intime gioje

chiuder la prigione e buttar la chiave

26 giugno, 2009

L’Aida di Barenboim: “vorrei, non posso”?

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Aida è spettacolo? è grand-opéra? è sfarzo? è potere? è orgoglio? è desiderio? è dramma? è tragedia? è rassegnazione? Non è nessuna di queste singole cose, ma è tutte queste cose insieme. E non disposte in ordine sparso, o in più o meno sensate giustapposizioni, ma in un disegno armonioso e coerente, che descrive una parabola - quella dei sentimenti e della vita dei tre principali personaggi (Aida, Amneris, Radames) nello scenario politico-religioso che li travolge - che tutto meravigliosamente contiene.

Se regista, maestro e cantanti dimenticano, o sottovalutano, o mettono impropriamente in primo piano solo alcuni degli ingredienti, Aida riesce a metà, accontentando ora gli amanti dello sfarzo e del chiasso, ora chi privilegia psicologia, intimismo e dramma.

Come è stata (al mio occhio-orecchio, o cuore-testa) l’Aida di Zeffirelli-Barenboim-cast alla sua terza di ieri sera al Piermarini?

Convincente, non direi proprio. Vero è che questa Aida nacque tre anni fa dal lavoro di una squadra di cui oggi è rimasto solo il regista (peraltro neanche operativo sul cantiere) e che quindi ci sono attenuanti in abbondanza... però siamo alla Scala, dove un retropalco si paga 80€.

I primi due atti - sappiamo - sono infarciti di retorica, enfasi e pompa, ma mai fine a se stesse: Verdi si superò davvero nel non perdere mai il filo del dramma, pur nelle baraonde più colossali. Ecco, Zeffirelli e Barenboim (ma hanno fatto almeno una prova insieme?) mi pare non abbiano assecondato al meglio il disegno verdiano, mancando un sapiente dosaggio dei movimenti dei personaggi e delle sfumature orchestrali: troppo spesso lo sfarzo esteriore e il fracasso musicale si impongono totalmente, finendo per travolgere le pulsioni degli animi dei protagonisti (e soprattutto le loro voci, per di più non strepitose). Un esempio per tutti, il finale Atto II, con Amneris, Aida e Radames che cantano - in contrappunto con gli altri solisti e per di più con il coro e con l’orchestra in forte - tre linee poetiche di contenuto antipodico (Amneris trionfante, Aida disperata, Radames interdetto): un passaggio di difficilissima resa, di cui si perde totalmente la drammaticità se il regista colloca le due rivali e l’uomo di cui sono invaghite a distanze di metri e metri, tutti piuttosto “annegati” fra le comparse, e per di più non li fa minimamente “recitare”; e se il maestro tiene il volume ad un’altezza tale da rendere incomprensibili le diverse linee di canto, compresa quella di Aida, pur dislocata sul proscenio.

Il terzo e quarto atto, che delineano per tutti la parabola discendente, che porta alla fine, alla morte, alla rassegnazione, pur dignitosi in generale (con una punta di merito per O patria mia) non mi paiono tuttavia essere stati percorsi col pathos e con quella sorta di pietà che dalla musica verdiana dovrebbe uscire, anche se qui la regia e le scene sono di una potenza davvero enorme. Certe uscite sferzanti di ottoni e percussioni, a coprire le voci, mi son parse francamente fuori posto.

Insomma, non la definirei proprio un’edizione paradigmatica del capolavoro verdiano, anche per il livello musicalmente non eccelso degli interpreti, che hanno peraltro fatto il massimo che è nelle loro possibilità.

Fraccaro ha una vocina che “non passa”, e il suo esordio ha avuto dell’imbarazzante, travisando totalmente il “morendo” della chiusa di celeste Aida: con un facile gioco di parole si potrebbe dire che vicino al sol lui ci potrebbe arrivare come si deve - cioè come vuole Verdi - se il sol, appunto, fosse sul sòl, e non tre semitoni sopra... (Alagna per molto meno fu triturato nel 2006.)

La Feubel ha una bella voce in alto, adatta al ruolo drammatico, ma in basso non convince (visto che non si sente proprio) al pari della Smirnova, che tende a urlare gli alti e sussurrare i bassi, e che tuttavia non mi sentirei di censurare totalmente. Gli uomini discreti, Pons in testa, ma credo che Barenboim abbia qualcosa sulla coscienza se Cigni e Giuseppini (al pari dello stesso Fraccaro) spesso e volentieri si “vedevano” (non “sentivano”) cantare.

Barenboim, appunto. Dirigere Aida con la partitura sul leggìo, per carità, non è un disonore, ma vorrà pur dir qualcosa, trattandosi di uno che tiene a memoria i colossali tomi wagneriani!

