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11 febbraio, 2020

Inbal e Bruckner alla Scala


Ieri sera il venerabile Eliahu Inbal (ne fa 84 domenica prossima!) si è cimentato per la seconda volta nella settimana con la Quinta di Bruckner, in un concerto della Stagione sinfonica.

Ormai è troppo tardi. Potrò solo accumulare debiti su debiti e finirò per poter gustare i frutti del mio lavoro solo in prigione, ruminando soprattutto sulla stoltezza della mia decisione di trasferirmi a Vienna. Sono stato privato di almeno 1.000 fiorini all’anno, e in cambio non ho ricevuto nulla, nemmeno uno stipendio. Non riesco neanche a far copiare la mia Quarta Sinfonia. 

Si stenta a credere che un uomo ridotto in tale stato di prostrazione, poche ore dopo aver scritto quella disperata confessione si sia messo a comporre l'Adagio della Quinta Sinfonia! Era il 13 febbraio 1875 e, due anni dopo, la più mastodontica (con l’Ottava) delle sue opere era compiuta. Per poi restare chiusa in un cassetto dal quale venir riesumata dopo ben 15 anni! Il riesumatore (Schalk) nella sua edizione del 1896 non perse il vizietto di metterci (o toglierci!) del suo, così si è dovuto attendere il ‘900 inoltrato per disporrre, grazie ad Haas e Nowak, di una versione plausibilmente più vicina ai manoscritti originali dell’Autore.

Si usa dire che le Sinfonie di Bruckner siano vere e proprie cattedrali in musica: e questa Quinta sembra proprio la materializzazione del concetto. Qui alcune mie brevi note illustrative scritte in occasione di un concerto de laVerdi.

Chi vuol penetrare alcune meraviglie di quest’opera può farlo attraverso questo video, che contiene una fulminante analisi (una specie di esplorazione attraverso una sonda delle radici della musica...) del colossale quarto movimento della Sinfonia. La cui fuga centrale è degna di stare al confronto delle più alte vette raggiunte dall’arte bachiana!

Ecco come interpretava la Sinfonia il 50enne Inbal:


Molto distante da approcci più pesanti (nel bene e nel male?) di colleghi quali il Celibidache del 1985; o il Thielemann del 2005; o anche il Karajan del 1976. E più vicino all’Abbado del 1995 o al Blomstedt del 2017...     

Devo dire che ancor oggi Inbal conserva la stessa verve di allora, sia nella scelta dei tempi (mai troppo strascicati, nemmeno negli Adagio dove altri si... adagiano - per me - un po’ troppo) che lui deve avere a livello di orologio interno; e nella sobrietà delle dinamiche, sempre controllate e mai debordanti, volte ad ottenere sempre la massima trasparenza del suono, evitando le trappole dei pieni che spesso si trasformano in blob magmatici e informi. Insomma, la sua è una direzione che ci restituisce il meglio di questo Bruckner complesso e difficile.

Pubblico (ahinoi) non oceanico, ma prodigo di applausi per strumentisti e Direttore. Il quale, dopo aver dato il giusto riconoscimento ad ogni prima parte e sezione dell’orchestra, alla terza chiamata, con grande sobrietà, si è portato via tutti. Venerdi 14 terza ed ultima serata, chi può non se la lasci scappare!

2 commenti:

m ha detto...

Grazie per la recensione. Per la verità le volte che ho sentito Inbal mi è sempre parso che ci desse dentro parecchio col volume.
Ahimè, ho un biglietto per la replica di venerdì ma non potrò andarci a causa di un maledettissimo impegno di lavoro. Lo regalerei volentieri a un appassionato. Se conosci qualcuno...

daland ha detto...

@ m
Grazie per il commento. Certo, Inbal non ha fatto sconti sui decibel nemmeno ieri, ma evidentemente sa come far eseguire anche i passaggi in fff senza straripare in volgare bandismo.
Così sui due piedi non saprei come trovare un acquirente per il tuo biglietto... puoi sperare in qualche altro visitatore del blog che legga il tuo commento.
Grazie ancora, a presto!