intime gioje

chiuder la prigione e buttar la chiave

31 marzo, 2009

Sì, Mehta ce lo teniamo proprio volentieri

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Visto che in California (solo a qualcuno, peraltro) Mehta gli sta sullo stomaco, ce lo teniamo volentieri noi.

La sua seconda di Mahler di questa sera (col Maggio, orchestra e coro, Marjana Lipovšek e Barbara Frittoli) dovrebbe aver convinto anche gli scettici nostrani.

L’ascolto per radio ha i suoi limiti, rispetto a quello dal vivo, si sa, ma ha un enorme pregio: uno può starsene comodo, con la musica in cuffia, e la partitura davanti. E così può apprezzare ogni minimo particolare dell’interpretazione, con un check&balance in real-time, cosa quasi impossibile in auditorium, eccetto per le mosche bianche che conoscono ogni battuta a memoria.

Beh, posso certificare che l’esecuzione di questa sera è stata semplicemente esemplare: il Mahler autentico, non un Mahler liberamente arrangiato, come spesso si ascolta. Quando l’unico appunto che si può muovere al direttore è di aver fatto solo un minuto di pausa dopo il primo movimento (invece dei cinque prescritti dall’Autore) significa che più di così non si poteva chiedere. (e perdoneremo perciò benevolmente l’isolata stecca del trombone)

Adesso speriamo che il calore del Golfo ci restituisca Mehta, orchestra e coro nella stessa forma smagliante per Götterdämmerung.
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2 commenti:

Unknown ha detto...

premesso che sottoscrivo in pieno il titolo del post - e guai a chi ce lo tocca ZM, aggiungerei! :-) - ero in sala ed ho percepito almeno un paio di svagatezze di intonazione (una, distinta, nell'entrata dei primi violini nel secondo movimento), non solo la stecca che hai evidenziato. Mi è parso che l'orchestra non fosse nelle sue serate migliori e mi è stato riferito che il giorno successivo le cose sono andate molto meglio. Quanto alla correttezza filologica di Mehta, non la metto certo in dubbio, ma ti chiedo - visto che eri nella felice condizione da te evidenziata - se non hai avuto la sensazione che qualcuno dei temi più noti (anche qui secondo movimento e il maestoso del quinto) fosse un po' "coronizzato" rispetto ad altre letture. Io ho recepito un notevole lavoro di scavo su alcune distinte cellule tematiche.

daland ha detto...

Bob, chiarisco subito che non intendevo sostenere che la prestazione di martedi sera sia da ricordare come “il modello” (concordo anche con le velate critiche, da te esposte sul tuo blog, alle soliste) ma trovo che, una volta tanto, considerare l’originale - come scritto sulla carta - non faccia male. E anche riguardo ai due punti da te citati mi sentirei di dire (col beneficio d’inventario, non avendo a disposizione la registrazione per verificare a mente fredda) che Mehta abbia proprio rispettato la dinamica scritta sulla carta, senza particolari forzature.

Siamo talmente inflazionati da edizioni, interpretazioni, trasmissioni radio-televisive o webbiche di certi capolavori che, alla fine, ci dimentichiamo dello stesso soggetto. Ormai conosciamo bene la "seconda" di Bernstein, quella di Klemperer, di Karajan, di Solti, quella di Abbado, di Kubelik, di Haitink... e così facciamo confronti e classifiche fra queste, mentre non sappiamo più cos’è o qual’è la "seconda" di Mahler! E magari portiamo alle stelle (tanto per fare un esempio) il Bernstein che - per compiacere se stesso e il pubblico - si inventa di sana pianta cambi repentini di tempo o di agogica che Mahler non solo non si era sognato, ma che probabilmente lo irriterebbero assai. Insomma, la morale del mio post era: “back-to-basics”, e bando alle gigionerìe.

Grazie e a presto (Götterdämmerung incombe!)