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20 dicembre, 2014

Orchestraverdi 14-15 – Concerto n° 14


Seconda consecutiva indigestione di Ciajkovski, ancora con Zhang Xian sul podio. Concerto doverosamente dedicato alla memoria - 10 anni dalla scomparsa - di Renata Tebaldi, che è anche al centro di una bella mostra fotografica sulle pareti del bar-foyer dell’Auditorium. In programma ben quattro poemi sinfonici (Ciajkovski li chiamava ouverture-fantasia o semplicemente fantasia) ispirati (direttamente o meno) a Shakespeare.

L’impiego della musica senza parole (e/o senza immagini) per rappresentare contenuti extra-musicali, come sono i testi letterari, inclusi oggetti o concetti o personaggi, è vecchio quanto la musica; e altrettanto vecchie sono le diatribe tra chi sostiene che la musica sia capace di descrivere e chi nega con forza tale prerogativa. Personalmente ho espresso il mio parere (negativo) che non sto a ripetere qui, rimandando i perditempo a questopost di qualche anno fa. 

Ciajkovski - seguendo (in buona compagnia: Dvorak, Franck, Smetana, tanto per citare qualche suo famoso contemporaneo) le orme di Liszt e precorrendo di poco quelle di Strauss, Sibelius e giù giù fino a Respighi – si dedicò assiduamente a questo genere di opera, e i 4 brani inclusi in questo concerto costituiscono il grosso della produzione del nostro.
  
Si comincia con La tempesta, opera abbastanza giovanile (guarda caso invece: l’ultima, o quasi, del bardo) ma forse superiore per ispirazione e struttura anche a lavori successivi e più maturi. In calce alla partitura venne pubblicato un suo succinto programma proposto da Stasov (che forse con questi suggerimenti sperava di attirare Ciajkovski nella ragnatela del Gruppo dei cinque…):
Seguiamone un’esecuzione di Claudio Abbado a Lucerna.
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Lo scenario che Ciajkovski presenta alle nostre orecchie è quello del mare. Siamo in Andante con moto, 3/4 in FA minore. Dopo l’introduzione di un corale statico dei fiati, sono gli archi a muovere le acque, sulle quali udiamo il tema del mare in calma, ampio e maestoso, esposto (30”) dai due corni in unisono:


Da notare la meticolosità con cui Ciajkovski evoca  l’agitarsi, per ora tranquillo, delle onde: tutti gli archi, salvo i bassi, sono divisi in tre, così come pure tre sono i diversi ritmi sui quali suonano (terzine per violini primi e celli, semicrome per violini secondi, crome per le viole, mentre i bassi aprono ogni battuta in sincope). Flauto-oboe e poi clarinetto-fagotto espongono figurazioni mosse (i riflessi del sole sull’acqua? lo svolazzare di gabbiani? o Ariel, lo spirito del vento che per ora sonnecchia?) mentre altri corni e trombe ci fanno udire un inciso marziale, che si ingigantirà fra poco all’arrivo del mago Prospero, padrone dell’isola incantata. Il tema del mare viene reiterato dai corni, anche una terza sotto (dal RE) e poi la sua chiusa (che scala un’intera ottava) viene ripresa in successione dai fiati. Riudiamo le figurazioni mosse, poi ecco un temporaneo ritorno della calma (3’17”) che prelude all’ingresso sulla scena del… padrone.

A 3’36” (Allegro moderato) si presenta infatti Prospero, introdotto da pesanti minime dei violoncelli sulle quali violini e strumentini innestano mulinelli di vento (è Ariel, scalpitante e recalcitrante, ma richiamato all’ordine dal suo padrone) prima che il tema (in LAb maggiore) venga esposto (3’49”) dai legni, con gli archi in pizzicato e i corni a tambureggiarne il ritmo:


Violini, viole e strumentini, con i corni ad incalzare, sembrano proprio evocare l’insofferenza dello spirito eolico davanti al padrone, che infine (4’43”, Andante alla breve) con tutta la sua autorità e prosopopea, marcata da una doppia e solenne esposizione del suo tema negli ottoni in corale, gli ordina di scatenare la tempesta.

