Il titolo che porta la
prossima opera in cartellone alla Scala, Chovanščina (scritto quasi come lo
pronunciamo noi, in cirillico sarebbe... Хованщина)
farebbe sulle prime pensare ad un nome proprio, o cognome, femminile. Tipo, per
dire, Iolanta, o Jenufa, o magari Kabanova o Izmailova, per restare nel mondo
slavo.
E invece la chovanščina altro
non è (nella sprezzante definizione che ne dà - in chiusura del second’atto - lo
zar Pietro il Grande) se non una ribellione
messa in atto da tale Ivan Chovanskij,
un nobile che avrebbe cercato velleitariamente di detronizzare lo zar con una
scalcinata e maldestra congiura di palazzo. Quindi, un’azione biasimevole, ma
anche degna di irrisione: una stupidata insomma, o una smargiassata, o una...
cazzata. Per fare un esempio concreto: chi è diversamente giovane ricorderà di
sicuro il termine maldinata, coniato
qualche decennio fa per definire le ricorrenti leggerezze difensive della
buonanima Cesare Maldini, che costavano al Milan qualche gol di troppo.
Ma ora, di grazia, ‘sto Chovanskij, chi
l’ha mai coverto? Ecco, appunto:
Musorgski!
Lo spiritoso
(nel senso di amante dell’alcool...) compositore aveva a mala pena completato
il suo secondo Boris (1872) quando si
lanciò in questa nuova impresa, che per lui sarebbe stata l’ultima, per di più
rimasta incompiuta (quanto meno rispetto a ciò che il compositore stesso aveva
prefigurato). Il lavoro si protrasse per più di otto anni, dal luglio 1872
all’agosto 1880, cioè fino a pochi mesi prima della scomparsa del musicista, e
seguì un percorso praticamente schizofrenico, con continui spostamenti di
attenzione (a zig-zag) da una scena all’altra, da un atto all’altro: una specie
di caotica costruzione di un grande mosaico. Caos provocato anche dal
contemporaneo interesse del compositore per un’altra opera (comica questa, La fiera di
Soročincy)
rimasta ancor più incompiuta della Chovanščina.
A differenza del Boris, per il testo del
quale lo aveva soccorso un tale Puškin (non so se mi spiego...) qui il compositore si avvalse dell’aiuto e dei
consigli dell’onnipresente Vladimir Stasov
(autorevole mentore del Gruppo dei Cinque)
e della lettura di testi storici del ‘600 e ‘700 pubblicati attorno alla prima
metà dell’800 (minuziosamente elencati dall’Autore nei suoi scritti) che
narravano passate vicende della sua amata Russia. Il risultato fu la mancanza
di un organico libretto (come
comunemente inteso) sul quale comporre la musica, rimpiazzato dalla produzione di
appunti (con testo e musica) spesso lasciati in sospeso o ripresi e modificati
a fronte di nuove acquisizioni di fonti storiche. Diverse idee furono
abbandonate al momento di decidere la forma finale del mosaico, come ad esempio
le apparizioni di Pietro il Grande e della sorellastra, la zarevna Sofia,
oppure una scena ambientata nel quartiere tedesco di Mosca, o un quintetto da cantarsi
in chiusura del second’atto. Addirittura parti fondamentali (come due finali
d’atto!) furono lasciate allo stato di frammento (o di idea solo sulla carta) e
mai più completate. Vedremo più avanti come si arrivò ad ottenere, partendo da
un sia pur ricco semilavorato, il prodotto finito, eseguibile e rappresentabile
in teatro.