Per il resto, nessun applauso a scena aperta (tranne per il corpo di ballo...) ma anche nessun accenno di disapprovazione; alla fine, un’ovazioncina per Barenboim, un paio di uscite di maestri e protagonisti, poi tutti a scappare... sotto il diluvio scatenatosi su Milano (del quale non daremo però la responsabilità alla recita).
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18 giugno, 2009

Torna Aida di Zeffirelli, ma con Barenboim (upd. 22/6)


Comincio, proprio per rompere il ghiaccio, con una perlina: scopriamo oggi che l’Aida di Zeffirelli del 2006-07 era diretta da Muti, che fa di nome Riccardo, effettivamente, ma che ai tempi era già defenestrato da due anni. Pazienza.

Nel 2009 subentra, ad un italiano germanizzato, un argentino-israeliano più germanizzato ancora: Daniel Barenboim, recordman di direzioni a Bayreuth ed attuale re di Berlino (ex-est) dopo avervi - figurativamente - estromesso Thielemann (peraltro subentratogli chez-Wagner).

Nel 2006 si parlava solo di Zeffirelli; oggi proprio di nessuno, forse perchè non siamo a SantAmbrogio, bensì in estate e per di più tutti intenti ad una difficile programmazione vacanziera: come far quadrare la crisi con le Maldive. Certo dal prossimo autunno il Daniel che si vuol fare anche la Carmen sarà al centro delle polemiche, non solo musicali.

Tornando a bomba, e dato che prima del 20 giugno si può solo parlare di ciò che già fu visto, dico subito che tendo a stare con Zeffirelli. Magari poteva risparmiare impiegando oro finto e non a 24K, però, vivaddio, leggiamo tutti sul libretto che l’opera si apre con a destra e a sinistra, un colonnato con statue e arbusti in fiore. Grande porta nel fondo, da cui appariscono i templi, i palazzi di Menfi e le Piramidi. E poi vediamo tripodi d’oro da cui si innalza il fumo degli incensi. La Scena II del secondo atto è ingombra di popolo. Poi le truppe egizie, precedute dalle fanfare, sfilano dinanzi al Re. Seguono i carri di guerra, le insegne, i vasi sacri, le statue degli Dei. Un drappello di danzatrici che recano i tesori dei vinti. Da ultimo Radamès, sotto un baldacchino portato da dodici uffiziali. Insomma, nei primi due atti ci sono anche ingredienti da Grand Opéra e delle due l’una: o diciamo chiaramente che Verdi fu stupido o succube di forze maligne, oppure bisognerà pur accettare il fatto che lui musicò - stupendamente - anche scene apparentemente pacchiane, esagerate e retoriche. Viceversa, se vogliamo de-pacchianizzare ed attualizzare tali scene (e qualcuno ci ha già pensato) allora dovremmo anche rivedere musica e orchestrazione... cioè fare un’altra Aida.

La dotazione internet per le 6 recite era andata esaurita in pochi minuti, lo scorso aprile: avendo mancato l’appuntamento allora, avevo ormai disperato, quando un piccolo - ma fondamentale - 1 è comparso miracolosamente proprio stamattina e ciò mi consentirà di non perdere un evento che considero interessante.

Vedremo poi all’atto pratico... (intanto di Egitto si parla già in tutti i bar-sport e cortei di auto strombazzanti dei discendenti di Radames attraversano la nostra periferia).

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Update del 22/06

Come d’abitudine, la prima ha avuto le sue belle contestazioni! (Sono curioso di assistere alla terza, perchè - more solito - potrebbe confermare la regola che ultimamente imperversa al Piermarini).

L’AGI (quella che ci ricordava - vedi sopra - che l’Aida zeffirelliana del 2006 era diretta da Muti) ci fa sapere dei buu al Maestro e alla Smirnova, mentre ci notifica il salvataggio degli altri interpreti.

Francamente imbarazzante il commento di Perrino, che ha visto (?!) Amneris interpretata dalla Siri, ma che concorda con Mattioli (Stampa) e Girardi (Corriere) sulla promozione per il buato Daniel. Il quale, l’abitudine (e il coraggio) di sfidare i buanti ce l’ha da mo’ (ultimamente lo dimostrò proprio in Scala dopo un disastroso Imperatore).
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Irma Viganò, gloria della Brianza

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Da sabato 20 giugno a domenica 5 luglio la ProLoco di Besana Brianza organizza una mostra commemorativa di Irma Viganò, la concittadina celebre soprano degli anni ’20, famosa anche oltre oceano.



















