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24 febbraio, 2012

Orchestraverdi – concerto n 21



Ancora John Axelrod sul podio di un Auditorium quasi esaurito per un concerto che compie un percorso di andata-ritorno fra '800 e '900, muovendo da terreni assai seriosi per poi portarsi in ambito quasi-leggero.


Si parte con Debussy e il Prélude a l'après-midi d'un faune, che pare musica di un… secolo posteriore, che so, alla contemporanea Terza di Mahler. L'abbiamo ascoltato pochi giorni fa dai Filarmonici scaligeri (con Letonja al posto di Salonen…) e devo dire che – forse anche grazie all'ambiente più raccolto dell'Auditorium - l'effetto qui è stato di maggior pathos e raccoglimento.

La rossocrociata francofona Rachel Kolly d'Alba arriva poi per proporci il Concerto per violino di Karol Szymanowski, musicista di etnia polacca nato in Ukraina e morto proprio nella Svizzera francese. Il concerto è del 1916, ispirato da e dedicato a Paweł Kochański, violinista pure lui polacco-ukraino, che scrisse anche la cadenza originale del concerto:


Siamo nel regno dell'atonalità, ma forse più spostata verso l'impressionismo francese (da qui l'appropriato accostamento, in questo programma, con Debussy) che verso la Vienna di Schönberg. (Peraltro pare che Alban Berg, quasi 20 anni più tardi, avesse sotto gli occhi questa partitura di Szymanowski al momento di comporre il suo concerto.) Quanto alla forma, più che di Concerto si potrebbe parlare di Fantasia: abbiamo di fatto un unico ininterrotto fluire di motivi, di carattere alternativamente lirico e mosso, che si susseguono come in una specie di visione onirica (l'ispirazione non a caso venne dal poema Una notte di Maggio di Tadeusz Miciński).

Curiosamente lo stesso compositore parla di nuove piccole note per caratterizzare il lato impressionistico del brano, e persino la partitura a stampa le rappresenta con dimensioni ridotte, come si può osservare qui dalla pagina dove entra per la prima volta il solista:


Dopo un inizio sognante, con uccellini che cinguettano, arriva un ritmo di marcia, dove par di riconoscere certo Stravinski neoclassico. Poi farà la sua comparsa – in una sezione grandiosa e magniloquente – anche un bieco Rachmaninov… e dopo la citata cadenza, c'è spazio anche per un certo Scriabinestatico.

Nella chiusa, dopo il ritorno degli uccellini cinguettanti, il violino, con un frusciare di biscrome, pare proprio imitare un passerotto che ammicca da un ramo e scompare tra le foglie, mentre i contrabbassi esalano un LA grave pizzicato, come dire... ohibò:


Grande prestazione della bella Rachel (a proposito, sbaglio o qui a laVerdi arrivano solo violiniste col fisico da modella? lei per la verità adesso è un filino incicciottita, stante la recente gravidanza…) che non ci fa perdere una virgola di questo emozionante brano, ben coadiuvata da Axelrod - col quale ha già collaborato in Francia - e da tutta l'orchestra, con le note piccole e grandi (smile!)

Chiude il programma Piotr Ciajkovski con due Suite da balletti. Dapprima La Bella addormentata e poi Il Lago dei Cigni. Musica tanto orecchiabile quanto… impegnata (sì, perché troppo spesso la si sottovaluta come prodotto di seconda scelta, un po' come capita ai walzer di Strauss). Anche se ascoltarla ed apprezzarla non richiede la stessa attenzione e concentrazione necessarie per Debussy e Szymanowski, questo è poco ma sicuro!

Della Bella addormentata ci viene presentata una Suite arricchita da… Stravinski, che ne ri-orchestrò - per un balletto di Diaghilev - le Variazioni sulla Fata Lillà. Ma purtroppo impoverita dal taglio del bellissimo Panorama. Il Lago contiene una serie di passaggi solistici che consentono a tutte le prime parti dell'orchestra di avere il loro momento di gloria. Forse nell'orchestra (anche se da quei tempi pochi sono i reduci…) è rimasto qualcosa dello spirito con cui il grande Vladimir Delman, direttore e fondatore de laVerdi, affrontava queste bellissime pagine. Meritato quindi il trionfo per Axelrod&C.

Uno dei Direttori ospiti (il flamboyant Wayne Marshall) sarà protagonista del prossimo concerto, dal programma assai stuzzichevole.

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