Come per il Boris, anche qui è la Russia
che fa da sfondo all’opera, in un periodo di circa un secolo posteriore,
precisamente nell’estate del 1682, anno in cui Musorgski concentra, per
comprensibili esigenze drammaturgiche, fatti che accaddero in realtà a partire
da quell’anno e fino al 1698 come minimo. Tanto per citare una patente
inverosimiglianza storica presente nel soggetto, basti pensare che Pietro il
Grande, che nel dramma è già presentato - pur se fuori scena - come zar con
pieni poteri, nel 1682 era in realtà ancora fanciullo (10 anni!) e quindi
estraneo agli affari di governo, dei quali si occupava la sorellastra Sofia,
reggente del trono anche per conto dell’altro fratello, il minorato Ivan, di 5
anni più anziano di Pietro...
Lo scenario di quella seconda metà del
‘600 nella quale Musorgski ambienta l’opera è caratterizzato da profondi
sommovimenti politici e religiosi, che vedono scontrarsi - su entrambi i fronti
- progressisti e conservatori, riformatori e reazionari: da una parte i seguaci
delle idee innovatrici del defunto zar Alexei
Mikhailovich Romanov (padre di Sofia, Ivan e - da altra madre - di Pietro) e
del patriarca Nikon; dall’altra i
loro fieri oppositori.
Scenario che vede protagonisti - da un
lato, la lotta per il potere - il citato Ivan
Chovanskij, un principe reazionario che comanda gli Strelcy (guardia speciale degli zar) e mira a portare se stesso e/o
il figlio Andrej al Kremlino,
simulando fedeltà a Sofia e a Pietro; poi il principe Vasilij Golicyn, di idee progressiste (ma anche schiavo di assurde
superstizioni) e nemico dei boiari conservatori, un tempo amante di Sofia, ma
ora di lei sospettoso; e un boiaro ambizioso, machiavellico e ambiguo, Šaklovityj, consigliere (e
nuovo o aspirante amante?) della stessa zarevna.
L’altro terreno di scontro è quello
della religione, dove le riforme di Nikon (volte a riportare l‘Ortodossia russa
nell’alveo bizantino) sono contestate dai Vecchi
Credenti, divenuti ormai una setta (i raskolniki)
guidata da un ex-principe, Dosifej;
della setta fa parte Marfa,
ex-principessa pure lei, ora una specie di veggente, un tempo amante di Andrej Chovanskij che l’ha poi abbandonata per
concupire (respintone con perdite) la protestante Emma, residente nel quartiere tedesco
(in realtà, internazionale) di Mosca.
E proprio Marfa è l’autentica
protagonista del dramma, l’unica a comparire sulla scena in tutti e cinque gli
atti: in forza del suo passato legame con Andrej (del quale è tuttora
perdutamente innamorata) lei rappresenta lo snodo fra il piano secolare e
quello religioso dell’opera; in più, è la sua figura ad arricchire il soggetto
di una componente caratteristica e imprescindibile del teatro musicale, quella
legata al piano dei sentimenti (la sua lacerante contraddizione fra la purezza
della fede e la carnalità della passione amorosa) e delle relazioni personali e
affettive...
A differenza di Stasov e poi di Rimski-Korsakov (che portò alla luce
l’opera incompiuta) i quali si ostinavano a dare del lavoro un’interpretazione
a senso unico, tutta orientata ad esaltare la grande stagione riformista di Pietro
il Grande, Musorgski mostra di non voler prendere posizione netta a favore o
contro l’una o l’altra delle tendenze (innovatrice o reazionaria) in atto a quei
tempi (memorabile la sintesi che ne fece il compianto Sergio Sablich: Ritrarre più
che giudicare): il suo obiettivo è evidentemente quello di portare sulla
scena la vita e le sofferenze del popolo russo in quel tormentato frangente
storico. E di fare ciò attraverso la valorizzazione degli idiomi musicali del
suo grande e adorato Paese.
L’opera si articola su 6 quadri distribuiti
su 5 atti (1 - 2 - 3 - 4+5 - 6) per una durata totale che arriva (in esecuzione
integrale) a più di 3h15’ al netto degli intervalli. Lo svolgimento drammatico
si presenta come un continuo, inesorabile, fatalistico precipitare verso la
catastrofe finale, l’immolarsi della vecchia Russia, travolta dall’arrivo della
modernità occidentale. Finale che rimase però nella... penna di Musorgski.
