L’eclettico Maxim Rysanov fa una nuova e gradita visita in Auditorium per presentare un programma tutto slavo.
Programma aperto da una composizione contemporanea (del 2006) di Dobrinka Tabakova, 39enne bulgara trapiantata in Albione: Suite in Old Style (The
Courth Jester Amareu). Il giullare di corte Amareu è in
realtà (anagrammando il cognome) Jean-Philippe Rameau ed è lui che fornisce
l’ispirazione per questo brano musicale.
Rysanov è anche il dedicatario dell’opera - originariamente scritta per viola,
clavicembalo e piccolo ensemble di archi, poi arricchita per un’orchestra d’archi
e percussioni - che lui presentò in prima
a Mosca domenica 21 gennaio 2007 ed ha poi portato in giro per il mondo, fino
all’odierno approdo milanese. Possiamo ascoltare la versione per orchestra,
proprio diretta ed interpretata da Rysanov, in questa esecuzione del 2015 a Madrid, una delle
tante pubblicate in rete.
I sottotitoli che vi appaiono in sovrimpressione
riportano quelli dei 5 movimenti in cui la Suite è suddivisa, che hanno riferimenti extramusicali, attinenti a
scene di vita in ambienti nobiliari del ‘700 (Versailles, nientemeno...) La
tonalità principale del brano (la Suite barocca era tipicamente mono-tonalità)
è il RE minore, con qualche divagazione su tonalità vicine (ma il 4° movimento
è in DO). Mutuata dalla tradizione è anche l’alternanza fra movimenti veloci e
lenti:
- Preludio: fanfara dai balconi (lento) e ritorno dalla caccia (veloce)
- Attraversando corridoi di specchi (lento-veloce-lento)
- Il giardino delle rose al chiaro di luna (lento)
- L’indovinello del suonatore d’organetto (veloce)
- Postludio: caccia e finale (veloce-lento)
Che dire: senza conoscerne l’origine, si potrebbe davvero prendere per
musica del ‘700! Il che può comportare un giudizio positivo, data l’indubbia
gradevolezza del brano, o negativo, un comodo e facile sfruttamento di antiche
forme e contenuti.
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Ma a proposito di scimmiottature di musica vecchia di secoli, ecco il
secondo brano in programma, la Suite da Pulcinella di Stravinski. Al quale va però
riconosciuto di aver sì impiegato modelli e melodie di Pergolesi&C, ma arricchendoli da par suo di contenuti squisitamente
novecenteschi e orchestrando il tutto con la ricerca di raffinati timbri e
sonorità.
Tutte qualità che Rysanov ha saputo benissimo mettere in risalto, ben
assecondato dall’Orchestra con la quale mostra ormai (dopo diverse
collaborazioni) di aver raggiunto un ottimo grado di affiatamento. Quintetto delle
prime parti degli archi disposto attorno al podio, per valorizzarne gli
interventi solistici; che riguardano anche altri componenti dell’orchestra,
penso a trombe e tromboni, ma solo come esempi.
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Chiusura in
bellezza con la Quinta di Prokofiev.
Figlia della WWII, fu composta nel ’44 in una specie di oasi in cui alcuni
artisti considerati patrimonio dell’URSS
erano stati ospitati per evitare di cadere sotto i bombardamenti tedeschi e
poter trovare ispirazione per le loro opere. E Prokofiev, alloggiato con la
moglie in un confortevole appartamento, trovò effettivamente l’ambiente e
l’atmosfera adatti per comporre questa che è di sicuro la sua più nota sinfonia
e forse è anche la più esteticamente pregevole.
Sinfonia dal
carattere e dalla struttura classica: 4 movimenti, tonalità scolasticamente
accostate (SIb - RE - FA - SIb) impiego della forma-sonata e poche innovazioni
(il pianoforte a far da riempitivo e qualche tamburo assortito). L’atmosfera
che si respira è le mille miglia lontana dai fragori e dalle miserie della
guerra (quindi da ciò che componeva, vedi l’ottava sinfonia, lì nei pressi tale
Shostakovich) e solo l’Adagio, quasi
espressionista, fa eccezione alla regola.
