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consulta e zecche rosse

31 luglio, 2024

Aperto Bayreuth, all’orizzonte si affaccia il ROF-2024.

Pesaro, Capitale italiana 2024 della Cultura, non poteva certo esimersi dal mettere nel giusto risalto uno dei suoi concittadini più famosi, rinforzando, se possibile, quel Festival di cui si celebra proprio quest’anno la 45ma edizione.  

Solo per restare al cartellone principale, esso si ingrossa di un terzo, passando da 3 a 4 opere (sempre in 4 rappresentazioni). Si spazierà quindi dal 7 al 22 agosto. La chiusura del 23 sarà dedicata ancora ad un’opera, Il Viaggio a Reims, che verrà eseguita in forma di concerto, per celebrare i 40 anni dalla storica produzione diretta dal grande Claudio. [Il Viaggio è tuttora, come da anni e anni, oggetto di due recite mattutine – 16 e 18, ore 11 – come palestra per giovani voci rossiniane allevate dall’Accademia.]

La spinta esercitata sulle istituzioni cittadine dal privilegio riservato a Pesaro ha anche prodotto un (sia pur parziale) buon risultato: la riapertura – rimandata per anni e anni a causa di beghe di bottega francamente deplorevoli - del glorioso Palafestival, oggi ribattezzato Auditorium Scavolini, che ospiterà le 4 recite di Bianca&Falliero e il finale concerto del 23 (oltre alle dure recite del Viaggio accademico…) Ermione e Barbiere rimarranno confinate nella remota Vitrifrigo Arena, mentre L’equivoco stravagante sarà ospitato dal finalmente ripristinato (dopo terremoto) Teatro Rossini.

Due delle quattro produzioni (Bianca ed Ermione) sono nuove di zecca, le altre due (Barbiere ed Equivoco) sono riprese rispettivamente da quelle (fortunate) del 2018 e 2019: la prima è legata all’eterno Pier Luigi Pizzi, la seconda alla coppia Leiser-Caurier.

La OSN-RAI sarà ancora impegnata in tre delle cinque proposte (Bianca, Ermione e Viaggio) mentre i due restanti titoli saranno affidati alle due orchestre pesaresi che recano il nome di Rossini: la Sinfonica (Barbiere) e la Filarmonica (Equivoco). Come ormai da anni i due cori impegnati nel Festival sono il Ventidio Basso (Giovanni Farina) e la Fortuna (Mirca Bosciani).

Fra i Direttori spiccano i nomi del profeta-in-patria Michele Mariotti (Ermione) e di Roberto Abbado (Bianca); con loro Diego Matheuz (Viaggio), Michele Spotti (Equivoco) e Lorenzo Passerini (Barbiere).

Non potevano infine mancare alcune storiche voci del Festival: a cominciare dal venerabile Michele Pertusi (Barbiere); e poi Jessica Pratt (Bianca); ancora il Direttore Artistico Juan Diego Florez (Ermione); Dmitry Korchak (Bianca e Viaggio); Nicola Alaimo (Equivoco e Viaggio); Enea Scala (Ermione); Carlo Lepore (Barbiere); Erwin Schrott e Vito Priante (Viaggio).

Per gli amanti delle fredde statistiche ecco una tabella aggiornata al 2024 delle 45 annate del ROF. Vi si può scorrere la cronologia dell’intera produzione (131 recite) nella storia del Festival; la sequenza delle prime esecuzioni al ROF e della presenza successiva del singoli titoli; e l’intero catalogo cronologico della produzione rossiniana.

Quanto alla diffusione via etere, si dovrebbe supporre che Radio3 rimanga fedele alla tradizione, irradiando le prime quattro serate (7-10) alle ore 20.

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Mentre le due opere oggetto di ripresa (Equivoco e Barbiere) si collocano nel periodo che possiamo definire ancora giovanile di Rossini (quello che va dal 1810 al 1814, delle opere buffe e delle farse, con le dovute eccezioni di Demetrio, Ciro, Tancredi e Sigismondo), le altre due (Ermione e Bianca&Falliero, oggetto di nuove produzioni) sono espressione della piena maturità del compositore, cresciuto nelle esperienze delle opere serie (soprattutto a Napoli).

Ne sono testimonianza le strutture imponenti (nel caso di B£F si arriva a dimensioni… wagneriane) e alcuni riferimenti (sommariamente definiti come auto-imprestiti) che legano le due opere in questione ad altre dello stesso periodo (e anche del successivo, quello parigino).