Ecco (per il
momento...) una succinta sinossi della trama.
Primo Atto.
Preludio che evoca
l’alba sulla Moscova e il risveglio di Mosca, sulla Piazza Rossa.
Scena degli Strelcy: Kuzka ancora
sonnolento e due commilitoni che vantano le loro sanguinose imprese.
Scena dello scrivano e di Šaklovityj, che gli detta
una delazione per la zarevna, accusando Ivan
Chovanskij e il figlio Andrej di
preparare un colpo di stato contro Sofia e i fratelli zar.
Scena dei giovani moscoviti analfabeti che
bistrattano lo scrivano per costringerlo a leggere una grida che annuncia
esecuzioni contro boiari ribelli.
Scena di Ivan Chovanskij che denuncia
alla folla i boiari traditori e ladri, promettendo di difendere Sofia e gli
zar.
Scena di Andrej Chovanskij che cerca di conquistare
Emma, ragazza di religione luterana,
figlia di un commerciante del quartiere tedesco.
Arrivo di Marfa, amante tradita da Andrej, che difende Emma e sfugge ad un
tentativo di Andrej di accoltellarla.
Ritorno di Ivan Chovanskij che
concupisce Emma e ordina ai suoi Strelcy di catturargliela. Andrej minaccia di
ammazzarla, pur di non cedergliela.
Arrivo di Dosifej, il santone dei Vecchi
Credenti, che blocca Andrej e fa accompagnare Emma a casa da Marfa. Poi
implora i Chovanskij di aiutarlo a salvare la Russia e l’antica fede.
Secondo
Atto.
Residenza del
principe Golicyn, che legge una
lettera d’amore della zarevna Sofia, ma si mostra di lei sospettoso.
Poi legge una
seconda lettera, della madre, il cui consiglio di mantenere onestà e purezza lo
mette di malumore.
Arrivo di un pastore
luterano che lamenta il comportamento di Andrej Chovanskij nei confronti di Emma e
chiede di poter costruire una chiesa luterana a Mosca. Golicyn lo liquida
sprezzantemente.
Arrivo di Marfa, in
veste di veggente, che predice un futuro di rovina al principe, che ordina di
sopprimerla.
Arrivo di Ivan Chovanskij, che
si lamenta a nome dei boiari per i danni che le riforme volute da Golicyn
avrebbero fatto alla loro categoria. Battibecco fra i due.
Arrivo di Dosifej che ammonisce i due a
cercare il bene della Patria. Chovanskij e Golicyn continuano a beccarsi e il
primo si propone come salvatore della patria e futuro capo del governo.
Si odono in lontananza i canti dei
monaci dei Vecchi Credenti: Dosifej li esalta, Chovanskij si associa
all’elogio, mentre Golicyn li definisce come dei settari.
Torna Marfa che accusa Golicyn di aver
ordinato la sua morte. E avverte del sopraggiungere dei soldati dello zar
Pietro.
Irrompe sulla scena Šaklovityj, annunciando
che è stata sporta denuncia contro i Chovanskij con l’accusa di tramare un
colpo di stato. Lo zar avrebbe sprezzantemente definito la faccenda come una chovanščina... ordinando
un’indagine sui denunciati.
Terzo Atto.
I Vecchi Credenti
sfilano cantando inni di vittoria e di trionfo sui seguaci del riformatore
Nikon.
Scena di Marfa,
presso la dimora del suo amato Andrej. La donna ricorda in una canzone i bei
giorni della giovinezza e l’amore adesso sfumato. Ma prefigura la fine in
compagnia dell’amato, fra le fiamme purificatrici.
Arriva Susanna che ha sentito la canzone e
aggredisce Marfa rimproverandone la lascivia.
