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08 aprile, 2011

Stagione dell’OrchestraVerdi - 30


Per l'appuntamento del concerto n°30 abbiamo un trio di Autori e composizioni di fine '800. Sul podio il 47enne John Gunnar Rafael Storgårds, che si aggiunge alla nutrita falange dei direttori finnici che vanno oggi per la maggiore.

E in omaggio alla sua Suomi, ecco l'antipasto di Sibelius: l'OP.16, riscritta per tre volte, dalla prima versione del 1894 fino a quella del 1903, chiamata Vårsång (Canto di primavera) in FA maggiore. È il periodo in cui il Sibelius trentenne comicia a farsi largo come compositore e soprattutto viene gratificato di un generoso vitalizio statale, che gli permetterà poi di vivere più che decentemente, fino alla venerabile età di 92 anni, a carico del pantalone finnico, in cambio di qualche pretenziosa ed anacronistica sinfonia e di musiche di circostanza. E chiamalo stupido!

La Vårsång è una lunga melopea, aperta dall'esposizione del tema principale, in FA:


Che poi viene sviluppato, con moderate modulazioni, per il resto del brano; e che sembra volerci trasmettere sensazioni che si provano al cospetto di un ampio e solitario paesaggio, quando la natura si risveglia dal torpore invernale; fino ad esplodere nel suo pieno fulgore, in fff, con abbondante scampanìo, su una modulazione napoletana a RE bemolle. Nella quale tonalità l'incipit del tema si fa risentire, piano, un'ultima volta, prima del ritorno a FA maggiore per la trionfale, quanto pesante ed enfatica chiusa.

Vien da chiedersi perché il burbero Jean abbia rinunciato ad impiegare l'arpa (o se ne sia dimenticato…) in un pezzo così lirico. Che dura circumcirca 7 minuti, e di questo siamo tutti grati a lui. Oltre che al suo connazionale direttore e soprattutto agli orchestrali de laVerdi, per averci sapientemente indorato la pillola.

Il verdiano residente Radovan Vlatkovic arriva poi ad interpretare il Primo Concerto per Corno, composto da un Richard Strauss non ancora diciottenne, e dedicato originariamente al paparino Franz Joseph, esimio cornista a Monaco, oltre che feroce anti-wagneriano (dal che si deduce che il mago di Lipsia dai cornisti pretendesse assai!) Però anche il giovine Richard, che wagneriano lo diventerà solo più tardi, non scherza di sicuro con il solista, a cominciare dagli accidenti messi in chiave; nell'Andante centrale sono il massimo possibile: sei, LA bemolle minore (e nella sezione centrale: 5 diesis, MI maggiore!)

Il corno è di sicuro uno degli strumenti più affascinanti (oltre che difficili da suonare) e il concerto di Strauss richiede invero doti virtuosistiche fuori dal comune. Qui una fulminante guida all'esecuzione - proposta da un professore che oggi occupa il posto del dedicatario del concerto - che presuppone l'impiego del moderno corno a pistoni in FA (ai tempi di Strauss, che lo ha prescritto in partitura per il solista, era una novità) con valvola di bypass a SIb.

Vlatkovich è a sua volta un'autorità e proprio sul concerto di Strauss lo vediamo qui impegnato come titolare di master-class.

Già nel tema dell'Allegro si distingue distintamente il piglio deciso, quasi weberiano, del futuro creatore di cosucce quali il Rosenkavalier:
A proposito: se Sibelius fu un mangia-pane-a-tradimento, va detto che anche Strauss fu un uomo venale come pochi: si battè ferocemente per il riconoscimento dei diritti d'autore (con quelli di Salome si costruì la sontuosa villa a Garmisch) e non scrisse una sola nota senza averci prima costruito attorno un profittevole business-case. Però, accidenti, lui aveva qualche dono di natura che all'alcolizzato finlandese faceva totalmente difetto!

Tornando al nostro corno, l'Allegro si chiude con due arpeggi degli strumentini che, senza soluzione di continuità, vengono ripresi dai violini per introdurre l'Andante, come detto in LAb minore, dove il corno sembra voler farci sognare, e poi in MI maggiore, un passaggio più eroico, prima del ritorno del tema iniziale.

L'attacco del Rondò finale ci riporta allo spirito originario dell'Allegro:


Chiude una strepitosa stretta (con bravura) fino alla discesa dominante-tonica che suggella il tutto.

Il grande Radovan è autore di una prestazione eccezionale: legati pulitissimi, note tenute perfettamente in piano, virtuosismi mozzafiato. Insomma, una cosa grande. E come bis ci regala questa cosuccia che Rossini scrisse nientemeno che per 4 corni!

