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11 marzo, 2015

Lucio Silla: liscia, tagliata, o…?

 

L’unica (credo) incisione del Lucio Silla completa in tutte le sue parti è quella diretta nel 1975 a Salzburg da Leopold Hager, che ha una durata netta che supera le tre ore e mezza (sul tubo ne esiste una copia stranamente mancante del finale del second’atto, coro e terzetto). Tutte le altre comportano tagli più o meno corposi: fra queste anche la (ormai) penultima apparizione dell’opera alla Scala, che risaliva a più di 30 anni fa ed era una produzione italo-belga (allestita dalla premiata ditta Chéreau-Peduzzi e concertata da Sylvain Cambreling) che andò in scena nel giugno del 1984. Ne esiste questa registrazione eseguita proprio in Belgio con un cast quasi identico a quello scaligero di allora.

È abbastanza normale (e direi, dati i nostri gusti e l’insipienza del libretto, comprensibile) che vengano più o meno profondamente sacrificati i recitativi secchi, il retaggio del recitar-cantando di buona memoria, dove di musica ce n’è poca, o perlomeno del tipo che noi poco o punto apprezziamo. Quel che è meno accettabile però è che spesso e volentieri si tagli anche la musica vera che, essendo opera di un certo Teofilo, è sempre (salvo prova contraria) di livello eccelso. Se diamo una scorsa al libretto come pubblicato dalla Scala per l’edizione ora in cartellone, si possono facilmente individuare i tagli apportati al testo completo, essendo le parti tagliate comunque pubblicate, con diversa (minore) evidenza rispetto al resto. (Manca invece nel testo citato l’aggiunta del recitativo&aria di Johann Christian Bach, inseriti nel finale per questa produzione.) Come si potrà constatare, oltre ad una montagna di recitativo secco (addirittura intere scene) sono stati cassati: tout-court il personaggio di Aufidio, tenore, quindi nel secondo atto la sua aria (Guerrier, che d’un acciaro); poi sempre in quest’atto, di Celia un’intera aria (Se il labbro timito) e quindi la seconda strofa di un’altra aria (Quando sugl’arsi campi); ancora un’intera aria di Giunia (Parto, m’affretto); nel terz’atto cassata la seconda strofa dell’aria di Cinna (De’ più superbi il core). Insomma, un bel… macello!
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Allora vediamo un po’ in dettaglio i contenuti di quest’opera composta da un ragazzo sedicenne che mostra una maturità straordinaria nello scolpire in musica personaggi e scenari del polpettone di de Gamerra.

Avviciniamoci alla struttura dell’opera cominciando col ricordare che essa è ancora costruita sul modello classico settecentesco metastasiano e pre-gluckiano (dell’opera seria): arie, arie e arie (18 = 5+9+4) intercalate da corposi recitativi secchi. Ma il 16enne Mozart mostra già il suo genio, introducendo innovazioni ardite (per gli anni 1770): diversi recitativi accompagnati (9 = 4+4+1) e alcuni numeri d’insieme (1 duetto, 1 terzetto e 3 cori, uno per atto). In particolare la parte finale del primo atto è un corpus (quasi) continuo di musica, cosa davvero rivoluzionaria per quei tempi e soprattutto per il pubblico italiano.

La struttura (praticamente) codificata delle arie è del tipo col da-capo: A-B-A (o più spesso A-B-A’, dove A’ è una variante accorciata di A). Le sezioni A e B corrispondono alle due strofe in cui il testo si articola, normalmente di 4 versi ciascuna. Dopo un’introduzione orchestrale più o meno lunga - che anticipa motivi dell’aria e/o incisi che l’orchestra stessa impiegherà come cadenze fra una sezione e l’altra o fra una frase e l’altra del canto - la voce presenta, sul tema principale e nella tonalità di impianto, la prima parte della prima strofa (di norma: i primi due versi); poi si modula alla dominante per la seconda parte della prima strofa. Sulla dominante medesima viene riproposta l’intera prima strofa, con melodia sempre più o meno variata rispetto a quella di ingresso. Tornati alla tonica, la prima strofa viene ulteriormente reiterata (una, due, anche tre volte) e sempre variata. A questo punto una cadenza vocale (qui opzionale) termina la sezione A (che, come si può dedurre, è abbastanza estesa) e si passa alla B, dove viene esposta, una sola volta e sulla sottodominante, la seconda strofa. La prima strofa viene ripresa, nella tonalità di impianto, per l’intera sezione A oppure con abbreviazioni (A’). Una cadenza della voce (qui obbligata) precede la chiusa orchestrale.

Una deroga a queste regole è rappresentata da arie in forma-sonata, dove la struttura è sempre A-B-A’, ma i rapporti tonali e l’elaborazione dei motivi apparentano l’aria, appunto, ad un tempo in forma-sonata. Altro tipo di aria che si ritrova nel Silla è quello del tipo durchkomponiert, dove mancano o sono ridottissime le ripetizioni e i diversi temi si susseguono per semplice giustapposizione.   

Ma la grandissima arte di Mozart risiede nel saper - pur nel rispetto di forme codificate e standardizzate - inserire piccole o grandi varianti alle strutture musicali; e non solo per evitare all’ascoltatore un senso di monotonia, ma proprio per adattare le forme alle più diverse situazioni psicologiche e/o ambientali del dramma. Ne abbiamo nel Silla esempi praticamente ad ogni piè sospinto.

Quanto alla distribuzione di pani e pesci, in origine era abbastanza rigorosa: quattro arie per ciascun protagonista principale (Silla, Cecilio, Giunia, Celia) più il duetto e il terzetto per Giunia-Cecilio e il terzetto medesimo per Silla; tre arie per Cinna; un’aria per il comprimario Aufidio; interventi nel coro finale per Cecilio-Giunia e Silla-Cinna. Simmetrica anche la distribuzione negli atti: il primo e il terzo pesano insieme quanto il secondo. Poi all’atto pratico Silla si perdette due delle sue quattro arie per… manifesta incapacità del tenore. 

Overtura
A dispetto del nome, è una vera e propria Sinfonia, sul tipo di quelle (all’italiana) o dei Divertimenti che Mozart aveva composto a Salisburgo proprio nei mesi precedenti alla trasferta milanese per il Silla. È in RE maggiore e ha struttura tripartita.

Molto allegro – è in 4/4 ed ha un embrione di forma-sonata, con l’esposizione dei due temi (il secondo sulla dominante LA) poi uno sviluppo che in realtà è un nuovo tema, e infine la ripresa che ripropone, abbreviata, l’esposizione dei due temi iniziali, stavolta entrambi in RE.
Andante è in LA maggiore, 2/4 con il secondo tema  che è in realtà un’elaborazione del primo, sulla dominante MI.
Molto allegro – è in RE, 3/8, in forma di rondò e in un certo modo anticipa l’atmosfera festosa della ciaccona che chiuderà l’opera.

