ricongiungimenti

Maurizio & Claudio

18 novembre, 2013

Venezia ospita una indo-africana (1)


Siamo quasi al giro di boa fra il 2013, bi-centenario wagneriano (per la nascita) e il 2014, 150° dalla dipartita di Giacomo Meyerbeer. Un curioso passaggio di testimone, fra due compositori (anzi, fra due uomini) sideralmente lontani da qualunque punto di vista li si guardi (una cosa in comune però ce l’avevano… lo scopriremo al momento opportuno). Non parliamone poi, se ne guardiamo uno (il Meyerbeer) dal punto di osservazione dell’altro! Che lo considerava minus quam m… solo perché ebreo (e tedesco, orrore!) capace di far fortuna nientemeno che a Parigi.

Certo, a distanza ormai di… secoli, pare che la storia, o quantomeno la moda, abbia emesso la sua (definitiva?) sentenza sui due: dando ragione al più antipatico (smile!)    

Sia come sia, più o meno ad un anno di distanza dall’inflazionato Tristan, La Fenice metterà in scena nei prossimi giorni un’opera del Meyerbeer di rara (ormai) rappresentazione: si tratta della sua ultima, L’Africaine. La prima sarà trasmessa da Radio3 sabato 23 c.m. alle ore 18.

Si tratta di un’opera che l’Autore non potè mai vedere nè ascoltare, essendo lui venuto a mancare (2 maggio, 1864) poco dopo averne messo su carta le ultime note, anzi precisamente il giorno dopo aver ricevuto la prima copia dello spartito. Opera quindi compiuta soltanto sulla carta, per l’appunto, chè pochi dubbi esistono che Meyerbeer, come sua e non solo sua consuetudine, vi avrebbe apportato modifiche (anche pesanti) e minuziose messe-a-punto, solo avesse potuto seguirne tutte le prove e le prime rappresentazioni all’Opéra. Opera che potè vedere la luce delle ribalte – e per la verità avere un grande successo, sorte toccata ad altre celebri sorelle, Carmen in primis - soltanto grazie ad interventi (necessari e/o cervellotici) di altri, come vedremo più avanti.

Il compositore tedesco-trapiantato-a-Parigi-con-nome-italianizzato ci aveva messo quasi 30 anni prima di arrivare alla conclusione dell’impresa. I primi contatti (e… contratti, e… contrasti) con il librettista-principe del suo tempo (Eugène Scribe) risalgono addirittura al 1837 e nel 1843 Meyerbeer completava la prima stesura del lavoro.

Di essa si occupa questa prima puntata del nostro… viaggio intorno all’Africa: per conoscere le origini di quest’opera che alla fine vide la luce solo dopo pesanti rimaneggiamenti del testo (da parte di Scribe, che peraltro morì nel 1861, costringendo Meyerbeer ad affidare le ultime modifiche al libretto a Charlotte Birch-Pfeiffer) e della musica. Nelle due successive puntate vedremo come il soggetto si svilupperà nelle mani di Meyerbeer(-Scribe) e finalmente vedrà la luce in quelle di tale François-Joseph Fétis.
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Il soggetto originale di Scribe,  nei canonici 5 atti dei Grand-Opéra, trattava già (come la successiva revisione) del rapporto fra civiltà e culture diverse (quella europea e quella africana nel nostro caso) calato nella sfera delle relazioni inter-personali (amori, odi, invidie, punizioni, sacrifici) e metteva in risalto la nobiltà d’animo della protagonista africana, quasi a contrastare ideologicamente le convinzioni diffuse in Europa (allora, ma non è che oggi le cose siano poi troppo cambiate…) sull’inferiorità delle razze aliene. Però vi erano del tutto assenti – al contrario di ciò che accadrà per la versione successiva - riferimenti specifici a personaggi famosi o a note vicende storiche, o alle problematiche politiche legate al colonialismo europeo. La vicenda era ambientata nella Spagna di fine ‘500 – inizio ‘600, precisamente ai tempi di Filippo III, e nell’Africa nera.

