Si è già accennato al fatto che la stesura della versione dell’Africaine divenuta celebre in tutto il mondo - fin dalla prima di venerdi 28 aprile 1865 - si deve a François-Joseph Fétis, che ne ricevette l’incarico dalla vedova del compositore, Minna (toh, finalmente scopriamo l’unica cosa che avevano in comune Meyerbeer e Wagner: il nome della moglie!) e dalla direzione dell’Opéra, che vantava i diritti sul lavoro. Fétis apportò al materiale prodotto da Meyerbeer una serie di modifiche, alterazioni e tagli da lui giustificati con le più svariate ragioni, legate ad altrettante supposte necessità emerse durante la lunga e travagliata fase di messa-in-scena dell’opera. Lo spartito per voce e pianoforte di Fétis è stato pubblicato in diverse edizioni e lingue, che si differenziano di poco fra loro.
Le considerazioni di Fétis relative
ai suoi interventi sono sommariamente riportate nella prefazione alla sua edizione della 2a
parte dello spartito, che reca (quasi) tutto ciò (22 brani) che Fétis modificò
o espunse rispetto al lavoro di Meyerbeer al momento di predisporre la sua edizione dell’opera: si tratta di considerazioni tutt’altro che
peregrine (che sono state in parte condivise anche da chi ha curato la recente
messa in scena del Vasco a Chemnitz) anche se la
notoria attitudine del professor
Fétis a correggere i difetti di altri
compositori (a partire da tale Beethoven, di cui ritoccò disinvoltamente le
sinfonie!) lascia più di un dubbio riguardo all’effettiva necessità,
opportunità e bontà dei suoi interventi.
Per i quali, una delle motivazioni
principali addotte riguarda la durata dello spettacolo. Durante le prove del
1865 all’Opéra, lui fece cronometrare
un’esecuzione senza tagli, che risultò protrarsi per 4h30’ (intervalli esclusi,
ovviamente). Ciò fu giudicato inaccettabile dalla direzione del Teatro e
costrinse Fétis ad apportare (di malavoglia, dice lui) i numerosi tagli che la
recente versione di Schläder – come presentata a Chemnitz - ha quasi
interamente riaperto (tranne il Courons
dell’atto II, il secondo couplet di
Adamastor del terz’atto, il primo coro delle donne portoghesi e il notturno del quarto e una parte del duetto
Sélika-Inès del quinto) durando precisamente 4h11’ (52+47+55+54+43).
Si noti che le
rappresentazioni della versione tradizionale di Fétis, anche quando non
ulteriormente tagliata (ma tagli più o meno barbari sono immancabilmente
all’ordine del giorno…) difficilmente superano le 3 ore. Ad esempio la storica,
si può dire, incisione dal vivo di Domingo-Verrett del 1971 a San Francisco nemmeno ci arriva, a toccare le 3
ore (42+37+25+40+34) nonostante riapra il taglio dell’inizio dell’atto V (Inès);
e quella, sempre con gli
stessi protagonisti, di 17 anni dopo, le supera
di poco. Dopodichè si può discutere all’infinito se i tagli (originali di Fétis
o praticati dai vari concertatori) siano o meno giustificabili e rendano
l’opera più o meno digeribile. Al proposito, stando al sito web del Teatro, tre
ore nette durerà anche lo spettacolo alla Fenice, spettacolo la cui struttura
(90+30+60) lascerebbe immaginare – prendendo come base l’edizione
Domingo-Verrett - una maggior corposità dei primi tre atti e qualche taglio in
più negli ultimi due. (Ma staremo a… sentire!)
Vediamo
quindi un po’ più in dettaglio come si configura la versione dell’opera edita
da Fétis - che ha determinato il successo del lavoro per tutto l’800, prima del
declino dovuto anche all’ostracismo nazista - rispetto a quella originariamente
predisposta da Meyerbeer.
