Il
tanto atteso e pubblicizzato debutto della nuova coppia-padrona del festival è
stato tutt’altro che un evento epocale. A giudicare dall’ascolto radiofonico,
la prestazione musicale mi è parsa di livello appena dignitoso, ad essere
indulgenti. Certo, con Wagner e il Tristan non si può non emozionarsi, ci
mancherebbe!
Ma
Thielemann è Thielemann, nel bene e anche nel male; lui evidentemente si
ritiene un wagneriano meglio di Wagner tanto da permettersi di correggere le partiture del genio di
Lipsia con una serie di indicazioni agogiche (dei rallentando, soprattutto) che sono tanto gratuite quanto di facile
effetto. Del cast mi hanno personalmente convinto due comprimari: Iain Paterson che è un Kurwenal davvero
autorevole come non capita spesso di sentire e Christa Mayer, un’ottima Brangäne. Stephen Gould si è ben difeso,
ma mi è parso continuamente tirare il freno a mano, forse temendo di rompersi al primo serio sforzo. Chi mi
ha francamente deluso è stata Evelyn
Herlitzius, discreta solo quando deve cantare a mezza voce (Liebestod compreso) ma che appena deve
forzare un po’ verso gli acuti ha la voce che si sbianca e metallizza in modo davvero sgradevole: le rinunciatarie (o
protestate) Westbroeck e Kampe avrebbero avuto poche difficoltà a far meglio
(per il 2016 già si parla di Petra Lang!)
Georg Zeppenfeld è un Marke discreto,
ma per me gli manca quella profondità di voce e tono (tipo il Talvela dei bei
tempi, per dire…) Persino il marinaio, che ha il gravoso compito di aprire (a
cappella) il dramma ha esibito una voce quasi ridicola, degna di Mime.
Se
si aggiunge che anche la messinscena di Kathi
non pare aver sollevato entusiasmi (almeno a dar retta al parere dell’inviato
RAI, Marco Maugeri, solitamente
aperto e ben disposto rispetto alle innovazioni registiche) si deve concludere
che la montagna (anzi no: la collina verde) ha partorito un topolino. Che va ad
aggiungersi alla colonia di Neuenfels, che proprio oggi aprirà il suo ultimo
ciclo di vita lassù.
Ecco,
con questo lungo e sofferto scritto la chiudo lì sull’edizione 2015. Vado a
mettere i piedi a mollo nel brodo di quello stagno che chiamano Adriatico.
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