Domani sera la Fenice ospiterà la prima de La Favorite di Donizetti, che si potrà seguire in audio su Radio3 e in video su
RAI5.
Dato che in
Italia ci si è abituati alla versione nostrana (La Favorita) sulla quale nel tempo si sono purtroppo depositate
incrostazioni poco salubri, è tanto più meritoria la proposta del Teatro
veneziano, che ci consente (si spera) di apprezzare questa grande opera in
tutto il suo splendore.
Come accadeva non
di rado nell’800, la genesi dell’opera fu piuttosto travagliata e legata a bizzarre
circostanze. Donizetti fin dal 1830 era partito alla conquista di Parigi, impresa
che gli riuscirà alla grande, tanto da suscitare nel 1840 le ire di tale Hector Berlioz, che non esitò a parlare
di autentica invasione donizettiana (...manco fossero cavallette). La strategia
di conquista impiegata dal bergamasco era quella già sperimentata da Rossini e consisteva
nell’entrare sulla piazza con opere italiane, al Théâtre Italien. Dove nel 1831 si rappresentò Anna Bolena; nel 1835 la prima assoluta di Marino Faliero (che gli attirò le critiche e i risentimenti pure di
Bellini, cui era stata scippata l’intera compagnia di canto trionfante nei
Puritani); nel 1837 Lucia di Lammermoor;
nel 1838 Roberto Devereux; nel 1839 L’elisir d’amore e nel 1840 Lucrezia Borgia (che suscitò le ire di
Victor Hugo). Il secondo stadio della conquista consisteva nel proporre opere
italiane ma in traduzione (e adattamento) francese. Così nel 1839 il Théâtre de la Renaissance ospitò la Lucia tradotta da Alphonse Royer e Gustave Vaëz (che ritroveremo ne La Favorite)
e nel 1840 l’Opéra ospitò Les Martyrs, versione francese (di
Scribe) del Poliuto di Cammarano abortito
a Napoli. Ultima fase della strategia di conquista: opere in tutto e per tutto francesi. Il primo esemplare fu La Fille du régiment, trionfante nel
1840 all’Opéra Comique, cui dovevano affiancarsi
(per il Théatre de la Renaissance) L’Ange de Nisida e (per l’Opéra) Le Duc d’Albe.
E questi ultimi
due titoli furono, con ruoli diversi, i protagonisti della rocambolesca nascita
de La Favorite. Cominciamo da L’Ange de
Nisida, libretto della coppia Royer-Vaëz (quelli della Lucia francese). Donizetti a Napoli aveva composto musica per un
titolo (Adelaide) mai rappresentato e
pensò di impiegarne parte per la nuova opera, il cui soggetto si rifaceva
vagamente a quello di Adelaide, che rimandava a sua volta ad un testo settecentesco
(Les Amants malheureux, ou le comte
de Comminges di François-Thomas-Marie de Baculard d'Arnaud) già musicato anche da Pacini col titolo
Adelaide e Comingio. La vicenda de L’Ange
è ambientata nel 1400 a Napoli e nell’adiacente
isoletta di Nisida, dove il protagonista Leone de Castaldi, militare esiliato,
si reca per incontrarvi una donna (Sylvia) da lui follemente amata. Non sa, il
malcapitato, che Sylvia è in realtà la Contessa di Linares, favorita (!) del Re di Napoli (Fernand d’Aragon)
che per sposare lei vorrebbe ripudiare la moglie, in barba a tutte le bolle e
scomuniche papali. Così Leone (consigliato da Don Gaspar, tirapiedi del Re) va
a Napoli dove incontra nuovamente Sylvia. Quando il Re apprende del rapporto
fra i due, fa imprigionare il militare dal suo tirapiedi. Questi suggerisce al
sovrano un bel trucco per risolvere il problema-Sylvia: farla sposare a Leone (così
da sistemare i conti col Papa) ma poi spedirlo subito in Spagna come
ambasciatore, in modo da lasciare la Contessa a... disposizione del Re! Appena scopre
il tranello, Leone si incazza leggermente e manda tutti al diavolo, ritirandosi
in convento. Dove viene raggiunto da Sylvia che gli muore di crepacuore fra le
braccia.
A fine 1839
Donizetti ha completato l’opera e si prepara a metterla in scena alla Salle Ventadour, dove operava il Théâtre de la Renaissance. Senonchè la compagnia teatrale va in bancarotta e la rappresentazione va
a meretrici, lasciando il povero Gaetano con una partitura di fatto
inutilizzabile. E qui passiamo al Duc d’Albe,
la cui composizione langue in mezzo a diatribe continue, tanto che l’Opéra si
convince a rimpiazzare il titolo con altra opera di Donizetti: il quale non crede
i suoi occhi di poter ammortizzare i costi e lo sforzo profusi ne L’Ange per portarlo – dopo Les Martyrs -
nel più famoso teatro di Parigi. Peccato che il capitolato tecnico del teatro preveda clausole che L’Ange non
rispetta: ad esempio ci manca un balletto
(!) E poi il soggetto è considerato troppo debole, l’ambientazione napoletana troppo
angusta e provinciale... e c’è anche da accontentare un tale Eugène Scribe, restato senza il su Duc;
non solo, ma la protagonista sarà la Rosine
Stoltz (favorita del Direttore dell’Opéra,
Léon Pillet!) che è un mezzosoprano, per la quale andrà obbligatoriamente aggiustata
la parte (di soprano) di Sylvia. E allora ecco la soluzione: si imbarca anche
Scribe al fianco di Royer-Vaëz (ma gli si affideranno... i balletti!) e tutti sono incaricati di cavare da L’Ange un
soggetto più degno del teatro; quanto a Donizetti, si darà da fare per adattare
e completare la parte musicale di conseguenza.
