T Tutta Russia (ma anche... Ukraina) per il
settimanale concerto de laVerdi:
si va a ritroso nel tempo, dal Prokofiev in procinto di rientrare in URSS al
Ciajkovski entrato... nella piena maturità. Sul podio il redivivo e sempre
convincente Stanislav Kochanovsky.
Con lui si presenta la bella Carolin
Widmann per offrirci il Secondo Concerto per violino del
russo (nato nell’est dell’Ukraina) Prokofiev.
Si tratta in pratica dell'ultima composizione portata a termine da
Prokofiev in prossimità del suo ritorno in URSS e - per compiacere l’establishment, oltre e forse più ancora del pubblico - presenta una
struttura assai tradizionale. Un Allegro moderato rigorosamente
in forma-sonata, con i due temi contrastanti (SOL minore il primo,
scuro e pensoso, e SIb maggiore il secondo, più contemplativo); un Andante
assai, dove il violino espone una lunghissima e appassionata melodia in MIb,
cui segue un Allegretto in RE; infine
un Allegro ben marcato, un Rondo in SOL minore dalla
struttura assai semplice (A-B-A-C-A-B-A-Coda).
A dispetto della normalità formale, il pezzo presenta difficoltà non trascurabili e ciò non ha fatto che esaltare i meriti della 43enne monacense, ben supportata da Kochanovsky e dall’Orchestra. Ne è uscita un’esecuzione da incorniciare, e come cornice lei ci ha regalato un prezioso bis bachiano, un pezzo che non si smetterebbe mai di gustare: la Sarabanda dalla Seconda partita, in RE minore.
A dispetto della normalità formale, il pezzo presenta difficoltà non trascurabili e ciò non ha fatto che esaltare i meriti della 43enne monacense, ben supportata da Kochanovsky e dall’Orchestra. Ne è uscita un’esecuzione da incorniciare, e come cornice lei ci ha regalato un prezioso bis bachiano, un pezzo che non si smetterebbe mai di gustare: la Sarabanda dalla Seconda partita, in RE minore.
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Un russo che in Ukraina (ma all’ovest) ci
faceva lunghe vacanze (e pure ci componeva capolavori) era Ciajkovski, che a Kamenka, ospite nei possedimenti del cognato
Davidov, sfornò nel 1884 la sua Terza Suite per orchestra.
Le quattro composizioni di questo genere
seguono assai da lontano la struttura barocca: l’uso del nome è poco più che un
trucco escogitato dall’Autore per liberarsi dai rigidi canoni della forma
sinfonica - che resta tuttavia sullo sfondo - e dare più spazio alla sua libera
ispirazione. Anche nel caso di questa Terza,
come ad esempio in quello della Serenata
op.48, si potrebbe infatti parlare di una sinfonia anomala: suddivisa in
quattro tempi, ma con l’ultimo che prende l’ipertrofica forma di Tema con Variazioni. Seguiamone
l’interpretazione islandese del compianto
Gennadi Roždestvenski.
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Il primo dei quattro movimenti è
sottotitolato Elegia, tanto per
chiarire da subito che non si tratta di musica a contenuto filosofico, ma sentimentale...
Ci troviamo qua e là accenni, anche sfumati a precedenti composizioni, o
anticipi di qualcosa che arriverà in seguito nella produzione dell’Autore. É un
Andantino molto cantabile in SOL
maggiore, 6/8 (2/4) dove troviamo due temi che in effetti si contrastano poco,
essendo entrambi di natura contemplativa.
Il primo, che si ode subito negli archi (43”)
è seguito da un controsoggetto in minore (1’24”). La breve transizione che
segue (2’08”) ricorda da vicino un passaggio della Serenata composta 4 anni prima e un frammento
che ricorda l’Andantino della Quarta.
Dopo che il primo tema è stato riesposto anche dai fiati, ecco il secondo tema
(3’29”)
- qui un primo strappo alle severe regole sinfoniche - che è in tonalità di MIb
maggiore. Par di sentirvi (3’40”) un presagio di Bella addormentata (Fata lillà) ma soprattutto (4’07”) la Francesca da Rimini, di 8 anni più longeva. Il tema si sviluppa
assai introducendo anche un nuovo motivo, poi viene ripreso fino a chiudere
l’esposizione.
