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Niente paura: non si tratta di un'azione di commando anti-lega. Ma di un concerto straordinario a scopo benefico de laVerdi che ieri, nel Duomo di Monza e sotto la bacchetta dell'autore, ha eseguito l'oratorio Apokàlypsis di Marcello Panni. Opera presentata per la prima volta a Spoleto per il Festival del 2009. Qui il prezioso video-RAI di quella serata.
Stessi interpreti principali – voci recitanti - anche ieri: Andrea Giordana e Sonia Bergamasco. Orchestra priva di archi, ma arricchita di assai insolite percussioni. Oltre al Coro di Erina Gambarini, le voci bianche (rossocrociate!) di Brunella Clerici e i quattro solisti Carola Gay, Giuliana Scaccabarozzi, Massimiliano Tarli e Marco Calabrese.
Immancabile e preziosa la presenza del Cardinale-musicologo Gianfranco Ravasi (la musica non descrive, evoca: davvero da incorniciare!) selezionatore dei testi giovannei, ad introdurre le due parti dell'Oratorio. Che tende a cogliere, dell'apocalittica visione del mondo di un cristiano del primo secolo - perseguitato come tutti i cristiani da Domiziano e internato a Patmos - gli aspetti positivi, e specialmente il messaggio di speranza che vi è – magari un po' cripticamente – contenuto. Visione e messaggio perfettamente appropriati anche per questo nostro mondo di inizio di terzo millennio, che per molti versi sembra ben avviato a riprodurre alcuni fenomeni che caratterizzarono quello di 2000 anni or sono (della serie: la storia non insegna proprio nulla, smile!)
Le due parti dell'Oratorio sono suddivise in sette quadri (4+3) per una durata totale di meno di un'ora. La prima parte contiene un quadro introduttivo, in cui Giovanni – al secolo Andrea Giordana – presenta se stesso per presentarci la sua visione; sono flauti e clarinetti a dettare una specie di motto (un motivo che parte dal RE# per scendere, quasi cadendo, sul SI naturale, e di qui in una specie di baratro rappresentato dal sordo rutto della tuba). Preceduto dai tromboni bassi, che contrappuntano il motto con una sorta di corale in SOL, entrano le voci bianche a supportare il grido di Giovanni che annuncia la gloria di Cristo.
Ora Giovanni narra della voce di tromba che a Patmos lo ha chiamato e invitato a scrivere la sua testimonianza: e i quattro solisti contrappuntano sinistramente le parole dell'Apostolo, invitato a scrivere il suo Libro, da inviare alle sette Chiese dell'Asia Minore.
Qui inizia la sequenza dei settenari: per prime le sette lettere. L'opera accenna a due di esse, la prima ad Efeso, alla cui lettura segue nel coro e negli ottoni un pesante pedale di DO. L'ultima lettera riguarda Laodicea, la tiepida (ti vomiterò dalla mia bocca!) anche qui sostenuta da coro e ottoni, oltre alle percussioni, con una cupa melodia che spazia da DO a FA, chiudendo a REb.
Si passa poi al terzo quadro: i sette sigilli del libro della Vita. Introdotto da un martellante ritmo di percussioni, risentiamo il motto iniziale (RE#-SI) che accompagna la sfida dell'Angelo a chi saprà infrangere i sigilli. Ed ecco che, sull'annuncio dell'impresa – compiuta dal leone di Giuda - l'incipit del motto sale di tre semitoni, al FA#.
All'arrivo dell'Agnello che aprirà i sigilli i cori cantano in suo onore l'inno nuovo, in un diatonico LA maggiore. Subito dopo, le voci bianche, che rappresentano gli Angeli, accompagnate qui dalla cornamusa, e poi tutti i cori intonano la seconda parte dell'inno, in un solare SOL maggiore!
Spezzati i sigilli, la macchina del tuono (l'agitazione di una semplice lamiera appesa ad un trespolo) e le due ruote giganti accompagnano la liberazione dei quattro cavalli (bianco-potere, rosso-guerra, nero-fame, verdastro-morte) che imperversano come flagelli dell'Umanità.
E infine – alla rottura del settimo sigillo - ecco un corno naturale (LA-RE) rappresentare le sette trombe che annunciano cataclismi (invero… apocalittici). Il terzo dei quali è la stella Assenzio che cade sulla terra e inquina e avvelena le acque del pianeta e i suoi abitanti.
Ma da ultima, la settima tromba annuncia il regno di Dio; e qui fa il suo teatrale ingresso Sonia Bergamasco, che attraversa parte della navata per raggiungere la sua postazione. Narra l'apparizione della donna incinta minacciata dal drago dalle sette teste, il satana che viene poi precipitato sulla terra dagli angeli di Michele. E la gioia per la vittoria di Cristo è intonata da una delle soliste, ancora con accompagnamento di cornamusa e ottavino, su una leggera melodia in RE maggiore, che chiude la prima parte dell'Oratorio.
Dopo la ricomparsa di Monsignor Ravasi per introdurla appropriatamente, ecco la seconda parte. Che inizia con una quarta materializzazione del fatidico numero sette: le sette coppe dell'ira divina. Riudiamo qui il motto iniziale (RE#-SI) che fa da pedale al racconto dei due recitanti, contrappuntato dagli ottoni e dal coro con linee melodiche indipendenti, a creare via via consonanze e dissonanze, mentre un ostinato martellare di tamburo prepara l'arrivo dei sette flagelli, ancora sostenuto dalle percussioni, macchina del tuono inclusa. Il quadro si chiude sul lugubre suono dei gong.
Il sesto quadro presenta la condanna e la caduta di Babilonia. La fine della città, grande quanto degradata (si tratta in realtà di Roma…) è qui simbolizzata da un motivo in RE, cantato dal coro su versi in lingue diverse, caratterizzato da un ritmo che pare un misto di samba e reggae, quasi a sbeffeggiare la fallace ed effimera potenza della città - che ridendo e scherzando andava incontro alla propria catastrofe - ora colpita dalla punizione divina. Alcuni schianti, in FA, dei corni sottolineano la disperazione di coloro che con Babilonia avevano fornicato ed ora la vedono ridotta in cenere. Una campana riprende quel FA e introduce l'ultimo quadro: la nuova Gerusalemme, la speranza che pare qui agitarsi languidamente nella melopea del clarinetto, che chiude l'Oratorio.
Ecco un'opera che mostra come ancor oggi si possa fare della musica, e del teatro anche, di alto livello e di seri contenuti. Meriterebbe di certo più pubblicità ed esecuzioni. Complimenti quindi a tutti coloro che ce l'hanno fatta conoscere ed apprezzare dal vivo.
Per quanto riguarda laVerdi, per Pasqua torna Bach con una grande Passione.
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