Programmazione
insolita (niente giovedi e/o venerdi, ma sabato e domenica, e vedremo perchè...)
per il quinto concerto stagionale de laVERDI, che ha proposto opere di
Ciajkovski, Respighi e Schumann, brani tra loro lontani nel tempo e nei
contenuti.
Di Ciajkovski è stata eseguita un’opera
giovanile (in origine un esercizio di Conservatorio): trattasi dell’Ouverture in Fa maggiore nella
seconda stesura del 1866. Della prima, di un anno più vecchia, eseguita in
origine da studenti del Conservatorio di SanPietroburgo (quello di Rubinstein Anton, dove Ciajkovski studiava) erano
andate perse - anzi, pare proprio date alle fiamme dall’Autore medesimo - le
tracce, ma poi si è riusciti a ricostruirne la partitura e a renderne possibile
l’esecuzione. Qui un esempio con una vecchia
conoscenza de laVERDI alla guida dei radiofonici moscoviti. Come
si noterà, sono poco più di sei minuti di musica, piuttosto acerba, ma che
lascia intravedere stilemi che caratterizzeranno la produzione matura di
Ciajkovski.
La seconda
versione, predisposta su invito di colui (Rubinstein Nikolay) che stava per fondare il Conservatorio rivale (quello
moscovita, dove Ciajkovski insegnò) e ascoltata qui, oltre ad irrobustirsi
nella quantità (quasi raddoppiando la durata e impiegando un organico assai rinforzato,
soprattutto negli ottoni) si distingue per un maggiore respiro sinfonico ed
anche per una certa enfasi (vedi la coda) che ritroveremo in più di una delle
sei sinfonie che Ciajkovski snocciolerà nel seguito della sua carriera. Eccone un’eccellente
interpretazione di Mikhail Pletnev con i suoi
nazionali russi.
Nulla da dire sull’esecuzione dei ragazzi,
che è servita a... scaldare i motori.
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Ecco poi un Respighi poco eseguito, quello del Concerto gregoriano per
violino e orchestra, qui interpretato dal Konzertmeister
titolare de laVERDI, Luca Santaniello.
Opera del 1921, non è parente nemmeno
lontano dei concerti classici o romantici: il titolo tradisce chiaramente l’approccio
di Respighi, che intende rifarsi alle più profonde radici della musica
occidentale. La citazione letterale – nel centrale Andante - della sequenza Victimae Paschali laudes ne è una testimonianza incontrovertibile:
In quest’opera il solista, più che un
eroe che sfida torme di agguerriti nemici, è un salmodiante che unisce la sua
voce a quella di un coro di salmodianti: il che comporta una quasi totale
mancanza di contrasti e invece una continua simbiosi dell’individuo con la
comunità. Eccone una preziosa esecuzione storica
(1991) di Uto Ughi.
Bene, Santaniello non sfigura affatto al confronto con il gigante
veneziano, meritandosi applausi ed ovazioni. E così ringrazia tutti con uno dei
fantastici tangacci di Piazzolla.
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Ha chiuso il programma la Seconda
di Schumann, di cui avevo scritto
qualcosa più di 5 anni fa, quando era risuonata in Auditorium sotto la
bacchetta di sir Neville
Marriner.
È la più complessa (e sofferta, forse) delle sinfonie schumanniane, come
testimonia il movimento iniziale, dove l’esposizione
dei due temi (55 battute, più il da-capo)
fa la figura di una fugacissima apparizione fra l’introduzione e lo sviluppo,
che occupano (con la coda) le
restanti 336 battute!
Trascinante davvero la prestazione dei
ragazzi, che cavano fuori tutta la luminosità di quest’opera, che è in contrasto
stridente con le depressioni psichiche di cui l’Autore soffriva (e che si
sarebbero presto aggravate). Successo pieno e meritato.
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Adesso Caetani,
Santaniello e l’Orchestra si preparano ad una trasferta sicuramente eccitante:
poichè nei prossimi giorni riproporranno (con piccole varianti) questo stesso
programma nientemeno che... a casa di Mozart!
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