Al
fine di avere dei chiari punti di riferimento, ho predisposto questo documento in cui ho assemblato tutti i testi (disponibili ai comuni
mortali) dell’opera, evidenziandone le diverse componenti a seconda
dell’origine. La parte in colore nero rappresenta (a meno di piccole
discrepanze) il testo che Fétis incluse nella sua edizione per l’Opéra, da allora ed ancor oggi impiegata
per le sue rappresentazioni, incluse le prossime (fatti salvi i tagli…) alla
Fenice (ma qui ci chiarirà tutto il programma di sala, che sarà certamente
ricco e rigoroso, come è costume del teatro veneziano).
___
Intanto, un particolare
proprio da nulla: il titolo! Fétis cestinò quello nuovo (Vasco de Gama, ou le Cap
des tempêtes) e ripristinò quello originale di L’Africaine
(nome che peraltro lo stesso Meyerbeer continuava ad usare in privato, per
comodità…) La ragione principale essendo che il vasto pubblico aspettava da
decenni di vedere in cartellone quel titolo: e chi se ne frega se Sélika, la protagonista del nuovo
libretto, non fosse per nulla africana, tantomeno di pelle nera, bensì indiana,
in omaggio e in coerenza con la meta dei sogni e dei viaggi del grande Vasco.
Del resto abbiamo già visto come lo stesso Scribe avesse dovuto inventarsi un Madagascar indiano per trarsi d’impaccio!
Nell’Atto I – il meno
strapazzato fra i cinque - Meyerbeer aveva lasciato due versioni della romanza
di apertura di Inès Adieu, mon
beau (doux?) rivage,
in SOL minore (versi che torneranno a farsi sentire nel terzo e poi, più
corposamente, nel quarto atto). Differiscono – solo nella musica, il testo non
cambia - nella sezione centrale, 6/8 in SOL maggiore (Pour celle qui m'est chère). Fétis si è limitato a scegliere quella
che reputò (direi a giusto titolo) più convincente. Per il resto non ci sono né
alterazioni né tagli rispetto al Vasco.
Nell’Atto
II Fétis comincia a tagliare: fa aprire la scena da Sélika che si
avvicina a Vasco, di cui vengono tagliate le parole pronunciate nel dormiveglia
Vogue, vogue, mon beau navire, nella
stessa tonalità di MIb maggiore su cui il corno solo apre l’atto con un
bellissimo recitativo, che serve proprio ad introdurre quella frase di Vasco, e
torna anche poco dopo. Invece, se la frase viene omessa, si passa
inopinatamente ed inspiegabilmente dalla sognante introduzione del corno al
cupo intervento della schiava. Per questo in alcune edizioni dello spartito –
inclusa una in lingua italiana – il frammento di Vasco viene re-incluso.
Fétis
taglia anche alcuni versi di Sélika poco dopo (Son
front me brûle, hélas!)
in cui la schiava ricorda come Vasco avesse venduto i suoi gioielli e le sue
armi per acquistarla: in effetti è un riferimento che sarebbe più appropriato
al Fernand della stesura del 1843; Vasco più verosimilmente acquistò i due
schiavi indiani con fondi… pubblici del Regno di Portogallo, e non di tasca sua.
Fétis
sceglie poi una delle due versioni della famosa ninna-nanna di Sélika Sur mes genoux, quella che presenta più
passaggi di agilità per il soprano. In effetti le due hanno parecchio in
comune: tutta la sezione centrale (in FA e FA# maggiore, da Hélas, mon coeur faiblit…) e quella
finale che torna in LA minore (da Il dort
en paix…)
Più
avanti Fétis taglia qualche battuta a Nélusko e Sélika nella scena del tentato
omicidio
(da À prix d'or au marché nous lui fûmes vendus); non fa esplicitamente menzione
di questo taglio nella sua appendice allo spartito. La ragione sembra comunque
evidente: i due schiavi ricordano il momento in cui vennero venduti al mercato
e fanno riferimenti assai pertinenti allo scenario del 1843, allorquando erano
stati acquistati da Fernand, e sappiamo bene con quali diverse motivazioni
rispetto a quelle di Vasco. Il taglio sembra quindi abbastanza plausibile; un
po’ meno la riapertura che ne fa Schläder.