Qui ce la
propone, con i suoi del Marinskii, Valery Gergiev, che usiamo
come cicerone per esplorarne sommariamente le bellezze.
L’iniziale Andante
(SIb maggiore) è in forma sonata, quindi due sono i temi principali che lo
caratterizzano (in realtà sono accompagnati da almeno quattro altri motivi di
una certa rilevanza, quindi parliamo sempre di gruppi tematici):
Il tema A viene subito esposto, senza introduzioni di sorta,
da flauti e fagotto e poco dopo (1’04”) è ripreso, quasi distorto
nella tonalità, da archi e poi dai fiati e ancora sottoposto a varianti,
esposto a piccoli nuclei che lo compongono e affiancato da motivi secondari. Si
arriva al secondo gruppo tematico (3’02”) con il tema B (canonicamente
nella tonalità dominante di FA
maggiore) ancora esposto dal flauto accompagnato dall’oboe: alcune
micro-sezioni del tema richiamano il tema A, a conferma della coerenza della
struttura tematica. Anche questo tema si accompagna con motivi di supporto,
viene ripreso e rielaborato, finchè si arriva alla chiusura dell’esposizione e all’inizio dello sviluppo (4’50”).
Il quale presenta dapprima il tema A, e poi il tema B,
manipolati sapientemente e sempre accompagnati dai rispettivi motivi secondari.
Mirabile anche l’orchestrazione, con un ribollire di effetti e un continuo
rincorrersi fra le diverse sezioni.
Si arriva quindi (8’17”) alla ricapitolazione, che in realtà non ripresenta stucchevolmente i
temi come uditi nell’esposizione, ma ancora li sottopone a sottili
manipolazioni e/o li trasferisce da una sezione all’altra dell’orchestra. Il
secondo tema (B) ricompare (10’00”, anche qui nel rispetto delle
sacre regole) in tonalità SIb, seguito e accompagnato dai suoi motivi
ancillari.
A 11’13” ecco la coda,
aperta da pesanti perorazioni degli ottoni, basata ancora su spezzoni del tema
A (qui in MIb maggiore) che si chiude con la massima enfasi su uno schianto di
SIb maggiore di tutta l’orchestra.
L’Allegro marcato,
in RE minore, può essere vagamente assimilato al tradizionale Scherzo, e si presenta infatti con tre
sezioni, delle quali quella centrale, in tempo più lento, potrebbe lontanissimamente
assomigliare al classico Trio, anche
se qui è di proporzioni e articolazione colossali. I temi principali sono due,
sempre accompagnati da motivi di supporto:
Il primo tema (13’23”, chissà se Nino Rota se ne è ricordato per le sue musiche di 8½) pare evocare sbuffanti locomotive lanciate a tutta velocità, o l’incessante lavoro di magli che modellano l’acciaio nelle fabbriche di armamenti... Viene al solito presentato e poi manipolato sapientemente, fino all’arrivo (16’02”, meno mosso) del motivo B (RE maggiore) che introduce il secondo gruppo tematico (16’28” e poi 17’06”) di proporzioni enormi e in metro ternario, che viene chiuso ancora dal motivo B (18’14”). Riecco il primo gruppo tematico (18’45”) che si presenta quasi ansimando, sembra proprio una locomotiva che sta faticosamente mettendosi in moto, sbuffando sempre più affannosamente, finchè (20’03”) eccola lanciarsi ancora nella sua folle corsa! Che per la verità (ecco la coda, 21’24”) si interrompe bruscamente (21’48”) come sbattesse contro un muro... di RE minore!
