In una Rimini ancora immune dal
grande contro-esodo (spiagge e alberghi tuttora in assetto
quasi-ferragostano... vuoi vedere che il PIL sta crescendo?) ha aperto ieri i
battenti – in una sala di 1500 posti del Palacongressi piacevolmente gremita di
pubblico - la stagione concertistica della 67a Sagra Musicale Malatestiana, ospiti (per un ritorno a tre anni di distanza) la prestigiosa Rotterdam
Philharmonic, guidata dal suo Direttore Yannick Nézet-Séguin, e la premiata
coppia Renaud&Gautier Capuçon.
Essendo giornata di lutto nazionale, a Orchestra accordata e Direttore sul podio viene osservato un minuto di
silenzio in memoria delle vittime del terremoto che ancora sta sconvolgendo
zone d’Italia non troppo lontane da qui.
Il concerto è aperto da un’autentica primizia: l’Ouverture di un’opera semi-sconosciuta e rarissimamente
rappresentata di Josephus Haydn, L’isola
disabitata (libretto del Metastasio)
composta sul modello di Gluck
(recitativi sempre accompagnati). Una specie di variante molto, molto semplificata
ed edulcorata del mozartiano Ratto,
con il quale ha in comune la presenza di due coppie che sono protagoniste del quartetto che chiude l’opera con un
classico lieto fine.
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L’Ouverture (qui eseguita dal venerabile Harnoncourt con i suoi del Concentus) si apre in SOL minore con
un’introduzione di 22 battute in tempo Largo
di 3/4 e ambientazione cupa; introduzione che chiude adagiandosi sulla
dominante RE. Segue (1’33”) un Vivace assai (4/4, sempre SOL minore) dove viene esposto il tema
principale. Dopo un breve ponte ecco che, alla battuta 47 (2’05”) il tema viene
riproposto, variato e sviluppato, nella tonalità relativa di SIb maggiore,
sulla quale entra poi - a battuta 76 (2’41”) - un controsoggetto, sempre
in SIb, di sapore più elegiaco. A battuta 95 (3’13) sempre in SIb,
udiamo una nuova variante del tema, che dopo un ulteriore sviluppo torna al SOL
minore d’impianto che prepara (battuta 132, 4’00”) la ricomparsa del tema
nella sua forma originaria, tema che viene ulteriormente sviluppato e sfocia in
una cadenza sulla dominante RE. Essa prelude all’attacco in 3/4 di un Allegretto in SOL maggiore, che si
configura come un Trio in due sezioni
(entrambe ripetute): la prima (battuta 165, 4’44”) e la seconda
(battuta 176, 5’15”) più lunga. Il trio si chiude da battuta 197 (6’27”)
con una coda che porta (battuta 214, 7’05”) alla ripresa del Vivace assai (4/4) con il tema in SOL
minore, che chiude rapidamente l’Ouverture.
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Pregevole l’esecuzione dei
filarmonici olandesi, schierati qui in organico ridotto di fiati (1 flauto, 2
oboi, 1 fagotto, 2 corni) e invece con ampia sezione di archi, che
l’imparruccato Haydn certo non aveva a disposizione quel lontano giovedì 6
dicembre 1779, quando l’opera andò per la prima volta in scena in occasione
dell’onomastico del suo “patron” Nicholaus
Esterházy.
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Ecco poi il Doppio
Concerto di Brahms, interpretato dai due Capuçon: Renaud al violino e Gautier al cello (fra i due corrono meno di 6 anni, e
il primo ne ha poco più di 40). I due si sono presentati in abbigliamento da
perfetti... baristi (smile!):
oltretutto nessuno direbbe mai che siano fratelli, tanto diversi sono i loro
aspetti esteriori.
Però, accipicchia, hanno dato gran prova di sè, in questo concerto
difficile e ostico per chi lo ascolta e ancor più – immagino - per chi lo esegue.
Da incorniciare, in particolare, l’Andante
centrale, dove i due solisti sono in grande evidenza e dove i due fratelli
hanno saputo cavar fuori dai loro strumenti pregevoli sonorità, sempre ben
spalleggiati dall’Orchestra, che il Direttore guida con gesto forse un po’
troppo plateale, ma evidentemente efficace.
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Chiusura magniloquente con
la tardo-romantica Seconda Sinfonia
di quel gran consumatore di alcool che rispondeva al nome di Jan (Jean) Sibelius. Ispirata dalla natura di Rapallo (evidentemente quel mare fa bene alla fantasia dei
musicisti, visto il precedente di Wagner che a Lerici inventò il Preludio del Rheingold) è, con la Quinta, la più
eseguita del finnico. Sul suo contenuto ho già espresso un personalissimo
parere non proprio... edificante in occasione di una sua precedente proposta de laVERDI con Marshall.
I Rotterdamer e Nézet-Séguin fanno di tutto per farcene apprezzare anche il lato
poco... apprezzabile, così ne è uscita un’esecuzione vibrante, carica di
chiaroscuri e di contrasti, dove i fiati in particolare (tutti eccezionali poi
gli ottoni: corni, trombe, tromboni, tuba) hanno recitato la parte del leone.
Ripetute chiamate finchè il
Direttore mima una bevuta con successiva dormita per convincere il pubblico che
si è fatto tardi ed è ora di rincasare. Quindi, niente bis, ecco.