C’è del
Mozart anche nel concerto di questa settimana diretto da
Fawzi Haimor, 31enne americano di
ascendenza mediorientale. È un Mozart messo in sandwich fra le due opere che
stanno alle estremità della produzione di Sergei
Prokofiev. Dico subito che la proposta (credo proprio a causa di Prokofiev)
non deve aver entusiasmato il pubblico, ieri sera piuttosto smagrito.
Ad aprire
il concerto è la Sinfonietta che il compositore russo (allora 18enne) scrisse
nel 1909, come opus 5 e poi rimaneggiò
più di una volta, pubblicandone la versione definitiva 20 anni più tardi, come opus 5/48. A chiuderlo è la Settima
Sinfonia, opus 131, in
pratica l’ultima composizione completata da Prokofiev (1952) un anno prima di
lasciare improvvisamente questa valle di lacrime in buona compagnia di
tale Stalin (che aveva però 13 anni
più di lui).
Dunque, la Sinfonietta.
Un lavoro che mostra già una grande maturità, oltre che la volontà di innovare
rispetto alla tradizione: non è un caso che gli insegnanti di Prokofief al Conservatorio
avessero storto il naso di fronte ad una musica che usciva parecchio dai binari
di Ciajkovski, come da quelli del gruppo dei cinque. Peccato che questi
insegnanti fossero morti e sepolti nel 1947, poiché si sarebbero proprio
ricreduti, ascoltando la quinta, e si
sarebbero poi esaltati nel 1952 all’ascolto della settima!
Haimor deve avere
un suo clock interno molto
particolare: i suoi tempi sono mediamente letargici, e ciò nuoce gravemente alla salute di opere come questa, che
meriterebbero di essere eseguite con brio, freschezza e velocità. Al contrario,
dirette da lui fanno… addormentare. Peccato, perché i ragazzi si sono impegnati
al massimo, come sempre.
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Gabriele Carcano
interpreta poi il Concerto K 491 di Mozart. Concerto in DO minore, proprio come il Terzo
beethoveniano (che a quello di ispirò) e che il giovane torinese aveva suonato (benissimo)
qui in Auditorium meno di un anno fa con Bignamini.
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L’iniziale
Allegro in 3/4 è ovviamente in forma-sonata, che Mozart interpreta però
con la consueta… libertà: ci sono l’esposizione strumentale, quella del
solista, lo sviluppo e la ricapitolazione, ma in uno scenario lontanissimo
dallo stereotipo scolastico. I temi e la loro manipolazione sembrano sfuggire
da tutte le parti alle regole codificate, che anche qui il grande Teofilo pare
divertirsi a sovvertire, o a piegare alle sue urgenze espressive.
13” Esposizione orchestrale in piano (archi e fagotti) del primo tema (T1).
29” Ripetizione enfatica (forte, piena orchestra, timpani) di T1.
48” Una prima transizione, basata su una variante del
tema.
58” Una seconda transizione, attivata dall’oboe, pure
basata su una nuova variante del tema.
1’10” Sezione conclusiva della prima esposizione del
primo tema, aperta dal flauto, sempre in DO minore e poi proseguita dal
clarinetto in MIb maggiore e chiusa dagli altri legni sul DO minore.
1’35” Ritorno del tema T1 a piena orchestra.
1’50” Sezione conclusiva dell’esposizione orchestrale,
costituita da un motivo in LAb maggiore nei violini.
2’13” Ritorno a DO minore e chiusura dell’esposizione
orchestrale (con cadenza su sesta
napoletana).
2’27”
Entrata del solista con l’esposizione di un nuovo
tema (T2) sempre in DO minore.
2’53”
L’orchestra ripropone T1, forte.
3’01”
Il solista riprende T1, variato e poi sviluppato
con scale ascendenti e discendenti di semicrome.
3’30”
Ecco ora un nuovo tema nel pianoforte (T3) nella
relativa MIb maggiore.