Atto I
Scena I – Un lungo recitativo secco supporta il colloquio fra Cecilio (soprano en-travesti, originariamente un castrato) e Cinna (altro soprano en-travesti): il primo (un senatore) è innamorato (corrisposto) di Giunia (soprano, figlia di Mario, spodestato da Silla) che però Silla vuole per sé e all’uopo si è liberato del rivale esiliandolo. Cecilio è tornato clandestinamente a Roma dall’esilio e l’amico Cinna (che congiurerà contro Silla) gli indica il luogo dove potrà incontrare l’amata Giunia, che il tiranno tiene segregata nel suo palazzo. Chiude questa scena…

N°1 Aria di CinnaVieni, vieni ov’amor t’invita, che è una cosiddetta aria di paragone, poiché il contenuto assimila gli stati d’animo (di Cecilio nella fattispecie) a fenomeni naturali: mare e cielo in tempesta che poi si calmano. È un’aria assai articolata e assai lunga, dalla tipica struttura col da-capo (A-B-A). L’aria è aperta da un’introduzione orchestrale in tonalità di SIb maggiore, tempo Allegro in 4/4. La sezione A, come detto assai complessa, presenta la prima quartina con diversi motivi: il soprano entra per esporre i primi due dei quattro versi, chiusi da una breve cadenza dell’orchestra e seguiti dagli altri due (del tuo vicin contento) dove si imbarca in una prima serie di virtuosismi e porta la tonalità verso la dominante di FA maggiore. In questa l’intera prima strofa viene riesposta, variata, e chiusa da una lunga cadenza orchestrale. Il soprano riprende il FA tornato dominante del SIb, per riesporre una seconda variante della prima strofa. Ecco poi una terza variante, che si conclude con una cadenza vocale seguita dalla chiusa orchestrale. A questo punto arriva finalmente la seconda strofa (Non è sempre il mar cruccioso) che  viene esposta solo una volta, su due motivi: il primo (primi due versi) è nella sottodominante MIb maggiore ed è assai mosso (come il mar crucciato); il secondo ( per i due restanti versi, da ride alfin lieto e placato) è invece calmo e sereno (come il tempo rimesso al bello) in SIb, cui l’orchestra torna dopo una divagazione sul FA. Ora la prima strofa (sezione A) viene ripetuta da-capo per intero (per la verità lo stesso Mozart ne autorizzò il taglio della prima parte, fino al termine della variante in FA) e conclusa con la cadenza del soprano, prima della chiusa orchestrale.

Scena II – Cecilio è rimasto solo ed esterna la sua emozione al pensiero di rivedere presto la donna amata. Nessun recitativo secco qui, ma abbiamo direttamente:

Recitativo accompagnato – Dunque sperar poss’io. Cecilio immagina la gioia di Giunia (che lo crede morto) nel rivederlo, e la fine dei suoi dolori. Il tempo muta da Andante ad Allegro, ad Andantino, ancora ad Allegro: evoca con ciò lo stato d’animo di Cecilio, che oscilla continuamente fra ansia e felicità.

N°2 Aria di CecilioIl tenero momento. Quest’aria è composta secondo lo schema della forma-sonata, qui applicata al canto. La struttura è sempre A-B-A’ (le due quartine, con il da-capo ridotto della prima) ma qui, a differenza dell’aria precedente di Cinna, la sezione B è costruita con elaborazione dei motivi della A (esposizione) configurandosi quindi come uno sviluppo di forma-sonata, seguito dalla ripresa di motivi presentati nell’esposizione A. Siamo in tonalità di FA maggiore (Allegro aperto, 4/4) e l’orchestra suona un’introduzione (con motivi e incisi che torneranno nel corso dell’aria) che precede l’entrata del soprano. La sezione A è ancora una volta molto articolata: al primo motivo che copre i primi due versi ne fa seguito un altro che copre i secondi due (già mi dipinge il core) e, attraverso virtuosismi di semicrome, modula alla dominante DO, sulla quale tonalità viene riproposta l’intera strofa. Abbiamo poi una nuova variante della prima quartina, sempre in DO maggiore ma con vocalizzi che modulano alla tonalità principale di FA, dove arriva una nuova esposizione della strofa (prefigura melodie che si riudranno addirittura nel DonGiovanni) che culmina in una cadenza vocale e nella chiusa orchestrale. Ecco ora la sezione B con la seconda strofa (E qual sarà il contento) sulla sottodominante SIb maggiore e con fugace modulazione a SOL minore; sezione brevissima, costruita sviluppando materiale del primo motivo della sezione A. L’orchestra interviene per riportare a casa (FA) la tonalità, sulla quale inizia la ripresa della prima strofa (sezione A). La quale però viene qui abbreviata rispetto alla prima apparizione, dato che il motivo che copre i secondi due versi non modula a DO, ma rimane sul FA (altro riferimento alla forma-sonata!) e viene immediatamente seguito dall’ultima variante della strofa, culminante nella cadenza vocale, cui segue la chiusa dell’orchestra.

Scena III – Ci siamo ora trasferiti negli appartamenti dove Silla tiene quasi segregata Giunia. Il tiranno chiede alla sorella Celia (soprano) di aiutarlo a convincere la donna di cui si è invaghito a sposarlo. Il tribuno Aufidio (tenore, cinico consigliere del tiranno) gli suggerisce di usare la forza contro Giunia e così Silla minaccia di farla giustiziare se lei non gli cederà. Celia cerca invece di convincere il fratello ad usare ancora le buone maniere: tanto Giunia prima o poi si rassegnerà alla perdita di Cecilio (creduto morto) e verrà a più miti consigli. La scena è tutta in recitativo secco, salvo la conclusione, costituita da…

N°3 Aria di CeliaSe lusinghiera speme. Celia conferma che il cuore di Giunia, perse le speranze su Cecilio, si piegherà alle profferte di Silla. La musica spiega più di tante parole la personalità della sorella del tiranno: una donnicciuola insignificante, che però si crede importante solo per il rango che immeritatamente possiede. È come al solito l’orchestra (qui i soli archi) ad introdurre l’aria (DO maggiore, Grazioso, 3/4) con motivi che torneranno, come uno che pare una chiara anticipazione (25 anni prima di Haydn!) di un frammento del tema dell’Inno dell’Imperatore! In un’opera ambientata in un impero! Poi il soprano attacca la prima delle due quartine, i primi due versi, subito ripetuti su diverso motivo e in modulazione alla dominante SOL maggiore. Ecco poi i secondi due versi della strofa (da anche fra i più costanti) con una salita in picchiettato (che è tutto un programma) e con chiusura orchestrale… imperiale. La prima strofa viene riproposta nel canonico DO maggiore, poi in una strampalata (proprio come la personalità di Celia!) sottodominante FA, che dura solo poche battute, per rinsavire… al DO, con immancabile chiusura imperiale. Ora ecco la seconda strofa (Quel cor sì fido e tenero) dove ancora Mozart mette in risalto il comportamento vanesio della sorella del tiranno, mutando bruscamente il tempo, da 3/4 a 2/4. La tonalità è FA maggiore (il tempo Allegretto) ma sugli ultimi due versi (così ostinato adesso) vira (altra stranezza) ad un inatteso MI minore. Quindi si ripresenta la prima strofa, in DO maggiore, tempo primo, ma non nella configurazione iniziale, bensì in quella variata, che originariamente era stata esposta in SOL. L’inciso imperiale nell’orchestra chiude l’aria. 

Scena IV – Aufidio (che con Giunia deve avere qualche conto in sospeso…) ribadisce la sua convinzione sui metodi da impiegare verso la donna, ma Silla si dice convinto che lei gli cederà. E manco a farlo apposta, Giunia sta proprio ora arrivando.

Scena V – Abbiamo qui il drammatico confronto-scontro fra Silla e Giunia: lui cerca, dapprima con dichiarazioni d’amore, poi con minacce di morte, di convincere lei a sposarlo, ma lei gli rimprovera per l’ennesima volta i suoi atti violenti e criminali contro il padre (Mario) e il promesso sposo (Cecilio) e ribadisce che per sempre non proverà per lui altro che odio. Ora, con l’aria di Giunia, ha inizio un finale d’atto davvero straordinario per l’opera seria, poiché sarà fatto quasi esclusivamente di musica (salvo poche battute del successivo recitativo della stessa Giunia).   

