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17 febbraio, 2012

Orchestraverdi – concerto n 20



Il Direttore principale de laVerdi, John Axelrod, fa il suo ritorno sul podio dell'Auditorium per proporre un concerto (quasi) tutto mozartiano.

Serata che si apre però con una composizione contemporanea, Afterthought di Giorgio Battistelli. Il quale, meditando sugli attentati londinesi del 2005, ha creduto di trovarvi un ideale collegamento con le atrocità evocate dal Richard III - opera da lui appena musicata, a quel tempo, e felicemente rappresentata (grazie a Carsen) in diversi teatri europei (non italiani!) - e ci ha costruito una specie di fantasia sinfonica, impiegandone alcuni temi conduttori.

Fedele allo spirito e ai riferimenti letterari e d'attualità, il pezzo alterna durissime pagine di sonorità cupa (martellamenti e urla strazianti) ad altre di pace quasi straniata, di ebete contemplazione di una realtà (umana e materiale) in disfacimento o – forse – di speranza di intravedere una qualche improbabile luce alla fine del tunnel. (Ma queste sono sensazioni evocate dal titolo e dallo scenario che il compositore stesso ci indica… in assenza dei quali il brano potrebbe essere interpretato in mille altri modi diversi.)

Ora si passa a Mozart, con il solista della casa, Radovan Vlatkovic, che presenta il Terzo Concerto per Corno. Köchel aveva catalogato quattro concerti per questo strumento in un certo ordine (412, 417, 447, 495) che si è poi scoperto essere cronologicamente errato, la sequenza appropriata essendo 417, 495, 447 e 412 (frammento). Quindi il concerto presentato qui è l'unico a mantenere il suo numero (3) in entrambi gli scenari… Però diventa, cronologicamente, l'ultimo concerto per corno completato da Mozart, nel 1787, quindi circa un anno dopo del 495. (Del 412 Mozart compose successivamente, pochi mesi prima di morire, il solo primo movimento, cui l'allievo Franz Xaver Süssmayr aggiunse di suo pugno un Rondò).

Vlatkovic non ha certo bisogno di essere scoperto oggi: tecnica sopraffina, virtuosismo eccezionale (grande la sua cadenza alla fine dell'Allegro) ma anche sensibilità interpretativa e perfetto dosaggio delle sfumature del suono. Un solo peccato: non averci regalato uno dei suoi mitici bis

Ecco poi il pezzo forte della serata, il Requiem del sommo Teofilo, purtroppo restato a livello di torso e quindi - gioco-forza - completato da mani assai più rozze (con tutto il rispetto per l'onnipresente e volonteroso Süssmayr) e passato di mano in mano come una cambiale con cui saldare debiti e pendenze diverse (!)

Bruno Walter in questa singolare (addirittura sbudellante, alla fine) intervista di quasi 60 anni fa non lesina critiche all'allievo di Mozart per la pesantezza della sua strumentazione (ah, quei tromboni!) ma riconosce anche che certa sua musica (in particolare il Benedictus) è un'eccellente realizzazione delle intenzioni del maestro.

Ancora oggi c'è chi si ostina (magari con le migliori intenzioni) a proporre nuove edizioni dell'opera. L'ultimo - ma solo in attesa del… prossimo – è tale Clemens Kemme, che ha rilasciato negli anni scorsi una sua edizione del Requiem, ritoccata (soprattutto) nelle parti esclusivamente di Süssmayr, come il Sanctus e tutto ciò che segue. La si può ascoltare qui, per notare ad esempio l'espansione – tutt'altro che peregrina – proprio del Sanctus. Di certo, l'approfondimento di altre partiture mozartiane permette a qualcuno (o lo illude) di poter indurre come il genio salisburghese si sarebbe comportato, avesse avuto tempo e modo, nel completare il Requiem di suo pugno. Ma l'unica cosa certa è che nessuno mai ci potrà dare (né avvicinarsi a darci) ciò che sarebbe uscito dalla penna d'oca di Mozart. Quindi mettiamoci il cuore in pace e ascoltiamo con devozione quel che ci è arrivato da esattamente 220 anni…

La premiata coppia Axelrod-Gambarini ci ha proposto un approccio assai equilibrato: orchestra non sovraccarica, tromboni e timpani discreti e mai soverchianti (+ Mozart e – Süssmayr, si potrebbe dire) voci perfettamente dosate nei mille chiaroscuri che caratterizzano la partitura. I solisti – nessuno francamente eccezionale – han però fatto la loro parte: il basso Snell e il soprano Gheorghiu un filino meglio del mezzosoprano Shaham e del tenore Leon.

In complesso, una prestazione che non ha sfigurato per nulla (almeno alle mie orecchie) con quella memorabile – seguita in streaming - che ci ha offerto Pappano con la sua SantaCecilia meno di un mese fa.

Meritato quindi il trionfo per tutti quanti, in un Auditorium finalmente affollato, dopo alcuni appuntamenti abbastanza snobbati dal pubblico.

E il prossimo appuntamento sarà ancora con Axelrod, in un programma un po' meno… impegnato.
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