L’unica
(credo) incisione del Lucio Silla
completa in tutte le sue parti è quella diretta nel 1975 a Salzburg da Leopold Hager, che ha una durata netta che supera le tre ore e mezza (sul tubo ne esiste una copia
stranamente mancante del finale del second’atto, coro e terzetto). Tutte le altre comportano tagli più o meno corposi: fra
queste anche la (ormai) penultima apparizione dell’opera alla Scala, che
risaliva a più di 30 anni fa ed era una produzione italo-belga (allestita
dalla premiata ditta Chéreau-Peduzzi
e concertata da Sylvain Cambreling)
che andò in scena nel giugno del
1984. Ne esiste questa registrazione eseguita
proprio in Belgio con un cast quasi
identico a quello scaligero di allora.
È abbastanza normale (e direi, dati i
nostri gusti e l’insipienza del libretto, comprensibile) che vengano più o meno
profondamente sacrificati i recitativi
secchi, il retaggio del recitar-cantando
di buona memoria, dove di musica ce n’è poca, o perlomeno del tipo che noi poco
o punto apprezziamo. Quel che è meno accettabile però è che spesso e volentieri
si tagli anche la musica vera che, essendo opera di un certo Teofilo, è sempre (salvo
prova contraria) di livello eccelso. Se diamo una scorsa al libretto come
pubblicato dalla Scala per l’edizione ora in cartellone, si possono facilmente
individuare i tagli apportati al testo completo, essendo le parti tagliate comunque pubblicate, con
diversa (minore) evidenza rispetto al resto. (Manca invece nel testo citato
l’aggiunta del recitativo&aria di Johann Christian Bach,
inseriti nel finale per questa produzione.) Come si potrà constatare, oltre ad
una montagna di recitativo secco (addirittura intere scene) sono stati cassati:
tout-court il personaggio di Aufidio,
tenore, quindi nel secondo atto la sua aria (Guerrier, che d’un acciaro); poi sempre in quest’atto, di Celia
un’intera aria (Se il labbro timito)
e quindi la seconda strofa di un’altra aria (Quando sugl’arsi campi); ancora un’intera aria di Giunia (Parto, m’affretto); nel terz’atto
cassata la seconda strofa dell’aria di Cinna (De’ più superbi il core). Insomma, un bel… macello!
___
Allora vediamo un po’ in dettaglio i
contenuti di quest’opera composta da un ragazzo sedicenne che mostra una
maturità straordinaria nello scolpire in musica personaggi e scenari del
polpettone di de Gamerra.
Avviciniamoci
alla struttura dell’opera cominciando col ricordare che essa è ancora costruita
sul modello classico settecentesco metastasiano e pre-gluckiano (dell’opera seria): arie, arie e arie (18 = 5+9+4) intercalate da corposi recitativi secchi. Ma il 16enne Mozart
mostra già il suo genio, introducendo innovazioni ardite (per gli anni 1770): diversi
recitativi accompagnati (9 = 4+4+1) e
alcuni numeri d’insieme (1 duetto, 1 terzetto e 3 cori, uno
per atto). In particolare la parte finale del primo atto è un corpus (quasi) continuo di musica, cosa
davvero rivoluzionaria per quei tempi e soprattutto per il pubblico italiano.
La
struttura (praticamente) codificata delle arie
è del tipo col da-capo: A-B-A (o più spesso A-B-A’, dove A’ è una
variante accorciata di A). Le sezioni A e B corrispondono alle due strofe in
cui il testo si articola, normalmente di 4 versi ciascuna. Dopo un’introduzione
orchestrale più o meno lunga - che anticipa motivi dell’aria e/o incisi che
l’orchestra stessa impiegherà come cadenze fra una sezione e l’altra o fra una
frase e l’altra del canto - la voce presenta, sul tema principale e nella
tonalità di impianto, la prima parte della prima strofa (di norma: i primi due
versi); poi si modula alla dominante
per la seconda parte della prima strofa. Sulla dominante medesima viene
riproposta l’intera prima strofa, con melodia sempre più o meno variata
rispetto a quella di ingresso. Tornati alla tonica,
la prima strofa viene ulteriormente reiterata (una, due, anche tre volte) e
sempre variata. A questo punto una cadenza vocale (qui opzionale) termina la sezione A (che, come
si può dedurre, è abbastanza estesa) e si passa alla B, dove viene esposta, una
sola volta e sulla sottodominante, la
seconda strofa. La prima strofa viene ripresa, nella tonalità di impianto, per
l’intera sezione A oppure con abbreviazioni (A’). Una cadenza della voce (qui obbligata) precede
la chiusa orchestrale.