3’41”
T3 è ripreso dall’oboe e dal clarinetto.
3’51”
Il solista apre ora una nuova transizione (DO
minore) ricca di virtuosismi.
4’34”
L’oboe presenta un nuovo motivo (T4) ancora in MIb
maggiore.
4’48”
Il solista lo riprende, variandolo.
5’00”
Inizia ora in MIb minore (con divagazioni nella
relativa SOLb maggiore) una lunga transizione verso la chiusura
dell’esposizione, basata sempre sul tema T1 e con veloci volate di semicrome
del solista.
5’25”
il solista torna a MIb maggiore, dove si esibisce
in altri virtuosismi, culminanti in un arpeggio dei corni.
5’54”
Un nuovo motivo in oboi, clarinetti e violini
(sempre in MIb) porta alla chiusura dell’esposizione.
6’17”
Il solista introduce lo sviluppo con la riproposizione del tema T2, innalzato di una terza
minore (MIb).
6’46”
Torna poi T1, anch’esso innalzato, ma di una quarta:
Fa minore (!)
7’20”
Nuova sezione dello sviluppo, caratterizzata da botta-e-risposta
fra solista e orchestra e svariante in diverse tonalità.
7’40”
Nuova sezione dello sviluppo, in MIb.
7’49”
Ultima sezione dello sviluppo, con virtuosismi del
solista, che riporta la tonalità a DO minore.
7’58”
Inizia qui
la ricapitolazione, con il tema T1, forte, nell’orchestra, poi ripreso, piano, dal solista.
8’36”
L’oboe ripropone T4, ora in DO minore, tema ripreso
con virtuosismi dal pianoforte.
9’00”
Tocca ora al tema T3 essere esposto in DO minore
dal pianoforte, poi imitato dall’oboe.
9’21”
Lunga transizione, mutuata da quella dell’esposizione.
10’17”
Riecco T1 nell’orchestra condurre verso la cadenza solistica.
10’37”
Cadenza (Mozart come quasi sempre non ne ha
lasciata una autografa).
12’04”
Inizio della sezione conclusiva, mutuata da quella
dell’esposizione.
12’33”
Il solista accompagna con arpeggi la coda finale, chiusa in pianissimo.
Il
centrale Larghetto è in MIb maggiore,
4/4 alla breve: si tratta di una romanza in forma di rondò relativamente
semplice (A-B-A’-C-A). I temi o motivi sono sei, due per ciascuna sezione
(A-B-C).
13’08”
È il solista ad esporre il tema T1 per quattro
battute, subito imitato dall’orchestra.
13’45”
Ancora il solista, accompagnato dai soli archi, poi
dai fiati, presenta il secondo motivo T2, che chiude sulla dominante SIb.
14’24”
Sempre il solista ripete il tema T1, intercalato
dai fiati.
14’42”
Si apre qui la sezione B del rondò, che è nella
relativa DO minore: sono i fiati ad esporre il tema T3a.
14’56”
Il solista espone ora il motivo T3b, che chiude in
SOL minore.
15’15”
I fiati tornano a MIb maggiore esponendo per terze
un nuovo motivo T4a, che chiude in DO minore.
15’33”
Il solista risponde con un motivo T4b, chiuso da
una transizione in biscrome che riporta la tonalità a MIb maggiore per la
ripresa della sezione A’ del rondò.
16’09” Riecco quindi il solista nel tema T1, che
esaurisce questa sezione.
16’26” Abbiamo ora la sezione C del rondò, in LAb
maggiore, aperta da un nuovo tema T5a, ancora nei fiati.
16’45” Il solista risponde con il motivo T5b.
17’01” I fiati prendono il testimone esponendo il tema
T6a.
17’18” Il solista ancora incalza con il motivo T6b.
17’35” Qui subentra in orchestra una transizione che,
modulando al MIb, prepara l’arrivo della sezione conclusiva.
17’57” È il pianoforte, solo, ad introdurla con il tema
T1.