Che arriva a 5’24”, in Allegro vivace, annunciata da possenti minime dei fagotti, all’unisono con la tuba, mentre i timpani caricano l’atmosfera di tensione e gli archi cominciano ad evocare il montare delle onde:

Adesso il vento (folate ascendenti dell’ottavino) mette in totale subbuglio anche il mare, il cui tema udiamo ripetutamente (da 5’51”) esposto dei corni, richiesti di suonare con la campana rivolta in alto.

7’00” Ecco una nave (non una qualunque, ma quella per cui tutto l’amba-aradam è stato scatenato da Prospero!) finire in mezzo alla tempesta, squassata e sballottata senza più governo, finchè (da 7’15”) viene irresistibilmente spinta verso l’isola, dove infine (7’27”) si consuma il naufragio! I temi del mare e della tempesta accompagnano i superstiti verso la spiaggia.

8’38” Ora tutto è calma e pace, e l’isola accoglie i naufraghi (qui ci si occuperà solo del più importante di costoro: Ferdinand…) La natura ospitale fa da sfondo al nascere, prima timido, poi irresistibile, di un amore: è Ferdinand a vedere per primo e ad invaghirsi della bella (ma forse infelice, date le circostanze) figlia di Prospero, Miranda, oppure è lei che, accorsa per dare aiuto ai naufraghi, si imbatte nel principe di Napoli e vi trova subito il suo principe azzurro? Mah, questo forse la musica non ce lo chiarisce, sta di fatto che la scena è quella classicamente adatta a costruirci l’immancabile love-theme (senza del quale qualsiasi pezzo musicale di questo tipo perderebbe parecchio senso…) Nella fattispecie si tratta di un caldo tema in SOLb maggiore (Andante con moto, 3/4) esposto inizialmente dai violoncelli abbrunati:


Il tema ha qualche apparente tentennamento (sì, non è proprio un amore che scoppia in modo travolgente, ma un sentimento che cresce e si irrobustisce) ma poi viene ripreso a piena orchestra (da 9’32”, Poco più animato) per lasciar spazio ad un controsoggetto, in Andantino (10’03”):


Motivo che si sviluppa assai, prima di sfociare (10’57”) ancora nel tema principale esposto ora in SIb (Andante mosso) che poi si acqueta per lasciare spazio (11’32”) ad una dolce cadenza dei fiati, subito ripresa dagli archi e che porta lentamente ad un provvisorio epilogo, con il tema principale riproposto sempre in SIb dai corni (12’25”) e quasi cullato dalle terzine dei violini.

Forse è l’amore fra i due giovani ad aver bisogno di qualche… periodo di assestamento, e così ecco che nel racconto musicale si inserisce (12’52”) un siparietto movimentato: si tratta di un alterco fra Ariel e lo sbifido Caliban. L’atmosfera si riscalda parecchio (siamo ora in Allegro animato) e la baruffa fra i due vede protagonisti i fiati (Ariel) e gli archi (Caliban) con picche e ripicche alternate ad autentiche risse sonore, che si protraggono fino ad esplodere in un Allegro vivo, costellato da strappi in ffff (!) finchè i fiati sembrano prendere il sopravvento con ripetuti colpi sotto i quali gli archi rimangono quasi schiacciati e incapaci di muoversi, restando infine come a miagolare su semicrome ribattute, mentre il suono si smorza per fare spazio al ritorno (15’27”) del tema dell’amore, adesso esposto, in LAb, Andante non tanto, con grande nobiltà ed enfasi. Torna anche il secondo motivo (16’27”) che poi sfocia nella riesposizione del primo (16’52”) in forma cadenzante (Allargando) che dà l’impressione di condurre ad un definitivo epilogo dell’episodio amoroso. Ma è proprio una… finta, poiché ecco (18’33”, Allegro molto) un forsennato crescendo di semicrome negli archi portare (18’46”) ad un’autentica apoteosi del tema dell’amore (Andante non tanto, con archi e legni in fffff!)