N°4 Aria di GiuniaDalla sponda tenebrosa. Giunia invoca dall’aldilà le anime di padre e promesso sposo perché vengano ad accoglierla, lasciando Silla ai suoi meritati rimorsi. Come testimonia l’ambientazione del testo, si tratta di un’aria d’ombra, così detta poiché richiamante luoghi, scenari o anche personaggi misteriosi; quindi con i canonici tre bemolli in chiave. La struttura non prevede il classico da-capo, ma è composta di tre strofe (non due) così susseguentesi: A-B-A'-B'-C. Attacca l’orchestra, in Andante ma Adagio, 4/4 alla breve, poi il soprano comincia ad esporre – in un celestiale MIb maggiore, in ricordo dei suoi cari - la prima delle tre strofe. Poi ecco il tempo mutare bruscamente in Allegro (4/4) e la tonalità salire alla dominante SIb: viene qui proposta la seconda quartina (Ah tu di sdegno, o barbaro) in cui Giunia disprezza il tiranno, che è poi ripetuta con varianti e virtuosismi. Si torna in Adagio (4/4 alla breve) dove viene ripresentata in SIb la prima strofa, anch’essa arricchita di virtuosismi, finchè il tempo muta nuovamente in Allegro (4/4) per una riproposta in MIb maggiore della seconda strofa, ulteriormente ripresa ed arricchita. Fin qui c’è stata una perfetta simmetria tonale: MIb-SIb-SIb-MIb. Questo equilibrio viene rotto dal MIb con cui, mentre il tempo resta Allegro, ma alla breve, quindi agitato, il soprano canta la terza strofa (Io sarò paga allora) dove la donna predice al tiranno i rimorsi che lo assaliranno dopo la morte di lei; strofa subito riproposta, prima della rapida conclusione.

Scena VI - Silla, rimasto solo, è ormai deciso a punire Giunia per il suo rifiuto. Lo fa iniziando con poche battute di recitativo secco e poi attaccando un…

Recitativo accompagnato – E pur mi piace! dove il tiranno confessa il suo persistente desiderio della donna, ma si prepara a punirla.

N°5 Aria di SillaIl desio di vendetta e di morte. Silla esterna la sua rabbia e la decisione di punire Giunia: invano ormai lei potrebbe invocare pietà. L’aria è in RE maggiore, bistrofa, struttura classica A-B-A’, 4/4 in tempo Allegro ed è al solito l’orchestra ad aprirla con una corposa introduzione cui le semicrome dei violini secondi e gli incisi dei fiati e dei primi violini conferiscono davvero un’atmosfera di collera e di livore, su un fondo però pomposo e marziale (trombe e timpani) come si addice ad un sovrano. Probabilmente a causa dello scarso livello vocale del primo interprete (cosa che già lo aveva portato a negargli l’aria nel finale e un’altra nel second’atto) Mozart compone un’aria relativamente semplice e facile per la voce, compensando tale semplicità con un grandissimo e magistrale trattamento dell’orchestra, vera protagonista di questo brano. Dove entra il tenore che espone i primi due versi e poi, sulla dominante LA maggiore, i due successivi (che in quest’alma ogni debole affetto) che vengono ripetuti su un nuovo motivo, chiuso dall’orchestra. La prima strofa (primi due versi) è ripresa, sempre sulla dominante, per chiudere con il ritorno alla tonica RE. Dove tornano i due versi successivi, cui segue una nuova ripetizione variata dell’intera strofa, chiusa dalla cadenza orchestrale. La seconda quartina - Forse nel punto estremo, dove Silla immagina Giunia che lo supplica di lasciarla in vita, mentre lui sarà irremovibile - inizia quindi sulla sottodominante SOL per poi modulare a SI minore (relativa del RE d’impianto) a sottolineare l’inutile dolore di Giunia. L’orchestra chiude questa strofa tornando al RE maggiore, dove abbiamo la ripresa della prima strofa, in forma assai abbreviata, costituita dalla sola ultima variante della prima esposizione.  

Ora nove battute in Andante dell’orchestra, LA minore, 4/4, che Mozart aggiunse all’ultimo momento per banali ragioni di… cambio scena, servono invece mirabilmente a creare l’atmosfera lugubre dove prende forma la successiva… 

Scena VII – Cecilio si è inoltrato nel sepolcreto sotto il palazzo dove vive Giunia, in attesa di incontrare la donna amata. È questa, come del resto la successiva, una delle tante scene d’ombra di cui è costellata l’opera, ed è costituita dal solo…  

Recitativo accompagnato – Morte, morte fatal. Il tempo è sempre Andante e la tonalità di LA minore (con appropriati abbassamenti napoletani) sfuma poi a DO minore (tre bemolli, anche se non in chiave) all’attacco della voce. Cecilio contempla le tombe di grandi personaggi che hanno fatto la storia, nel bene e nel male, e che la morte ha confinato sotto fredde lapidi. Un improvviso sbotto in Allegro  dell’orchestra che ha modulato a RE minore fa sussultare Cecilio (Oh Dei!... Chi mai s’apressa?): qualcuno si avvicina, è proprio Giunia, ma non è sola! Il tempo adesso è tornato ad Andante, ma per due volte gli si alternerà un Presto, a sottolineare l’agitazione di Cecilio, che decide infine di nascondersi proprio dietro il sepolcro del padre dell’amata, Mario. Poi il tempo muta in Adagio, la tonalità sta portandosi verso i tre bemolli (MIb maggiore) su cui l’orchestra prepara l’atmosfera per la scena successiva.

Scena VIII – Giunia arriva nel sepolcreto per onorare la figura del padre, con seguito di donzelle e nobili (tutti avversari di Silla). Subito attacca il…

N°6 Coro e Giunia. Il testo del coro è costituito da due quartine, intercalate da una strofa cantata dalla sola Giunia. Inizialmente, in tempo Adagio, 4/4 alla breve, scandito da pesanti crome dei fiati, tutti pregano (Fuor di queste urne dolenti) le anime dei defunti di uscire dalle tombe. Mirabile il trattamento delle voci, con subitanei passaggi dal forte al piano e appropriati anche qui gli abbassamenti di note, che rendono bene l’atmosfera sepolcrale della scena. Poi (…e sdegnose) vengono esposti i due versi finali della quartina, in tono trionfale, dove si invitano i defunti a vendicare la libertà di Roma, conculcata da Silla.

Una coda orchestrale prepara il successivo intercalare di Giunia, che torna ad invocare l’ombra del padre (O del padre ombra diletta). Si tratta di un arioso, sul tempo Molto adagio, 4/4 alla breve e tonalità salita alla relativa minore (SOL) della dominante SIb, alla quale poi si appoggia fugacemente. L’incipit (due battute sulle parole O del padre) è la pura trasposizione da MIb maggiore a SOL minore di quello della precedente entrata del coro (Fuor di queste). Il canto è lamentoso (si muove per intervalli piccoli) ma ha improvvisi sbalzi, come salite di ottava o addirittura di undicesima.

A questo punto riprende il coro (Il superbo, che di Roma…) in Allegro, 4/4 e MIb maggiore, ad invocare la detronizzazione del tiranno come esempio per le future generazioni.

Tornando momentaneamente e brevemente al recitativo secco, Giunia invoca le anime di padre e promesso sposo perché l’accolgano con loro. Invece ecco la sorpresa!