Una deroga a
queste regole è rappresentata da arie in forma-sonata,
dove la struttura è sempre A-B-A’, ma i rapporti tonali e l’elaborazione dei
motivi apparentano l’aria, appunto, ad un tempo in forma-sonata. Altro tipo di
aria che si ritrova nel Silla è quello del tipo durchkomponiert, dove mancano o sono ridottissime le ripetizioni e
i diversi temi si susseguono per semplice giustapposizione.
Ma la grandissima arte di Mozart risiede nel saper -
pur nel rispetto di forme codificate e standardizzate - inserire piccole o
grandi varianti alle strutture musicali; e non solo per evitare all’ascoltatore
un senso di monotonia, ma proprio per adattare le forme alle più diverse
situazioni psicologiche e/o ambientali del dramma. Ne abbiamo nel Silla esempi
praticamente ad ogni piè sospinto.
Quanto alla
distribuzione di pani e pesci, in origine era abbastanza rigorosa: quattro arie
per ciascun protagonista principale (Silla, Cecilio, Giunia, Celia) più il
duetto e il terzetto per Giunia-Cecilio e il terzetto medesimo per Silla; tre
arie per Cinna; un’aria per il comprimario Aufidio; interventi nel coro finale
per Cecilio-Giunia e Silla-Cinna. Simmetrica anche la distribuzione negli atti:
il primo e il terzo pesano insieme quanto il secondo. Poi all’atto pratico
Silla si perdette due delle sue quattro arie per… manifesta incapacità del
tenore.
Overtura
A dispetto del nome, è una vera e
propria Sinfonia, sul tipo di quelle (all’italiana) o dei Divertimenti che Mozart aveva composto a Salisburgo proprio nei mesi
precedenti alla trasferta milanese per il Silla. È in RE maggiore e ha struttura
tripartita.
Molto
allegro –
è in 4/4 ed ha un embrione di forma-sonata, con l’esposizione dei due temi (il secondo sulla dominante LA) poi uno sviluppo che in realtà è un nuovo tema, e
infine la ripresa che ripropone, abbreviata,
l’esposizione dei due temi iniziali, stavolta entrambi in RE.
Andante – è in LA maggiore, 2/4 con il secondo tema
che è in realtà un’elaborazione del primo,
sulla dominante MI.
Molto
allegro – è in RE, 3/8,
in forma di rondò e in un certo modo anticipa
l’atmosfera festosa della ciaccona che
chiuderà l’opera.
Atto I
Scena I – Un lungo recitativo
secco supporta il colloquio fra Cecilio
(soprano en-travesti, originariamente un castrato) e Cinna (altro soprano en-travesti): il primo (un senatore) è
innamorato (corrisposto) di Giunia
(soprano, figlia di Mario, spodestato da Silla)
che però Silla vuole per sé e all’uopo si è liberato del rivale esiliandolo.
Cecilio è tornato clandestinamente a Roma dall’esilio e l’amico Cinna (che
congiurerà contro Silla) gli indica il luogo dove potrà incontrare l’amata
Giunia, che il tiranno tiene segregata nel suo palazzo. Chiude questa scena…
N°1
Aria di Cinna
– Vieni, vieni ov’amor t’invita, che è una cosiddetta aria di paragone, poiché il contenuto
assimila gli stati d’animo (di Cecilio nella fattispecie) a fenomeni naturali:
mare e cielo in tempesta che poi si calmano. È un’aria assai articolata e assai
lunga, dalla tipica struttura col da-capo
(A-B-A). L’aria è aperta da un’introduzione orchestrale in tonalità di SIb
maggiore, tempo Allegro in 4/4. La
sezione A, come detto assai complessa, presenta la prima quartina con diversi
motivi: il soprano entra per esporre i primi due dei quattro versi, chiusi da
una breve cadenza dell’orchestra e seguiti dagli altri due (del tuo vicin
contento) dove si imbarca in una prima serie di virtuosismi e porta
la tonalità verso la dominante di FA maggiore. In questa l’intera prima strofa
viene riesposta, variata, e chiusa da una lunga cadenza orchestrale. Il soprano
riprende il FA tornato dominante del SIb, per riesporre una seconda variante
della prima strofa. Ecco poi una terza variante, che si conclude con una
cadenza vocale seguita dalla chiusa orchestrale. A questo punto arriva
finalmente la seconda strofa (Non è sempre il mar cruccioso) che viene esposta solo una volta, su due motivi:
il primo (primi due versi) è nella sottodominante MIb maggiore ed è assai mosso
(come il mar crucciato); il secondo ( per i due restanti versi, da ride alfin lieto
e placato) è invece calmo e sereno (come il tempo rimesso al bello) in
SIb, cui l’orchestra torna dopo una divagazione sul FA. Ora la prima strofa (sezione
A) viene ripetuta da-capo per intero
(per la verità lo stesso Mozart ne autorizzò il taglio della prima parte, fino
al termine della variante in FA) e conclusa con la cadenza del soprano, prima
della chiusa orchestrale.