Ora abbiamo l’Adagio,
in FA maggiore, una vera oasi di calma (ma anche di severa riflessione) dopo
cotanta agitazione. Un movimento francamente ostico e non facile (a differenza
degli altri) a digerirsi al primo ascolto. É in forma ternaria, con una sezione
centrale più mossa. Dopo 3 battute introduttive ecco il tema A esposto da
clarinetti e clarinetto basso (22’11”) subito seguito da un paio di
controsoggetti e poi ripetuto (23’15”) dagli archi in MI maggiore.
Un altro motivo B è esposto (24’58”) per chiudere la prima
sezione:
La parte centrale del movimento (26’07”) presenta un ritmo
più mosso, con un ostinato asimmetrico (terzine e duine per battuta) e vi
appare (come a 26’19” e poi a 26’48” e ancora a 28’05”)
un motivo puntato (C) assai dolente che sfocia (29’28”) in una poderosa
perorazione dell’intera orchestra.
A 30’15” attacca la terza parte del movimento con la ripresa del
tema A negli archi; poi riecco (31’48”) il tema B. A 32’38”
arriva la lunghissima coda che il clarinetto conduce in un’atmosfera sempre più rarefatta, a chiudere questo movimento davvero sofferto!
Ed eccoci al finale Allegro
giocoso, SIb maggiore. La sua struttura ternaria si presta in questo caso
ad una interpretazione in termini di forma-sonata,
con esposizione, sviluppo e ripresa, anche se spesso si indica la forma come rondo, per il periodico ritorno del tema
principale. L’Introduzione (che
attacca riprendendo il FA conclusivo del precedente Adagio) è caratterizzata dalle reminiscenze del tema principale
dell’Andante (primo movimento) che
appaiono rispettivamente a 35’13” (frammento) e a 35’25”
(tema completo).
Le viole, imponendone il ritmo, danno l’attacco al tema A esposto
dapprima (36’03”) dal clarinetto solo e poi, dopo una risposta dei
violini, da legni ed archi (36’20”). Il secondo gruppo tematico
(motivo B) è esposto dal flauto a 37’17”, poi ripreso ancora a 37’45”,
sempre dal flauto spalleggiato dal clarinetto. Ancora il tema A (38’10”)
attaccato dal clarinetto ad invitare il flauto per il suo completamento,
cui segue un transizione che chiude questa prima parte del movimento (l’esposizione, in linguaggio di
forma-sonata).
Ecco quindi la sezione centrale, o sviluppo (39’12”) che introduce per la verità
un nuovo motivo C, di natura assai cantabile, che richiama nello spirito il
tema A del primo movimento. Poi vengono rielaborati e manipolati i motivi
esposti in precedenza, compreso il tema C, fino a concludere questa sezione.
La ricapitolazione inizia a 40’57”, con la
riproposizione del tema A e poi (41’48”) del tema B. Ancora il tema A
(42’15”)
viene esposto a grande ampiezza, spezzato nelle sue componenti, e poi torna a
farsi vivo (42’43”) enfaticamente nei corni. Con il tema C innesca infine
una colossale coda, dove tiene banco,
fra le percussioni, un insistito quanto impertinente martellamento del legno, che rende ancor più esilarante la
conclusione della sinfonia.
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Anche questa sinfonia
è ormai entrata nel vasto novero dei cavalli
di battaglia dell’Orchestra, che anche ieri non si è smentita, tirando
fuori un’esecuzione davvero encomiabile. Merito certamente anche di Rysanov,
che mostra grande autorevolezza nella direzione e perspicacia nel mettere in
risalto le tante perle di questa grande partitura (per dire, anche l’ostico
Adagio è stato padroneggiato in modo da evitare assopimenti!)
Pubblico anche ieri tutt’altro che oceanico, anzi: evidentemente se mancano Ciajkovski o Beethoven molti non si scomodano... ma anche stavolta hanno avuto torto.
Pubblico anche ieri tutt’altro che oceanico, anzi: evidentemente se mancano Ciajkovski o Beethoven molti non si scomodano... ma anche stavolta hanno avuto torto.
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