Il deuteragonista maschile è un fantomatico navigatore a nome Fernand, forse - ma molto vagamente - ispirato a quel Hernando de Soto che a quell’epoca (in realtà decenni prima) aveva compiuto innumerevoli navigazioni verso l’America, il Mexico in particolare. In realtà Fernand è un semplice ufficiale, innamorato (ricambiato) di Inès, figlia del vicerè di Siviglia che però l’ha promessa sposa ad un conte (Salvator). Ciò ci viene spiegato sinteticamente nella prima scena dell’opera, dove Fernand canta una serenata col mandolino sotto il balcone di Inés, che gli lancia un biglietto mentre, non visto, Salvator li spia da lontano.

Nel seguito del primo atto si vede arrivare una nave corsara che trasporta in Spagna schiavi africani. Fra essi sono Yoriko e Sélica, che piangono la loro condizione, implorando il dio d’Ismaele perché venga loro in soccorso. Invece è Fernand che, impegnando tutti i suoi scarsi averi, acquista dal mercante di schiavi (Pedrillo) i due africani, prima Yoriko e poi, vedendola piangere, Sélica: in realtà non lo fa per sfruttarli, ma per compassione della loro schiavitù e con l’idea di farli sentire, a casa sua, come nella loro terra d’origine.

Nel secondo atto incontriamo Sélica, poi Yoriko, in una casa di Fernand nascosta nella foresta. Yoriko racconta alla donna di aver appreso che il loro padrone li ha portati lì poiché sta cercando di sfuggire alla cattura da parte del vicerè, che lo accusa di complottare contro di lui. Yoriko ha giurato di denunciare Fernand (che lui odia, perché spagnolo e cristiano!) mentre Sélica – colpita dalla bontà del padrone - vorrebbe impedirglielo. Scopriamo che Sélica è una principessa e che Yoriko è segretamente innamorato di lei e geloso di Fernand. Entrambi rimpiangono la loro terra e la perduta libertà.

Arriva Fernand disperato: alle insistenze di Sélica, confessa che Inès lo ha tradito, così lui cerca invano l’oblio nell’alcol, mentre fuori imperversa un uragano. Qualcuno bussa alla porta: è Inès (guarda un po’!) che sta tornando verso la città e chiede rifugio dal maltempo. Alla vista di Fernand, la donna esprime tutto il suo rancore verso l’uomo che amava, ma che ora disprezza perché convinta che lui le abbia preferito una schiava. E lui, per dimostrarle che lei si sbaglia, le regala Sélica! Fernand e Inès riconoscono allora i rispettivi e reciproci errori di giudizio e fraintendimenti, mentre Sélica, a sua volta innamoratasi di Fernand, non si dà pace.

Inès è a sua volta disperata poiché ha promesso di sposare Salvator l’indomani; e chi ti arriva, proprio adesso? Salvator in persona, con Yoriko ed altri schiavi. La tempesta è passata e lui è venuto a riprendere Inès per accompagnarla dal futuro suocero, il vicerè. Vuol ricompensare il padrone di casa per l’ospitalità data alla sua promessa sposa… e scopre che si tratta di Fernand! Il quale lo sfida a duello per quella stessa notte, nel bosco. Salvator accetta la sfida e se ne va con Inès.

Fernand resta solo con Sélica e le comunica che l’indomani lei raggiungerà la sua nuova padrona; poi si addormenta sognando Inès. Sélica canta tutto il suo amore per Fernand e la sua disperazione per doverlo lasciare per andare a vivere con la donna che lui ama. Torna Yoriko, armato di pugnale e intenzionato ad uccidere Fernand nel sonno. Sélica gli si oppone, per impedirgli il misfatto. Fernand ancora sogna invocando Inès, mentre Sélica ne soffre e così Yoriko ha la prova che lei è innamorata di Fernand: ragione in più per freddarlo nel dormiveglia.

Allora Sélica risveglia Fernand, proprio mentre arriva l’Alcalde, con seguito di soldati, per arrestarlo per alto tradimento e complicità in un complotto! Sélica accusa Yoriko di essere spia e traditore e lui nega, ribattendo che Fernand è suo rivale e che si merita quella fine, in quanto cristiano.

Fernand, che ha per quella notte l’appuntamento con Salvator per il duello, chiede all’Alcalde di concedergli, sulla parola, un giorno di libertà, ma riceve una secca risposta negativa e si dispera, avendo compreso che il suo rivale si sottrae alla sfida. Sélica lo implora di desistere, mentre Yoriko si rallegra constatando che i suoi nemici si combattono fra loro. L’Alcalde e i suoi soldati conducono via Fernand.