Scena II – Cecilio è
rimasto solo ed esterna la sua emozione al pensiero di rivedere presto la donna
amata. Nessun recitativo secco qui, ma abbiamo direttamente:
Recitativo
accompagnato – Dunque sperar poss’io. Cecilio
immagina la gioia di Giunia (che lo crede morto) nel rivederlo, e la fine dei
suoi dolori. Il tempo muta da Andante
ad Allegro, ad Andantino, ancora ad Allegro:
evoca con ciò lo stato d’animo di Cecilio, che oscilla continuamente fra ansia
e felicità.
N°2
Aria di Cecilio
– Il tenero momento. Quest’aria è
composta secondo lo schema della forma-sonata,
qui applicata al canto. La struttura è sempre A-B-A’ (le due quartine, con il
da-capo ridotto della prima) ma qui, a differenza dell’aria precedente di
Cinna, la sezione B è costruita con elaborazione dei motivi della A (esposizione) configurandosi quindi come
uno sviluppo di forma-sonata, seguito
dalla ripresa di motivi presentati
nell’esposizione A. Siamo in tonalità di FA maggiore (Allegro aperto, 4/4) e l’orchestra suona un’introduzione (con
motivi e incisi che torneranno nel corso dell’aria) che precede l’entrata del
soprano. La sezione A è
ancora una volta molto articolata: al primo motivo che copre i primi due versi
ne fa seguito un altro che
copre i secondi due (già mi dipinge il core) e, attraverso
virtuosismi di semicrome, modula alla dominante DO, sulla quale tonalità viene
riproposta l’intera strofa. Abbiamo poi una nuova variante della prima
quartina, sempre in DO maggiore ma con vocalizzi che modulano alla tonalità
principale di FA, dove arriva una nuova esposizione della strofa (prefigura
melodie che si riudranno addirittura nel DonGiovanni) che culmina in una
cadenza vocale e nella chiusa orchestrale. Ecco ora la sezione B con la seconda
strofa (E
qual sarà il contento) sulla sottodominante SIb maggiore e con
fugace modulazione a SOL minore; sezione brevissima, costruita sviluppando materiale
del primo motivo della sezione A. L’orchestra interviene per riportare a casa
(FA) la tonalità, sulla quale inizia la ripresa della prima strofa (sezione
A). La quale però viene qui abbreviata rispetto alla prima apparizione, dato
che il motivo che copre i secondi due versi non modula a DO, ma rimane sul FA (altro
riferimento alla forma-sonata!) e viene immediatamente seguito dall’ultima
variante della strofa, culminante nella cadenza vocale, cui segue la chiusa
dell’orchestra.
Scena III – Ci siamo ora trasferiti negli
appartamenti dove Silla tiene quasi segregata Giunia. Il tiranno chiede alla
sorella Celia (soprano) di aiutarlo a
convincere la donna di cui si è invaghito a sposarlo. Il tribuno Aufidio (tenore, cinico consigliere del
tiranno) gli suggerisce di usare la forza contro Giunia e così Silla minaccia
di farla giustiziare se lei non gli cederà. Celia cerca invece di convincere il
fratello ad usare ancora le buone maniere: tanto Giunia prima o poi si
rassegnerà alla perdita di Cecilio (creduto morto) e verrà a più miti consigli.
