Ecco quindi arrivata al Piermarini anche
questa Die ägyptische Helena
snobbata per quasi un secolo... Ma purtroppo ier sera l’ha snobbata anche il
vasto pubblico, almeno a giudicare dagli abissali vuoti che presentava il
Piermarini. Va detto però che i rari
nantes presenti si son fatti in quattro per decretare comunque un franco
successo allo spettacolo. Successo il cui merito va equamente distribuito fra tutti: direttore, orchestra,
cantanti, coro e team di regìa. Oltre ovviamente a quelli del compreso musico e
dell’incomprensibile (?!) poeta.
Parto dal Kapellmeister: Welser-Möst ha mostrato di padroneggiare alla grande
questa partitura che sembrerebbe facile all’apparenza, ma che alle divine
leggerezze da Rosenkavalier affianca asprezze degne di Salome o Elektra. Un
unico personale appunto mi sento di fare al Maestro di Linz:
qualche eccesso di decibel che più
di una volta
ha (quasi) coperto due voci di per sè potenti come quelle dei due protagonisti.
Ma in complesso la sua è stata una direzione encomiabile, cui ha fatto
riscontro una prestazione lodevole dell’ipertrofica Orchestra, che ha saputo
valorizzare le raffinatezze della mirabile strumentazione straussiana.
Trionfatore assoluto della serata il Menelas
di Andreas
Schager,
ormai approdato al traguardo come Heldentenor di razza, che ha saputo domare da
par suo un ruolo a dir poco massacrante. Inizio un po’ difficile, con eccessivo
vibrato, poi un continuo crescendo fino all’ultimo SI naturale (heilige Sterne) davvero imperioso.
Ricarda Merbeth ha un
gran vocione che esplode negli acuti, peraltro un filino... sfacciati, come
dire. Nell’ottava bassa mi pare migliorata rispetto a prestazioni passate (vedi
lo scaligero Fidelio). Piuttosto impacciata sul piano attoriale, dove ha forse
enfatizzato troppo il suo status di sovrana un po’ pigra.
Molto bene
anche Eva Mei, già a suo agio nella
lunga ed accorata esternazione che apre l’opera e poi sempre efficace nel suo femminista
indaffararsi pro-Helena. Mi pare anche corretto il suo tedesco, grazie alla
decennale esperienza iniziata 30 anni fa con Mozart. Pregevole poi la sua
prestazione da attrice consumata. La sua vongola
(!) Claudia Huckle si è ben portata,
pur mostrando una voce non proprio potentissima.
I due
buzzurri dell’Atlante su dignitosi livelli: Thomas
Hampson è stato un solido Altair, che ha saputo esprimere protervia e
libidine senza per questo sconfinare in sguaiatezze. Attilio Glaser ha messo in bella mostra la sua voce di tenore
lirico, in una parte per la verità non proibitiva, ma non per questo meno
importante.
Su standard
più che dignitosi le due ancelle Tajda Jovanovič e l’accademica Valeria Girardello, misuratasi anche
come quarto Elfo. Efficaci le presenze impertinenti anche degli altri tre Elfi
solisti: Alessandra Visentin e le accademiche
Noemi Muschetti e Arianna Giuffrida. La loro collega
Caterina Maria Sala ha
scolasticamente compitato l’unico verso che canta come Hermione.
Il resto
degli Elfi (atto I), i giovinetti e gli schiavi di Altair e le teste di cuoio
di Poseidon (atto II) erano impersonati da un gruppo piuttosto sparuto di
coristi di Mario Casoni. Gli Elfi e i
ragazzi di Altair erano sistemati in quattro palchi di proscenio (dovendo essere
quasi sempre invisibili). Pur essendo un impegno non sovrumano, hanno tutti ben
meritato.
___
Ora, lo
spettacolo. Bechtolf e il suo team ambientano questa specie di fiaba ai tempi
della composizione dell’opera. La scena è sempre occupata dal gigantesco involucro
di una radio a valvole (che appariranno, enormi, nel second’atto) dalla quale
arrivano all’inizio le notizie portate dalla vongolona e il cui frontale si apre poi di volta in volta per
creare gli spazi della camera nuziale nel primo atto o dell’Atlante nel secondo.
Brevi filmati vi corrono sullo sfondo a rappresentare vuoi il naufragio oppure
scene di guerra (delirio di Menelao e caccia nel second’atto).
Anche i costumi
sono da teatro anni’30. Scarse suppellettili sparse qua e là, ma sempre in modo
appropriato e rispettoso delle didascalie del libretto. Assai efficace (l’impacciata
Merbeth a parte...) la recitazione dei personaggi, in specie Aithra e Menelas.
Moderato l’impiego di figuranti e movimenti coreografici.
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Alla fine
tutti applauditi per parecchi minuti (con ovazioni per Schager) da un pubblico
di pochi-ma-buoni. E a proposito di pubblico, mi sentirei di suggerire ai
melomani di non perdersi questa grande musica; a chi pensasse invece di vedere la guerra di troia... beh: fate almeno
un minimo di compitini a casa, ma poi andate e godetevi lo spettacolo!
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