Atteso
ritorno in Largo Mahler per la Direttrice
Emerita dell’Orchestra Sinfonica di Milano, che trascorse
qui alcuni anni (09-16) assai particolari della sua carriera: inclusa la
nascita del suo secondo figlio, che lei si portò dietro dentro anche sul
podio fino all’ultimo giorno!
Il
brano di apertura serve precisamente per scaldare l’uditorio per ciò che verrà
poi, due composizioni fra loro legate dalla stessa paternità russa: Stravinski
e Ciajkovski.
Quindi,
ascoltiamo dapprima l’Ouverture dalle musiche per Die Weihe des
Hauses (op.124) che occupa una posizione assai scomoda nel
catalogo beethoveniano, stretta com’è nella stritolante tenaglia di Missa
(op.123) e Nona (op.125). E sono anche gli anni delle
ultime tre sonate pianistiche e delle variazioni Diabelli!
Il
titolo del lavoro è stato tradotto in italiano in modo letterale (La
consacrazione della casa) il che porta francamente fuori strada chi non sia
informato delle circostanze che ne determinarono la composizione. Chiunque
infatti penserebbe subito alla casa nell’accezione di dimora e quindi, in senso
lato, di famiglia: quindi immaginerebbe che si tratti della solennizzazione
della classica benedizione delle famiglie (a pochi verrebbe in mente di pensare
all’inaugurazione di una... ditta!)
Invece
Haus in crucco (così come House in albionico) è un termine impiegato
(anche) per definire i teatri (es.: Royal Opera House, Opernhaus Zürich); ed è
proprio l’inaugurazione di un teatro viennese (Theater in der Josefstadt)
che fece arrivare a Beethoven la commissione di musiche di scena per il lavoro
teatrale che doveva celebrare l’avvenimento. Per risparmiare tempo e
fatica Beethoven propose l’impiego de Le Rovine di Atene (altra musica
di circostanza composta 11 anni prima per l’inaugurazione di un teatro tedesco
a Pest).
Alla
fine Beethoven si risolse di comporre tre nuovi pezzi (da incastrare nelle
Rovine) fra i quali la nuova Ouverture (ironia della sorte, non eseguita
all’inaugurazione, perché… non pronta!) Per la quale si dice che l’ispirazione
estetico-formale sia venuta a Beethoven da Händel, ed in effetti sentiamo
atmosfere da pomposità tipiche delle musiche che il tedesco trapiantato in
Albione componeva per i Reali di lassù, ma anche un complesso contrappunto che
caratterizza il nucleo della composizione.
Dandole
però anche un retrogusto di pedanteria fiamminga, tecnicamente ammirevole ma che,
unita alla persistente staticità tonale (DO-SOL e nulla più…) e alle dinamiche fin
troppo invadenti, rischia di rendercela, in tutta franchezza, un tantino pesantuccia
da digerire.
Ovviamente
nulla di cui incolpare l’Orchestra, che ha fatto interamente il suo dovere!
___
Il
brano centrale della serata è targato Igor Stravinski: si tratta del suo
Divertissement dal balletto (non proprio passato alla storia) Le
baiser de la fée. Balletto commissionatogli nel 1928 da Ida Rubinstein,
che prendeva spunto dalla fiaba di Andersen La vergine dei ghiacci.
Per
la composizione del quale Stravinski si ispirò apertamente all’Autore dell’opera
che chiude la serata: Ciajkovski, al quale la partitura è dedicata:

Nel
1873, proprio lo stesso periodo di creazione della Seconda Sinfonia, Ciajkovski
aveva composto, su richiesta del teatro Malyj di Mosca, le musiche di scena (19
numeri per il Prologo e i 4 atti) per la fiaba popolare (messa in versi da Alexander
Ostrovski) intitolata La fanciulla di neve. E da queste musiche, e da
altre opere giovanili di Ciajkovski, prese spunto Stravinski per il balletto.
Nel
1934 poi Stravinski derivò dall’intero balletto il Divertissement, una
specie di Suite che riprende circa il 50% (anche come durata) della
musica del balletto:
Balletto
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Divertissement
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1.
