intime gioje

chiuder la prigione e buttar la chiave

16 ottobre, 2022

Fedora alla Scala: discreta la prima

Eccomi quindi a riferire della prima della Fedora di Umberto Giordano, affidata alla premiata coppia Armiliato-Martone. Piermarini discretamente affollato e pubblico assai caloroso, che ha decretato un chiaro successo per tutti gli artefici dello spettacolo.

Sonya Yoncheva è stata – meritatamente – la trionfatrice della serata. Alla potenza del suo strumento ha saputo abbinare anche una presenza scenica apprezzabile, e in questo direi che sia assai migliorata negli ultimi anni.   

Con lei Roberto Alagna, che quasi 16 anni dopo quella fuga dall’Egitto (!) è tornato ad essere beniamino del loggione scaligero, pur se la voce mostra qualche inevitabile segno di stanchezza, compensato da grande sapienza nel gestirla oculatamente.

Serena Gamberoni si è confermata interprete ideale di queste parti leggere e un po’ svampite, quale è la Olga di Giordano.

George Petean è stato un dignitoso De Siriex, che ha portato onorevolmente a termine il suo compito, per la verità non proibitivo, incentrato sull’elogio della donna russa.

Degli altri, tutti meritevoli di encomio; citerò il cocchiere (no, qui autista) Cirillo, cui ha dato voce Andrea Pellegrini.

Sui suoi standard il Coro di Francesco Malazzi, che qui ha un impegno tutt’altro che proibitivo.

Marco Armiliato mi è parso padroneggiare bene questa partitura che forse, ma solo in apparenza, può sembrare facile. L’Orchestra scaligera lo ha ben assecondato: tempi appropriati, dinamiche mai sbracate ed efficace supporto alle voci, mai coperte.

Quindi, la parte musicale è da promuovere a quasi-pieni voti.

Martone? Beh, ogni tanto tira fuori il genio che è in lui, lasciando perdere la sregolatezza! Quindi ambientazione ai giorni nostri (smartTV da 50 pollici che trasmette una partita a beneficio del piccolo Dimitri, per dire) ma vivaddio lontano da mafie, camorre e ndranghete! E persino i servizi segreti, che pure hanno parte importante nel libretto, non invadono più di tanto la scena.

Insomma, il Martone serio di Chénier, per dire, non quello strampalato delle Beffe o di Oberto e pure di Rigoletto! Il che forse gli varrà l’accusa (non certo da me) di gretto tradizionalismo. Dato che il plot dell’opera è piuttosto contorto, lui ha provato anche ad essere didascalico, ad esempio mostrandoci – durante la confessione di Loris a Fedora – anche gli altri tre  protagonisti (silenziosi) della tresca: Wanda, la governante, e soprattutto Vladimir, cui lascia il compito di gettare a Fedora le sue lettere d’amore indirizzate a Wanda… Mah, forse a qualcuno ciò può aver ulteriormente confuso le idee.

In ogni caso il pubblico ha apprezzato assai e per tutti ci sono stati solo applausi e ovazioni.

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