Per
il resto la scena e, soprattutto, la grande aria di Nélusko (Fille des rois e poi Quand l'amour m'entraîne) rimangono
fortunatamente intatti. Invece Fétis taglia la prima parte del recitativo e duo
di Sélika e Vasco Le maître a-t-il faim? Qui
se ne va un frammento (À Vasco de Gama
gloire! À lui l'univers!) abbastanza
interessante sia sul piano drammatico che su quello musicale.
Nel
grande duo Combien tu m'es chère,
dopo che
Sélika ha dato a Vasco lezioni di navigazione attorno al Capo, Fétis taglia di
netto la strofa (da Près de moi tu
resteras pour toujours) che vira abbastanza suggestivamente dal MIb
maggiore d’impianto ad un momentaneo SI maggiore, prima del ritornello e della
cadenza che chiude il duetto. In questa strofa i due sognano di risalire la
costa orientale africana, e da lì esplorare altri territori più lontani, di
incontrare nuovi popoli e nuovi climi. Ecco, questo taglio mi risulta
francamente incomprensibile, sotto ogni punto di vista.
Ecco infine l’ultimo taglio in
quest’atto (mantenuto anche nella produzione di Chemnitz): il recitativo e arioso
di Vasco-Sélika-Nélusko Courons, sortons!
Qui Fétis ci dà una duplice spiegazione drammaturgica (permettendosi di correggere
Scribe!) La questione sta in questi termini: alla fine del duetto fra Sélika e
Vasco, che si chiude con i due emozionati e festanti, dopo che la schiava ha
mostrato al navigatore la rotta giusta per doppiare il Capo, Scribe aveva
introdotto – lo abbiamo visto nella precedente puntata - una nuova scena,
quella dove Vasco torna a disperarsi e poi ode lo scampanìo in lontananza che
Nélusko gli spiega come festeggiamento per le nozze di Don Pédro e Inès. Ecco
perchè Fétis pensa che ciò rovini, poco dopo, la sorpresa di Vasco
all’apprendere da Inès che lei ha sposato proprio Don Pédro.
Secondo poi: questa scenetta
abbastanza insulsa (per Fétis, quantomeno, ma personalmente tenderei a
condividerne il giudizio) toglierebbe totalmente drammaticità alla successiva
entrata di Inès e Don Pédro, che non
troverebbero più Vasco e Sélika in atteggiamento sospetto. E ciò farebbe
perdere significato alle prime parole di Don Pédro (visto? li abbiamo beccati in
flagrante…) Ecco quindi che tutta la scena viene rimossa, in modo da proporre
il seguente colpo di teatro: Don
Pédro e Inès che entrano nella prigione e trovano Vasco e Sélika in piena
esultanza.
Ecco poi il settimino finale (arrivo
di Inès e Don Pédro e tutto ciò che segue) che Fétis – per fortuna, verrebbe da
dire – non ha toccato per nulla. Ci sono qui un paio di concertati dove
l’ascoltatore dovrebbe poter distinguere almeno 4-5 diverse, a volte contrastanti,
espressioni di stati d’animo, cantate da personaggi che sovrappongono le
rispettive voci: cosa praticamente impossibile anche a chi conosca il testo a
memoria. Ma questo è un difetto (o un pregio?) del melodramma: il finale
secondo di Aida ne è altro esempio preclaro.