La scena è tutta in recitativo secco, salvo la conclusione, costituita da…
N°3
Aria di Celia
– Se lusinghiera speme. Celia conferma che il cuore di
Giunia, perse le speranze su Cecilio, si piegherà alle profferte di Silla. La
musica spiega più di tante parole la personalità della sorella del tiranno: una
donnicciuola insignificante, che però si crede importante solo per il rango che
immeritatamente possiede. È come al solito l’orchestra (qui i soli archi) ad
introdurre l’aria (DO maggiore, Grazioso,
3/4) con motivi che torneranno, come uno che pare una chiara anticipazione (25
anni prima di Haydn!) di un frammento del tema dell’Inno dell’Imperatore! In un’opera ambientata in un impero! Poi il
soprano attacca la prima delle due quartine, i primi due versi, subito ripetuti
su diverso motivo e in modulazione alla dominante SOL maggiore. Ecco poi i
secondi due versi della strofa (da anche fra i più costanti) con una salita in picchiettato (che è tutto un programma) e
con chiusura orchestrale… imperiale. La
prima strofa viene riproposta nel canonico DO maggiore, poi in una strampalata
(proprio come la personalità di Celia!) sottodominante FA, che dura solo poche
battute, per rinsavire… al DO, con immancabile chiusura imperiale. Ora ecco la seconda strofa (Quel cor sì fido e tenero) dove ancora Mozart mette in risalto il
comportamento vanesio della sorella del tiranno, mutando bruscamente il tempo,
da 3/4 a 2/4. La tonalità è FA maggiore (il tempo Allegretto) ma sugli ultimi due versi (così ostinato adesso) vira
(altra stranezza) ad un inatteso MI minore. Quindi si ripresenta la prima
strofa, in DO maggiore, tempo primo, ma
non nella configurazione iniziale, bensì in quella variata, che originariamente
era stata esposta in SOL. L’inciso imperiale
nell’orchestra chiude l’aria.
Scena IV – Aufidio (che
con Giunia deve avere qualche conto in sospeso…) ribadisce la sua convinzione
sui metodi da impiegare verso la donna, ma Silla si dice convinto che lei gli
cederà. E manco a farlo apposta, Giunia sta proprio ora arrivando.
Scena V – Abbiamo qui
il drammatico confronto-scontro fra Silla e Giunia: lui cerca, dapprima con
dichiarazioni d’amore, poi con minacce di morte, di convincere lei a sposarlo,
ma lei gli rimprovera per l’ennesima volta i suoi atti violenti e criminali
contro il padre (Mario) e il promesso sposo (Cecilio) e ribadisce che per
sempre non proverà per lui altro che odio. Ora, con l’aria di Giunia, ha inizio
un finale d’atto davvero straordinario per l’opera seria, poiché sarà fatto quasi esclusivamente di musica
(salvo poche battute del successivo recitativo della stessa Giunia).
N°4
Aria di Giunia
– Dalla sponda tenebrosa. Giunia invoca dall’aldilà le anime di
padre e promesso sposo perché vengano ad accoglierla, lasciando Silla ai suoi
meritati rimorsi. Come testimonia l’ambientazione del testo, si tratta di
un’aria d’ombra, così detta
poiché richiamante luoghi, scenari o anche personaggi misteriosi; quindi con i canonici tre bemolli in
chiave. La struttura non prevede il classico da-capo, ma è composta di tre
strofe (non due) così susseguentesi: A-B-A'-B'-C. Attacca l’orchestra, in Andante ma Adagio, 4/4 alla breve, poi
il soprano comincia ad esporre – in un celestiale MIb maggiore, in ricordo dei
suoi cari - la prima delle tre strofe. Poi ecco il tempo mutare bruscamente in Allegro (4/4) e la tonalità salire alla
dominante SIb: viene qui proposta la seconda quartina (Ah tu di sdegno, o barbaro) in
cui Giunia disprezza il tiranno, che è poi ripetuta con varianti e virtuosismi.
Si torna in Adagio (4/4 alla breve)
dove viene ripresentata in SIb la prima strofa, anch’essa arricchita di
virtuosismi, finchè il tempo muta nuovamente in Allegro (4/4) per una riproposta in MIb maggiore della seconda
strofa, ulteriormente ripresa ed arricchita. Fin qui c’è stata una perfetta
simmetria tonale: MIb-SIb-SIb-MIb. Questo equilibrio viene rotto dal MIb con
cui, mentre il tempo resta Allegro,
ma alla breve, quindi agitato, il
soprano canta la terza strofa (Io sarò paga allora) dove la donna predice al
tiranno i rimorsi che lo assaliranno dopo la morte di lei; strofa subito riproposta,
prima della rapida conclusione.
Scena VI - Silla,
rimasto solo, è ormai deciso a punire Giunia per il suo rifiuto. Lo fa
iniziando con poche battute di recitativo secco e poi attaccando un…
Recitativo
accompagnato – E pur mi piace! dove il tiranno confessa il suo
persistente desiderio della donna, ma si prepara a punirla.