Curioso poi lo sviluppo-ripresa: a 6’02” riecco il primo
tema esposto bizzarramente nella tonalità del... secondo (MIb) e poi (7’45”)
il secondo tema in quella del primo (SOL, qui nel rispetto delle regole). Dopo
un ritorno della transizione, a 9’34” è ancora il primo tema a
chiudere sommessamente sul SOL.
Segue ora la Valse mélancolique, tempo Allegro
moderato, 3/4. Come anticipa il titolo, si tratta di una sommessa e a
tratti cantilenante danza che richiama musica da balletto, terreno assai
congeniale al compositore. È un brano strutturato in tre sezioni ABA, la prima
permanendo in ambito SOL (MI minore e SOL maggiore) la seconda sconfinando nella
sottodominante DO.
Aprono gli archi (12’21”) seguiti poi dai flauti che espongono
il primo dolente tema in MI minore, subito ripreso con un’escursione (13’06”) a SOL maggiore. A 13’17” ecco un breve, veloce passaggio
discendente-ascendente dei tre flauti che ancora richiama la Valse dell’op.48. A 13’24” flauti e clarinetti si
librano in svolazzi di crome, sempre in SOL maggiore; poi a 13’43”
ecco due ampie e solenni scalate che sfociano nel ritorno a MI minore, per la
ripresa (14’09”) del
primo tema esposto da corno inglese e viole e successivamente sviluppato.
A 15’10” una transizione
caratterizzata da salti di ottava delle viole porta (15’23”) alla sezione B, in tonalità DO
maggiore, ma sempre di sapore piuttosto mesto e strascicato (sequenza di
semiminima-minima): è un’insistente serie di ottave che lentamente va crescendo
di spessore, fino a culminare (17’32”) nella riproposizione della
sezione A, tornata al MI minore, che va poi lentamente a spegnersi, sulla
triade in pppp MI-SOL-SI degli archi.
Come nella forma sinfonica, segue
uno Scherzo, tempo bipartito, ma a
due facce (6/8 e 2/4) cioè caratterizzato ora da terzine, ora da duine. Quanto
alla tonalità, siamo ancora in MI minore, ma sempre a cavallo con la relativa
SOL maggiore. Assai vagamente vi possiamo riconoscere le tre classiche sezioni:
Scherzo-Trio-Scherzo, ma anche qui non c’è grande contrasto fra i temi.
L’attacco dei legni (19’54”) è effettivamente in SOL
maggiore, con una frase di tre battute spiritate chiusa dall’accordo sulla
triade. Subito gli archi rispondono con una frase più accomodante, in ritmo
puntato. Lo scherzo si anima continuamente di nuovi colori finchè (20’56”)
sfocia in una seconda parte più enfatica, dominata dagli ottoni, che porta (21’25”)
alla riproposizione stringata del tema dello Scherzo, ridotto all’essenziale.
A 21’49” attacca quello che
si può definire il Trio: la tonalità
svaria tra SOL e RE maggiore, l’andamento ha un che di ripetitivo e ostinato,
con frequenti svolazzi dei flauti a intercalare il motivo di carattere marziale.
Una pesante progressione ascendente ci riporta (23’47”) al MI minore
dello Scherzo, costellato da interventi di piccole percussioni, che va poi a
chiudersi con uno schianto generale.
Colossale davvero, sia per
struttura che per durata (pari al 48% dell’intera Suite!) ecco il conclusivo Tema con variazioni, Andante con moto, 4/8, SOL maggiore. Il Tema (24 battute, più una croma di
attacco, precisamente come parecchie delle 12 Variazioni) viene esposto dai
violini primi, con accompagnamento scandito dal resto degli archi. È un motivo
scanzonato, quasi ad evocare un incedere a saltelli delicato o un ballo
popolare. Si può suddividere in tre sezioni, ciascuna di 8 battute: soggetto (25’42”)
- controsoggetto, con inversione di
alcuni intervalli (26’00”) - soggetto (26’17”).
26’33” Variazione 1: Mentre tutti gli archi
ripetono il tema in unisono, ma in pizzicato, come a trasformarlo in accompagnamento,
flauti e clarinetti lo contrappuntano gaiamente con brillanti figurazioni.
27’23” Variazione 2 (Molto più mosso): Il tema viene qui
scomposto e destrutturato, con i suoi frammenti affidati a strumenti diversi, mentre
i violini primi si sbizzarriscono in indiavolate biscrome, dalla prima all’ultima battuta.