Infine la Prima di Mahler, sinfonia che sta diventando più eseguita dell'Eroica, a conferma che l'Autore, quando diceva (così dicono) il mio tempo verrà, ci credeva sul serio. Nel quadro del programma di divulgazione mahleriana, l’opera è stata analizzata, prima del concerto, da un puntuale intervento di Cesare Fertonani.

A differenza del rivedere per la 50a volta Indovina chi viene a cena, dove uno ormai non solo ricorda i dialoghi a memoria, ma sa anche perfettamente prevedere l'increspatura di sopracciglia di Spencer Tracy quando scopre la verità… ascoltando per la 50a volta questa sinfonia uno può sempre porsi domande epocali (aggettivo oggi in voga, smile!) del tipo: ma il LA iniziale, Dellingshausen&C lo faranno proprio con tutti gli armonici, o se ne mangeranno una parte? E poi il Direttore farà il ritornello del primo movimento, ri-passeggiando sui prati di buon mattino, o tirerà dritto, per sopraggiunti crampi ai garretti (o allo stomaco)? E la Viviana sarà in vena come al solito per centrare come un cecchino tutti quei RE-LA dei timpani, disseminati in modo paranoico nelle ultime 12 battute del primo movimento? E fra-martino-campanaro sembrerà davvero una filastrocca (come sostengono debba essere alcuni soloni mahleriani) o un serio tema da sinfonia, come molti direttori tendono a presentarlo? E i corni nel finale - si accettano scommesse - quante stecche faranno?

Insomma, la musica è (quasi) l'unica delle arti dove ogni volta si deve ricostruire da zero (meglio: dall'arida carta) l'opera che il compositore aveva immaginato e poi trascritto imperfettamente (molto imperfettamente) su quell'arida carta. E questa è la sua croce-delizia, oltre che fonte di reddito per addetti-ai-lavori (critici in prima fila) o pretesto per semplici tifosi che abbisognano di argomenti per discussioni da bar… o da blog (smile!)

Qualche citazione sul Titano da giudizi (di incisioni) di un famoso critico albionico:

Kubelik ci tirava fuori il grottesco, l'assalto al cielo, il romantico.
Horenstein aveva un gran senso dello spazio e aggiungeva mistero.
Walter, nel terzo movimento, riconosce l'elemento parodiante, ma va ben oltre: mescolandovi un pizzico di tragedia per rendercelo ancor più significativo.
Nel Trio dello Scherzo, Barbirolli riesce a rimanere a pochi passi dal manierismo e l'effetto è quello di un commento ironico su ciò che immediatamente precede e ciò che seguirà.
Bernstein, nello Scherzo, non sa resistere a deliri ed esagerazioni che questa musica non può sopportare: cerca di farla troppo mondana e il risultato è affettazione.
Quello di Chailly è un approccio romantico, ma non tale da portarlo a manierismo, né ad auto-indulgenza.
Con Boulez, nel progredire del primo movimento si ha una reale sensazione che ogni suono venga nuovamente vagliato e affinato, ma mai a spese di lirismo ed espressione naturale.
Solti ci propina solo ciò che sta in superficie, null'altro.
Tilson-Thomas è ammirevole per come capisce quando essere serio e quando no.
Muti vede il secondo movimento solo come un piacevole insieme di danze. Forse lui qui è troppo poco raffinato per scavare sotto la crosta.

Se lo dice lui… Ma poi siamo sicuri che quelle incisioni non siano state editate in qualche modo, prima di uscire in CD? Comunque, dovendo proprio scegliere a chi dei citati interpreti Storgårds si sia avvicinato di più, io direi a Tilson-Thomas (smile!) A parte gli scherzi, il nordico Direttore mi è parso piuttosto rilassato nei tempi, salvo poi prendere brusche quanto eccessive accelerazioni in qualche momento topico (ad esempio le conclusioni dei movimenti, terzo escluso). Non sempre perfetto il bilanciamento del suono, con linee secondarie (degli ottoni, per lo più) venute troppo spesso, e a sproposito, in primo piano.


Insomma, una lettura piuttosto anonima e non accuratissima, mi è parso (ma forse, chissà, è l'effetto-sazietà della 50a audizione); peccato perché invece l'orchestra ha suonato splendidamente, meritandosi un gran trionfo.


Orchestra che adesso si prepara alla Pasqua (che sarà all'insegna di Bach) con un'Apocalisse fuori programma e fuori sede.
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