N°5 Aria di Silla – Il desio di vendetta e di morte. Silla esterna la sua rabbia e la decisione di punire Giunia: invano ormai lei potrebbe invocare pietà. L’aria è in RE maggiore, bistrofa, struttura classica A-B-A’, 4/4 in tempo Allegro ed è al solito l’orchestra ad aprirla con una corposa introduzione cui le semicrome dei violini secondi e gli incisi dei fiati e dei primi violini conferiscono davvero un’atmosfera di collera e di livore, su un fondo però pomposo e marziale (trombe e timpani) come si addice ad un sovrano. Probabilmente a causa dello scarso livello vocale del primo interprete (cosa che già lo aveva portato a negargli l’aria nel finale e un’altra nel second’atto) Mozart compone un’aria relativamente semplice e facile per la voce, compensando tale semplicità con un grandissimo e magistrale trattamento dell’orchestra, vera protagonista di questo brano. Dove entra il tenore che espone i primi due versi e poi, sulla dominante LA maggiore, i due successivi (che in quest’alma ogni debole affetto) che vengono ripetuti su un nuovo motivo, chiuso dall’orchestra. La prima strofa (primi due versi) è ripresa, sempre sulla dominante, per chiudere con il ritorno alla tonica RE. Dove tornano i due versi successivi, cui segue una nuova ripetizione variata dell’intera strofa, chiusa dalla cadenza orchestrale. La seconda quartina - Forse nel punto estremo, dove Silla immagina Giunia che lo supplica di lasciarla in vita, mentre lui sarà irremovibile - inizia quindi sulla sottodominante SOL per poi modulare a SI minore (relativa del RE d’impianto) a sottolineare l’inutile dolore di Giunia. L’orchestra chiude questa strofa tornando al RE maggiore, dove abbiamo la ripresa della prima strofa, in forma assai abbreviata, costituita dalla sola ultima variante della prima esposizione.
N°5 Aria di Silla – Il desio di vendetta e di morte. Silla esterna la sua rabbia e la decisione di punire Giunia: invano ormai lei potrebbe invocare pietà. L’aria è in RE maggiore, bistrofa, struttura classica A-B-A’, 4/4 in tempo Allegro ed è al solito l’orchestra ad aprirla con una corposa introduzione cui le semicrome dei violini secondi e gli incisi dei fiati e dei primi violini conferiscono davvero un’atmosfera di collera e di livore, su un fondo però pomposo e marziale (trombe e timpani) come si addice ad un sovrano. Probabilmente a causa dello scarso livello vocale del primo interprete (cosa che già lo aveva portato a negargli l’aria nel finale e un’altra nel second’atto) Mozart compone un’aria relativamente semplice e facile per la voce, compensando tale semplicità con un grandissimo e magistrale trattamento dell’orchestra, vera protagonista di questo brano. Dove entra il tenore che espone i primi due versi e poi, sulla dominante LA maggiore, i due successivi (che in quest’alma ogni debole affetto) che vengono ripetuti su un nuovo motivo, chiuso dall’orchestra. La prima strofa (primi due versi) è ripresa, sempre sulla dominante, per chiudere con il ritorno alla tonica RE. Dove tornano i due versi successivi, cui segue una nuova ripetizione variata dell’intera strofa, chiusa dalla cadenza orchestrale. La seconda quartina - Forse nel punto estremo, dove Silla immagina Giunia che lo supplica di lasciarla in vita, mentre lui sarà irremovibile - inizia quindi sulla sottodominante SOL per poi modulare a SI minore (relativa del RE d’impianto) a sottolineare l’inutile dolore di Giunia. L’orchestra chiude questa strofa tornando al RE maggiore, dove abbiamo la ripresa della prima strofa, in forma assai abbreviata, costituita dalla sola ultima variante della prima esposizione.
Ora nove battute in Andante dell’orchestra, LA minore, 4/4,
che Mozart aggiunse all’ultimo momento per banali ragioni di… cambio scena,
servono invece mirabilmente a creare l’atmosfera lugubre dove prende forma la
successiva…
Scena VII – Cecilio si
è inoltrato nel sepolcreto sotto il palazzo dove vive Giunia, in attesa di
incontrare la donna amata. È questa, come del resto la successiva, una delle
tante scene d’ombra di cui è
costellata l’opera, ed è costituita dal solo…
Recitativo
accompagnato – Morte, morte fatal. Il tempo è sempre Andante e la tonalità di LA minore (con
appropriati abbassamenti napoletani)
sfuma poi a DO minore (tre bemolli, anche se non in chiave) all’attacco della
voce. Cecilio contempla le tombe di grandi personaggi che hanno fatto la storia, nel bene e nel male, e che la
morte ha confinato sotto fredde lapidi. Un improvviso sbotto in Allegro
dell’orchestra che ha modulato a RE minore fa sussultare Cecilio (Oh Dei!... Chi
mai s’apressa?): qualcuno si avvicina, è proprio Giunia, ma non è
sola! Il tempo adesso è tornato ad Andante,
ma per due volte gli si alternerà un Presto,
a sottolineare l’agitazione di Cecilio, che decide infine di nascondersi proprio
dietro il sepolcro del padre dell’amata, Mario. Poi il tempo muta in Adagio, la tonalità sta
portandosi verso i tre bemolli (MIb maggiore) su cui l’orchestra prepara
l’atmosfera per la scena successiva.