Scena IX – È la scena conclusiva del primo atto, dove assistiamo all’incontro fra Cecilio e Giunia e al loro giubilo per la ritrovata (anche se precaria) felicità; scena che si articola in…

Recitativo accompagnato – Eccomi, o cara. Cecilio si palesa a Giunia, che non crede ai suoi occhi, lo prende per un fantasma che si aggira fra le tombe. Cecilio le conferma di essere proprio lui, ma ancora Giunia non si convince. E qui ha inizio il conclusivo…

N°7 Duetto Siamo in tempo Andante, 3/4 e tonalità LA maggiore, alternantesi con la dominante MI. Anche qui Mozart costruisce una struttura assai complessa a partire dalle quattro strofe (irregolari) del testo. La prima (D’Elisio in sen m’attendi) è cantata da Giunia, effettivamente ancora incredula, pensando di trovarsi al cospetto dello spettro di Cecilio (come testimonia il fugace appoggio su LA minore!) La tonalità si è spostata nel frattempo sulla dominante MI. Ora Cecilio, riprendendo il LA maggiore e cantando la stessa identica melodia dell’incipit di Giunia (salvo la deviazione a minore!) la tranquillizza (Sposa adorata): è proprio lui, in carne ed ossa. Chiude la strofa modulando ancora al MI, sul quale Giunia (Sposo… oh Dei!) mostra di cominciare a crederci, ancora rassicurata da Cecilio (Tutto fede). Ora i due esultano insieme, completando la strofa con due versi in cui esternano la loro felicità (Fortunati i miei sospiri) in un duetto per terze e seste, caratterizzato anche da inebrianti volate di semicrome. Si torna a LA maggiore per un altro botta e risposta: Giunia (Cara speme) e Cecilio (Amato bene) poi ripetuti insieme, sempre per terze. Quindi si passa a Molto allegro, 4/4, dove l’orchestra dà inizio alla stretta finale con due battute che introducono gli ultimi tre versi del testo (Or ch’al mio seno) cantati in duetto sempre armonizzato per terze e seste. Si torna al MI maggiore dove Giunia precede Cecilio nella ripresa dei suddetti versi, con la tonalità che oscilla fra MI e LA e una nuova esibizione di virtuosismi. Abbiamo quindi la ripresa in LA maggiore dell’ultima strofa (da Cara speme) poi, dopo una corona puntata, ecco la conclusiva volata virtuosistica, suggellata definitivamente dall’orchestra.   

Atto II
Scena I – Siamo in un palazzo pubblico, dove si incontrano Silla e il suo tribuno Aufidio. Su un lungo recitativo secco i due discutono della sorte di Giunia. Il tiranno è deciso a condannarla a morte, mentre il suo sbifido consigliere gli fa notare tutti gli svantaggi di una simile decisione, che darebbe ai suoi nemici il pretesto per screditarlo. Meglio umiliare Giunia costringendola ad accettare un matrimonio che venga benedetto per acclamazione dal Senato e dal Popolo: alla loro volontà la donna non potrà di certo opporsi. Silla rivela ad Aufidio le sue debolezze, e i rimorsi che prova ogniqualvolta usa violenza. Al che il consigliere canta… 

N°8 Aria di AufidioGuerrier, che d’un acciaro impallidisce al lampo, mettendo in guardia Silla dal mostrare pubblicamente le sue debolezze. Aria ancora costituita da due strofe, quindi di struttura A-B-A’, e aria di paragone, essendo fondata sulla similitudine fra la situazione di incertezza di Silla e quella di un guerriero sul campo di battaglia. L’introduzione orchestrale – tonalità DO maggiore, 4/4, Allegro – stabilisce subito l’ambientazione marziale dell’aria (arpeggi sulla triade) come si addice al tribuno che si permette nientemeno che di ammonire il tiranno sulle conseguenze di suoi comportamenti ondivaghi. L’entrata del tenore è di quelle tronfie e… difficili, comportando un lunghissimo DO centrale (sulla parola acciaro) che si estende su più di 4 battute; dopo un primo virtuosismo di semicrome, ecco la tonalità virare alla dominante SOL per i secondi due versi della strofa (da a dar non vada in campo); sul SOL viene quindi riesposta l’intera quartina, chiusa da una nuova volata della voce e da una cadenza orchestrale. Tornando a DO, la prima strofa viene reiterata (ma sempre variata) per altre tre volte, e poi chiusa da una cadenza del solista seguita da quella orchestrale. La seconda strofa (Se or cede a un vil timore) è canonicamente nella sottodominante FA, ed è al solito assai breve (senza alcuna ripetizione). Si torna a DO per la ripresa della prima quartina, anche qui abbreviata rispetto all’esposizione, presentando solo le ultime due varianti di essa, sempre chiuse da cadenze di voce e orchestra.    

Scena II – Silla incontra ora la sorella Celia, che gli rivela i suoi infruttuosi tentativi di convincere Giunia. Ma lui le notifica (senza darle spiegazioni) che in giornata il matrimonio si farà, e la invita a prepararsi a sposare Cinna. (Qui il libretto prevedeva un’aria per Silla – Il timor con passo incerto – che però Mozart non musicò, verosimilmente per l’insufficienza dell’interprete del ruolo.)

Scena III – Le scene dalla III alla VI hanno come personaggio comune, di collegamento, Cinna. Che ora incontra nuovamente Cecilio, che vorrebbe subito correre da Silla per assassinarlo. Cinna lo trattiene, domandandogli spiegazioni di tanta fretta. Cecilio rivela di aver sognato di Mario (altra scena d’ombra) che lo invitava ad agire subito contro il tiranno. Nel breve ricordo dell’ammonimento del quasi-suocero, la voce di Cecilio è accompagnata anche dagli archi, pur essendo il tutto all’interno di un recitativo secco. Poi Cecilio manifesta tutta la sua inquietudine con il successivo…

Recitativo accompagnato – Ah, corri, vola. Cecilio si dispera al sapere Giunia nelle mani di Silla, e si prepara nuovamente ad attentare alla vita del tiranno. Grande drammaticità in questo passo, che dall’iniziale Allegro assai sfocia in un concitato Presto, che anticipa l’atmosfera dell’aria che segue immediatamente.

N°9 Aria di CecilioQuest’improvviso tremito, Allegro assai, 4/4, RE maggiore, dove Cecilio mescola speranza e furore nella prospettiva di farsi giustizia. L’aria ha un profilo marziale, date le circostanze, e già la voce entra quasi subito, dopo sole 4 battute orchestrali di arpeggio sulla triade. Anche la struttura dell’aria sembra echeggiare il senso di smania e di urgenza di Cecilio, prendendo le distanze dalla forma tradizionale, nella rinuncia al da-capo: dopo l’esposizione dei primi due versi si sale alla dominante LA per i due successivi (non so se sia speranza) e per la ripetizione dell’intera quartina (e fin qui nulla di nuovo). Ma ora la chiusa è particolare, con una cadenza nella relativa minore (SI) del RE d’impianto, che ripete due volte l’ultimo verso, prima di tornare al RE maggiore su cui viene direttamente esposta la seconda strofa (Ma fra suoi moti interni) su cui si chiude subitaneamente, e quasi inopinatamente, l’aria.

