Ancora
un programma ultra-tradizionale (nell’impaginazione) per il secondo
appuntamento della stagione dell’Orchestra Sinfonica di Milano.
Sul podio il 28enne londinese Joel Sandelson, uno dei tanti astri
nascenti (ma proprio… in fasce) della direzione d‘orchestra, dopo esser venuto
alla luce come cellista.
Ma è l’attualità ad irrompere in scena prima delle note: la Presidente Ambra Redaelli si aggiunge alla schiera di donne illustri nel testimoniare solidarietà per Mahsa, recidendosi pubblicamente una bella ciocca di capelli.
E a proposito di attualità, il brano di apertura, invece della classica Ouverture (o cose simili) è una Sinfonia-con-voce di Nicola Campogrande (testo di Piero Bodrato) che reca un titolo allusivo: Un mondo nuovo. Opera commissionata all’attuale Direttore del MITO dall’Orchestra milanese e da altre istituzioni musicali internazionali. Opera composta di getto nella scorsa estate sotto l’impressione e l’incubo della guerra che ancora (e sempre più minacciosamente, anche per noi) insanguina quel lembo orientale dell’Europa. Questa di Milano è la seconda assoluta, la prima essendo stata data a Roma lo scorso 30 settembre con l’Orchestra di Roma Tre e la stessa interprete vocale, la 43enne di Wùrzburg Theresa Kronthaler.
Strumentazione con i fiati – senza tromboni e tuba - rigorosamente a coppie, poi archi e nutrita batteria di percussioni. Quattro movimenti, come in ogni Sinfonia classica che si rispetti, con l’unica (mahleriana peraltro) eccezione del movimento finale lento e cantato:
Allegro, 4/4 (87 battute). Beh, non pretenderemo di trovarci la classica forma-sonata… però almeno vi compaiono due temi ben riconoscibili, il primo dei quali chiude il movimento.
Adagio espressivo, 4/4 (37 battute). Questo è il tradizionale movimento lento, con flauto e clarinetto che staccano pochi melismi sul tappeto degli archi.
Allegro spiritoso, 3/4 (85 battute, di cui 73 da ripetersi). Nell’800 si sarebbe chiamato Scherzo… in realtà pare più un comodo Ländler.
Adagio cantabile, 4/4 (Canto nel canto, il canto. 114 battute). Non saprei dire se Mahler (oltre alla forma) abbia anche ispirato il testo e la musica: tuttavia la presenza del canto ci ricorda la Cäcilia del Wunderhorn e la sua ottimistica chiusa.
Lui non si vergogna ad inforcare gli occhiali per sbirciare ogni tanto lo spartito che tiene dentro la cassa del pianoforte, l’importante è che ci delizi con la sua tecnica e la sua sensibilità (da incorniciare l’Adagio un poco mosso). Sandelson da parte sua aizza l’orchestra per calcare al massimo i contrasti del dialogo con il solista e così ne esce un’esecuzione davvero da ricordare!
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