Ancora un
concerto di Mozart è posto in
apertura del programma settimanale de laVERDI, diretto da Marius Stravinskij (o
Stravinskas) 35enne kazako trapiantato in Albione, che sostituisce all’ultimo
momento l’indisposto ibero-crucco Pedro Halffter
Caro.
Il Concerto di Mozart (il 23°, K488) vede alla tastiera la ex-bambina-prodigio, oggi graziosa 27enne, Lise de
la Salle. Proviamo a
seguirlo in questa registrazione fatta in studio da Horowitz
con l’orchestra della Scala guidata da Giulini
nel 1988.
___
A
dispetto dell’apparente leggerezza e semplicità, il concerto ha una struttura
assai articolata che presenta non poche innovazioni. Il primo movimento è un Allegro in LA maggiore, in forma sonata.
È la
sola orchestra a presentare la prima delle due esposizioni. Il primo tema
è suonato dapprima dagli archi e poi (15”) da tutti i fiati (l’organico
prevede flauto, clarinetti, fagotti e corni, niente oboi né trombe) che ne
variano la chiusura. A 30” segue una transizione in cui la
tonalità svaria a RE minore, MI minore per poi approdare a MI maggiore. Questa
sarebbe (e sarà…) la tonalità del secondo
tema. Ma qui (51”) esso viene presentato ancora nella tonalità principale (LA
maggiore) prima dai soli archi, poi (1’06”) anche dal resto
dell’orchestra. A 1’18 abbiamo la chiusura della prima esposizione, con motivi
che passano dal RE minore a maggiore, poi LA maggiore, quindi la relativa FA#
minore e quindi ancora a LA maggiore, finchè (1’47”) una
codetta conclude questa sezione.
A 1’55”
ecco entrare il solista per la seconda
esposizione: il primo tema viene presentato due volte, poi ecco (2’20”)
la transizione iniziata dall’orchestra e ripresa dal solista con grandi volate
di semicrome, fino ad arrivare all’esposizione nel pianoforte del secondo tema
(2’49”)
ora nella canonica dominante di MI
maggiore. Il tema è ripreso (3’03”) dall’orchestra, poi (3’16”)
è ancora il pianoforte a condurre le danze con grandi virtuosismi, finchè (3’55”)
l’orchestra gli subentra con poche battute di transizione che portano
inaspettatamente ad una sospensione (4’05”) che in pratica costituisce il
confine tra l’esposizione e lo sviluppo.
Il
quale (4’07”) mantenendosi inizialmente sulla tonalità di MI maggiore,
invece che sviluppare i due temi dell’esposizione – e questa è davvero una
genialata di Mozart, che sembra farsi baffo delle sacre convenzioni - si fonda
su di un nuovo tema esposto dai
violini e poi abbellito (4’17”) dal pianoforte. Manipolazioni
di questo tema, in continuo colloquio fra solista e orchestra, ci portano (4’30”)
a MI minore, poi (4’36”) a DO maggiore, quindi (4’43”) a LA minore,
ancora (4’46”) a FA maggiore e da qui (4’50”) a RE minore!
Ma
non è finita: clarinetto e flauto, percorrendo a canone il circolo delle quinte
(RE-SOL-DO-FA/SI-MI-LA) sulle insistenti semicrome del pianoforte, ci riportano
(5’07”)
a LA minore dove il terzo tema viene nuovamente elaborato fino ad una specie di
cadenza (5’24”) che conduce poi al MI maggiore per la conclusione dello
sviluppo.
A 5’40”
ecco la ricapitolazione, con il primo
tema, poi (6’05”) la transizione che il solista ancora impreziosisce di
grande virtuosismo, prima di attaccare (6’31”) il secondo tema, adagiatosi
alla tonica LA in pieno rispetto delle convenzioni. Tema ripreso (6’46”)
dall’orchestra e poi (7’03”) dal solista che ne propone la
chiusura sfociante (7’28”) nella coda,
aperta dal terzo tema che il solista sviluppa da par suo, chiudendolo con
tremolo sul quale (8’06”) si apre una codetta
costituita dal motivo di transizione fra i due temi principali.
A 8’17”
torna il terzo tema (finalmente in LA maggiore!) che porta rapidamente alla
fermata (8’31”) per la cadenza
solistica, questa scritta proprio da Mozart (ma il presuntuoso Horowitz qui
suona quella di Busoni!) A 9’45” l’orchestra riprende per
condurre a termine il movimento richiamando la chiusa della prima esposizione.
(Anche le cinque battute finali suonate da Horowitz non sono di Mozart, ma di
Busoni, uno dei tanti che pensavano di dare valore
aggiunto al Teofilo…)
Il
centrale Adagio è nella tonalità relativa di LA, FA# minore, tempo 6/8 di
siciliana. Il solista (10’19”)
lo apre con la prima parte del primo tema,
cui segue (10’33”) la sua seconda porzione. A 11’00” sono clarinetti e
violini, poi fagotto e quindi flauto, ad esporre il secondo tema, cui ne segue un terzo
(11’25”)
nel pianoforte.
A 12’15”
ecco il flauto sostenuto dai clarinetti aprire la sezione centrale del
movimento, esponendo un nuovo tema in
LA maggiore, ripreso dal solista a 12’26”. Una codetta (12’40”)
introdotta dal corno e caratterizzata dalle biscrome del pianoforte chiude questa
sezione.