Prologo – Ninna-nanna nella tempesta
|
I.
Sinfonia (meno n. 27-39)
|
2.
Una festa al villaggio
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II.
Danze svizzere (troncato al n. 96)
|
3.
Al mulino –
Passo
a due (Entrata-Adagio–Variazione–Coda) –
Scena
|
III.
Scherzo (meno n. 122-130 e 154-155)
IV.
Passo a due (Adagio–Variazione–Coda)
(più
14 battute)
|
4.
Epilogo – Berceuse delle dimore eterne
|
|
Come
si vede, c’è un taglio nel Prologo (Sinfonia); un altro al termine della Festa
(Danze svizzere); due tagli nella scena Al mulino (Scherzo); il taglio dell’Entrata
del Passo a due; un’aggiunta in chiusura del Passo a due per chiudere il Divertissement;
omessi quindi la Scena finale del brano 3 e l’intero Epilogo.
Sono
25 minuti di musica accattivante, dello Stravinski che si suol catalogare come
neo-classico, ma che qui – grazie ai riferimenti all’amato Ciajkovski – in realtà
sconfina ampiamente nel romanticismo.
Xian
però di romantico lascia poco, sottolineando i connotati più jazzistici
della partitura, e trascinando il pubblico all’entusiasmo.
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In
chiusura ecco Ciajkovski e la sua Sinfonia n. 2, detta Piccola
Russia dal nomignolo (di significato bifronte…) con il quale veniva
apostrofata ai suoi tempi l’Ukraina, dove il compositore passò diverse estati e
compose proprio questa Sinfonia.
In
questo articolo
scritto in occasione della precedente esecuzione qui della Sinfonia (sempre con
Xian, nel settembre 2014) avevo proposto qualche nota introduttiva di carattere
geo-politico sull’Ukraina ai tempi di Ciajkovski, proprio nei giorni in cui il Paese
viveva i postumi della crisi (EuroMaidan) che aveva scalzato il Presidente
filo-russo Janukovich, sostituito da un governo filo-occidentale, e provocato
così la reazione russa culminata nell’annessione della Crimea, dando
inizio a 8 anni di guerra civile nel Donbass, culminati nell’invasione russa
del febbraio ’22, cui il faro della Meloni – come si è visto proprio ieri sera
in mondovisione - proclama di metter fine senza badare all’etichetta…
Per
curiosità ho interpellato l’omnisciente Intelligenza Artificiale per
sottoporle una bizzarra domanda: Se Ciajkovski
fosse vivo oggi, sull'Ukraina starebbe con Putin o con Mattarella? Devo
dire che la
risposta dell’oracolo (che ci ha dedicato ben 87 secondi del suo
preziosissimo tempo!) mi è sembrata interessante, pur se venata da un certo
fastidio per la pretesa inconsistenza della domanda, che vorrebbe mettere in
relazione fatti e idee di momenti e personaggi storici così lontani e
inconfrontabili. Quindi, giustamente, l’oracolo rifiuta di sbilanciarsi, limitandosi
a fare ipotesi più o meno generiche.
Ma
la cosa che mi sento di condividere totalmente è proprio l’ultimissima
conclusione della risposta: Meglio
concentrarsi sulla sua (di Ciajkovski, ndr) eredità artistica, che unisce Russia, Ucraina ed Europa.
Bene,
non saprei dire se dall’interpretazione della Xian sia emersa precisamente
questa eredità artistica, ma di sicuro se ne è potuta apprezzare la freschezza
e l’assenza di retorica (rischio che si corre soprattutto nei due movimenti
esterni). Come suo costume, la Direttrice sino-americana tende sempre all’essenziale,
a prosciugare più che a rimpolpare (lei è nemica dei da-capo, per dire, e anche
ieri ha omesso quello della seconda sezione dello Scherzo).
Risultato
comunque elettrizzante, grazie ovviamente anche allo stato di grazia dell’Orchestra
(mia menzione particolare per il corno di Amatulli nella lunga
Introduzione con il tema del Volga). Pubblico folto prodigo di uragani di
applausi per l'Orchestra e di ripetute chiamate per la rediviva Xian.