Nel terzo atto siamo sul vascello di Salvator in rotta verso il Mexico e un coro di ragazze ne accompagna lo scivolare leggero nella brezza mattutina. A bordo troviamo subito Inès, evidentemente al seguito del marito, ma piuttosto malinconica per la lontananza dal padre e dalla patria.

Un colpo di cannone segnala l’ora del risveglio e i marinai corrono a svolgere i propri compiti, cantando in coro. Al rintocco della campanella di bordo, essi intonano la preghiera a SanDomenico, nemico degli eretici, perché porti protezione e sicurezza. Viene distribuita la razione per il pranzo e un marinaio fa l’elogio del vino, accompagnato dal coro dei compagni, che si esaltano per la traversata atlantica che li dovrà portare fino alle coste messicane. Inès continua invece a rimpiangere il padre e la terra dove ha lasciato il cuore, ormai votata a morire in terre lontane… Rifiuta anche la cioccolata che le porge Sélica, che evidentemente si trova lì al suo seguito, con altre donne.

Compaiono Salvator e Yoriko, il quale si lamenta di essere ancora suo schiavo, mentre il conte gli aveva promesso libertà. Salvator gli rimprovera di non aver mantenuto l’impegno (di uccidere Fernand) ma poi alle sue rimostranze lo nomina esecutore di tutte le pene che verranno comminate a bordo. E Yoriko non vede l’ora di essere il giustiziere di cristiani, suscitando il disprezzo dei marinai.

Salvator scende da Inès e cerca di consolarla: sono passati otto giorni dall’addio al padre, e lei ancora è triste e vuol rimanere sola. Arriva l’ufficiale di manovra che avverte Salvator che il vascello durante la notte è finito fuori rotta (sta veleggiando verso est…) Salvator vorrebbe punire all’istante chi stava al timone (un moro… dice l’ufficiale, un tipo abile che altre volte ci ha salvato dagli scogli) ma poi decide solo di tenerlo d’occhio.

Adesso Salvator scorge all’orizzonte un’altra nave che si avvicina. Yoriko nel frattempo si è reso conto che il vascello è in vista di luoghi a lui conosciuti (che fosse lui il moro al timone la notte precedente?) e comincia a rallegrarsene, cantando una strana canzone, in cui evoca Belzebù e il Corsaro nero, mentre i marinai si rimettono a pregare SanDomenico.

Un colpo di cannone annuncia l’arrivo dell’altra nave, pure spagnola, dalla quale una voce chiede se quello sia il vascello del Conte Salvator: alla risposta affermativa il comandante sale a bordo: è Fernand! All’esterrefatto Salvator egli annuncia di aver attraversato il mare per fargli pagare il suo tradimento. Gli ricorda come fu il vicerè ad impedirgli di vendicarsi, imprigionandolo; quello stesso vicerè che gli aveva promesso la figlia Inès che un traditore poi gli aveva strappato. Ma proprio il vicerè alla fine ha compreso l’infamia e ha armato la mano di Fernand perché vendetta sia compiuta.

Fernando e Salvator cantano i rispettivi stati d’animo: il primo non aspetta che di combattere, il secondo pretende di imporre il suo volere, come capitano del vascello. Al rifiuto di Salvator di scontrarsi a duello con le spade, Fernand proclama che allora gli basteranno le mani per farsi giustizia. Yoriko e i marinai intervengono e bloccano Fernand. Salvator ordina che sia legato all’albero maestro e fucilato. Fernand lo disprezza per la sua vigliaccheria, mentre Inès e Sélica – sorprese di trovarsi di fronte l’uomo amato - si disperano, chiedendo invano a Salvator di ritardare almeno l’esecuzione.

Al rifiuto del Conte, Sélica strappa il pugnale ad un marinaio e lo punta su Inès, minacciando di ucciderla per rappresaglia contro la fucilazione di Fernand. Salvator, schernito da Yoriko, deve cedere e rinunciare a punire Fernand, rinchiudendolo nella stiva, ma intende invece punire Sélica per aver osato alzare la mano contro la sua padrona. Così ordina a Yoriko (che al mattino aveva nominato esecutore delle pene) di frustare a sangue le spalle di Sélica.