Emblematica è al proposito la ricorrenza di questo motivo:

Esso compare addirittura in quattro opere, composte in meno di due anni, fra il 1819 e il 1821. Dapprima in Ermione, a 4’40” dell’Ouverture e poi nel coro del second’atto (Il tuo dolor ci affretta). Quindi viene ripreso nell’Ouverture di Eduardo£Cristina, a 5’22”; indi in quella di Bianca£Falliero, a 3’40”, che apre con il motivo (qui nuovo) che Rossini impiegherà a Parigi per Le Siège.  Lo ritroviamo ancora nell’Ouverture di Matilde di Shabran, a 5’21”Ma c’è anche di più: una sua versione variata ricorre infatti nell’Ouverture del Maometto II, a 5’35”!

A proposito di B£F, l’aria finale di Bianca (Ah, padre!) con il successivo rondò (a 4’11”, O padre!) è presa da un’altra opera napoletana, di soli tre mesi anteriore, La Donna del Lago (Tanti affetti e poi Fra il padre, a 4’03”). [Verrà poi re-impiegata pari-pari (per Colbran) nel Maometto II di Venezia (1822).]

Va da sé che gli auto-plagi valgono anche per le altre due opere, in specie per quanto attiene al riutilizzo delle rispettive Ouverture: Barbiere figlio di Elisabetta e nipote dell'Aureliano; L’equivoco presa di peso dalla Cambiale.
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Ermione: un’opera rivoluzionaria

Il venerabile Alberto Zedda, che fu uno dei protagonisti della Rossini-renaissance e uno degli artefici delle successive fortune del ROF, ebbe a confessare di essere stato folgorato sulla via di… Pesaro da un’esecuzione in forma di concerto dell’Ermione all’Accademia Chigiana, nel lontano 1977.

Da quel momento gli si aprirono gli occhi sulla straordinaria grandezza del Rossini-serio, che lui stesso fino ad allora tendeva a snobbare come una velleitaria quanto secondaria faccia dello stereotipato, nonché idolatrato, Rossini-buffo.

Giudizio severo che furono proprio i napoletani della prima al SanCarlo di sabato 27 marzo 1819 ad emettere senza appello, convincendo Rossini a ritirare l’opera, con l’ammissione che solo dopo almeno un secolo avrebbe potuto essere pienamente compresa ed accettata.

E ancora due secoli dopo l’opera suscita allo stesso tempo stupita ammirazione e perplessità sull’allestimento, come certifica questo fulminante articolo di Alberto Mattioli.  


Merito del ROF (e della Fondazione Rossini per quanto riguarda l’edizione critica) è aver contribuito con due produzioni (1987 e 2008) alla rivalutazione dell’opera. Segnalo anche un paio di allestimenti extra-moenia: 1995 Glyndebourne e 2019 SanCarlo. Staremo a vedere che risultati darà questo atteso ritorno.
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Bianca e Falliero: temporanea restaurazione?

La caduta di Ermione spinse probabilmente Rossini a tornare – in fatto di estetica musicale - sui suoi passi, e già meno di un mese dopo, a Venezia, si divertì a costruire quel mirabile centone (Eduardo£Cristina) messo insieme re-impiegando intere scene e parecchi motivi di precedenti opere, prevalentemente napoletane: Mosè; Ricciardo£Zoraide; Ermione, appunto; oltre alla romana Adelaide.

Sei mesi dopo (ottebre 1819) Rossini tornò al SanCarlo con La donna del lago, che riprende il cammino (temporaneamente) abbandonato, dopo Ricciardo, con la fuga-in-avanti di Ermione. Cammino che dopo soli altri due mesi prosegue ulteriormente alla Scala proprio con la mastodontica (posso azzardare: pleonastica?) Bianca£Falliero. Dove - indizio già segnalato - Rossini riprende di peso l’aria principale di Elena per gratificarne Bianca.  

Sulla stessa strada, ancora Napoli (Maometto e Zelmira), Roma (Matilde) e Venezia (Semiramide) chiuderanno la gloriosa stagione italiana. Poi lo spirito innovatore dell’Ermione, fecondato per così dire dalla contaminazione con l’ambiente della ville lumière, porterà fino al canto del cigno del Tell, supremo ed estremo cedimento al nuovo-che-avanzava              

Ecco i due contributi del ROF alla diffusione dell’opera: 1986 e 2005E questa registrazione albionica in studio.

25 luglio, 2024

Bayreuth: un discreto Tristan ha aperto il Festival 2024.

Per quanto posso giudicare dall’ascolto radiofonico, mi sembra che il Festival (ancora?) più famoso nel mondo dell’opera sia partito con il piede giusto. 

