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11 novembre, 2013

Servitù fiorentina


Pur tra mille travagli e incertezze che turbano l’esistenza del Maggio – e con un paio di settimane di ritardo rispetto alla programmazione originale - La serva padrona torna a Firenze. Ieri, nella piccola bomboniera del Teatro Goldoni (affollata ma non proprio esaurita) è andata in scena la quarta delle sette recite.

Nel 1733 (epoca in cui Bach componeva Kyrie e Gloria della Messa in SI minore!) il 23enne Pergolesi (morirà, ahilui, solo tre anni più tardi) compose due intermezzi, per un totale di circa 45-50 minuti, da impiegarsi per intrattenere il pubblico nei due intervalli della sua opera seria Il prigionier superbo. Destino volle che l’opera seria venisse del tutto e presto dimenticata, mentre i due intermezzi (La serva padrona, appunto) diventassero un autentico best-seller per tutto il settecento ed oltre!

Musica brillante e coinvolgente, pur nella relativa schematicità delle forme, con arie e duetti tipicamente in forma tripartita, su tonalità contigue (tonica, dominante, relativa minore, o simili) che però contiene germi di ciò che verrà alla luce nei decenni successivi: per dire, l’aria introduttiva di Ubaldo non può non rimandare a quella di Leporello, così come nel Largo di Serpina si trova una vaga premonizione del gluckiano Che farò senza Euridice

La vicenda trattata qui (un’intraprendente servetta che riesce a farsi sposare dall’anziano padrone, complice un maggiordomo… muto) era un po’ uno stereotipo nel’700, ma si potrebbe ambientarla tranquillamente anche ai giorni nostri: il regista potrebbe proporci, per dire, i rapporti fra un tale Silvio e una certa Francesca… come Vespone ci vedrei benissimo un tale Adriano; e si potrebbe aggiungere, per movimentare ulteriormente l’atmosfera, un altro personaggio non-cantante, quale un simpatico quadrupede a nome Dudù.

In ogni caso la regìa di Curro Carreras (del 2011, ripresa ora da Silvia Paoli) pur presentando uno scenario proprio settecentesco rende perfettamente tutta la freschezza e la comicità dell’operina, grazie anche, se non soprattutto, alla bravura dell’interprete del terzo personaggio (Vespone, muto): Alessandro Riccio, autentico trionfatore del pomeriggio. Funzionali le scene (a moduli rotanti che aprono la vista sui diversi ambienti domestici) e i costumi di Raffaele Del Savio, che ha elaborato lavori di un corso di scenografia del Maggio.

Sul piano musicale assai convincenti i due (unici) protagonisti canori: una Lavinia Bini dalla vocina adatta al personaggio sbarazzino di Serpina, e Davide Bartolucci, un Uberto forse un filno troppo… giovane (beato lui, smile!) ma autorevole sia vocalmente che scenicamente.

I suonatori sono 17 archi dell’Orchestra del Maggio, coadiuvati dal sempre più capelluto Andrea Severi al cembalo e guidati con cura e precisione da Massimiliano Caldi. Il quale si è scrupolosamente attenuto alla partitura originale, evitando di aggiungervi brani alieni (tipo sinfonia o altro) ed includendovi il secondo finale (largamente il più rappresentato) con il duetto Per te io ho nel core (preso da Il Flaminio).  

Qui una pregevole edizione cinematografica del 1962, con Montarsolo-Moffo diretti da Ferrara, che ha invece rimpolpato i due intermezzi con una sinfonia e un… intermezzo (smile!) oltre che giustapporre i due numeri finali (il sostituto, Per te io ho nel core, e l’originale, Contento tu sarai).

Pubblico divertito, come ad un avanspettacolo di alto livello, ecco: un’oretta davvero frizzante e gradevole!
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Primo intermezzo
Aria (Allegro, 4/4, SIb maggiore): Aspettare e non venire (Uberto)  
Recitativo: Quest’è per me disgrazia (Uberto, Serpina)
Aria (Allegro assai, 4/4, FA maggiore): Sempre in contrasti (Uberto)  
Recitativo: In somma delle somme (Serpina, Uberto)
Aria (Allegro, 2/4, LA maggiore): Stizzoso, mio stizzoso (Serpina)
Recitativo: Benissimo. Hai tu inteso? (Uberto, Serpina)
Duetto (Allegro, 4/4, SOL maggiore): Lo conosco a quegli occhietti (Serpina, Uberto)

Secondo intermezzo
Recitativo: Or che fatto ti sei (Serpina, Uberto)
Aria (Largo, 4/4 – Allegro, 3/8, SIb maggiore): A Serpina penserete (Serpina)
Recitativo: Ah! Quanto mi sa male (Uberto, Serpina)
>>Recitativo accompagnato: Per altro io penserei (Uberto)
Aria (Allegro, 4/4, MIb maggiore): Son imbrogliato io già (Uberto)
Recitativo: Favorisca, signor, passi (Serpina, Uberto)
Duetto originale (Allegro, 6/8, LA maggiore): Contento tu sarai (Serpina, Uberto)
>>Duetto sostituivo (Allegro, 4/4, RE maggiore): Per te io ho nel core (Serpina, Uberto)

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