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04 dicembre, 2014

Fidelio: arrivano i nostri?

 

Leonora (rapida trae dal petto una piccola pistola e la punta contro Pizarro)
Ancora una parola, e sei morto!
(Si sente la tromba dalla torre.)

Leonora (getta le braccia al collo di Florestano)
Ah, tu sei salvo, gran Dio!
Florestano
Ah, son salvo, gran Dio!

Pizarro (stordito)
Ah, il ministro! Inferno e morte!
Rocco (stordito)
Oh che avviene? giusto Dio!
(Si sente più forte la tromba. Pausa.)

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Questo è il classico Höhepunkt dell’opera: mentre Leonora punta la sua pistola al petto del sanguinario giacobino, ecco che arrivano i nostri! salutati ovviamente - non si potrebbe immaginare altro – dallo squillo di una trombetta:

Che si ripete poco dopo, con più forza ancora. Come si vede, Beethoven già duecento (o poco più) anni fa aveva inventato lo stereotipo dei più spettacolari (e pure beceri) film del Far-West.

Quello che ad un ascoltatore distratto potrebbe sfuggire è che però gli squilli in questione non provengono dallo strumento del trombettiere che accompagna la carica dei nostri, ma da quello di un tirapiedi del cattivone Pizarro! Il quale tirapiedi era stato incaricato dal capo di avvertirlo in quel modo non appena avesse visto il corteggio del Ministro (i nostri, appunto) arrivare lungo la strada da Siviglia. E in effetti le circostanze non sono precisamente quelle dell’arrivo di gran carriera di un manipolo di cavallerizzi in una nuvola di polvere: è una delle massime autorità politiche che viene al penitenziario – comodamente in carrozza e con tanto di scorta - per farvi un’ispezione sul trattamento dei detenuti.

Se poi guardiamo il motivo da vicino, in effetti scopriamo che non ha né un carattere guerresco, né solenne o pomposo: ha piuttosto un che di sbilenco, di irregolare, specie nelle ultime battute, dove il trombettiere sembra quasi incespicare sulle note per raggiungere in qualche modo la tonica SIb. Insomma, un segnale suonato da qualcuno che probabilmente se la sta facendo sotto! 

Questa mirabile forma del richiamo fu messa a punto da Beethoven in occasione della seconda edizione dell’opera (1806, in due atti, come quella definitiva) che vide anche la nascita della famosissima Ouverture Leonore 3, all’interno della quale il segnale della tromba in SIb viene anticipato (sempre proposto per due volte). (Sappiamo che invece l’Ouverture Fidelio, dell'ultima versione del 1814, non contiene rimandi a temi dell’opera.)

Nella prima versione del Fidelio (1805, in tre atti) il richiamo della trombetta è abbastanza diverso, tutto sommato più regolare e quasi virtuosistico, quindi esteticamente e drammaturgicamente poco appropriato alla particolare circostanza (ce lo vediamo il trombettiere spaventato dall’arrivo del Ministro che si mette a fare arpeggi degni di un concerto di Hummel?) Inoltre il motivo è leggermente diverso nella sua apparizione nel terz’atto, rispetto a quella nell’Ouverture (la Leonore 2) come si può notare qui:

Nell’Ouverture è in MIb, cade sulla dominante già a battuta 2 e chiude sulla tonica, mentre nell’opera è in SIb (come nelle versioni successive) ma arpeggia diversamente sulla triade e poi chiude sulla mediante.
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E a proposito di Ouverture, sappiamo che molti Direttori amano recuperare la splendida Leonore 3 infilandola da qualche parte dentro l’opera. Le cronache fanno risalire questa moda all’incirca al 1850: quando si cominciò ad eseguirla come ouverture al secondo atto. Colà la posizionò anche Mahler nelle sue prime direzioni di Fidelio (Praga 1886 e Lipsia 1887). Poi però, a partire da Amburgo (1891) le cambiò di posto, poiché la sua debordante e ottimistica potenza contrastava troppo con la successiva buia scena di Florestan incarcerato, e così cominciò ad eseguirla prima della scena finale (con la quale si raccorda benissimo, sia come tonalità che come atmosfera) e con questa scelta ha fatto molti proseliti fino ai giorni nostri. Personalmente troverei la cosa del tutto inopportuna, non certo dal punto di vista musicale (è una cosa straordinaria) ma da quello drammaturgico: 15 minuti di sosta fra le ultime due scene, che Beethoven aveva tribolato come un matto per giustapporre senza soluzione di continuità, sono davvero troppi, e in più rovinano proprio il mirabile intervento della tromba, riproponendocene gli squilli dopo pochi minuti e distruggendone così tutta la tensione drammatica.

Barenboim non farà questa forzatura, ma in compenso ne combinerà un’altra, come a voler lasciare la sua pisciatina sui muri della Scala, nel suo ultimo SantAmbrogio come Direttore Musicale: invece dell’Ouverture Fidelio eseguirà la Leonore 2! Un suo bisognino (smile!) abituale, avendolo già fatto in un’incisione su CD e in un’apparizione di anni fa ai PROMS. Naturalmente ciò dovrebbe portarsi dietro automaticamente anche l’inversione dei primi due numeri: dopo il DO maggiore dell’Ouverture, che con i suoi schianti finali resta inchiodato nell’orecchio dell’ascoltatore, subito il DO minore dell’aria di Marzelline, invece del lontanissimo LA maggiore del duetto Marzelline-Jaquino, che parte (coerentemente, in Beethoven!) con la dominante MI con cui chiude l’Ouverture Fidelio. Così è nel CD con Domingo e così fu ai PROMS. Ma se leggiamo il libretto della Scala, che pure è ripubblicato per l’occasione, tanto che cita la presenza della Leonore 2 al posto dell’Ouverture giusta, scopriamo che il numero di apertura dovrebbe essere il duetto (?!?) e così pare sia stato eseguito alla generale

Insomma: un guazzabuglio indecoroso (qui arrivano i… mostri!) Dico: se uno oggi vuol divertirsi a inventare tutti gli intrugli possibili e immaginabili con la musica del Fidelio, lo può fare a suo piacimento, e senza scomodare Barenboim e la Scala, semplicemente col suo computer di casa: che senso ha metter su queste arlecchinate per un SantAmbrogio?

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