Intervento di
Dosifej che rimprovera Susanna, accusandola di idolatria e scacciandola; poi
cerca di consolare Marfa, che ribadisce come solo il sacrificio estremo (nelle
fiamme) la potrà salvare.
Scena di Šaklovityj
che prega Dio di salvare la grande Russia, ancora in balìa di mercenari
stranieri.
Scena del risveglio
degli Strelcy che irrompono in strada cantando le loro turpi imprese e
ubriacandosi già di primo pomeriggio.
Arrivano le loro
mogli per rimproverarli delle loro malefatte e della loro irresponsabilità.
Scena di Kuzka che
viene incaricato di calmare le donne con una canzone. Tutti cantano una
filastrocca su una donna (la calunnia)
che rovinerebbe le famiglie.
Arriva lo scrivano
che annuncia che un contingente di Strelcy è stato sopraffatto da mercenari
stranieri affiancati da truppe regolari dello zar Pietro!
Gli Strelcy
increduli chiedono ordini al loro capo Ivan Chovanskij; il quale li invita a
tornarsene a casa ad aspettare gli eventi! Agli Strelcy e alle loro mogli non
resta che affidarsi alla provvidenza...
Quarto Atto.
Primo Quadro. Nella sua lussuosa residenza Ivan Chovanskij cerca di dimenticare i suoi
problemi con i piaceri della buona tavola e delle belle donne.
Le sue contadinelle
cantano canzoncine tristi e allegre, quando arriva un emissario di Golicyn per
annunciare imminenti pericoli. Il principe lo liquida all’istante.
Scena del balletto
delle danzatrici persiane.
Arrivo del solito Šaklovityj
che informa Ivan di una convocazione al Kremlino da parte della zarevna.
Chovanskij dapprima snobba l’invito, poi si fa convincere ed ordina i suoi
abiti da cerimonia.
Le contadine
riprendono il loro canto, glorificando il cigno
bianco Chovanskij, proprio mentre lui viene pugnalato alle spalle e muore sotto
lo sguardo beffardo di Šaklovityj.
Secondo quadro. Davanti SanBasilio. Un carro sta
portando verso l’esilio il principe Golicyn. Dosifej lo compiange, come pure
compiange Ivan Chovanskij, vittima della sua stessa boria.
Arrivo di Marfa che
comunica ai confratelli le decisioni del Gran Consiglio: i Vecchi Credenti sono
banditi e i mercenari hanno l’ordine di sterminarli. Ora anche Dosifej è
convinto che a loro resti solo l’estremo sacrificio.
Arrivo di Andrej,
che continua a reclamare Emma. Marfa lo avvisa che se la sono portata via in
mercenari. Andrej minaccia di denunciare Marfa e farla arrestare dai suoi
Strelcy, ma questi sono ormai in catene e si preparano ad essere giustiziati.
Andrej chiede a Marfa di salvarlo e lei lo porta via.
Le mogli degli
Strelcy reclamano l’esecuzione dei loro uomini, macchiatisi di indegnità, ma
arrivano i soldati dello zar Pietro, annunciando che gli zar hanno concesso la
grazia a tutti.
Quinto Atto.
I Vecchi Credenti sono riuniti
in un bosco presso il loro eremo e ricevono l’ultimo conforto da Dosifej.
Si odono in lontananza le trombe dell’esercito di Pietro. I raskolniki preparano l’immensa pira che
li accoglierà.
Arrivo di Andrej, sempre invocante Emma. Marfa prova invano a convincerlo
ad accettare il suo stesso destino, in nome dell’amore che li aveva uniti in
passato.
Mentre ancora risuonano gli squilli di tromba dell’esercito dello zar,
guidati da Dosifej i fedeli si avviano cantando verso le fiamme che Marfa ha
fatto divampare.
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Nella prossima puntata verrà esplorata la storia della predisposizione
delle diverse versioni dell’opera (e del suo finale, ovviamente) oggi esistenti
grazie al lavoro di alcuni eminenti musicisti e compositori.
___
(1.
continua...)
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