Scena VIII – Giunia
arriva nel sepolcreto per onorare la figura del padre, con seguito di donzelle
e nobili (tutti avversari di Silla). Subito attacca il…
N°6
Coro e Giunia. Il testo del
coro è costituito da due quartine, intercalate da una strofa cantata dalla sola
Giunia. Inizialmente, in tempo Adagio,
4/4 alla breve, scandito da pesanti crome dei fiati, tutti pregano (Fuor di queste
urne dolenti) le anime dei defunti di uscire dalle tombe. Mirabile
il trattamento delle voci, con subitanei passaggi dal forte al piano e
appropriati anche qui gli abbassamenti di note, che rendono bene l’atmosfera
sepolcrale della scena. Poi (…e sdegnose) vengono esposti i due versi
finali della quartina, in tono trionfale, dove si invitano i defunti a vendicare
la libertà di Roma, conculcata da Silla.
Una coda
orchestrale prepara il successivo intercalare di Giunia, che torna ad invocare
l’ombra del padre (O del padre ombra diletta). Si tratta di un arioso, sul tempo Molto adagio, 4/4 alla breve e tonalità salita alla relativa minore
(SOL) della dominante SIb, alla quale poi si appoggia fugacemente. L’incipit (due battute sulle parole
O del padre)
è la pura trasposizione da MIb maggiore a SOL minore di quello della precedente
entrata del coro (Fuor di queste). Il canto è lamentoso (si muove per
intervalli piccoli) ma ha improvvisi sbalzi, come salite di ottava o
addirittura di undicesima.
A questo punto riprende il coro (Il superbo, che di Roma…) in Allegro, 4/4 e MIb maggiore, ad invocare
la detronizzazione del tiranno come esempio per le future generazioni.
Tornando momentaneamente e brevemente al recitativo
secco, Giunia invoca le anime di padre e promesso sposo perché l’accolgano con
loro. Invece ecco la sorpresa!
Scena IX – È la scena
conclusiva del primo atto, dove assistiamo all’incontro fra Cecilio e Giunia e
al loro giubilo per la ritrovata (anche se precaria) felicità; scena che si
articola in…
Recitativo
accompagnato – Eccomi, o cara. Cecilio si palesa a Giunia, che non
crede ai suoi occhi, lo prende per un fantasma che si aggira fra le tombe.
Cecilio le conferma di essere proprio lui, ma ancora Giunia non si convince. E
qui ha inizio il conclusivo…
N°7 Duetto – Siamo in tempo Andante, 3/4 e tonalità LA maggiore,
alternantesi con la dominante MI. Anche qui Mozart costruisce una struttura
assai complessa a partire dalle quattro strofe (irregolari) del testo. La prima
(D’Elisio in
sen m’attendi) è cantata da Giunia, effettivamente ancora incredula,
pensando di trovarsi al cospetto dello spettro di Cecilio (come testimonia il fugace appoggio su LA minore!)
La tonalità si è spostata nel frattempo sulla dominante MI. Ora Cecilio,
riprendendo il LA maggiore e cantando la stessa identica melodia dell’incipit di Giunia (salvo la deviazione a minore!) la tranquillizza (Sposa adorata): è proprio lui,
in carne ed ossa. Chiude la strofa modulando ancora al MI, sul quale Giunia (Sposo… oh Dei!)
mostra di cominciare a crederci, ancora rassicurata da Cecilio (Tutto fede).
Ora i due esultano insieme, completando la strofa con due versi in cui esternano
la loro felicità (Fortunati i miei sospiri) in un duetto per terze e seste,
caratterizzato anche da inebrianti volate
di semicrome. Si torna a LA maggiore per un altro botta e risposta: Giunia (Cara speme)
e Cecilio (Amato
bene) poi ripetuti insieme, sempre per terze. Quindi si
passa a Molto allegro, 4/4, dove l’orchestra
dà inizio alla stretta finale con due battute che introducono gli ultimi tre
versi del testo (Or
ch’al mio seno) cantati in duetto sempre armonizzato per terze e
seste. Si torna al MI maggiore dove Giunia precede Cecilio nella ripresa dei
suddetti versi, con la tonalità che oscilla fra MI e LA e una nuova esibizione
di virtuosismi. Abbiamo quindi la ripresa in LA maggiore dell’ultima strofa (da
Cara speme)
poi, dopo una corona puntata, ecco la conclusiva volata virtuosistica,
suggellata definitivamente dall’orchestra.
