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10 dicembre, 2017

Faust in versione Berlioz apre le danze a Roma


Lasciato spazio (noblesse oblige) al SantAmbrogio meneghino, anche il centro-sud sta aprendo la stagione 17-18. Ieri sera il SanCarlo ha ospitato la pucciniana Fanciulla (non disprezzabile, almeno all’ascolto radiofonico) mentre l’Opera di Roma si appresta ad inaugurare il suo cartellone con una proposta non meno intrigante dello Chénier milanese: La damnation de Faust, affidata alla coppia Gatti-Michieletto, o Michieletto-Gatti, per chi dà più importanza a ciò che il regista si inventerà, rispetto a ciò che il musicista ha composto 170 anni orsono e quindi è già noto a (o notabile da) tutti. Allestimento che si trasferirà poi a Valencia (2018, con Roberto Abbado sul podio) e più in là al Regio di Torino, teatri co-produttori.

La natura stessa dell’opera (légende dramatique, la sottotitolò l’Autore) ha fatto sì che tradizionalmente – a partire proprio dalla prima, all’Opéra-Comique, domenica 6 dicembre, 1846 – essa sia stata proposta in forma di concerto, e solo sporadicamente in versione scenica. Lo stesso Berlioz (piuttosto narcisisticamente, o forse per sfiducia nei registi, chissà...) riconobbe che “la musica ha ali talmente ampie che i muri di un teatro non le permettono di espandersi completamente”. Da qui la curiosità particolare che si riversa sul regista, atteso al varco su opposte sponde, da fan e detrattori. Già ovviamente si conosce l’approccio di fondo di questo allestimento, ma come al solito sarà meglio fare i santomaso...

Intanto val la pena notare (per stigmatizzarlo) il taglio che il Teatro ha dato alla presentazione-video dello spettacolo. Parlano i due responsabili, prima Gatti e poi Michieletto. Chiunque si aspetterebbe che il Direttore dica qualcosa sulla musica di Berlioz, sulla sua grandezza e magari anche su qualche sua magagna... Invece Gatti che fa? Un maldestro pistolotto psico-socio-politico sui problemi dell’uomo moderno, schiavo del cosiddetto progresso e delle tecnologie, che gli precludono la possibilità di provare empatia (parole sue) per il resto dell’umanità. Insomma, un discorso da Regisseur, che spiega il suo Konzept di ciò che verrà messo in scena. Musica? Nemmeno una parola, una virgola, che dico, un accenno anche remoto (???!!!) Poi arriva il vero regista e spiega con grande efficacia ciò che ha ideato per lo spettacolo, che effettivamente si preannuncia coinvolgente ed accattivante.   
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L’opera nacque negli anni-40 dell’800 come completamento e riadattamento della primissima fatica del giovine Berlioz: Huit scènes de Faust (qui l’unica incisione conosciuta) che risale al 1828. La lista sottostante riporta le relazioni fra quel primo abbozzo (titoli fra parentesi) e la stesura definitiva della Damnation:

Prémière Partie

Scène I Plaines de Hongrie
Scène II Ronde de paysans (2. Paysans sous les Tilleuls)
Scène III Une autre partie de la plaine – Marche hongroise

Deuxième Partie
Scène IV Nord de l’Allemagne  
   Chant de la Fête de Pâques (1. Chants de la Fête de Pâques)
Scène V Méphistophélès et Faust
Scène VI La cave d’Auerbach à Leipzig
   Choeur de buveurs
   Chanson de Brander (4. Ecot de joyeux compagnons, histoire d'un rat)
   Chanson de Méphistophélès (5. Chanson de Méphistophélès, histoire d'une puce)
Scène VII Bosquets et prairies du bord de l’Elbe – Air de Méphistophélès
   Choeur de Gnomes et de Sylphes, songe de Faust (3. Concert de Sylphes)
   Ballet des Sylphes
Scène VIII Final
   Choeur de soldats (7b. Choeur de soldats, Joyeuse insouciance)
   Chanson d’étudiants 

Troisième Partie
Scène IX Tambours et trompettes sonnant la retraite (7b. Choeur de soldats)
   Air de Faust
Scène X Méphistophélès et Faust
Scène XI Marguerite
   Le roi de Thulé, chanson gothique (6. Le Roi de Thulé, chanson gothique)
Scène XII Une rue devant la maison de Marguerite
   Evocation
   Menuet des Follets
   Serenade de Méphistophélès (8. Sérénade de Méphistophélès, effronterie)
Scène XIII Chambre de Marguerite
Scène XIV Trio et Choeur

Quatrième Partie
Scène XV  Romance de Marguerite (7. Romance de Marguerite - 7b. Choeur de soldats)
Scène XVI Forêts et cavernes - Invocation à la Nature
Scène XVII Récitatif et chasse
Scène XVIII Plaines, montaagnes et vallées - La course à l'abîme
Scène XIX Pandemonium
   Epilogue sur la terre
   Dans le Ciel
   Apothéose de Marguerite
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Balza subito all’occhio come nella composizione giovanile manchi totalmente la presenza di Faust, che invece nella Damnation entra in scena già all’ottava battuta. Inoltre le Huit Scènes appaiono come una serie di squarci scarsamente connessi fra loro, anche se la sequenza è sostanzialmente rispettosa di quella del testo del Faust-I al quale Berlioz (come più tardi Gounod) si ispirò; sequenza che invece la Damnation non rispetta completamente, come si deduce dallo stesso elenco sopra riportato.

Va anche aggiunto che Berlioz rimaneggiò più o meno ampiamente le parti riprese dalla composizione giovanile: un esempio eclatante è l‘ultima delle Huit Scènes, la Serenata di Mefistofele, che vi è accompagnata dalla sola chitarra, del tutto assente nella Scena XII della Damnation, dove la voce è supportata dalla piena orchestra. Altro esempio è il Canto della festa di Pasqua, che nelle Huit Scènes prevede due cori (Angeli e Discepoli) mentre nella Damnation al coro dei Cristiani si aggiunge la voce di Faust, che poi chiude la scena con un recitativo.

Quanto alle voci, Faust è un tenore lirico, Marguerite un mezzosoprano (Berlioz peraltro la indicò come soprano) e Méphistophélès un basso o baritono, laddove nelle Huit Scènes aveva una tessitura decisamente più alta, da baritenore, se non proprio da tenore lirico.

Quanto alla fedeltà al testo di Goethe (tradotto da Gérard de Nerval) Berlioz se ne occupò relativamente, o proprio per nulla; e di proposito, come lui stesso spiegò, sostenendo come assurdo il solo pensare di mettere in musica l’intero dramma di Goethe; per cui tanto valeva prenderlo solo come base di riferimento e ispirazione. Ecco quindi che il finale di Berlioz vede Faust irrimediabilmente perduto (da cui il titolo dell’opera); e l’apertura viene disinvoltamente quanto arbitrariamente trasportata in Ungheria, solo ed esclusivamente (lo ammette candidamente lo stesso compositore nella prefazione alla partitura) per avere il pretesto di infilarci un trascinante pezzo di bravura orchestrale, la celebre Marcia di Rácóczy...
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In attesa dello spettacolo romano, come termine di paragone (a futura memoria) si può proporre questa produzione belga de La Monnaie (2002) con Kaufmann e Pappano.

Martedi 12 la prima, ripresa in diretta (19:00) da Radio3 e in differita (21:15) da RAI5.

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