28’08” Variazione 3 (Tempo del tema): É affidata ai soli
legni. Il primo flauto espone il soggetto del tema, accompagnato dagli altri
legni. Poi ne accompagna (28’30”) il controsoggetto esposto
dal secondo clarinetto; infine (28’54”) riprende il soggetto
portandolo a conclusione.
29’19” Variazione 4 (Tempo del tema): É in tonalità SI minore
e presenta uno sdoppiamento del controsoggetto, ammontando quindi a 32 battute.
Il soggetto viene esposto in minore da corno inglese e clarinetti, seguiti dal
resto dei legni. Il controsoggetto, nella sua prima apparizione (29’46”)
in SOL maggiore è affidato a violini e viole, ma poi ha una stupefacente ripetizione
(Poco più animato, 30’10”)
in MI minore, con i tromboni che trascinano l’intera orchestra in un colossale Dies Irae, che poi precipita negli archi
fino alla ripresa, in SI minore (30’33”) del soggetto del tema.
30’59” Variazione 5 (Allegro risoluto): É in 3/4 e consta di
ben 54 battute. Si presenta quasi come una fuga, con un fitto contrappunto che
rende sfumata la suddivisione fra soggetto e controsoggetto del tema.
32’25” Variazione 6 (Allegro vivace): É in 6/8 e la struttura
torna quella tripartita (8-8-8 battute). Il soggetto è presentato con pesanti
accordi e ritmo marziale tali da renderlo quasi irriconoscibile. Più sciolto e
scorrevole il controsoggetto (32’38”) che poi fa spazio al ritorno
del soggetto (32’50”) sempre brutalmente scandito.
33’03” Variazione 7 (Moderato): É di appena 18 battute in 2/4
ed è affidata ai soli legni, e ricorda da vicino i corali bachiani. È il
soggetto del tema ad esservi esposto e variato, fino a chiudere sulla
sopratonica LA e quindi preparare il terreno alla successiva variazione.
33’44” Variazione 8 (Largo): É ancora più breve della
precedente: sole 11 battute in 3/4 in tonalità LA minore. É il corno inglese ad
intonare il tema con una triste e dolente melopea.
35’00” Variazione 9 (Allegro molto vivace): Sono 40 battute
sempre in LA, ma maggiore (più la cadenza finale del primo violino). É uno
spezzone del soggetto del tema a farla da padrone, con tutta l’orchestra che
ribolle in un crescendo (Più presto, 35’22”)
sfociante sul FA# dell’accordo che introduce (35’40”) la cadenza del violino solista. La quale a
sua volta fa da apripista per la successiva variazione.
36’19” Variazione 10 (Allegro vivo e un poco rubato): Sono ben
90 battute di 3/8 in tonalità SI minore. È sempre il violino solista a guidare
la danza, con sporadici interventi dei legni (che richiamano il soggetto del
tema). A 37’40” il fagotto apre la strada all’intervento di clarinetto e
oboe, poi corno inglese, che modulano a LA maggiore per esporre una lunga
melodia ispirata solo vagamente al tema principale e che sfocia (38’15”)
nel ritorno del SI minore intonato dal violino solista, che riprende il suo
recitativo e chiude la variazione con una nuova, breve cadenza.
39’55” Variazione 11 (Moderato mosso): Sono 41 battute di 4/4
in SI maggiore. Il soggetto del tema vene qui ampiamente sviluppato, da archi e
legni con grande enfasi. A 41’25” si rientra sul SOL maggiore
per la chiusura
della variazione e la preparazione al gran finale.
41’49”
Variazione 12 - Finale - Polacca (Moderato assai): Siamo all’apoteosi, ben 213 battute di 3/4 in SOL
maggiore. Dapprima ascoltiamo un’introduzione con fanfare che passano gradatamente
dal SI minore al SOL maggiore di impianto. A 42’28” (Allegro moderato) ecco il tema
principale farsi largo protervamente nei tromboni e poi nelle trombe; tutta
l’orchestra comincia a ribollire e sembra prendere la rincorsa per arrivare (43’00”)
al Tempo di polacca, molto brillante.
Difficile
individuare un legame chiaro tale da poter considerare il motivo della Polacca come una variazione del tema
principale del movimento: Ciajkovski però è un maestro nel farli convivere e ci
costruisce un finale dei suoi, enfatico e retorico ma altrettanto trascinante,
che non può non esaltare l’ascoltatore.
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Beh, non c’è da stupirsi se questa Suite
superi in popolarità anche più d’una delle sei sinfonie del compositore russo!