Atto II
Scena I – Siamo in un
palazzo pubblico, dove si incontrano Silla e il suo tribuno Aufidio. Su un lungo
recitativo secco i due discutono della sorte di Giunia. Il tiranno è deciso a
condannarla a morte, mentre il suo sbifido consigliere gli fa notare tutti gli
svantaggi di una simile decisione, che darebbe ai suoi nemici il pretesto per
screditarlo. Meglio umiliare Giunia costringendola ad accettare un matrimonio
che venga benedetto per acclamazione dal Senato e dal Popolo: alla loro volontà
la donna non potrà di certo opporsi. Silla rivela ad Aufidio le sue debolezze,
e i rimorsi che prova ogniqualvolta usa violenza. Al che il consigliere canta…
N°8
Aria di Aufidio
– Guerrier, che d’un acciaro impallidisce
al lampo, mettendo in
guardia Silla dal mostrare pubblicamente le sue debolezze. Aria ancora
costituita da due strofe, quindi di struttura A-B-A’, e aria di paragone, essendo fondata sulla
similitudine fra la situazione di incertezza di Silla e quella di un guerriero
sul campo di battaglia. L’introduzione orchestrale – tonalità DO maggiore, 4/4,
Allegro – stabilisce subito
l’ambientazione marziale dell’aria (arpeggi sulla triade) come si addice al
tribuno che si permette nientemeno che di ammonire il tiranno sulle conseguenze
di suoi comportamenti ondivaghi. L’entrata del tenore è di quelle tronfie e…
difficili, comportando un lunghissimo DO centrale (sulla parola acciaro) che si estende su più di 4
battute; dopo un primo virtuosismo di semicrome, ecco la tonalità virare alla
dominante SOL per i secondi due versi della strofa (da a dar non vada in campo); sul
SOL viene quindi riesposta l’intera quartina, chiusa da una nuova volata della
voce e da una cadenza orchestrale. Tornando a DO, la prima strofa viene
reiterata (ma sempre variata) per altre tre volte, e poi chiusa da una cadenza
del solista seguita da quella orchestrale. La seconda strofa (Se or cede a un
vil timore) è canonicamente nella sottodominante FA, ed è al solito
assai breve (senza alcuna ripetizione). Si torna a DO per la ripresa della
prima quartina, anche qui abbreviata rispetto all’esposizione, presentando solo
le ultime due varianti di essa, sempre chiuse da cadenze di voce e orchestra.
Scena II – Silla incontra
ora la sorella Celia, che gli rivela i suoi infruttuosi tentativi di convincere
Giunia. Ma lui le notifica (senza darle spiegazioni) che in giornata il
matrimonio si farà, e la invita a prepararsi a sposare Cinna. (Qui il libretto
prevedeva un’aria per Silla – Il timor
con passo incerto – che però Mozart non musicò, verosimilmente per
l’insufficienza dell’interprete del ruolo.)
Scena III – Le scene
dalla III alla VI hanno come personaggio comune, di collegamento, Cinna. Che
ora incontra nuovamente Cecilio, che vorrebbe subito correre da Silla per
assassinarlo. Cinna lo trattiene, domandandogli spiegazioni di tanta fretta.
Cecilio rivela di aver sognato di Mario (altra scena d’ombra) che lo invitava ad agire subito contro il tiranno. Nel
breve ricordo dell’ammonimento del quasi-suocero, la voce di Cecilio è
accompagnata anche dagli archi, pur essendo il tutto all’interno di un
recitativo secco. Poi Cecilio manifesta tutta la sua inquietudine con il
successivo…
Recitativo
accompagnato – Ah, corri, vola. Cecilio si dispera al sapere Giunia
nelle mani di Silla, e si prepara nuovamente ad attentare alla vita del tiranno.
Grande drammaticità in questo passo, che dall’iniziale Allegro assai sfocia in un concitato Presto, che anticipa l’atmosfera dell’aria che segue
immediatamente.