E non è finita, poiché c’è ancora da… sistemare Prospero: a 19’43” un fragoroso Allegro risoluto dell’intera orchestra ci evoca il mago-duca che, ottenuto il suo scopo, rinuncia alla magia e se ne torna a Milano, seguito dalla fanfara dei corni e dal suo lungo e religioso corale in DO maggiore (20’35”, Andante con moto). Adesso basta? Eh no, poiché Prospero per tornare a casa deve pur rimettersi in mare: ed ecco quindi (21’27”) tornare il tema iniziale, in FA minore nei corni, con gli svolazzi di Ariel, prima del definitivo, lento spegnersi dei suoni, sul FA degli archi in pizzicato e i rintocchi del timpano.
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Ecco poi la più matura Francesca da Rimini (qui Shakespeare non c’entra direttamente, ma trasversalmente, per analogia con la Giulietta). Ciajkovski fece precedere la partitura da un sunto e poi dai versi danteschi che raccontano la storia d’amore e di sangue di cui furono testimoni le mura del castello di Gradara, dove la bella da Polenta e il Bello cognatino suo fecero una bruttissima fine per mano del cornuto Zoctus:


L’opera è macroscopicamente suddivisa in tre sezioni, di cui le due esterne dovrebbero rappresentare lo scenario infernale e quella centrale l’idillio amoroso. In mancanza di indicazioni di dettaglio, sta a ciascuno di noi, guidato dal sommario programma che l’Autore ha proposto, di associare le note a luoghi, fatti, personaggi, concetti, stati d’animo… e quant’altro. (Oppure di ascoltare la musica senza pensare a riferimenti qualsivoglia: a volte conviene!)

Anche qui, proviamo a districarci con l’aiuto di Vladimir Fedoseyev e dei suoi radio-moscoviti.
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La prima sezione si apre con un rabbrividente colpo di tam-tam, sovrapposto ai LAb di fagotti e archi bassi: siamo in un Andante lugubre in 4/4, che possiamo immaginare come un’introduzione, dove incontriamo Virgilio e Dante che si aggirano nell’oltretomba, e poi (33”) cominciano a discendere - insieme a fagotti, tromboni, tuba e archi bassi – verso il secondo girone. A 1’19” un nuovo colpo di tam-tam (Più mosso. Moderato) apre davanti agli occhi dei due pellegrini (e ai nostri) uno scenario, come dire… infernale? Ancora un paio di interventi del tam-tam, sul secondo dei quali (3’05”) sembra di vedere i nostri due umani attoniti e increduli di fronte allo spettacolo che si prospetta alla loro vista.

3’33” Ecco (siamo passati a 6/8 Allegro vivo) ora possiamo immaginare che si alzi il turbine che avvolge e trascina con sé i dannati lussuriosi. In orchestra si alternano gli archi, ad evocare le raffiche del vento, e gli strumentini, che ne rappresentano il sibilare, tra le gole del girone. A 4’51” un fortissimo generale ci conduce alla vista dei dannati che roteano sballottati dalla bufera:

Gli ottoni a 5’41” sembrano mostrarci il passaggio dei poveracci, che riprende fortissimo (6’40”) per poi sfumare lentamente, finchè un nuovo colpo di tam-tam (7’50”) pare spostare nuovamente la nostra attenzione su Dante e Virgilio, letteralmente allibiti di fronte a tanto spettacolo.

Ma ecco che un paio dei derelitti volanti si deve essere momentaneamente fermato, accostandosi al bordo del girone: a 8’47” Il clarinetto solo espone una lenta melopea, che introduce la seconda sezione del brano, e precisamente il tema-a dell’amore di Francesca e Paolo, suonato dallo stesso clarinetto (9’19”, Andante cantabile non troppo) su accompagnamento molto discreto degli archi. I quali a 9’55” espongono a loro volta il tema-b, che si sviluppa ulteriormente, arricchendosi di un altro paio di motivi, prima di sfumare verso una breve transizione (11’50”) nel clarinetto accompagnato da violini primi e viole. Un frammento del tema-b si ritroverà come citazione nel quasi contemporaneo Onegin, introduzione dell’aria della lettera di Tatjana:
A 12’03” riudiamo il tema-a in flauto e oboe, poi (12’31”) ecco il tema-b riapparire in violini e violoncelli, con gli strumentini ad abbellirlo di veloci terzine. A 13’25” abbiamo un repentino rarefarsi della melodia, rotto poi dagli svolazzi dei flauti, prima che (14’07”) torni il tema-a nei violoncelli, sempre accompagnato dalle veloci crome dei flauti.

