Ukraina&Russia! Mamma mia, l’attualità più cruda (e orribile, come testimonia la
criminale esecuzione del Maestro
Kerpatenko) irrompe nella stagione dell’Orchestra Sinfonica
di Milano: il
quarto concerto ha infatti come protagonisti tre musicisti
strettamente legati ai due Paesi che oggi stanno combattendo una guerra
(praticamente) fratricida.
In un Auditorium per pochi intimi torna sul podio il 44enne Maxim Rysanov, ukraino di Kramatorsk (città del Donbass oggi martoriata dalla guerra) trapiantato in Gran Bretagna; oltre a dirigere, lui interpreta come solista alla viola il Concerto del 47enne Gabriel Prokofiev, cittadino londinese nipote del grande Sergei (russo all’anagrafe ma nato a Donetsk); il secondo brano in programma è del sanpietroburghese purosangue Igor Stravinski, esule russo diventato cittadino francese e statunitense.
Ecco, non ci resta che sperare che questa combinazione astrale sia un segnale, sia pur minuscolo, che in fondo al tunnel si cominci ad intravedere un lumicino…
Dunque, Gabriel Prokofiev: un artista eclettico che spazia in tutti i campi della musica, dalla composizione di stampo classico alla modernità più varia, fino alla produzione di eventi e alla creazione di una casa discografica di divulgazione musicale per i giovani.
Orchestra disposta in modo eterodosso, con sezioni di fiati (legni a sinistra, trombe a destra) portate al proscenio, dietro gli archi. Due leggii: quello normale per dirigere l’orchestra e uno rivolto al pubblico per la parte solistica. Rysanov, imbracciando un Guadagnini-1780, ci propone questo Concerto per viola e orchestra, commissionato dallo stesso Direttore e anche dalla Fondazione milanese (qui frammenti dei tre tempi in cui è classicamente strutturato, ripresi alla prima di Bonn lo scorso gennaio):
A dispetto
della differenza delle indicazioni agogiche di impianto, i tre movimenti
alternano sezioni lente ad altre più mosse, con frequenti cambi di scansione (a
4, a 3…) Quelle più veloci presentano ritmi di stampo moderno, spesso sincopati.
La parte solistica contiene virtuosismi che in realtà sono delle acrobazie,
dove la viola diventa a volte uno strumento a percussione (forse non è un caso
che un crine dell’archetto di Rysanov si sia strappato abbastanza presto). La narrativa
è supportata da un linguaggio che alterna atonalità e rumorismo a squarci più
lirici.
Ecco infine lo stravinskiano Petruška. La storia di un uomo/marionetta al centro del classico triangolo amoroso. Quattro parti che evocano una vicenda a sfondo tragico che si compie in una giornata di festa a SanPietroburgo, in occasione dell’annuale fiera di Shrovetide, parente del nostro martedi grasso. (Qui una mia nota scritta in occasione dell’ultima esecuzione dell’opera in Auditorium, che riassume la trama del balletto. Per chi voglia più approfonditamente documentarsi, ripropongo il link ad un’apprezzabile iniziativa tedesca.)
È uno dei brani che l’Orchestra conosce a menadito, avendolo suonato innumerevoli volte, e anche ieri non si è smentita, con un’esecuzione impeccabile e trascinante. Così i pochi-ma-buoni fedelissimi non hanno mancato di far sentire la loro convinta approvazione.
2 commenti:
Stranamente però, e contrariamente a quanto indicato in programma, di Petrushka è stata eseguita la suite, e non la versione originale del 1911, con il taglio invero un po' brutale delle ultime tre scene.
@kink64
Grazie della precisazione. Che io sappia, Stravinski non pubblicò specificamente delle Suite del balletto (c'è quella di Stokowski...) Il punto in questione è un altro: fu lui stesso a suggerire - con chiare indicazioni in partitura - il taglio del finale... tragico nelle esecuzioni puramente concertistiche. E' ciò che ha fatto Rysanov.
Grazie ancora per il commento!
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