A 13’09”
una brevissima transizione (2 battute) ci riporta a FA# minore, dove (13’16”)
si apre la ripresa, con il solista che ripropone il primo tema. A 14’12”
il secondo tema viene ripresentato come nella prima esposizione. Il solista (14’39”)
lo riprende variandolo, sullo sfondo degli archi, finchè si arriva ad una coda (15’05”) dove i violini
suonano in sincope, mentre il solista smozzica spezzoni di melodia sulle note discendenti
dei fiati. A 15’34” ancora il secondo tema si ode nel flauto, per tre volte,
contrappuntato dalle note ribattute del pianoforte, fino alla mesta
conclusione.
Il
finale Allegro assai in LA maggiore è
un Rondò in forma sonata, caratterizzato da una gran quantità di motivi,
raggruppabili in almeno sei gruppi tematici o temi principali. Lo apre (16’02”)
il pianoforte che espone il primo motivo del primo gruppo tematico (T1) subito
ribadito (16’09”) dall’orchestra. Un secondo motivo (da 16’16”) poi una transizione (16’38”) chiudono il primo
gruppo tematico.
A 16’58”
il solista entra con il secondo soggetto tematico (la seconda sezione del
Rondò) sempre in LA maggiore, esponendone il tema (T2) imitato (17’06”)
dai fiati. Il solista riprende il sopravvento, elaborando sapientemente il tema
fino a 17’40”, dove porta la tonalità alla dominante MI.
Qui si
apre una seconda parte dell’esposizione, con un primo tema (T3) che alterna
maggiore e minore che è attaccato dall’orchestra e ripreso dal solista che poi
(18’00”)
lo sviluppa ulteriormente fino a 18’41”. Qui entra un nuovo tema (T4)
sempre guidato dal solista, in MI maggiore, con i fiati a dialogare.
A 19’06”
riecco il tema ricorrente del Rondò (T1) riesposto dal solista in LA maggiore e
subito (19’12”) ripreso dall’orchestra. A 19’30” si può far
iniziare lo sviluppo del movimento
(forma sonata) e quello di un nuovo
episodio (Rondò) con la presentazione di due nuovi temi, che non
ricompariranno più nel seguito: il primo (T5), in tonalità bruscamente mutata a
FA# minore, è sempre esposto dal solista, spalleggiato poi (19’38”)
dai fiati. Il secondo (T6, a 20’00”) è in RE maggiore e viene
esposto dal clarinetto e poi ripreso (20’07”) dal pianoforte e portato
avanti in colloquio fra orchestra e solista fino a 20’44”, dove si torna a
LA maggiore e dove possiamo posizionare la conclusione dello sviluppo (forma sonata) e l’inizio della
ricapitolazione.
Rientra
infatti la sezione principale del Rondò, ma con il secondo motivo del primo
soggetto (T1) dell’esposizione e poi (21’01”) con il secondo tema (T2) esposto
dai fiati in maggiore, quindi (21’07”) dal solista in minore ed
ancora (come nell’esposizione) sviluppato e completato (da 21’31”). Il tema T4 si
ripresenta (22’14”) in LA maggiore nel pianoforte, virando poi a MI
maggiore.
A 22’40”
inizia la Coda (forma sonata ) e l’ultimo ritorno della sezione principale del
Rondò, sul tema T1, esposto ora nelle su due componenti, la prima dal solista,
ripresa dall’orchestra che poi (da 22’54”) esegue anche la seconda,
raggiunta dal solista. A 23’15” ecco il tema T4, stavolta in
RE maggiore, poi torna (23’29”) la transizione già udita
nell’esposizione e quindi (23’39”) l’orchestra avvia la
definitiva conclusione del brano.
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Come si
vede, un’autentica, pur piccola, cattedrale in musica! Che la biondissima Lise
ci ha proposto con una tecnica che nulla ha da invidiare a Horowitz (anzi!) ed
una sensibilità interpretativa davvero sorprendente. Meritatissimo il trionfo
riservatole da un pubblico foltissimo, che lei ha ricambiato con… Bach.
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Poi abbiamo
avuto il piatto forte (o piuttosto una mappazza?) della serata: la Tannhäuser-suite
messa insieme proprio dal direttore che ha dato forfait! Il quale ha evidentemente inteso imitare il compianto Lorin Maazel, di cui ascoltammo meno di
un anno fa dalla sua allieva Xian il Ring
senza parole.
In pratica
è un poema sinfonico in tre movimenti, corrispondenti ai tre atti dell’opera,
che riassumono le principali parti orchestrali e corali e poche melodie. Il
pezzo forte della serata è stato un duetto (!) Quello fra il violoncello di Tobia Scarpolini e l’arpa di Elena Piva nella famosa Abendstern.
Che dire di
Stravinskij? Lui si è
presentato e ha diretto con l’aplombe
di un professional della city: insomma, abito e gesto da consultant. Per essere arrivato quasi all’ultimo
momento non si può che elogiarlo.
Ma gli elogi più ampi vanno a laVERDI che, dopo Ring e Tannhäuser, ormai è pronta anche per… Bayreuth!
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