Yoriko si dispera: come potrebbe far del male alla sua principessa? Salvator minaccia anche lui e al povero Yoriko non resta che appellarsi al suo dio d‘Ismaele, invocandone sull’empio cristiano la folgore che lo riduca in cenere. Salvator minaccia lui: potrà evitare la folgore solo se obbedirà, infliggendo a Sélica la sua punizione. La principessa viene spogliata e un bambù viene messo in mano a Yoriko perché la percuota con quello. Yoriko infrange il bambù e proclama di voler morire, piuttosto che offendere la sua principessa.

Salvator ordina ai marinai di colpire i due schiavi, all’istante. Ma è attirato da suoni che Yoriko riconosce essere quelli di suoi conterranei che hanno abbordato il vascello, evidentemente finito sulle coste africane. Un’esplosione, e gli africani sono a bordo! Inneggiano alla gloria dei figli del Sahara, mentre donne e bambini spagnoli terrorizzati pregano la vergine Maria…

Il capo degli africani, Olkar, riconosce esultante Yoriko, che poi gli mostra Sélica, la figlia del loro re. La principessa è ancora in preda al terrore, ma Yoriko la rassicura: il trono l’attende nella loro terra e i suoi sudditi sono lì per onorarla.

Nell’atto quarto siamo in quella che si scopre essere la terra d’origine di Sélica e Yoriko. Il gran sacerdote Zanguebar, sacerdoti e popolo sono prosternati davanti all’idolo, mentre i prigionieri spagnoli sono tenuti incatenati. Sacerdoti e popolo si preparano al sacrificio: verseranno il sangue degli stranieri sui loro altari. Arriva anche Yoriko, riccamente vestito, alla guida di un corteggio; pretende di tenersi Salvator come schiavo (evidentemente per spiegargli con esempi pratici la legge del contrappasso, smile!) ma Zanguebar lo delude: i sacerdoti di Zamor hanno condannato anche Salvator, che dovrà essere sacrificato ai piedi dell’altare. Ma un’eccezione vien fatta per Inès: lei vivrà e sarà schiava di Sélica, quindi viene condotta nella reggia, mentre Salvator e gli altri spagnoli vengono affidati ai ministri del sacrificio.   

Zanguebar si prepara ora a consacrare Sélica come regina davanti al popolo adorante: essa avanza, issata sopra un baldacchino, e seguita da una processione festante che le augura di trovare uno sposo degno di lei. Sélica si insedia sul trono, indirizzando ai ministri di Zamor e al popolo il suo giuramento: osservare le leggi. Omaggiata da Yoriko e Zanguebar, Sélica aggiunge però che il suo dovere regale è la clemenza, e chiede che i nemici sconfitti vengano risparmiati. Ma Zanguebar annuncia che sono ormai stati tutti sacrificati, e non già per spirito di vendetta, ma proprio per rispetto della legge!

Sélica ha uno scatto improvviso: sacrificati proprio tutti? Olkar ammette che uno, dagli spagnoli stessi incatenato sul fondo della stiva, è stato risparmiato. Ma Zanguebar si affretta a chiarire che anche lui dovrà seguire la sorte degli altri. Sélica confessa a Yoriko di voler salvare quello spagnolo (è certa trattarsi di Fernand) ma Yoriko le ricorda il giuramento da lei fatto poco prima! Sélica non sa che fare, ha perso tutto, e allora Yoriko le rivela il suo amore per lei, sperando di averne qualcosa in cambio, ricordandole tutto ciò che lui ha fatto per restituirle la corona. Ma Sélica desiderava la vita, non il regno!

Fernand viene portato davanti a Sélica, che implora Zanguebar di salvarlo. Il gran sacerdote è inflessibile e rifiuta, e allora Sélica gioca il tutto-per-tutto: e se non fosse uno straniero? Dopo aver implorato Fernand di assecondarla, promettendogli la libertà, chiede ai sacerdoti di Zamor: e se lui fosse un fratello nostro? Se il destino l’avesse congiunto con sangue africano? Sì, la vostra regina ridotta in schiavitù e votata alla disgrazia è stata salvata da costui, cui ha concesso la sua mano e il suo cuore. Fernand e Yoriko sono esterrefatti, mentre Sélica dichiara solennemente: Fernand è mio sposo!