L’Atto III è proprio nel mirino di
Fétis, che ci apporta tagli piuttosto corposi. Dopo i cori delle donne e dei
marinai (inclusa la gregoriana
implorazione a SanDomenico) si comincia con l’eliminazione del canto del
marinaio (Il est franchi, ce cap terrible)
che inneggia al doppiaggio del Capo e prende in giro Nélusko per le sue
inavverate premonizioni sull’arrivo di Adamastor; tagliato poi il richiamo al
pasto mattutino e infine il rondo
bacchico dei marinai (Il faut du vin,
du vin, du vin) dove a Scribe era sfuggito il riferimento – coerente nella
prima versione del 1843 - alle coste messicane! Il taglio si porta via anche il
breve lamento di Inès che riprende quello dell’inizio del primo atto (Adieux
rives du Tage) e che crea un evidente contrasto con l’esuberanza dei marinai.
Insomma, anche se non indispensabile sul lato della drammaturgia, questo
scorcio eliminato da Fétis era invece assolutamente funzionale allo spettacolo,
e la musica che lo supporta è tutt’altro che da buttare.
Si passa quindi direttamente al
colloquio fra Don Pédro e Don Alvar, ma anche qui Fétis elimina la parte della
scena dove il membro del Consiglio confida i suoi sospetti su Nélusko al
Comandante (Êtes-vous bien sûr qu’il ne
vous trahit pas?): che viceversa nomina lo schiavo come ufficiale di bordo,
esecutore di tutte le pene da lui comminate, eccitandone tutta l’aggressività. Si
tratta di un passaggio che dovrebbe servire a chiarire le cattive intenzioni
dell’indiano.
Intenzioni che comunque Nélusko non
tarda a manifestare, riconoscendo che il vascello è vicino ai paraggi dove
incrociano i suoi compatrioti e cantando quindi la famosa ballata di Adamastor.
Adesso arriva la nave di Vasco, che
sale a bordo. Fétis taglia due parti del duetto della lite fra Don Pédro e
Vasco: Généreuse perfidie! (in cui
troviamo un cupo accompagnamento del violoncello solo) dove i due si rimpallano
la responsabilità della sorte di Inès (Fétis lo fa probabilmente per non… gettare
un’ombra sul disinteresse di Vasco); e poi alcune battute da Eh bien! c'est moi qu'indigne en fin tant de
bassesse.
Poi, come detto, altri barbari tagli:
viene eliminato in pratica l’intero settimino, dove troviamo Sélika che punta
il pugnale al cuore di Inès (Ah! qu’à
défaut du ciel, l’enfer me soit propice!) Se ne va di conseguenza anche il
successivo Qu’on l’entraine à l’instant,
dove Don Pédro fa imprigionare Vasco nella stiva e cerca invano di obbligare
Nélusko a frustare Sélika, con la conseguente offerta dei due di essere
giustiziati insieme. Si tratta di scene assolutamente valide dal punto di vista
drammaturgico, come è ad esempio la crisi di Nélusko, tanto spietato con gli
stranieri, quanto inorridito al dover castigare la sua Sélika.
In pratica, da poco dopo l’arrivo di Vasco,
la lite (abbreviata) con Don Pédro e la decisione di quest’ultimo di farlo
fucilare, si salta direttamente e sbrigativamente alla chiusura dell’atto, con
l’urto del vascello contro la scogliera e l’arrivo delle orde di indiani che
fanno tutti prigionieri, per l’esultanza di Nélusko. Ma anche l’accoglienza
dello schiavo ai suoi compatrioti, con annessa presentazione della loro futura
regina Sélika e coro finale (Mais
ceux-ci, quels sont-ils?) se ne vanno nel cestino di Fétis!
Insomma, il musicologo belga ha
veramente massacrato questo atto, buttandone via almeno il 40%! E si tratta di scene
tutt’altro che insignificanti e di musica assolutamente degna di essere
apprezzata!
L’Atto IV si apre con il solenne ingresso
in scena di sacerdotesse, bramini, amazzoni (il corpo di guardia femminile di
Sélika), saltimbanchi, guerrieri e infine di Sélika in persona, il che dà modo
a Meyerbeer di propinarci quasi 10 minuti di musica retorica e pomposa (pur
gradevole!) come era d’obbligo nel GrandOpéra.
