intime gioje

chiuder la prigione e buttar la chiave

16 gennaio, 2009

Il caso Makropulos

Opera in tre atti dalla commedia di Karel Capek.
Libretto e musica di Leos Janacek.
Prima rappresentazione: Brno, Teatro Nazionale, 18 dicembre 1926.

La penultima opera di Janacek, che va in scena stasera alla Scala sotto la direzione di Marko Letonja e con Angela Denoke nel ruolo della protagonista, è sicuramente spiazzante per un pubblico, che non abbia cercato almeno dei ragguagli sulla commedia di Capek sulle vicende svoltesi nei 300 anni precedenti i fatti, che Janacek narra e commenta musicalmente.
Il grande musicista moravo infatti li fa lentamente affiorare man mano che la trama si sviluppa attorno al personaggio della bellissima e grandissima cantante trentasettenne, per la quale tutti gli uomini impazziscono e che lei tratta con gelida aridità e cinismo, anche quando - poco più che un ragazzo - uno di loro si suicida per amore di lei.
La commedia di Capek, che presenta un'ambientazione riflettente un po' la allucinata e burocratica Praga di Kafka, inquadrava l'avventura magico-fantastica della protagonista in un contesto sociale descritto analiticamente: la lite giudiziaria per l'eredità, il giovane spiantato che la rivendica, l'avvocato professionalmente ineccepibile che non crede alle sconcertanti rivelazioni di Emilia Marty -questo l'ultimo pseudonimo della cantante- ma poi è costretto a scusarsi e non rimane insensibile al fascino di lei, l'archivista e la giovane figlia, promessa della lirica e fidanzata del giovane che si suiciderà per Emilia, il vecchio e rimbambito nobile spagnolo precedente amante della donna costituiscono una galleria di personaggi e di situazioni, che nell'opera di Janacek ruotano freneticamente attorno a Emilia Marty, l'unico grande vortice drammatico che accentra su di sé l'attenzione del musicista.
Solo alla fine del terzo atto l'enigma verrà sciolto e il documento che lo comprova distrutto, mentre la protagonista muore volontariamente: la parentesi aperta 337 anni prima si chiude definitivamente con la fine dell'incantesimo e la scomparsa dell'elemento fantastico dal grigiore della vita quotidiana dei personaggi che sopravvivono.
Il caso Makropulos è un'opera "di conversazione", i fatti accadono quasi tutti fuori scena e il canto è in grandissima parte un declamato ai limiti dello "Sprechgesang", ma l'orchestra, che alla fine sfocia in un formidabile climax, assume un ruolo da grande co-protagonista ed è nelle sue armonie sempre più tormentate che si esprimono sensazioni, sentimenti, azioni dei personaggi del dramma.
In breve, Elina Makropulos, figlia di Hieronymus -medico di corte dell'Imperatore Rodolfo II, ingerisce in qualità di cavia una pozione capace di prolungare la vita di tre secoli, ma l'apparente iniziale inefficacia di essa porterà il padre alla condanna a morte. Elina invece sopravviverà cambiando una quantità di mariti e amanti e disseminando per il mondo figli, del cui destino si disinteressa completamente. Tutti i suoi psudomini conservano però nei secoli le iniziali E. M.: Ekaterina Myshkin, Eugenia Montez, Ellian MacGregor, infine Emilia Marty. Il tempo, che scorre senza che la sua bellezza sia incrinata, le permette di raggiungere una insuperabile perfezione nel canto, che la giovane Krista ammira in modo sconfinato. Per questo Emilia morendo consegnerà a lei la formula della pozione magica, recuperata in cambio di una notte d'amore con il discendente di un suo antico amante, che la deteneva, ma che la ragazza dà alle fiamme al calar del sipario.
Se questa è più o meno la trama, l'ordito della narrazione è la causa per l'eredità dell'antico amante di Ellian MacGregor, lasciata al loro figlio illegittimo. Gregor, discendente di quest'ultimo, con l'aiuto di Emilia -interessata in realtà al recupero della formula allegata al testamento nasacosto- potrà rientrarne in possesso, ma il suo folle amore per Emilia riceverà gelo e disprezzo.
Solo alla fine la splendida donna incapace di amare veramente si "umanizza" e avverte il logoramento della sua lunga vicenda. "Stanca la terra, stanco il il cielo! E sappi che anche l'anima muore" confessa prima di pronunciare la sua ultima dura sentenza sulla felicità degli uomini: "Sciocchi, siete felici per la stupida ragione che presto morirete". Poi si pegne recitando in greco il Pater noster, accompagnata da una musica di grande impatto emotivo.
E' difficle commentare sinteticamente un lavoro così lontano dai modelli più comuni del teatro musicale. Si può solo consigliare agli spettatori di impadronirsi bene del libretto prima di ascoltare la musica, per concentrare l'attenzione sul suono della magnifica orchestra che lo accompagna e lo integra in modo imprescindibile.

2 commenti:

mozart2006 ha detto...

Il tenore americano Richard Versalle morí proprio durante una recita di Vec Makropulos,il 5 gennaio 1996 al Met.Per caso dovremmo fare un´analogia con l´opera verdiana innominabile?
Ciao

daland ha detto...

Beh, se davvero c'entrasse il destino, nel rispetto della vicenda dell'opera, avrebbe dovuto toccare nientemeno che a Jessye Norman!