il curriculum di Walther è desolatamente vuoto...)
Walther risponde
raccontando di letture di antichi poeti, morti e sepolti (il suo omonimo von der Vogelweide) e di maestri di
canto... pennuti, abitanti di boschi e foreste! Beh, lui non ha altri meriti da
vantare, ma a noi ciò che preme osservare è come
lui li presenta. E qui ecco una clamorosa sorpresa: senza nemmeno rendersene
conto, lui risponde cantando su una perfetta
Barform!
Nel
primo Stollen (tutto il Bar è in RE maggiore, 9/8) viene ricordato il libro di
poesie di Vogelweide, letto e riletto nelle lunghe notti invernali:
Am stillen Herd in Winterszeit,
wann Burg und Hof mir eingeschneit,
wie einst der Lenz so lieblich lacht',
und wie er bald wohl neu erwacht,
ein altes Buch, vom Ahn' vermacht,
gab das mir oft zu lesen:
Herr Walther von der Vogelweid',
der ist mein Meister gewesen.
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4
5
4
4
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D'inverno, al tranquillo focolare,
quando la neve copriva castello e cortile,
come soave un giorno abbia riso primavera,
e come presto ella nuovamente si ridesti,
un vecchio libro, eredità degli avi,
spesso m'offerse a leggere:
Sire Walther von der Vogelweide
è stato il mio Maestro.
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Come
si vede, si tratta di una strofa ben proporzionata, come versi e battute musicali.
Nel
secondo Stollen – Wan dann die Flur, di
struttura perfettamente identica, con due piccolissime varianti virtuosistiche, e che pure chiude sulla
tonica RE - Walther spiega come d’estate il canto degli uccelli del bosco abbia
materializzato la poesia contenuta in quel libro, e qui Kunz Vogelgesang fa
rilevare ai colleghi come Walther abbia già messo insieme due graziose strofe.
Nell’Abgesang,
assai articolato e con divagazioni tonali e ritmiche, Walther si impegna ad
applicare queste sue esperienze alla creazione di un Canto di Maestro:
Was Winternacht,
was Waldespracht,
was Buch und Hain mich wiesen,
was Dichtersanges Wundermacht
mir heimlich wollt' erschliessen;
was Rosses Schritt
beim Waffenritt,
was Reihentanz
bei heitrem Schanz
mir sinnend gab zu lauschen:
gilt es des Lebens höchsten Preis
um Sang mir einzutauschen,
zu eig'nem Wort und eigner Weis'
will einig mir es fliessen,
als Meistersang, ob den ich weiss,
euch Meistern sich ergiessen.
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4
4
5
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Quel che la notte d'inverno,
quel che la magnificenza della foresta,
quel che libro e selva mi insegnarono,
quel che la miracolosa potenza del canto
poetico
a me segretamente dischiuse;
quel che il passo del destriero
nella cavalcata d'armi,
quel che la danza in cerchio
nel gioco sereno,
a me meditabondo dette ad ascoltare:
poi che si tratta il più alto premio della mia
vita
di conquistarmi col canto,
con propria parola e propria melodia,
voglio che armonicamente mi fluisca,
e come Canto di Maestro, così com'io sappia,
si espanda innanzi a voi Maestri.
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L’epòdo parte modulando alla sottodominante SOL maggiore, poi
(su erschliessen) vira a SI minore
(relativa del RE di impianto del Bar) e contemporaneamente (sull’accenno alla
cavalcata) troviamo una battuta in ritmo appropriato – croma puntata,
semicroma, croma – prima del ritorno (mit
sinnend) al RE maggiore. Ecco poi una pausa (lauschen) ancora sulla sottodominante SOL praticamente a metà del
brano (13 battute) quindi una ripresa del RE maggiore, dove troviamo una frase musicale
che compare anche nelle strofe (il che è vietato, come pontificherà Kothner, dalle regole della Tabulatura).
___
C’è
una morale in tutto ciò? Wagner ci vuol convincere che l’Arte è presente in
Walther come risorsa naturale (quella
stessa che obbliga l’uccellino a cantare a primavera, come Sachs ci ha poeticamente
ricordato nel suo monologo del second’atto...): dopodichè le regole dovranno semplicemente favorire
la libera espressione dell’Artista, mai conculcarla o soffocarla.
In realtà qui Wagner ci sta
narcisisticamente parlando di sè: non si autodefiniva forse come l’Artista
ispirato che compone la sua musica quasi sotto dettatura di una forza superiore?
Interpretando a suo modo le regole codificate e non esitando a violarle in nome
della sua missione di redentore dell’Arte? Missione che
si manifesterà ancora con il Ring (“Ora, se lo vorrete, avremo un’Arte”, dirà quel giovedi 17 agosto 1876 al termine del primo ciclo a Bayreuth) ed
avrà la sua apoteosi con Parsifal e la redenzione al redentore...
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Bene,
da domani si parte, e che... Gatti ce
la mandi buona!