Poi
abbiamo la scena del giuramento della nuova Regina e dei suoi sudditi, in
qualche modo offuscata da due eventi poco felici: la notizia della giustizia
sommaria degli invasori portoghesi maschi (che fa sobbalzare
Sélika a proposito di Vasco) e il canto delle portoghesi femmine (subito dopo Quel est ce bruit? con richiamo
dell’Adieu mon beau rivage!
del primo atto) mandate
a morire sotto la mancinella, come ci avverte Nélusko. Peccato che questo canto
venga tagliato da Fétis (quel lamento si ripeterà alla fine d’atto) insieme al
successivo coro dei sacrificatori Soleil,
qui sur nous te lèves brûlant.
A
parte che quest’ultimo coro – per quanto enfatico – è musica notevole, il suo
taglio crea una gratuita discontinuità drammaturgica: dopo che Nélusko ha
spiegato dove vengono condotte le donne, ecco che arriva di punto in bianco la
famosa Grand Air di Vasco (O Paradis!) Invece quel coro serviva
proprio ad introdurla, oltretutto anticipando versi che i sacrificatori cantano
anche dopo l’aria di Vasco. A
proposito della quale si è già accennato nella precedente puntata al fatto che Fétis
ne cambiò un po’ il testo, introducendovi proprio l’invocazione (O Paradis!) che le diede il titolo.
Vasco
è portato davanti ai sacerdoti per l’esecuzione, e Sélika lo salva costringendo
(in pratica con un ricatto… sentimentale) Nélusko a testimoniare il falso (il
matrimonio da lei contratto con Vasco in Portogallo). E qui Nélusko canta la
sua cavatina (L'avoir tant adorée! che
in realtà per la prima parte è un concertato con Vasco, Sélika e il coro) in
cui manifesta tutto il suo cruccio per la costrizione che subisce, amare la sua
regina e dover mentire per consegnarla al rivale straniero!
Il
Gran Sacerdote benedice l’unione fra Vasco e Sélika, che restano soli. Qui,
prima che si odano di lontano le invocazioni dei sacerdoti a Brahma, Fétis
taglia la parte centrale del duetto (il notturno
Ô douce Provideance don’t je bénis les soins) che serviva ad introdurre il
successivo dialogo fra i due, che porta alla dichiarazione di reciproco amore.
Del finale (Remparts de gaze cachez l’extase) dove vediamo Sélika attorniata
dalle sue ancelle che le fanno la toilette
da sposa, Fétis pubblica una delle varianti (la più breve) predisposte
dall’Autore, che manca fra l’altro dell’inciso di Sélika. Dove risentiamo
comunque i lamenti di Inès e delle donne portoghesi ormai morenti sotto la
mancinella.
L’Atto
V presenta subito un gran taglio, che ci fa perdere grande musica, come
l’aria Fleurs nouvelles, arbres nouveaux e il successivo arioso di Inès
Ô toi, que j'adore. Ed anche la musica della scena con Vasco. Fètis invece cestina
tutto l’Entr’acte, Arioso et scène in cui vediamo Inès arrivare
mezza morta per aver respirato il profumo della mancinella e incontrare un
Vasco vivamente turbato, per essere poi sorpresa con lui da Sélika in
atteggiamento sospetto. Così invece l’atto inizia direttamente con l’entrata di
Sélika (con Inès, circondata da soldati) che sorprende Vasco. Qui francamente
il taglio di Fétis e l’aggiustamento relativo creano parecche perplessità sulla
consistenza della drammaturgia: vediamo perchè.