Sarà di certo una combinazione, ma è un modo per celebrare anche la nuovissima provincia di Monza-Brianza, fresca-fresca di inaugurazione.

(grazie a Fabiano Brioschi per la segnalazione)
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10 giugno, 2009

Quanto la Musica sia stata da principio semplice, roza, & pouera di Consonanze.






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POICHE nella Prima parte à sufficienza si è ragionato de i Numeri & delle Proportioni; è cosa ragioneuole, che hora si ragioni in particolare, & secondo che tornerà à proposito, di quelle cose, che la Musica considera in uniuersale; come de i Suoni & delle Voci de gl'Interualli, de i Generi, de gli Ordini de Suoni, de i Modi, delle Mutationi, & delle Modulationi; ilche si uedrà più essattamente trattate ne i nostri Sopplimenti. Ma prima che si uenga à tal ragionamento, mostrerò in qual modo la Musica sia stata da principio semplice; & come da gli Antichi era usata; dopoi, ueduto in qual modo i Suoni & le Voci naschino; & fatta la loro diuisione, uerrò à quello, ch'è la mia principale intentione. Dico adunque che se ben la Musica ne i nostri tempi è peruenuta à tal grado & perfettione d'Harmonia, in quanto all'uso de tutte quelle Consonanze, che si possono ritrouare; delle quali alcune appresso gli Antichi non erano in consideratione; & che quasi non si uegga di poterle aggiungere cosa alcuna di nuouo; tuttauia non è dubbio, che da principio (com'è auenuto anco dell'altre Scienze) ella non sia stata non solo semplice & roza; ma etiandio molto pouera di Consonanze. Ilche esser uerissimo ne dimostra quel che narra Apuleio di essa, dicendo; che Da principio si adoperaua solamente il Piffero; non con fori, come quelli, che si fanno al nostro tempo; ma senza, alla simiglianza d'una Tromba; ne si faceuano tante sorti de concenti, con uariati Istrumenti & variati Modi; ma gli Antichi ricreauano i loro spiriti, & si dauano tra loro piacere & solazzo col sopra detto Piffero solamente senza uarietà alcuna di suono. Et tal Piffero vsauano ne i loro publici spettacoli, & ne i loro Chori, quando recitauano le Tragedie, & Comedie; come manifesta Horatio, parlando in cotal modo;

Tibia, non ut nunc, oricalcho uincta, tubaeque

Aemula; sed tenuis, simplexque foramine pauco

Adspirare, & adesse choris erat utilis:

Alquale dopoi Hiagne Frigio à quei tempi dotto nella Musica, che fù padre & Maestro di Marsia, u'aggiunse i fori, & incominciò à sonar quello con uariati suoni; & fu il primo che fece sonar due Pifferi con un sol fiato; & che sonò tale Istrumento con la destra & con la sinistra mano; cioè, mescolò il suono graue con l'acuto, con destri fori & sinistri. Vsarono etiandio gli Antichi da principio la Cetera, ò la Lira con tre chorde, ouer con quattro solamente; della quale fù inuentore Mercurio; come uuol Boetio; & erano in quella ordinate di modo, che la prima con la seconda, & la terza con la quarta conteneuano la Diatessaron; la prima con la terza, & la seconda con la quarta, la Diapente; & di nuouo la seconda con la terza il Tuono; & la prima con la quarta la Diapason, & insino al tempo di Orfeo fu seruato cotale ordine; ilquale fu dopoi accresciuto in uarii Istrumenti; & prima Chorebo di Lidia u'aggiunse la Quinta chorda; dopoi dal sopranominato Hiagne ui fù aggiunta la Sesta; ma la Settima aggiunse Terpandro Lesbio. Et questo Numero de chorde (come dice Clemente Alessandrino) era prima contenuto nell'antica Lira, ò Cetera; dopoi da Licaone da Samo fù aggiunta la Ottaua; ancorache Plinio attribuisca l'Inuentione di tal chorda à Simonide, & della Nona à Timotheo; & Boetio uoglia, che questa chorda sia stata aggiunta da Profrasto Periota, la Decima da Estiacho Colofonio, & la Vndecima da esso Timotheo. Ma sia come si uoglia; Suida attribuisce l'aggiuntione della Decima & della Vndecima chorda à Timotheo Lirico. Et certo è, che da molti altri ue ne furono aggiunte tante, che crebbero al numero de Quindeci. Aggiunsero dopoi à queste la Sestadecima chorda; ne più oltra passarono & si contentarono di tal numero, & le collocarono nell'ordine, che più oltra dimostraremo; diuidendole per Tuoni & Semituoni in cinque Tetrachordi, osseruando le Ragioni delle proportioni Pitagoriche; ritrouate ne i martelli da Pitagora; nel modo che nella Prima parte hò mostrato; le quali conteneuano quelle istesse, che si ritrouauano tra le chorde della sopradetta Cetera, ò Lira ritrouata da Mercurio:













