Si avvicina ormai a grandi passi (e minacciosamente...)
l’appuntamento che (quasi) tutto il mondo sta attendendo con ansiosa trepidazione fin
dallo scorso 8 dicembre: un nuovo 7 dicembre (!) Naturalmente tutti gli occhi
saranno puntati su Maddalena Netrebko,
mentre le orecchie passeranno al micro(steto)scopio la voce del di lei
maritino, sospettato dai soliti malpensanti di essere capitato lì solo in forza del sacrosanto e universale diritto al
ricongiungimento familiare...
In attesa dell’evento gli inguaribili
perditempo come il sottoscritto si esercitano (con la scusa di un ripasso della lezione) a cazzeggiare su
questo o quell’aspetto del testo e della musica che allieteranno (si spera,
stante la montagna di euri investita
nell’operazione) il pomeriggio di SantAmbrogio e poi le meno effimere (sempre
si spera) sette serate successive, fin quasi alla Befana.
Comincio
con il plot messo in piedi dal buon Luigi Illica. Sul fatto che si tratti di
soggetto verista sono in molti ad
avanzare dubbi: perchè la vicenda sentimentale (il classico triangolo
tenore-soprano-baritono) non è ambientata in qualche remoto villaggio del sud
del mondo, in prosaici scenari di stampo popolaresco, ma precisamente dalle
parti di Parigi, e in un periodo storico segnato da grandi eventi
socio-politici, insomma qualcosa che assomiglia più ad Aida (il finale, poi...) che a Cavalleria! E
i protagonisti non paiono proprio sanguigni esemplari di figli del popolo, che
esternano passioni forti e incontrollate, ma al contrario lui è un nobil poeta,
mite e visionario, e lei una ragazza non solo di famiglia nobile, ma pure colta,
sensibile e idealista, in una parola: gente romantica.
Ecco, forse il solo Gérard presenta – per sua estrazione sociale, ahilui –
qualche tratto di verismo.
Ma ora
passo ad occuparmi di quella che a prima vista parrebbe essere una gratuita
forzatura riscontrabile nel testo di Illica. Domandandomi la ragione della presenza
in scena di un Incredibile e di una
frotta di Meravigliose (Inc’oyables et Me’veilleuses, secondo la
pronuncia degli anti-giacobini, che avevano abolito la r-come-rivoluzione). Personaggi che nell’opera hanno la funzione di
perseguitare il povero Chénier: il
primo cercando le prove (proteggere una nobile)
del suo tradimento della rivoluzione, le seconde – involontariamente, ma
tramite gli inequivocabili riferimenti che ne fa Roucher – distruggendo provvisoriamente la visione angelicata che
il protagonista si era fatto della misteriosa donna che lo inseguiva con le sue
missive. La presenza di quei bizzarri personaggi è però del tutto incoerente
con il resto della vicenda (a basi storiche) narrata da Illica e musicata da
Giordano.
Incroyables (o
Muscadins) et Merveilleuses furono in realtà due movimenti di costume (potremmo dire: due mode) nati all’interno della ricca
borghesia, del ceto dei boiardi pubblici e della pur decaduta nobiltà
parassitaria (insomma: tutti figli-di-papà o... figli-dei-fiori ante-litteram) che mettevano al centro
delle loro esistenze il puro esibizionismo: i maschi attraverso abbigliamenti
bizzarri ed appariscenti (più una nodosa clava – chiamata simpaticamente constitution o potere esecutivo - da impiegare in caso di... discussioni); le
femmine con altre forme di esibizionismo, del corpo tipicamente, ricoperto da
vestimenti pseudo-antica-grecia o simili, roba spesso trasparente e al limite
dell’oscenità-in-luogo pubblico (Illica
ne deduce conclusioni drastiche quanto eccessive: eran tutte prostitute!)