(Qui nel manoscritto segue un ensemble a 6 voci musicato, ma senza testo…) Ora Sélica sussurra a Yoriko che se lui non confermerà ciò che lei ha affermato, lei si darà la morte. Poi gli chiede di testimoniare davanti a tutti che lei e Fernand sono sposi. E a Yoriko non resta che assecondare, pur controvoglia, il volere della donna che lui ama sopra ogni cosa. Grande gioia collettiva, e Fernand è salvo! Zanguebar è il primo a compiacersi dell’unione fra i due e dà inizio alla cerimonia nuziale, che consacri il matrimonio anche nella terra di Sélica. La quale rassicura Fernand: quel vincolo matrimoniale impegna soltanto lei, lui non deve sentirsene condizionato.

Un coro augura ogni bene e felicità agli sposi, che vanno verso la reggia, seguiti da giovani fanciulle recanti fiori per la camera nuziale. Ora Sélica e Fernand restano soli: lui la ringrazia per averlo salvato, lei risponde che ha fatto il suo dovere verso il suo padrone, lui ribatte che ora è lui suo schiavo. Lei disprezza i metodi sanguinari dei suoi sacerdoti, che hanno sacrificato tutti i suoi conterranei; lui la ringrazia per averlo presentato come suo sposo. Lei ribatte che quel legame impegna solo lei, non lui, che ora potrà tornare in patria ed essere felice, mentre lei resterà sola con il suo dolore.

Il finale d’atto è interamente occupato da un duetto fra Sélica e Fernand: io abbandonarti? dopo tutto il bene che mi hai fatto? Ma tu già una volta mi hai venduta! e alla mia rivale, così brillante e bella, mentre io maledicevo i miei tratti africani, il mio colore, per voi cristiani oggetto di disprezzo insultante, mentre anche il nostro cuore può conoscere orgoglio e fierezza e vi può circolare un fuoco divorante…

Fernand resta profondamente colpito dalle parole di Sélica e le dichiara ardentemente il suo amore. Sélica lo mette in guardia: se sarò la tua sposa, allora sarò gelosa persino dei tuoi ricordi: dovrai cacciare dai tuoi pensieri anche colei che non è più e che in vita ti fu così cara; ne avrai la forza? Fernand le giura di dimenticare il passato e i due si dichiarano eterno amore, in un travolgente finale d’atto.
   
Il quinto atto si apre con Sélica che sta dormendo. Un coro femminile ordina alle schiave di rispettare il suo sonno e di preparare per il suo risveglio cibo, frutta (arance, banane) e bevande.

Ecco ora Fernand: ha dato la sua promessa a Sélica, ma le sue labbra continuano a mormorare il nome di Inès! E proprio Inès arriva, portando mazzi di fiori. Alla vista di Fernand si rallegra che i suoi desideri siano stati esauditi e che lui sia stato risparmiato, proprio mentre suo marito veniva invece sacrificato. Fernand risponde che Salvator si è meritato quel giusto castigo, poi benedice il destino che ora non potrà più separarlo da Inès. Ma subito si pente di ciò che ha detto: ammette che una promessa lo tiene legato a lei e si sente colpevole; così le chiede di andarsene lontano da lui, che ha promesso fedeltà ad un’altra, ad un angelo di virtù e tenerezza, ad una donna che ora è padrona del suo cuore, che tuttavia batte sempre per Inès.

Inès fa per andarsene, ma Fernand la trattiene. Insomma, lui è in preda ad una specie di schizofrenia: dichiara di amare Inès sopra ogni cosa, ma il suo senso di colpa nei confronti di Sélica gli impone di chiederle di abbandonarlo, e quando lei sta per farlo, si dispera per essere lasciato solo con il suo dolore. Giura davanti a dio che è solo lei, Inès, che lui adora e che per lei è pronto a morire!

Sélica ha sentito le ultime parole di Fernand e va su tutte le furie: dato che lui ha rotto la promessa fattale, lei adesso si spoglia del ruolo di moglie e riprende quello di regina, una regina oltraggiata che ora si farà giudice per vendicare l’offesa. Inès implora perdono, ma Sélica la zittisce e chiede a Fernand di lasciarle sole.