LIRA DI MERCVRIO. Diapason. Diapente. Diapente. Diatess. Tuono. Diatess. Parhypate hypaton. Prima chorda. 12 Parhypate meson. Seconda chorda. 9 Lichanos meson. Terza chorda. 8 Trite diezeugmenon. Quarta chorda. 6

& che nel sottoposto essempio si ueggono. Imperoche il maggiore (come dicono) pesaua libre dodici, l'altro noue, & libre otto il terzo; ma il quarto & minore pesaua libre sei; da i quali numeri Pitagora cauò le Ragioni delle Consonanze musicali; che furono appresso gli Antichi cinque; come narra Macrobio, & nascono da Cinque numeri; il primo de i quali chiamarono Epitrito, il secondo Hemiolio, il terzo Duplo, il quarto Triplo, & il quinto Quadruplo; con uno Interuallo dissonante, ilquale istimauano, che fusse principio d'ogni Consonanza; & lo chiamarono Epogdòo. Di modo che dall'Epitrito era contenuta la Diatessaron, dall'Hemiolio la Diapente, dal Duplo la Diapason, dal Triplo la Diapasondiapente, dal Quadruplo la Disdiapason, & dall'Epogdòo il Tuono Sesquiottauo. Alle qual Consonanze Tolomeo aggiunse la Diapason diatessaron, contenuta dalla proportione dupla superbipartienterza tra 8 & 3. laqual consonanza è posta da Vitruuio anco nel Cap 4. del Quinto libro della Architettura; & da noi nella Vndecima del Secondo delle Dimostrationi è dimostrata esser Consonanza communemente detta. Et ueramente gli Antichi non conobbero altre Consonanze, che le sopradette; le quali tutte da i Musici moderni sono chiamate Perfette; & non haueano per consonanti quelli Interualli, che i Moderni chiamano Consonanze imperfette; cioè, il Ditono, il Semiditono & li due Hexachordi, maggiore & minore; come manifestamente dimostra Vitruuio nel nominato luogo, dicendo; Che nella Terza, Sesta & Settima chorda non si possono far le Consonanze; & questo dice hauendo rispetto alla grauissima d'ogni Diapason; il che si può etiandio uedere in ciascun'altro autore, si Greco, come Latino. La onde da questo potiamo comprendere la imperfettione, che si ritrouaua nell'antiche Harmonie, & quanto gli Antichi erano poueri di Consonanze & di Concenti. Et se bene alcuno, mosso dall'autorità de gli Antichi, laquale è ueramente grande; più tosto che dalla ragione, uolesse dire, che oltra le nominate Consonanze perfette, non si possa ritrouare alcun'altra Consonanza; non dubitarei affermare simile opinione esser falsa; percioche ella contradice al Senso, dal quale hà origine ogni nostra cognitione. Conciosiache niuno di sano intelletto negherà, che oltre le sopradette Consonanze perfette, non si ritrouino ancora le Imperfette, le quali sono tanto diletteuoli, uaghe, sonore, soaui & harmoniose à quelli, che non hanno corrotto il senso dell'Vdito; quanto dir si possa; & sono talmente in uso, che non solo i periti Cantori & Sonatori di qualunque sorte si uoglia Istrumenti le usano nelle lor Harmonie; ma quelli ancora, che senz'hauere alcuna Scienza, cantano & sonano per prattica solamente.

ISTITVTIONI HARMONICHE DEL REV. M. GIOSEFFO ZARLINO DA CHIOGGIA,
Maestro di Capella della Serenissima Signoria DI VENETIA. Seconda Parte. Capitolo 1. (MDLVIII)
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08 giugno, 2009

04 giugno, 2009

Daniele Gatti a Zurigo

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L’annuncio è di oggi: Gatti sarà Direttore Principale dell’Opera di Zurigo per le prossime tre stagioni.

Nella prima dirigerà Elektra, nella seconda Falstaff e Parsifal, nella terza i Meistersinger, Otello e un altro lavoro ancora non annunciato (ma sarà una prima per Zurigo). In più, una serie copiosa di concerti.

I titoli parlano da soli: siamo al top di Wagner, Verdi e Strauss... poco altro da aggiungere.
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PS: mi fa giustamente notare Marco (vedi commenti) che la terza opera sarà una che ebbe la prima a Zurigo.