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16 novembre, 2017

La Messa per Rossini

 

Ieri sera alla Scala è risuonata per la terza volta in pochi giorni la Messa per Rossini, che prima di oggi si era ascoltata in Italia solo in anni non recenti, e interpretata dai complessi teutonici di Helmuth Rilling.

L’ascolto dal vivo è stato per me un’ulteriore conferma della bontà della scelta di Chailly di riproporre quest’opera che per un secolo e mezzo è stata dimenticata e pure snobbata. Per carità, non parleremo certo di capolavoro, ma questi 13 pezzi usciti da mani e teste diverse (ma tutte italiane!) del 1869 mostrano quanta ricchezza musicale – di cui si fatica altrimenti ad avere percezione - allignasse nel nostro Paese a quei tempi e ci dovrebbero far riflettere su come purtroppo quel patrimonio sia stato via via dilapidato e sia tuttora in corso di dilapidazione.

Onorevole la prova delle voci, soprattutto delle tre maschili, su cui è spiccata quella del tenore Giorgio Berrugi; le due cantanti hanno mostrato i loro (noti) limiti nella zona grave della tessitura. Benissimo come sempre il coro di Casoni, che in questa Messa è chiamato ad un impegno non inferiore a quello del Requiem verdiano. Orchestra sempre concentrata e reattiva alle sollecitazioni del Direttore, che ha portato alla luce tante piccole perle di questa collana multicolore ma non per questo pacchiana o trasandata.    

Teatro quasi gremito da un pubblico che è parso apprezzare assai questa inconsueta proposta, che merita di essere rinnovata in futuro.

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