Scena IV – Ora Cinna incontra Celia: lui vuole affrettare i tempi contro Silla, lei vorrebbe comunicargli che il fratello ha benedetto la loro unione, ma non riesce a farlo, proprio inibita di fronte all’uomo che desidera ardentemente, chiudendo il colloquio con…

N°10 Aria-cavatina di CeliaSe il labbro timito, dove la donna affida al suo sguardo, invece che alle parole, i suoi sentimenti per Cinna. La tonalità è SOL maggiore, tempo 2/4 e agogica Grazioso, proprio come l’aria del primo atto (evidentemente lo stereotipo del personaggio!) Anche questa è un’aria che deroga dalla sacre regole, constando di una sola strofa di sette pentasillabi. Ha un’introduzione orchestrale relativamente lunga, poi la voce espone una prima volta l’intera strofa, quindi modulando alla dominante RE la canta una seconda volta. Terza ripresa partendo dal LA minore e tornando al SOL d’impianto, sul quale abbiamo una quarta ed ultima ripresa variata della strofa.

Scena V – Cinna non si cura dell’amore della sorella di un tiranno; lui ha in mente un autentico colpo di stato e ha ideato uno stratagemma per metterlo in atto e togliere di mezzo Silla. E Giunia è parte fondamentale del piano: alla donna che gli si avvicina, raccomandandogli l’amato Cecilio, Cinna suggerisce di accettare l’offerta di Silla, per poi trucidarlo nel suo letto (a mo’ di Giuditta con Oloferne!) La donna inorridisce e rifiuta una simile prospettiva, in fondo lei ha saldi principii da rispettare… Poi gli raccomanda di nuovo Cecilio, con un…

Recitativo accompagnato – Vanne, t’affretta, col quale scongiura Cinna di tenere Cecilio nascosto, impedendogli di fare colpi di testa. La tonalità è SIb maggiore, anticipando quella della successiva aria, ma divaga assai in atmosfere minori per sottolineare le apprensioni della donna. Che poi canta…
 
N°11 Aria di GiuniaAh se il crudel periglio, dove esterna i suoi timori riguardo le possibili iniziative dell’uomo amato e ribadisce la richiesta a Cinna di proteggerlo. L’aria è una classica bistrofa (8 versi) in tempo Allegro, SIb maggiore, 4/4 ed ha pure la classica struttura col da-capo (A-B-A’). È aperta da una lunga introduzione orchestrale, che ne comincia a tratteggiare le caratteristiche musicali, esponendo due motivi, il primo di carattere marziale (salita sulla triade di SIb maggiore seguita da una scalata da mediante a tonica e chiusa da un perentorio salto discendente di ottava); il secondo (che si udirà come intercalare) di natura più elegiaca e contemplativa. Sono i due sentimenti che albergano nell’anima di Giunia. Il soprano attacca la prima strofa con il tema principale, imbarcandosi ben presto in vocalizzi di semicrome che caratterizzeranno tutta questa difficile aria, che interrompe il drammatico flusso degli avvenimenti per dar modo alla protagonista di svelare i sentimenti che agitano il suo animo e al contempo di mettere in mostra le sue qualità vocali. L’esposizione dei due ultimi versi della prima strofa (tutto mi fa spavento) è sulla dominante FA maggiore (raggiunta curiosamente con un arpeggio che parte scendendo dal SIb, su cui l’orchestra aveva chiuso la prima frase, al LA naturale per poi scalare un’ottava e divenire mediante del FA). Il canto è intercalato da incisi presi dal secondo motivo dell’introduzione orchestrale. Sempre in FA ecco la canonica ripetizione variata dell’intera strofa, chiusa da una cadenza orchestrale. Non abbiamo qui le ripetizioni, sulla tonica, della prima strofa, il che assimila la struttura dell’aria a quella della forma-sonata. La seconda strofa (Se per sì cara vita) attacca sul DO minore, poi passa fugacemente al SIb maggiore e quindi chiude sulla relativa SOL minore, da cui l’orchestra parte per ricondurre la tonalità al SIb in cui viene ripresentata l’intera prima strofa, tutta nella tonalità d’impianto. Qui all’interprete è veramente chiesto il massimo: le volate virtuosistiche sono invero pazzesche per lunghezza e difficoltà (su un quasi-picchiettato si tocca tre volte il RE sovracuto!) e poi è anche prevista una cadenza finale, prima della conclusione dell’orchestra.  

Scena VI – Cinna a questo punto è deciso ad agire in prima persona contro Silla. 

Recitativo accompagnato – Ah sì, scuotasi omai l’indegno giogo. Se Giunia rifiuta di trucidare Silla, allora lo farà lui stesso: il brano è tutto intriso di decisione, urgenza, ansia di vendetta. 

N°12 Aria di Cinna Nel fortunato istante, dove prefigura l’assassinio del tiranno,  proprio nel momento in cui costui crederà di aver partita vinta. Solita aria bistrofa, col da-capo, che davvero ci riporta nel pieno dell’azione drammatica. È in Molto allegro, 4/4, FA maggiore, con introduzione di sole tre battute che però contengono un inciso (qui in crome) che si ripeterà ossessivamente (in semicrome) nel corso dell’aria e che ben evoca l’agitazione che anima il congiurato. Struttura canonica A-B-A’, con ripresa abbreviata della prima strofa. Dopo che sono stati esposti i primi due versi, ecco il passaggio alla dominante DO per i restanti due (per la comun vendetta); DO sul quale viene riesposta l’intera strofa, la cui successiva riproposizione parte dalla relativa di FA (RE minore) per tornare a casa in vista dell’ultima replica, chiusa dall’orchestra. Ecco ora la seconda strofa (Già va una destra altera) esposta in RE minore, che poi gradatamente modula al FA per la ripresa della prima strofa. Ripresa abbreviata, contenente solo la prima e l’ultima parte della sezione A.  

Scena VII – La scena ora muta, presentando dei giardini pensili, dove Aufidio prefigura a Silla il successo: tutto è pronto per la cerimonia in Campidoglio in cui Senato e popolo di fatto imporranno a Giunia di sposarlo. Silla vuol far partecipe Cinna del piano, ma in quel momento arriva proprio Giunia. 

Scena VIII – Altro scontro fra Silla e Giunia: lui tenta ancora di convincerla a sposarlo, lei si dice pronta a morire, pur di non cedergli. Lui l’avverte che non morirà da sola e subito le attacca in faccia…

N°13 Aria di SillaD’ogni pietà mi spoglio, dove il tiranno esterna la dissociazione del suo animo, combattuto fra l’odio e l’amore per Giunia. Aria piuttosto anomala, il cui testo consta di tre strofe di 5-4+2-5 versi cantate in sequenza e senza alcuna ripresa. Anche la musica (Allegro assai, 4/4, impianto di DO maggiore, con seconda strofa in minore) non ha alcun tratto ciclico (quindi è del tipo durchkomponiert). Dapprima Silla manifesta ancora la sua collera e il suo proposito di punire Giunia: dopo i primi due versi in DO, ecco i successivi 3 della prima strofa nella dominante SOL, chiusi da una perentoria cadenza orchestrale. Ma il tiranno (seconda strofa, Ma il cor mi palpita) diventa improvvisamente un cagnolino piagnucolante e tremebondo all’idea di sacrificare la donna amata: così passa a DO minore, e l’aria prende l’aspetto di un recitativo accompagnato (Che dissi? Ho l’anima vile a tal segno?) Ma ben presto Silla torna in sé (cioè torna truce e crudele, Smanio di sdegno) e torna anche al DO maggiore per la strofa conclusiva: riprende il sopravvento nel suo animo la decisione di andare fino in fondo, però sono truci le parole, non certo il canto, che è tutto fuorchè drammatico. Che dire? Anche questa sembra un’aria dove Mozart pare preoccupato dalla modestia dell’interprete, e cerca in tutti i modi di limitarne le difficoltà tecniche (un LA acuto verso la fine è il massimo concesso…) onde evitare incidenti a lui e allo spettacolo.