A 15’02” segue una lunga transizione dominata dal corno inglese, poi oboe (poco dopo dal flauto) ed arpa, con successivi interventi di corno e clarinetto; è un’atmosfera carica di tensione, forse il momento in cui sta per scoppiare la passione fra i due amanti: svolazzi ascendenti di semicrome e biscrome dei violini alimentano l’attesa, finchè (17’23”) riecco il tema-a in flauti e oboi, poi (17’43”) ripreso dagli archi, che lo sviluppano fino (18’04”) ad un crescendo generale sfociante a 18’36” nell’esplosione del tema-b in trombe, tromboni e tuba nel pieno orchestrale, tema poi ripreso (19’08”) dagli archi e legni che lo conducono alla conclusione, su uno dei motivi secondari.

A 20’00” compare inaspettatamente una fanfara nei corni (la ritroveremo dopo qualche anno nientemeno che nell’Ouverture 1812!) Sarà mica Gianciotto che fa irruzione con la spada sguainata nella sala dove i due amanti trescano ai suoi danni? Fanfara che si scatena ulteriormente e pone fine all’atto impuro! Un mesto corale (20’23”) evoca le esequie dei due poveri destinati all’inferno.

20’38” Eccoci ormai alla terza e conclusiva sezione (Allegro vivo) con la ripresa del turbine che trascina al suo interno i lussuriosi: sono sempre le sezioni degli archi e dei fiati ad alternarsi nel prefigurare l’arrivo della buriana, che (21’52”) torna a fagocitare nei suoi vortici anche i due poveri amanti romagnoli.

A 22’58”, Poco più mosso, si chiude con un concitato crescendo, culminante in 9 mazzate (è forse Dante che stramazza come corpo morto?) e nel conclusivo MI all’unisono.
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Dopo l’intervallo tocca ad Hamlet, opera della maturità (coeva della Quinta) che verrà poi affiancata (e ne sarà alimento) da musiche di scena per una rappresentazione teatrale della tragedia. Qui l’efficacia evocativa del brano non mi pare proprio così alta, e personalmente condivido in pieno la conclusione che Paul Serotsky ha posto in calce alla sua breve ma fulminante analisi del brano: se il titolo fosse Coriolano, cambierebbe qualcosa? (stra-smile!)

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Chiude Romeo e Giulietta, annunciata - fin dal programma generale della stagione - nella prima versione del 1869. Invece quasi all’ultimo momento si è ripiegato sulla versione definitiva del 1880. Sulle differenze strutturali fra questa e quella originale ho scritto qualcosa mesi fa in occasione di un’esecuzione qui in Auditorium con Ceccato.  

Anche qui noi possiamo apprezzare le capacità evocatrici della musica: sapendo a-priori di che si tratta riusciamo facilmente ad associare il corale a Lorenzo, i fracassi alla faida Montecchi-Capuleti e il languido tema all’amore fra i due sfortunati ragazzi di Verona. Ora, applicando l’argomentazione di Serotsky a proposito dell’Hamlet, domandiamoci: se il titolo fosse Orazi e Curiazi, non potremmo tranquillamente associare il corale a Tullo Ostilio, il fracasso alla faida Roma-Albalonga e il languido tema all’amore fra la Camilla romana e il Curiazio nemico? Ecco, appunto…    
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Torno al concerto, per esprimere una serena critica a queste scelte di confezionare programmi  monopolizzati da uno stesso autore, e per di più (come in questo caso) con opere dello stesso genere: il rischio di saturazione delle capacità… digestive del pubblico diventa assai alto (anche troppo caviale alla fine stanca). Immagino che proprio la consapevolezza del rischio abbia spinto il programmatore del concerto ad introdurvi un elemento di distrazione (in senso buono, come si fa con il classico sorbetto messo tra portate robuste in un pranzo di nozze!) costituito nella fattispecie da letture di brani delle corrispondenti opere letterarie proposte dall’attore Federico Manfredi subito prima di ciascuna esecuzione musicale.

Esecuzione che non ha fatto altro che confermare la compattezza dell’Orchestra e la bravura dei tanti singoli che hanno avuto modo di distinguersi, sotto la bacchetta sempre precisa e senza fronzoli della Xian. Per questo è quanto mai doveroso… 


sostenere laVERDI!

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