Orbene,
va detto che queste mode esplosero soltanto (anche se subito) dopo la defenestrazione di Robespierre, e
proprio in reazione alla di lui (ehm) severità (ghigliottina per chi si vestiva
in modo stravagante) e quindi soltanto dopo
la fase storica che fa da sfondo all’opera. Che oltretutto ci presenta l’Incredibile
nelle vesti di una spia – che deve incastrare due nobili illuminati,
Chénier e Maddalena - al servizio di Gérard, fedelissimo di Robespierre: cosa del
tutto inverosimile, per quanto si è detto, ai tempi del famigerato (ma forse ben
meritato) Terrore. Saranno proprio i
padri degli Incredibili e delle Meravigliose a separare Robespierre dal potere
(e la testa dal suo collo) per imporre – col loro Direttorio - un altro tipo di terrore (bianco) contro le classi proletarie, serbatoio indispensabile per i
loro lauti profitti con cui si foraggiò anche l’esibizionismo di quella prole di
gaudenti!
E allora, torniamo a chiederci: perchè
introdurre surrettiziamente in un soggetto che ha uno sfondo storico ben
preciso e per protagonista un personaggio realmente esistito, elementi estranei
e incoerenti con lo stesso scenario del dramma? Elementi oltretutto (e ovviamente)
assenti anche nelle opere (vedi Méry)
che lo stesso Illica cita esplicitamente come riferimenti per il suo testo?
Ognuno
può dare le sue spiegazioni... e di sicuro una plausibile riguarda
l’opportunità drammaturgica di tale scelta. Ma io ne azzardo anche un’altra che
ha a che fare con la posizione, diciamo così, politico-ideologica del
librettista (principalmente, ma forse anche del compositore). Se guardiamo la
sequenza dei fatti e la presenza dei personaggi nel libretto, cosa possiamo
stabilire? Che si parte da una situazione di profonda e cronica ingiustizia
sociale (il primo atto, 1789) per approdare ad un’altra (1794) che è caratterizzzata
– pur in un assetto socio-politico opposto al precedente – da altrettanta
ingiustizia (alla faccia del tricolore e dei tre sostantivi che rappresenta).
Ebbene, nel second’atto Illica, mostrandoci anzitempo (e fuori tempo)
Incredibili&Meravigliose (per denigrarli: spie e puttane) intende mostrarci
anche ciò che verrà dopo il Terrore (cioè precisamente subito dopo
il sacrificio di Chénier e Maddalena, che precede di pochi giorni la
ghigliottina per Robespierre): una nuova forma - magari più subdola perchè
ammantata di futili libertà - di terrore, dove nuove classi andate al potere
sottometteranno altre classi per perpetuarne lo sfruttamento.
In sostanza, qual’è il messaggio che Illica ci vuol trasmettere? Di totale presa di distanza non solo dal potere assoluto pre-rivoluzione e dal potere terroristico di Robespierre, ma anche da ciò che venne dopo, in reazione alle degenerazioni giacobine. E siccome da quel dopo era nato il presente in cui Illica viveva, ecco che Chénier diventa l’occasione per prendere le distanze anche dall’establishment contemporaneo, il che è in perfetta coerenza con le idee politiche e i conseguenti comportamenti del librettista.
In sostanza, qual’è il messaggio che Illica ci vuol trasmettere? Di totale presa di distanza non solo dal potere assoluto pre-rivoluzione e dal potere terroristico di Robespierre, ma anche da ciò che venne dopo, in reazione alle degenerazioni giacobine. E siccome da quel dopo era nato il presente in cui Illica viveva, ecco che Chénier diventa l’occasione per prendere le distanze anche dall’establishment contemporaneo, il che è in perfetta coerenza con le idee politiche e i conseguenti comportamenti del librettista.
Alla fine ciò che emerge alla
catastrofe è Chénier-Illica, il poeta, l’artista, il visionario, l’utopista, che è però
anche il vero patriota:
Fui letterato,
ho fatto di mia penna arma
feroce
contro gli ipocriti!
Colla mia voce
ho cantato la patria!