Alla fine del
quarto atto Inès è con le donne portoghesi portate a morire. Ora la troviamo,
circondata da soldati, insieme a Sélika. Dobbiamo perciò immaginare (ma ce ne
vuole, di immaginazione!) che Inès sia scampata alla strage e in seguito sia
stata bloccata dagli uomini di Sélika e consegnata alla regina. Però, che
c’entra Vasco? Il poveraccio si trova in quei paraggi a buon diritto e a pieno
titolo (ha appena sposato la regina, caspita!) Quindi, perchè Sélika accusa i
due portoghesi (che ancora nemmeno si sono incontrati, se dobbiamo prestar fede
alla didascalìa) di tresca? Insomma, un saltus
difficilmente giustificabile. (Meritoria quindi la decisione presa a suo tempo a
SanFrancisco dal duo Domingo-Verrett di riaprire il taglio!)
Poi segue il
duetto fra le due donne, quello dove Sélika decide di sacrificarsi, di cui
Fétis taglia l’ultima parte (Oui, les
transports de cette haine ardente): che è magari pleonastica dal punto di vista
drammaturgico, ma ancora una volta è musica che è un autentico crimine buttare.
Qui arriva Nélusko,
Sélika gli ordina di accompagnare i due portoghesi alla loro nave e poi di raggiungerlo
al promontorio. Nélusko la implora di star lontano dalla mancinella, ma lei è irremovibile.
Nella scena al promontorio, la cavatina (La haine m'abandonne) del perdono a Vasco è purtroppo mutilata della
strofa Je t'ai donné mon coeur, di cui
Fétis non lascia traccia nemmeno nella sua appendice, e che ritroviamo grazie a
Schläder.
Poi
abbiamo il recitativo di Sélika in preda all’estasi mortale prodotta dal
profumo dei fiori della mancinella (Ô riante couleur! ô fleur
vermeille et belle!)
dove Sélika vede un cigno che trascina un carro su cui arriva Vasco, cui dovrebbe
seguire un’aria della protagonista, di cui Meyerbeer scrisse nientemeno che tre
versioni: 1) Ô douce extase, transports
heureux; 2) Non, cette ecstase ne
trompe pas (questa viene direttamente dalla stesura del 1843!); e infine 3)
Vasco, te voilà donc?
Ebbene,
Fétis ce le nega tutte e tre! Poi, non contento, taglia anche il meraviglioso coro
etereo (Ô céleste séjour).
Così
si arriva al finale (Ah! je veille encor!
Je suis sur terre) ma anche qui Fétis lo rimaneggia (magari non senza plausibili ragioni) e chiude
con l’appello di Nélusko e la morte di Sélika accompagnata dal solo coro etereo,
tagliando le ultime parole (e il sacrificio) di Nélusko e gli avvertimenti del
popolo.
___
In
conclusione, credo sia giusto dare atto al musicologo belga di aver cercato e magari
quasi trovato un onesto compromesso fra il rispetto del lavoro di Meyerbeer (che
comunque possiamo star certi sarebbe stato parecchio emendato dallo stesso compositore,
ne avesse avuto il tempo) e le esigenze almeno comprensibili, se non giustificabili,
della messa-in-scena.
In
generale mi sentirei di fare il tifo, per il futuro, per l’edizione Schläder che,
almeno all’ascolto, mi sembra meglio rispettare l’equilibrio fra le due caratteristiche
della partitura: quella legata agli stereotipi del grand-opéra (scenario storico
e retorica magniloquenza) e quella più debitrice alla tragedie-lyrique (più intimista
e di scavo dei sentimenti). Troppo
lunga? Forse sì, ma almeno è merce più genuina (smile!)
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Comunque sia, per ora non ci resta che aspettare
Venezia…
2 commenti:
Caro Daland, hai fatto un lavoro meraviglioso, dovresti chiedere di accedere al FUS, in qualche modo.
Linko a quest'ultimo contributo sul forum di OC.
Ciao!
@Amfortas
Beh, dopo tanto Wagner (e Verdi) mi sembrava giusto dare un po' di spazio anche ad un outsider!
Spero che la Fenice ci propini qualcosa di interessante.
Grazie e ciao!
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