Merito principale (secondo me) di Semyon Bychkov, che ha guidato con grande autorità i formidabili complessi orchestrali (e corali, non impegnati allo spasimo in questo dramma) tenendo tempi assai sostenuti, fin dal Preludio, invero grandioso, e poi specialmente nel secondo atto, dove ha chiesto il massimo ai due protagonisti.

La Camilla Nylund è stata un’Isolde dignitosa, anche se non proprio trascendentale, e Andreas Schager – un po’ penalizzato dai tempi del Direttore – ha pagato lo sforzo dell’atto centrale con un paio di LA e SI abbassati di un’ottava nella massacrante scena del delirio all'arrivo di Isolde, nell’atto conclusivo.

Bene la Brangäne di Christa Mayer e più che bene il Marke di Günther Groissböck, come pure Olafur Sigurdarson come Kurwenal.

Oneste le prestazioni di Birger Radde (Melot) e di Matthew Newlin, il giovane marinaio che ha l’impervio compito di rompere oil ghiaccio, cantando oltretutto a cappella

Daniel Jenz (pastorello) e Lawson Anderson (marinaio) hanno completato il cast facendo il loro minimo sindacale.

Applausi (direi condivisibili) per tutti i Musikanten. Invece parecchi buh (che segnalo solo per dovere di cronaca, in assenza di… immagini) per il battesimo registico di Thorleifur Örn Arnarsson.

Con tutti i limiti che comporta il particolare tipo di fruizione, devo dire che le sei ore passate in compagnia di questo capolavoro ti risollevano il morale, ecco.

21 luglio, 2024

Bayreuth di routine.

Ancora per questa e per la prossima stagione Bayreuth si mantiene su un profilo prudente, in attesa della storica edizione 2026 che celebrerà i 150 anni dalla fondazione del Festival, che aprì i battenti nell’agosto 1876 con tre rappresentazioni del ciclo del Ring. E c’è da immaginare cha sarà ancora il Ring il protagonista della ricorrenza.

Quest’anno il programma è lo stesso (come titoli e allestimenti) di quello del 2023, salvo il titolo di apertura, la nuova produzione di Tristan (a soli due anni di distanza dalla precedente) affidata a Bychkov/Arnarsson e con protagonisti Schager/Nylund. Cambia anche la distribuzione delle recite: Holländer (da 5 a 3); Tannhäuser (da 5 a 6); Ring (da 3 a 2); Tristan (da 2 a 7) e Parsifal (da 7 a 6).

Per gli amanti delle statistiche, qui un paio di tabelle riassuntive di tutte le 112 edizioni del Festival e dei Direttori succedutisi sul podio. A proposito del quale, due interessanti novità del 2024 riguardano le quote rosa destinate a calcarlo: oltre all’ormai collaudata Oksana Lyniv (Holländer) vi saliranno per la prima volta Nathalie Stutzmann (Tannhäuser) e Simone Young (Ring). Heras-Casado resta al proprio posto per Parsifal.

Ancora lontano dalla verde collina – come già nel 2023 - Christian Thielemann, decano delle direzioni (185). Di cui peraltro si dà per scontato il rientro in quella che per un quarto di secolo è stata praticamente casa sua. Infatti nel 2025, dopo il trasferimento da Dresda (dove gli subentrerà Gatti) a Berlino (dove tornerà come erede di Barenboim…) il 65enne direttore sarà protagonista del suo amato Lohengrin.

A proposito del quale anni fa nacque una certa polemica fra il Maestro e la tenutaria del Festival Katharina Wagner. La quale, per rinforzare la sua presa di distanza dagli anni bui della Nazi-Bayreuth, chiese all’allora factotum musicale del Festival di impiegare, nel finale dell’opera, il nobile epiteto di Schützer al posto di quello, divenuto infamante, di Führer, con il quale lo stesso argenteo cavaliere apostrofa il riesumato Gottfried. E Thielemann – che sarà pure di idee conservatrici ma non certo reazionarie e menchemeno… nostalgiche – oppose il rigore filologico e il rispetto del testo originale. Sta di fatto che, dopo avere avuto il prestigioso incarico di Musik Direktor, Thielemann ne è stato successivamente privato… Vedremo fra un anno se si tratti solo di acqua passata.

Quanto alle possibilità di ascolto, la Radio Bavarese è ovviamente presente (quasi sempre) in diretta per le prime. Che saranno anche in parte trasmesse dagli spagnoli di Radio ClasicaMeno chiara la copertura di Radio3, pare limitata per ora alla prima del 25.