A una settimana precisa di distanza
dall’esibizione della Staatskapelle Dresden
con Colin Davis, la Scala ha ospitato,
per l’annuale iniziativa benefica della Croce
Rossa, un altro bel concerto mozartiano, protagonisti Anne-Sophie
Mutter e la Kammerorchester Wien-Berlin (formata da strumentisti dei celebri Wiener
e Berliner Philharmoniker).
Come una settimana addietro, in programma
c’era quel Mozart leggero ed etereo che – almeno a me personalmente – non manca
mai di provocare emozioni e grande piacere estetico. Per di più se eseguito da
autentici fuoriclasse, come sono i Musikanten
di Dresda e quelli di Vienna-Berlino. I quali si schierano in 17 (nessuna
superstizione, evidentemente) con due corni e due oboi (prescritti dai tre brani in programma) e 13
archi, disposti alla tedesca (quattro primi violini a sinistra, tre secondi
violini a destra e dietro, da sinistra, il contrabbasso, i due violoncelli e le
tre viole.
Dà inizio al concerto Rainer Honeck (con tali strumentisti un
Direttore non serve davvero…) attaccando con la Sinfonia K201.
È questa una delle opere che
vengono indicate come lo spartiacque fra il Mozart ancora acerbo, principalmente
influenzato dallo stile italiano (di J.Christian Bach) e il Mozart che – sotto
l’influsso della Mannheim di Stamitz
e della Vienna di Haydn - si
incammina sulla strada della maturità.
Già l’articolazione in 4 movimenti è
un chiaro sintomo del nuovo corso (vero è che sinfonie successive - K297, K338
e K504-Praga - tornano alla struttura in 3 movimenti) ma è soprattutto lo
spessore delle idee musicali che fa davvero intravedere cosa uscirà di lì a
poco dalla penna del Teofilo. Per dire, all’attacco dell’Allegro moderato deve aver pensato 30 anni dopo Beethoven al momento di mettere su carta
il tema principale del suo Quarto
Concerto per pianoforte:
Anche la struttura formale – a
parte il movimento aggiuntivo – si arricchisce: nascono temi diversi e a volte
contrapposti, che vengono, sia pure moderatamente, sviluppati e inquadrati
negli schemi che si stavano consolidando della forma-sonata, pur ancora allo stato embrionale. E certi rimandi
tematici (come il salto di un’ottava
discendente che apre il primo movimento, e poi si ritrova… raddoppiato anche
all’apertura dell’ultimo) sono indici di un’attenzione particolare alla
caratterizzazione dell’opera nel suo insieme.
Impeccabile l’esecuzione dei vien-linesi; data la (relativa) brevità
della Sinfonia, è da apprezzare anche il rispetto dei da-capo prescritti da Mozart.
Ora la sempre affascinante (a
dispetto dell’anagrafe) Anne-Sophie -
in un lungo e scollato turchese - va
in cattedra con il primo dei due Concerti
in programma: il K216, terzo
dei cinque nel catalogo mozartiano. Denominato Straßburg, dal tema dell’Allegretto
che compare nel Rondeau finale, che
riproduce quasi alla lettera quello di una danza (si dice opera di tale Georg von Reutter, Maestro di Cappella
di Corte) molto popolare a Vienna:
Invece: il motivo dell’incipit del
tema principale e della chiusa dell’Adagio
ci ricorda qualcosa? Ma come no! Quell’ammiratore sfegatato di Mozart che
rispondeva al nome di Ciajkovski lo
citò (quasi) letteralmente – nei clarinetti – al momento di chiudere l’Andante cantabile della sua Quinta:
La Mutter ha proprio tutte le carte
in regola, e non fa certo rimpiangere i mostri
sacri del passato!
Dopo l’intervallo ecco il K219, famoso come il turco. Del quale avevo scritto qualcosa
un anno fa, dopo averlo ascoltato da Isabelle Faust accompagnata da Abbado a Ravenna.
Curiosa la chiusura di questo 5° concerto (come del resto quelle del
3° e del 4°) che, invece di presentare i classici accordi dell’orchestra,
avviene sommessamente, come di chi non voglia disturbare eventuali ascoltatori
già passati nel mondo dei sogni (smile!)
Ma alla Scala credo nessuno si sia
addormentato al suono dello Stradivari
della Mutter! Che ci regala due bis:
il primo ancora mozartiano e poi, quasi a chiudere il concerto come si era
iniziato – con un minuto di raccoglimento per i recenti fatti luttuosi - l’Aria dalla bachiana Suite 1068, che lei esegue con le sole quattro prime parti degli
archi.
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