Ecco quindi nascere La Favorite. L’ambientazione retrocede di un secolo (1300) e si
sposta in Spagna, dove viene scovata una storia che vagamente richiama quella
de L’Ange: il Re di Castilla-y-Leon (Alfonso XI) ha una favorita (Leonor de Guzman) per sposare la quale ripudia la moglie.
Per la verità, la somiglianza con la trama de L’Ange è tutta qui: sì, perchè il
buon Alfonso storico abbandona la moglie Maria (figlia del Re di Portogallo) e
i due figli avuti da lei per mettersi con la sua Leonor da cui ha non meno di
10 figli! Invece ne La Favorite, accanto al Re Alphonse, vengono introdotti
personaggi dall’opera preesistente, così ecco Fernand (ex-Leone) innamorato di
Léonor; ecco Don Gaspar, tirapiedi infido del Re; ecco poi il nuovo arrivato
Balthazar, Superiore del convento di SanGiacomo di Compostella; e infine Inès,
confidente di Léonor. Ed anche la trama del dramma viene ripresa – con maggior
corposità e con parecchie differenze - da quella de L’Ange: la scena iniziale
al convento è nuova, come la figura del Superiore; il matrimonio Fernand-Léonor
non è un trucco del Re, ma un suo atto dove si mescolano magnanimità e risentimento;
il voltafaccia di Fernand è conseguenza del disonore da cui si sente investito il
poveraccio al momento di conoscere la vera identità della sua amata. Persino i
luoghi dell’azione si distanziano assai: invece di Napoli-Nisida (oggi si potrebbe
fare a piedi!) qui c’è addirittura un’andata-e-ritorno che attraversa da nord a
sud l’intera penisola iberica (Compostella-Cadice, via-Siviglia) di quasi 3.000
Km!
Sul piano musicale, Donizetti recuperò buona parte de
L’Ange, completandolo poi con le aggiunte e modifiche del caso. In particolare adattò
per il grande Gilbert-Louis Duprez l’aria Un ange, une femme inconnue, dove si
tocca il DO# sovracuto. Altre parti della musica de L’Ange (e della
precedente Adelaide) vennero poi utilizzate dal compositore in opere successive,
come ha esaurientemente spiegato William
Ashbrook nel suo fondamentale
testo su Donizetti.
Anche Richard Wagner (che odierà Donizetti per
pura invidia, la stessa che manifesterà sempre verso Meyerbeer) entrò nella
squadra che lavorò per l’opera, producendone una (peraltro pregevole) trascrizione
per voce-piano, oltre che brani trascritti per trombetta!
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Ma le disavventure
dell’opera non finiscono qui. Come sempre, essa fu subito importata in Italia,
quindi tradotta e pure re-intitolata, ma anche variamente inquinata, e non solo
per compiacere le diverse censure. Così si ebbero a Padova Leonora di Guzman (1842, Francesco
Jannetti) poi alla Scala Elda (1843,
Calisto Bassi, traslocata in... Siria!)
ripresa alla Fenice nel 1847; ed anche una Daila
(1860 a Roma). Fra le modifiche più ridicole basterà ricordare come Baldassare
(Superiore a Compostella) diventa padre di Fernando e pure della Regina (che
storicamente era figlia del Re di Portogallo...) e così Alfonso e Fernando diventano
cognati a loro insaputa (e il cognato del Re resta all’oscuro delle tresche di
costui con Leonora!!!) Mamma mia, e pensare che l’opera in italiano spopolò per
tutto il secolo scorso (e la traduzione di Jannetti con Alfonso e Fernando
cognati fu impiegata da Ricordi per una ristampa dello spartito addirittura nel
1960!) Soltanto nel 1999 Fausto Broussard
ha prodotto una versione ritmica in italiano più rispettosa dell’originale
francese (qui
da pagina 42).
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Come per
altri casi analoghi, è invalso l’uso di tagliare i balletti che caratterizzano i grand-opéra. Ma dalla locandina del
Teatro, che riporta la presenza di movimenti coreografici e di due danzatrici,
si può ipotizzare che almeno una parte di essi venga riaperta, visto che il Kapellmeister Renzetti già li eseguì integralmente
in questa edizione del ’91
a Bergamo. Come sempre impeccabile, per contenuti e tempestività, il programma di sala,
già disponibile in rete.
(1. continua)
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