Scena IX – Rimasta sola, Giunia si prepara ad essere protagonista delle tre scene successive, di cui farà da collante. Dapprima si domanda angosciata quale significato abbia l’avvertimento di Silla: chi altro dovrà morire con lei? Cecilio? Il quale le appare proprio in quel momento, dicendosi pronto ad assassinare Silla, se costui dovesse ottenere dal Senato l’autorizzazione a sposarla… a tutti i costi. Giunia insiste nel dissuaderlo dall’impresa e gli consiglia di fuggire e nascondersi (le ultime parole di Cecilio e Giunia sono in forma di recitativo accompagnato, 11 battute). Ma la donna non pare aver convinto l’amato, che la lascia con il…

N°14 Aria di CecilioAh se a morir mi chiama il fato mio crudele (aria d’ombra, anche testualmente parlando, quindi… MIb maggiore, Adagio, 4/4 alla breve) dove il senatore proscritto mostra a sua volta i suoi contrastanti sentimenti, di desiderio di vendetta nei confronti di Silla  e di amore per Giunia, che lui fatica a lasciare. L’aria segue lo schema usuale A-B-A’ ed è introdotta da sette battute orchestrali, che precedono l’ingresso del soprano. Dopo i primi due versi in MIb, ecco i successivi (seguace ombra fedele) nella dominante SIb, su cui viene poi ripetuta una prima volta l’intera strofa. Si torna al MIb per la ripetizione dei soli ultimi due versi della prima strofa. Da notare i virtuosismi richiesti al soprano ed anche gli enormi intervalli (undicesima e addirittura quindicesima) che connotano la drammaticità, pur rassegnata, del canto di Cecilio. Mirabile come l’ultimo ritorno della parola sempre (sarò con te) sia cantato su semicrome puntate che paiono precisamente dei singhiozzi! La seconda strofa (Vorrei mostrar costanza) è nella relativa DO minore, dove cambia anche il tempo (Andante, 3/8) per adeguarsi al testo, pieno di tristezza, di rimpianti e di incertezze sul futuro. Tornati in MIb e al tempo primo, si ripete la prima strofa, abbreviata rispetto all’esposizione (viene omessa la sezione centrale) e si chiude con la cadenza della voce e quella orchestrale.

Scena X – Andatosene pieno di rimpianti Cecilio, Giunia non può trattenere le lacrime, ma viene ora raggiunta da Celia, che ancora la invita ad accettare le nozze con Silla, che di certo saprà renderla felice, come felice ha reso lei, promettendole in sposo Cinna (!?) E per manifestare la sua gioia, canta il successivo…

N°15 Aria di CeliaQuando sugl’arsi campi, la classica aria di paragone: come la pioggia estiva ristora la terra inaridita (prima quartina) così Celia (seconda strofa) sente la vita rinascere dopo tante pene. Aria quindi bistrofa (la prima strofa è peraltro di 6 e non di 4 versi) in LA maggiore, 4/4 Allegro, aperta da una corposa introduzione strumentale che anticipa il motivo del successivo attacco di Celia ed anche i picchiettati che ne caratterizzeranno il canto, allo stesso tempo evocando le gocce d’acqua che cadono sulle foglie, e ribadendo la personalità un po’… picchiatella (!) della sorellina del tiranno. Al solito i primi due versi vengono esposti sul tema principale in LA; poi si modula alla dominante MI, sulla quale vengono esposti i restanti 4 versi della prima strofa (da le foglie, i fior ravviva). Restando sul MI ecco la riproposizione della strofa intera. Si torna a LA per ulteriori due varianti della prima strofa. Poi ecco la sezione B (Così quest’alma amante) sulla sottodominante RE, quindi la ripresa di A accorciato, essendo eliminata la sezione centrale: è però mantenuta per intero la prima sezione, qui tutta in LA (nella prima esposizione era in MI) quindi c’è anche in quest’aria un labile riferimento alla forma-sonata.   

Scena XI – Celia, fatto il suo compitino, se ne va e Giunia, rimasta sola, si dispera per la terribile situazione in cui lei e Cecilio si trovano. Esprime il suo stato d’animo con un…

Recitativo accompagnato – In un istante, oh come s’accrebbe il mio timor! Giunia teme per Cecilio, credendolo ormai prigioniero di Silla (che sospetta deciso a giustiziarlo) e si decide a chiedere pietà per lui al tiranno davanti al Senato. Se non l’avrà, invocherà gli dèi e poi cercherà anche lei la morte. L’accompagnamento supporta passo-passo il mutare degli stati d’animo della donna: inizia in Andante, RE minore (un contrasto davvero stridente con il ciarliero LA maggiore di Celia) poi accelera a Molto allegro allorquando Giunia immagina terrorizzata Cecilio già condannato a morte da Silla; infine diviene Presto nel momento in cui la donna prende la decisione di agire in prima persona.   

N°16 Aria di GiuniaParto, m’affretto (Allegro assai, 4/4, DO maggiore) inizia senza alcuna introduzione strumentale, per dare il massimo risalto allo sconforto di cui Giunia è preda per la tragica situazione che si trova a fronteggiare. E proprio per meglio presentare questo scenario instabile, l’aria è anomala (rispetto allo standard) essendo costituita da una prima strofa di 4+2 versi (sezione A) e da una seconda di 4 (sezione B) ed avendo una struttura definibile come A-A’-B. Anche dal punto di vista musicale non presenta ripetizioni (è del tipo durchkomponiert) essendo invece caratterizzata da un inciso strumentale (pausa di croma – 3 crome – due biscrome – croma puntata e semiminima, sulle note DO-DO-DO/DO-RE-MI/DO) che si ripete ossessivamente, quasi a scolpire l’affanno che attanaglia l’anima della donna. Che espone i primi due versi in DO, poi modula alla dominante SOL per i successivi due (da morir mi sento) e resta in SOL per esporre il quinto e sesto verso della prima strofa (da Ah se potessi). Seguono, ancora in SOL, il terzo e quarto verso in ordine inverso (prima e smanio, e gelo) e quindi il quinto e sesto verso, cantati con l’ausilio di virtuosismi che toccano più volte il RE acuto, fino alla chiusura della sezione A. La quale viene ora riproposta assai variata (A’) principiando in MIb (in fondo è un’aria… d’ombra) per tornare al DO sugli ultimi due versi. Infine attacca, in DO minore (sempre i tre bemolli) la sezione B (Ma per maggior mio duolo) che espone i quattro versi di seguito e poi, tornata la tonalità a DO maggiore, ripete gli ultimi due (da divien la morte istessa) con vocalizzi che toccano ripetutamente il DO acuto, chiudendo infine con una cadenza mutuata da quella in cui si era chiusa in SOL la sezione A. Come si vede, un’aria davvero importante dal punto di vista musicale, ed anche assai impegnativa per il soprano.

Scena XII – La scena cambia ancora e adesso ci troviamo in Campidoglio, dove si appresta la cerimonia delle nozze fra Silla e Giunia. La scena è aperta direttamente dal…

N°17 CoroSe gloria il crin ti cinse: il popolo, il Senato e i militari inneggiano a Silla, grande guerriero ed oggi sposo felice! Il testo è formato da due quartine che vengono cantate in sequenza. La tonalità è FA maggiore, tempo Allegro 4/4, il coro è il classico S-A-T-B. Dopo 11 battute orchestrali che impongono il ritmo marziale, il coro intero espone la prima quartina in FA, quindi modula alla dominante DO e ripete la prima strofa. Ora la parte femminile del coro, tornando al FA, intona i primi due versi della seconda strofa (Stringa quel braccio invitto) versi subito ripetuti dai soli maschi. L’intero coro espone infine i due versi conclusivi (da Se con i mirti ancora) prima che l’orchestra suggelli il tutto con la dovuta enfasi.

