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06 marzo, 2015

Orchestraverdi 14-15 – Concerto n° 24


Ancora e solo Mozart nel concerto N°24 della staglione de laVERDI. Avendola data buca la direttora Xian, ecco il 48enne finnico Olli Mustonen che al suo ritorno in Auditorium dopo qualche anno si sdoppia fra podio e tastiera.

Il festival del RE maggiore, questo il sottotitolo del concerto, dato che tutti e 4 i brani sono scritti in questa tonalità prediletta da Mozart. Brani invece tutti diversi quanto a genere, insomma una specie di campionario della produzione strumentale del Teofilo.

Apre il Divertimento K136, che insieme ai successivi due (in SIb e FA) venne composto dal Mozart 16enne a Salisburgo, pochi mesi prima della trasferta milanese per il Lucio Silla. Le tre composizioni vengono anche denominate Sinfonie di Salisburgo, avendo una struttura non dissimile da quella delle sinfonie settecentesche di stile italiano per soli archi. laVERDI schiera un organico non proprio striminzito (lo stesso, fiati esclusi, con cui suonerà il successivo concerto) ma riesce comunque a dare del brano una resa proprio cameristica, come si addice a questi pezzi che spesso, ai tempi, erano eseguiti da un semplice quartetto, o anche meno…
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Il Concerto K537 è impropriamente detto dell’Incoronazione, dato che fu suonato da Mozart a Francoforte in occasione dell’ascesa di Leopoldo II a Imperatore (settembre 1790): ma in realtà a quel tempo il concerto aveva più di due anni di età ed era già stato eseguito dall’autore a Dresda. Peraltro nel manoscritto originale rimasero mancanti diversi righi della parte solistica (soprattutto della mano sinistra) il che ha poi comportato completamenti più o meno pertinenti eseguiti da altre mani.  
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È il penultimo concerto per pianoforte e presenta le sue belle novità in fatto di struttura, soprattutto nell’Allegro iniziale, dove ancora una volta la forma-sonata viene da Mozart interpretata con grandissima libertà. Nella prima esposizione orchestrale udiamo ben tre temi, tutti in RE, più le relative transizioni; il solista entra riesponendo il primo tema, ma poi se ne inventa un quarto, sempre in RE e poco dopo pure un quinto, questa volta finalmente nella dominante LA. Sulla quale ripropone poi il secondo tema, ripreso subito anche dall’orchestra e quindi ampiamente sviluppato dal solista. Una transizione orchestrale chiude l’esposizione, sempre sulla dominante.

Lo sviluppo è anch’esso del tutto anomalo, rispetto ai canoni, poiché è condotto quasi esclusivamente dal solista che mette in mostra il suo virtuosismo con una serie di veloci volate di semicrome. La ripresa sembra riportare ordine, con il primo tema riproposto in RE maggiore, ma il solista, dopo averlo abbellito, ecco che ci fa riudire il quinto tema, ora ricondotto alla tonalità di casa; poi passa al secondo tema e quindi al terzo, tutti in RE, prima di inoltrarsi in una transizione che prepara la cadenza. Della quale non esistono versioni autografe, e quindi ogni solista si può inventare la sua, oppure… adottare pigramente quella di altri colleghi. Sette battute chiudono poi il movimento.

Con il Larghetto in LA maggiore si torna alla mirabile consuetudine di Mozart: due gruppi tematici (A-A’ e B-B’) si susseguono con lo schema A-B-A. Fra essi una transizione che chiude anche il movimento, un vero gioiellino di grazia e serenità.

Il conclusivo Allegretto è un Rondò ancora una volta assai elaborato: la struttura è del tipo A-B+C-A-B+C-A più transizioni e code. Come si può notare, alle tre macro-ricorrenze del tema principale si interpongono due sezioni costituite in realtà da due temi ben distinti, B e C). La tonalità di base è RE maggiore, su cui verrà sempre esposto il tema principale A. Il tema B è inizialmente pure in RE. C inizia in LA minore in orchestra ed è ripreso in LA maggiore dal solista. Il ritorno di B è in SIb maggiore, poi SOL minore, quello di C in RE minore in orchestra, ripreso poi in RE maggiore dal solista. Insomma, anche qui non mancano… varietà e inventiva, che danno lustro a questa penultima (purtroppo!) fatica mozartiana nel campo del concerto solistico.
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Mustonen fa piazzare il pianoforte in obliquo, così da poter vedere gli orchestrali senza dar del tutto le terga al pubblico quando suona: una soluzione apprezzabile. Il concerto è di quelli che lasciano al solista – come detto - la mano sinistra inoperosa spesso e volentieri, così che lui la possa impiegare per dirigere anche mentre suona, oppure, nella fattispecie, per girare le pagine dello spartito che si è tenuto sul leggìo. In ogni caso la sua è un’esecuzione pulita e rigorosa, forse – ma lui è finlandese (smile!) un filino… fredda. Il pubblico lo gratifica di applausi e chiamate, ricambiate da un bis.    
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Ecco poi la Pauken-Serenade K239, brano che laVERDI aveva già eseguito circa 3 anni orsono con Flor e sulla quale avevo scritto qualche nota in tale occasione.     

Trattandosi di musica da intrattenimento, merita una visita questa impertinente esecuzione di Gidon Kremer con i suoi kremerati baltici registrata 13 anni orsono alla Mozartwoche: piena di inaspettati intermezzi e poi seguita, come bis, da una parodia della K525, mischiata ad altri ingredienti e chiusa da… Londonderry air!

Tornando a bomba, è stata invece splendida la prestazione dei quattro moschettieri de laVERDI: i violini di Santaniello e Viganò (che finalmente si è potuta permettere un lungo dal colore shocking, invece del solito nero…) la viola di Mugnai e il contrabbasso di Mersini che nel conclusivo Rondò hanno sfoderato cadenze singole e di gruppo apprezzatissime dal pubblico (niente assolo invece per il timpano della brava Mologni).
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Chiude questa scorpacciata mozartiana la Sinfonia di Praga K504. Anche questa è da tempo nel repertorio dell’orchestra, che la suona quasi a memoria.

Che dire infine del Mustonen direttore? Lui dirige con flemma olimpica, scandendo quasi solo le battute intere, lasciando ai ragazzi di suonare come sanno e dando gli attacchi con svolazzi della mano; ogni tanto si permette scatti felini e qualche saltello sul podio, sempre per non apparire troppo… finlandese. Per il resto, il suo è un Mozart genuino, settecentesco, dove gli unici forte sono quelli dei timpani.

Successo pieno in un Auditorium ancora ben affollato, buon segno.

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