18’15” Il solista, ora con gli archi, e poi i fiati,
espone di seguito il tema T2, che sale alla dominante SIb, poi rimodula alla
tonica, fermandosi sulla sottodominante LAb su una corona puntata.
18’54” Il solista riespone con l’orchestra il tema T1.
19’11” Qui iniziano 12 battute di Coda, caratterizzate
dall’esposizione di nuovi motivi, in un’atmosfera davvero idilliaca. Chiude un
arpeggio in staccato del pianoforte.
Il
finale Allegretto (4/4 alla breve,
salvo l’ultima variazione e la coda, 6/8) si configura come un tema con 8 variazioni, più una coda.
La tonalità è DO minore, con digressioni a LAb maggiore e DO maggiore.
20’19”
È l’orchestra ad esporre il tema, costituito da due sezioni ripetute (col da-capo): la prima
chiude sul SOL, la seconda sul DO.
21’12”
Il solista presenta la prima variazione, con modesto accompagnamento degli archi. Anche
questa in due sezioni, entrambe ripetute.
21’58”
I fiati espongono la seconda variazione, raggiunti poi dal pianoforte: la cosa si
ripete, con contenuti diversi, quindi la variazione è doppia.
22’45”
Anche la terza
variazione è doppia: la attacca con pesanti accordi il solista, imitato poi
dall’orchestra. Altro intervento del pianoforte ed altra risposta orchestrale.
23’35”
La quarta
variazione (doppia) è in LAb maggiore, aperta dai clarinetti, cui risponde
il solista con gli archi. Nuovo intervento dei clarinetti e nuova risposta del
pianoforte.
24’25”
Il solista apre la quinta variazione, sempre doppia, col ritorno a DO minore, e ne è
quasi esclusivo protagonista.
25’21”
L’oboe presenta la sesta variazione, pure doppia, che modula a DO maggiore: anche qui
scambio di battute fra solista più orchestra e i fiati.
26’21” Si torna a DO minore per la settima variazione, questa semplice, dove pianoforte e orchestra
sono in continuo dialogo, chiuso da una brevissima cadenza solistica.
26’58” Qui, col tempo che cambia a 6/8, ecco il
pianoforte solo cimentarsi con l’ottava
variazione, intrisa di cromatismi.
27’19” Riprendendo un inciso dell’ultima variazione, il
solista introduce la lunga coda conclusiva,
quasi una nona variazione.
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Carcano ha
confermato tutto ciò che di buono si conosceva di lui: ha affrontato questo
Mozart come un… mozartiano doc, tocco sempre leggero, raffinate mini-cadenze,
niente velleità romanticheggianti fuori luogo; insomma una prestazione, la sua,
davvero eccellente, meritatamente accolta con grandissimo calore.
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Tornando
a Prokofiev, ecco infine la sua Settima (e ultima)
Sinfonia. Un ritorno - difficile dire quanto (ma certamente) condizionato
dal regime, e del resto già anticipato dalle due precedenti sinfonie – a
modelli della tradizione, Ciajkovski in primis, ma non mancano… Bruckner e Mahler.
Una sinfonia chiaramente demodé,
scritta probabilmente per fare un sotterraneo sberleffo ai vari Zdanov, come a
dire: ah, il compositore sovietico dovrebbe sfornare musica come questa? Eccola
qua, vi servo tutta la melassa che mi chiedete. Addirittura arrivò ad
aggiungere 23 battute al finale, per accontentare i critici ufficiali che storcevano
il naso di fronte alla chiusura in piano,
pizzicato (così anni dopo morto si ebbe il premio Stalin di prima classe,
invece che di terza… una bella soddisfazione!)
Haimor non
si smentisce e tiene quasi in continuazione il piede sul pedale del freno, il
che nulla toglie ai meriti dei ragazzi che hanno come sempre dato il massimo. Però
– Carcano a parte – devo ammettere che gli assenti stavolta non hanno avuto tutti
i torti.
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