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08 febbraio, 2013

Orchestraverdi – concerto n.21


Il Direttore principale John Axelrod fa il suo esordio stagionale sul podio dirigendo due quarte piuttosto distanti fra loro. E non solo per i quasi 80 anni che le separano (1806-1885), ma per la diversissima collocazione che hanno nella produzione di Beethoven e Brahms.

La sinfonia beethoveniana, pur venendo dopo l’epocale tappa dell’Eroica (o forse proprio per questo) rappresenta un momento di riflessione (anche se non è di certo un riflusso) nel percorso estetico del genio di Bonn, che di lì a poco (anzi praticamente in contemporanea) riprenderà slancio e vigore con la sconvolgente Quinta; l’ultima di Brahms rappresenta invece (e non per nulla fu l’ultima…) l’apice della sua ascesa verso l’Olimpo della sinfonia.

Due opere che da tempo sono nel repertorio dell’Orchestra, che ormai le deve conoscere a memoria, dovendo quindi di volta in volta modularne semplicemente (si fa per dire!) l’interpretazione a fronte dell’approccio del Kapellmeister di turno.   

L’ultima esecuzione qui di entrambe le sinfonie vide sul podio Zhang Xian: l’Op.60 di Beethoven ormai quasi tre anni fa, con la cinesina che era al termine della sua prima stagione come Direttore Musicale; l’Op.98 di Brahms poco più di sei mesi fa, in chiusura della stagione ultima. Le ricordo come due interpretazioni di altissimo livello, caratterizzate la prima da grande grinta e cipiglio, la seconda da un’assoluta aderenza allo spirito, oltre che alla lettera, della partitura dell’amburghese.

John Axelrod viene (più o meno) dallo stesso ambiente yankee (smile!) in cui si è formata anche la Xian (è presumibile che questa comunanza di radici abbia anche giocato un certo ruolo, due anni fa, nell’orientare la scelta del nuovo Direttore principale…) In realtà mi sembra però che il suo approccio si discosti abbastanza da quello della Xian.

In particolare riguardo a Beethoven, che mi è parso, guarda caso… brahms-izzato (smile!) Sarà forse perché Axelrod in questo periodo sta registrando l’integrale sinfonica di Brahms (anche ieri sera il palco era ingombro di microfoni e cineprese) e avrà fatto full-immersion a gogò della musica dell’amburghese. Sta di fatto che il texano si permette un po’ di libertà (per non chiamarle gigionerìe) come un evidente quanto indebito rallentando e conseguente successivo accelerando nella transizione fra i due temi dell’Allegro vivace iniziale (cosa che è quanto di meno beethoveniano si possa immaginare). Nel Finale poi mi è parso un tantino molle, e forse per… recuperare tempo ha omesso il da-capo.  

Molto meglio Brahms, dove mi sembra che Axelrod abbia, come dire, tenuto buoni gli effetti dell’approccio adottato lo scorso anno da Xian: esecuzione dignitosa accolta da applausi convinti.

Ancora Axelrod fra una settimana con un programma assai variegato e – per me – interessantissimo.

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