In mezzo ai Senatori è comparsa anche Giunia, che assiste sconvolta al discorso del tiranno: Silla arringa il Senato e il popolo, chiede di dimenticare tutti i passati contrasti con Mario, di cui si offre di sposare la figlia. A dispetto dell’approvazione della folla, questa però lo respinge per l’ennesima volta e poi, estratto un pugnale, minaccia addirittura di suicidarsi davanti a tutti. Silla la fa disarmare.   

Scena XIII – Ora ecco un altro colpo di teatro: entra Cecilio armato, deciso a difendere Giunia. Silla ne ordina l’arresto, promettendogli la condanna a morte per l’indomani.

Scena XIV – Altro colpo di scena: arriva anche Cinna con la spada sguainata per attentare alla vita di Silla, ma vedendo Cecilio circondato trova sui due piedi una spiegazione plausibile alla sua presenza in armi, affermando di esser lì per difendere Silla da una congiura, e il tiranno subito lo incarica di indagare su possibili altri congiurati e lo congeda. Poi chiede che Cecilio venga disarmato, ma il senatore è deciso a vender cara la pelle, finchè è Giunia a convincerlo a cedere le armi. Silla ordina che Cecilio sia imprigionato e minaccia ritorsioni anche nei confronti di Giunia. La scena e l’atto si concludono con il…

N°18 TerzettoQuell’orgoglioso sdegno. È in effetti un duetto fra Giunia e Cecilio (che si confermano reciprocamente eterno amore e sono pronti al sacrificio) con Silla trionfante sui due, ma allo stesso tempo straziato al vederli felici e uniti a suo dispetto. Il tempo è Allegro, la tonalità principale SIb, 4/4 alla breve. Quanto al testo, esso consta di 5 distici (Silla, poi Cecilio, quindi Giunia, ancora Silla e infine Giunia-Cecilio) seguiti da due quartine (Silla e Giunia-Cecilio). La forma è A-A’-B-B’, dove le due sezioni sono costituite dai 5 distici (A) e dalle due quartine (B), entrambi ripetuti con varianti di melodia e tonalità. Una costante delle sezioni A e A’ è costituita dalla mancanza di soluzione di continuità del canto: ciascun distico successivo inizia sempre sulla battuta finale del precedente, a sottolineare l’atmosfera quasi da battibecco fra il tiranno e i due innamorati. Dopo due sole battute strumentali è dunque Silla ad esporre in SIb il suo distico, su un tema ampio e regale, anche se minaccioso, supportato da insistenti crome di violini secondi e viole. Cecilio risponde con i suoi due versi (Non lo sperare, indegno, sulla dominante FA, che permane poi fino al termine della sezione A) dal ritmo assai agitato nella voce e invece più calmo nell’accompagnamento. Gli dà manforte Giunia, cantando il suo distico (Eccoti, o sposo, un pegno) con una melodia ampia e nobile. Rientra poi Silla con il suo secondo distico (Empi la vostra mano) cui rispondono insieme i due amanti (Se mi ama il caro bene) cantando per terze e seste e chiudendo la sezione A, che cede subito il posto alla sua ripetizione variata (A’) in tonalità che parte da SOL minore, relativa del SIb d’impianto, cui si torna ben presto. A’ è chiusa da una breve cadenza strumentale, che la separa dalla sezione B, dove le tre voci cantano insieme e in perfetta sovrapposizione le rispettive quartine, sui due diversi testi di Silla (Questa costanza intrepida) e Giunia-Cecilio (La mia costanza intrepida) in SIb e poi tutto mi strazia il core (Silla) e dolce consola il core (Giunia-Cecilio) sulla dominante FA. La ripetizione della sezione (B’) è ovviamente in SIb, ma variata nel senso che le voci entrano a canone, ricongiungendosi sul secondo e poi sul quarto verso; inoltre Giunia e Cecilio si abbandonano qui ad inebrianti volate di terzine di crome. L’ultimo verso è ripetuto in perfetta sovrapposizione come conclusione del terzetto e insieme dell’atto secondo.     

Atto III
Scena I – La scena si svolge nell’ingresso di un carcere, dove Cinna giustifica a Cecilio, imprigionato, il suo strano comportamento davanti al Senato: lui era deciso ad assassinare Silla, poi la situazione imprevista in cui si era venuto a trovare gli aveva consigliato di desistere, ma ora farà di tutto per salvare lui e Giunia. Arriva anche Celia che è come al solito ottimista (alla fine ne avrà ben donde) e parla di un ammorbidimento della posizione di Silla. Cinna, in cambio della promessa di sposarla, le chiede di parlare al tiranno, avvertendolo che se non recederà dai suoi obiettivi potrà subire gravi conseguenze (leggi: un colpo di stato contro di lui). Celia promette di farlo, con la speranza di salvare il fratello ma soprattutto di poter sposare finalmente Cinna.

N°19 Aria-cavatina di CeliaStrider sento la procella (aria di paragone). Celia esterna le sue preoccupazioni (la tempesta) ma allo stesso tempo pregusta la felice conclusione della sua storia d’amore. In tonalità SIb maggiore, Allegro, 4/4, come la sua precedente aria n°10, anche questa si discosta ampiamente dallo standard: il testo è un’unica strofa di 5 versi (ottonari, ultimo settenario) e viene ripetuto quattro volte. Dopo un’introduzione abbastanza lunga, dove l’orchestra introduce il motivo principale corredandolo di semicrome e note in staccato che evocano scrosci di pioggia, il soprano presenta i primi due versi della strofa in SIb, indi modula alla dominante FA per esporre i restanti tre versi (da pure avvolta in tanto orrore). In FA l’intera strofa viene riproposta una prima volta, poi si torna a SIb per le altre due riproposizioni, sempre variate e ricche di virtuosismi.  

Scena II – Finita la sua aria, Celia se ne parte e Cecilio manifesta a Cinna tutto il suo pessimismo: gli chiede soprattutto di difendere Giunia da Silla. Cinna si dice speranzoso nelle capacità di convincimento di Celia. In caso contrario è pronto ad usare la forza contro Silla, come canta nella successiva… 

N°20 Aria di CinnaDe’ più superbi il core , dove invoca i fulmini di Giove su Silla, che come tutti i tiranni deve temere inevitabili ritorsioni per le sue malefatte. Tonalità RE maggiore, tempo Allegro in 4/4, è un’aria assolutamente standard, con il da-capo, A-B-A’ (unica particolarità: la prima strofa è di 5 e non di 4 versi). Dopo la robusta introduzione orchestrale che stabilisce l’atmosfera battagliera dell’aria, la voce presenta la prima parte (3 versi) della prima strofa e poi modula alla dominante LA maggiore, per l’esposizione dei due versi finali della strofa (ma d’un alloro all’ombra). Sul LA viene riesposta, naturalmente variata, l’intera prima strofa, chiusa da una lunga coda strumentale. Dal LA si passa ora a SI minore (relativa di RE) per la ripresa dei primi tre versi della strofa, cui segue la riesposizione, in RE maggiore, della strofa intera, ancora reiterata con variante, in particolare nei due versi finali, cantati in valori assai allargati, cui segue una volata in semicrome e, dopo una coda strumentale, la cadenza solistica che chiude la sezione A. Come da regola, la sezione B (Paventino i tiranni) scende alla sottodominante SOL, poi transita anche per SI minore prima che l’orchestra torni al RE per la ripresa della prima sezione (A’). Che come di norma è limitata alla porzione finale (ultime due repliche della prima strofa, più la cadenza).

