Per la prima
volta sotto la bacchetta del Direttore
Musicale, ecco uno dei pilastri ormai più che consolidati delle stagioni de
laVerdi: il Requiem!
A proposito
dell’eterna diatriba che divide i critici, fra chi accusa Verdi di aver scritto
un Requiem melodrammatico (quindi addirittura
insincero...) e chi invece difende l’opera quasi come fosse Brahms (che infatti spese parole di elogio per il Verdi sacro)
ho riletto la fulminante monografia del sommo Massimo
Mila (suggerimento tecnico per la lettura: prima
scaricare il file, per poterlo poi ruotare di 90°) un’acutissima analisi
socio-filosofico-estetica dell’intera problematica della musica religiosa e in
particolare di quella che tratta i misteri di vita e morte. Mila individua due
macro-approcci sviluppatisi storicamente, che battezza come tedesco e latino: il primo tende a trattare la morte con laica consapevolezza e con
serena rassegnazione ad un evento purtroppo inevitabile; il secondo dove invece
la morte è subita come choc (il Dies Irae!) dal quale l’Uomo è colpito
all’improvviso, e che gli fa opporre resistenza alla stessa volontà divina. Va
da sè che Verdi venga inserito di diritto nella seconda scuola di pensiero e di
produzione artistica.
Claus Peter Flor, che pure ha un background sinfonico
e tedesco, non ha però cercato di
trasferire questa opera di Verdi nell’austero mondo teutonico, anzi: ha messo
in risalto quanto di più latino si trova in questa partitura, a cominciare
dalle esagerazioni del Dies Irae e
del Tuba mirum...
Il coro si
cimentava per la prima volta nel Requiem con uno dei nuovi Maestri che han preso
il posto di Erina Gambarini, Alfonso Caiani:
direi proprio che l’eredità sia stata ben salvaguardata!
Il quartetto
di solisti (dislocati a metà palco, fra Orchestra e Coro). Di Erika Grimaldi avevo un buon ricordo, ma
devo dire che ieri non mi ha del tutto convinto, per una certa approssimazione
forse giustificabile dall’aver dovuto sostituire all’ultimo momento la titolare
Svetlana
Kasyan, che personalmente avevo scoperto (come molti, peraltro) nell’aprile
2013 al Regio di Torino in un discreto DonCarlo e che ero curioso di risentire
(ma ci sarà una prossima occasione).
Al mezzosoprano Roxana
Constantinescu e al tenore Matteo Desole darò un’abbondante sufficienza, anche se non mi hanno
particolarmente... eccitato, ecco.
La palma
del migliore del quartetto la assegno al basso Carlo
Cigni, che avevo avuto modo di apprezzare lo scorso agosto al ROF come Oroe nella Semiramide di Mariotti
(purtroppo anche di Vick...) e che ha confermato alle mie orecchie quanto di
buono era emerso in quell’occasione.
Auditorium piacevolmente affollato e prodigo di
applausi, anche ritmati, ai protagonisti. Beh, il solo fatto di mettere in
cantiere ogni stagione un mostro come questo e di saperlo domare come si deve è
un merito non da poco!
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