Nel successivo duetto, Sélica domanda ad Inès per quale perfido motivo Fernand si trovasse presso di lei. Inès risponde che solo il caso lo aveva voluto. Ma Sélica incalza: cosa ti diceva, pieno di emozione? Inès risponde: che voi eravate uniti per sempre e che a te andava tutta la sua esistenza e la sua riconoscenza. Ma lui continua ad amarti! No, perdonagli, o regina: il suo onore gli impone di abbandonarmi. No, lui ti ama ancora! Allora, se questa è la sua colpa, la tua collera cada solo su di me: è giusta e legittima, ed io mi inginocchio davanti a te implorando la fine, dato che non ha senso vivere nel dolore e senza felicità; quindi colpiscimi… ah, ma tu piangi?

Qui le due donne si lasciano andare alla disperazione e al tormento per il destino di cui sono vittime. Alla fine Inès chiede a Sélica di uccidere sia lei che Fernand, ma la regina replica: io? sua amica e sorella, che per renderlo felice gli aveva donato la vita? Ma… se per la sua felicità io mi sacrificassi ancora? Inès: no, non potrei accettarlo, solo la morte ci può riunire.

Sélica sta maturando la sua decisione estrema: salvare Inès e Fernand e poi morire! Le due donne chiudono il loro duetto invocando la fine delle loro pene.

Sélica ordina a Yoriko di portare i due spagnoli alla loro nave, caricandola di tesori. Affida a Yoriko due tavolette da consegnare a Fernand subito prima della partenza. Yoriko benedice questo giorno che segna la fine dei suoi tormenti. Sélica lo invita – una volta partiti per sempre Fernand e Inès – a raggiungerlo sulla punta del promontorio che domina il mare. Yoriko, inorridito, le rammenta che in quel luogo si estende l’immensa ombra dell’albero della mancinella (che peraltro non cresce in Africa, ma solo alle Antille…) l’albero della morte, e l’implora di non recarsi sotto quelle fronde, dove chi respira il profumo di quei fiori viene trasportato in un mondo celeste, in un’estasi che si trasforma in delirio e porta alla fine. Sélica risponde che conosce bene le proprietà di quell’albero e se ne terrà lontana, ma vuole andare comunque su quel promontorio da dove si vede il mare.

La scena cambia ed ora siamo sul promontorio: Sélica contempla il mare, infinito come il suo dolore; i flutti che si agitano e si rompono come il suo cuore. Poi si avanza verso l’albero della mancinella, ammirandone gli enormi rami che recano il fogliame: ecco, io vengo qui per trovare calma dopo la tempesta, il sonno e l’oblio dei miei mali, poiché la tua ombra eterna è l’ombra della tomba.

Sélica ora ha calmato il suo odio e canta il suo perdono e il suo addio per l’amato Fernand: ti ho dato il mio cuore e i miei desideri, ora desidero la tua felicità con la tua amata; hai bisogno della mia vita ed io te la sto donando, amore mio! Adesso coglie i fiori rossi dell’albero per farne il suo bouquet nuziale, portandoli al petto ed aspirandone il profumo, che porta una felicità fatale, che fa vivere per un momento e poi, come l’amore, reca la morte. Ecco, sente che il delirio la sta cogliendo.

Canta della dolce estasi che la pervade e che non può ingannarla, dei cieli che vede sopra di sé, della musica celeste che la ispira, dell’amore che la circonda. Ora, fra le nuvole, ecco che le appare il suo amore, il suo Fernand! Supremo delirio, suprema delizia! Lui torna, e con lui tornano i bei giorni! Io mi sono sacrificata, gli chiede, e tu, tu mi ami? E ripete la domanda, cui sempre risponde il silenzio, ma lei sente Fernand che dichiara il suo amore eterno! Suprema gioia, ebbrezza seducente! Fernand mi prende fra le sue braccia, sento il suo cuore battere sul mio…

Si inginocchia, le forze l’abbandonano, si sente morire e, ormai in preda agli effetti del veleno, saluta Fernand. Poi si ode un colpo di cannone e lei si riprende, come colta da una visione, e ancora canta dell’estasi che non può ingannarla, dei cieli che vede sopra di sé… Coglie altri fiori dall’albero, ne aspira il profumo e si addormenta.

Qui un balletto accompagna il suo sogno, dove Sélica ancora vede Fernand accanto a lei e al termine del quale si rende conto di essere ancora viva, lì, sulla terra. Arriva Yoriko trionfante: gli stranieri sono partiti, finalmente, ecco la loro nave che si allontana! Ma Sélica ormai sta morendo, chiede di rivedere il cielo. Si ode un coro etereo che accompagna il suo trapasso. Yoriko cerca di farla rientrare in sé, ma la sua mano è ormai gelida, è la morte. No - sono le ultime parole esalate da Sélica - è la felicità!