Scena III – Cinna si è congedato e Cecilio riceve ora un’ultima visita di Giunia, estremo favore concessole da Silla. I due si dicono pronti a morire insieme.  

Scena IV – Ma ecco che Aufidio viene a prelevare Cecilio, senza informarlo di dove lo condurrà, al che il senatore prigioniero e la sua promessa sposa immaginano si tratti del patibolo. E qui abbiamo lo straziante addio fra i due innamorati, che Cecilio interpreta con la sua ultima aria. 

N°21 Aria di CecilioPupille amate non lagrimate. È l’estremo addio a Giunia, espresso in due strofe di 4 pentasillabi ciascuna. La forma è il Rondò (A-B-A-C-A) il tempo è di Menuetto, 3/8, LA maggiore. L’incipit del tema del ritornello (prime 4 battute) verrà da Mozart ripreso 20 anni più tardi nel movimento centrale del Concerto per clarinetto (K622). Dopo l’introduzione strumentale che ne anticipa il motivo, ecco il ritornello A, dove viene proposta dalla voce la prima strofa. La sezione B del rondò ripropone, su una diversa melodia dopo modulazione alla dominante MI, la prima strofa e poi, tornati a LA, la seconda (Quest’alma fida). Seconda apparizione del ritornello A, seguita dalla sezione C del Rondò che ripete ancora la prima strofa in LA, con melodia appoggiata alla dominante. Il ritorno della sezione A chiude, con una cadenza finale, quest’aria invero deliziosa, dove l’animo di Cecilio pare pervaso da serena rassegnazione e dalla fiducia di riunirsi a Giunia nell’aldilà.

Scena V – Trascinato via Cecilio da Aufidio, Giunia resta sola ed esterna immediatamente la disperazione del suo animo, al pensiero della tragica sorte che aspetta l’amato. È una classica scena d’ombra, che inizia con un…

Recitativo accompagnato – Sposo… mia vita, che irrompe bruscamente, in Allegro, alla chiusura del delicato Menuetto di Cecilio, col quale crea un drammatico contrasto. È il recitativo più lungo e articolato dell’opera. Dapprima la donna manifesta il suo sgomento e la sua impotenza di fronte al precipitare della situazione: nemmeno gli dèi le danno ascolto! Poi immagina Cecilio già giustiziato, vede il suo sangue scorrere a fiotti: il tempo rallenta ad Andante e Giunia esprime il desiderio di morire a sua volta. Si domanda cosa aspetti ancora per muoversi (il tempo torna fugacemente ad Allegro). Ma ecco il tempo scendere ad Adagio e udirsi in flauti e viole una celestiale melodia dal sapore ultraterreno: è Cecilio che la chiama, così immagina la sonfortata Giunia. Che decide bruscamente (tempo Presto) di andare a morire con lui: un DO minore (!) dell’orchestra chiude il recitativo e prepara la successiva…  

N°22 Aria di GiuniaFra i pensier più funesti di morte. In tempo Andante, 4/4 alla breve, è una grande aria d’ombra (l’unica aria in minore dell’intera opera) quindi con i tre bemolli in chiave, il DO minore appena preparato dall’orchestra e qui arricchito di tre battute introduttive che recano una mesta melodia discendente (oboi e viole). Giunia immagina Cecilio giustiziato e si prepara a seguirlo nella morte. Il testo consta di due strofe di 5 e 3 versi e viene esposto di seguito, con semplici ripetizioni di versi. La prima strofa è in DO minore, con tipici abbassamenti da… funerale, e chiude con una sospensione sul SIb, che diventa dominante del MIb maggiore (relativa del DO minore d’impianto) con cui principia la seconda strofa (Già vacillo, già manco, già moro) accelerando al contempo ad Allegro. La tonalità viene ben presto ricondotta al DO minore, ancora con mesti abbassamenti, sulla quale abbiamo la reiterazione della strofa e poi quella insistita dell’ultimo semiverso (…m’affretto a seguir) che porta alla concitata conclusione, mentre Giunia esce di scena.     

Scena VI – Silla ha convocato ancora il Senato perché gli renda giustizia (contro Cecilio e per avere Giunia). Celia e Cinna cercano di dissuaderlo dai suoi propositi, paventando altrimenti per lui solo imminenti pericoli. Il tiranno manifesta tutto ciò che si muove nel suo petto: amore, gloria, vendetta, sdegno e timore. Di tutto è deciso a venire a capo, chiamando Roma e il Senato a testimoni. (Il libretto a questo punto prevederebbe l’ultima aria per Silla, Se al generoso ardire, ma sappiamo che Mozart non la compose, verosimilmente perché ritenne non affidabile il tenore raccattato all’ultimo momento per sostenere la parte del tiranno.)

Scena VII – Arriva Giunia e subito affronta Silla, disprezzandolo in faccia a tutti e chiedendo al Senato di renderle giustizia, ma il tiranno l’avverte minacciosamente che fra poco lei toccherà con mano gli effetti delle sue decisioni.    

Scena ultima – Viene portato lì anche Cecilio. Silla, dopo averlo accusato per il tentativo di colpo di stato, tra la sorpresa generale, lo spedisce fra le braccia di Giunia e concede ai due di unirsi in matrimonio! Poi annuncia la grazia per tutti i cittadini proscritti. Infine si rivolge a Cinna, il quale confessa di aver cercato di attentare alla sua vita. Ma anche per lui c’è il sorprendente perdono, e ci sono le nozze con Celia! E infine il bieco consigliere Aufidio viene pure perdonato per i suoi maligni consigli, e Silla abdica al trono e ad ogni mira di grandezza in favore del bene e della giustizia universali. 
      
N°23 Finale col coro (Ciaccona)Il gran Silla a Roma in seno. È il lieto fine della vicenda, strutturato come un Allegro in 3/4 (Ciaccona) in RE maggiore. Tonalità che permane per quasi tutto il numero. Il coro si presenta con il ritornello di 4 versi, cui segue il distico di Giunia-Cecilio (Sol per lui l’acerba sorte, cantato per terze) e poi quello di Cinna/Silla (E calpesta le ritorte, che chiude con una sfumatura alla relativa SI minore). Dopo la ripetizione in RE del ritornello abbreviato a due versi ecco un nuovo distico (Trionfò d’un basso amore) cantato dai quattro solisti, quindi quello di Silla (Il trofeo sul proprio core) che precede l’ultima ripresa del ritornello (Se per Silla in Campidoglio) che chiude l’opera.
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Prossimamente qualche impressione sull’allestimento scaligero.

2 commenti:

Alex ha detto...

Ciao, credo sia completa quella di Cambrelyng per la Brilliant. Ma vado a memoria...
Alessio

daland ha detto...

@Alex
Alessio, intanto grazie dell'interesse!
Vado anch'io a memoria, e mi pare che qualche (piccolo) taglio ci fosse anche in quell'edizione: ad esempio la seconda strofa dell'aria di Celia (primo atto).
Uno degli altri pregi (se così vogliamo chiamarlo) dell'edizione Hager è di non tagliare nemmeno una parola di recitativo secco!

Ciao!