Il popolo ammonisce: non avvicinatevi, questi rami danno la morte! Ma Yoriko rimane lì, per condividere il trapasso con la sua regina, per restare per sempre accanto alla sua amata Sélica. L’opera si chiude con i due cori, quello del popolo che paventa la morte, e quello etereo che inneggia all’amore. 
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Questa versione non vide mai le scene perché il compositore medesimo finì per condividere le critiche al libretto che gli venivano da più parti (fra cui la direzione del teatro…) Di essa peraltro è emerso abbastanza recentemente il manoscritto originale, sulla cui prima pagina (oltre al titolo l’Affricaine) si può leggere la data precisa della conclusione della composizione in Particell (il 6 novembre 1843):


Dal manoscritto si può estrapolare il seguente schema dei numeri musicali e dei recitativi (sempre accompagnati):

ACTE I
Scéne I - Fernand, Ines, Salvator
Chœur du peuple - Stretta du Final Chœur, Yoriko, Sélica, Pedrillo, Fernand

ACTE II
Entr’acte, Récitatif et Duo – Sélica, Yoriko
Récitatif - Couplets - Fernand
Récitatif – Fernand, Sélica
Trio – Inès, Sélica, Fernand
Récitatif – Inès, Salvator, Fernand, Sélica
Romance – Sélica
Récitatif – Yoriko
Duo et Trio final – Sélica, Yoriko, Fernand, Alcade

ACTE III
Entr’acte et choeur de femmes – Inès, Chœur
Chœur des Matelots - Chœur
Prière – Inès, Sélica, Chœur
Chanson du Matelot (Chanson à boire) – Matelot, Chœur des Matelots, Inès
Récitatif – Salvator, Yoriko, Le Contremaitre
Couplets – Yoriko, Chœur des Matelots
Récitatif – Un Matelot, Voix du dehors, Chœur, Fernand
Duo – Fernand, Salvator
Chœur des Matelots et Morceau d’EnsembleChœur, Salvator, Fernand, Inès, Sélica
Final – Salvator, Inès, Sélica, Fernand, Yoriko, Olkar, Chœur
Chœur d’Affricaines Chœur, Yoriko, Sélica

ACTE IV
Entr’acte et Chœur – Zanguebar, Chœur d’Affricaines
Récitatif – Zanguebar, Yoriko
Arioso – Zanguebar
Chœur dansé - Chœur
Scéne – Sélica, Yoriko, Zanguebar, Olkar
Scéne IV – Fernand, Sélica, Zanguebar, Chœur, Yoriko
Morceau d’Ensemble – Sélica, Fernand, Yoriko, Chœur, Olkar, Zanguebar
Récitatif – Zanguebar, Fernand, Sélica, Chœur
Scène V Chœur des Noces (dansé)Chœur de Femmes
Récitatif (Asyle solitaire) – Sélica, Fernand
Duo – Sélica, Fernand

ACTE V
Entr’acte et Chœur de Femmes - Chœur de Femmes
Scène, Récitatif et Air – Fernand, Inès
Air - Fernand
Récitatif – Sélica, Fernand, Inès
Duo – Sélica, Inès
Récitatif – Sélica, Yoriko
Finale:
Scène: Récitatif - Sélica
Cavatine et Récitatif – Sélica
Air - Sélica
Scéne finale – Sélica, Yoriko, Chœur du Peuple, Chœur aerien.
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Oggi qualche musicologo in cerca di notorietà potrebbe studiare quel manoscritto e ricavarci qualcosa di eseguibile, magari di rappresentabile, un po’ come si è fatto in passato – per dire – con il primo Boris

Prossimamente vedremo come questa versione verrà pesantemente manipolata (dal librettista, su insistenze del compositore) nei quasi 20 anni successivi alla sua stesura originaria. Parecchie idee musicali di questa verranno comunque riprese ed utilizzate nella successiva versione dell’opera.

(1. continua)
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Allego uno studio su Meyerbeer a firma di Carlo Cavalletti, Alessandro Mormile e Giorgio Gualerzi apparso su Musica&Dossier del Novembre 1991.

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