N°9
Aria di Cecilio
– Quest’improvviso tremito, Allegro
assai, 4/4, RE maggiore, dove Cecilio mescola speranza e furore nella
prospettiva di farsi giustizia. L’aria ha un profilo marziale, date le
circostanze, e già la voce entra quasi subito, dopo sole 4 battute orchestrali
di arpeggio sulla triade. Anche la struttura dell’aria sembra echeggiare il
senso di smania e di urgenza di Cecilio, prendendo le distanze dalla forma
tradizionale, nella rinuncia al da-capo: dopo l’esposizione dei primi due versi
si sale alla dominante LA per i due successivi (non so se sia speranza) e per la
ripetizione dell’intera quartina (e fin qui nulla di nuovo). Ma ora la chiusa è
particolare, con una cadenza nella relativa minore (SI) del RE d’impianto, che
ripete due volte l’ultimo verso, prima di tornare al RE maggiore su cui viene
direttamente esposta la seconda strofa (Ma fra suoi moti interni) su cui si chiude subitaneamente,
e quasi inopinatamente, l’aria.
Scena IV – Ora Cinna
incontra Celia: lui vuole affrettare i tempi contro Silla, lei vorrebbe
comunicargli che il fratello ha benedetto la loro unione, ma non riesce a
farlo, proprio inibita di fronte all’uomo che desidera ardentemente, chiudendo
il colloquio con…
N°10
Aria-cavatina di Celia –Se il labbro timito, dove la donna affida al suo sguardo,
invece che alle parole, i suoi sentimenti per Cinna. La tonalità è SOL
maggiore, tempo 2/4 e agogica Grazioso,
proprio come l’aria del primo atto (evidentemente lo stereotipo del
personaggio!) Anche questa è un’aria che deroga dalla sacre regole, constando
di una sola strofa di sette pentasillabi. Ha un’introduzione orchestrale
relativamente lunga, poi la voce espone una prima volta l’intera strofa, quindi
modulando alla dominante RE la canta una seconda volta. Terza ripresa partendo
dal LA minore e tornando al SOL d’impianto, sul quale abbiamo una quarta ed
ultima ripresa variata della strofa.
Scena V – Cinna non si
cura dell’amore della sorella di un tiranno; lui ha in mente un autentico colpo
di stato e ha ideato uno stratagemma per metterlo in atto e togliere di mezzo
Silla. E Giunia è parte fondamentale del piano: alla donna che gli si avvicina,
raccomandandogli l’amato Cecilio, Cinna suggerisce di accettare l’offerta di
Silla, per poi trucidarlo nel suo letto (a mo’ di Giuditta con Oloferne!) La
donna inorridisce e rifiuta una simile prospettiva, in fondo lei ha saldi
principii da rispettare… Poi gli raccomanda di nuovo Cecilio, con un…
Recitativo
accompagnato – Vanne, t’affretta, col quale scongiura Cinna di tenere
Cecilio nascosto, impedendogli di fare colpi di testa. La tonalità è SIb
maggiore, anticipando quella della successiva aria, ma divaga assai in
atmosfere minori per sottolineare le
apprensioni della donna. Che poi canta…
N°11 Aria di Giunia – Ah se il crudel periglio, dove esterna i suoi timori
riguardo le possibili iniziative dell’uomo amato e ribadisce la richiesta a
Cinna di proteggerlo. L’aria è una classica bistrofa (8 versi) in tempo Allegro, SIb maggiore, 4/4 ed ha pure la
classica struttura col da-capo (A-B-A’). È aperta da una lunga introduzione
orchestrale, che ne comincia a tratteggiare le caratteristiche musicali,
esponendo due motivi, il primo di carattere marziale (salita sulla triade di
SIb maggiore seguita da una scalata da mediante a tonica e chiusa da un
perentorio salto discendente di ottava); il secondo (che si udirà come
intercalare) di natura più elegiaca e contemplativa. Sono i due sentimenti che
albergano nell’anima di Giunia. Il soprano attacca la prima strofa con il tema
principale, imbarcandosi ben presto in vocalizzi di semicrome che caratterizzeranno tutta questa
difficile aria, che interrompe il drammatico flusso degli avvenimenti per dar
modo alla protagonista di svelare i sentimenti che agitano il suo animo e al
contempo di mettere in mostra le sue qualità vocali. L’esposizione dei due
ultimi versi della prima strofa (tutto mi fa spavento) è sulla dominante FA maggiore (raggiunta
curiosamente con un arpeggio che parte scendendo dal SIb, su cui l’orchestra
aveva chiuso la prima frase, al LA naturale per poi scalare un’ottava e
divenire mediante del FA). Il canto è intercalato da incisi presi dal secondo
motivo dell’introduzione orchestrale. Sempre in FA ecco la canonica ripetizione
variata dell’intera strofa, chiusa da una cadenza orchestrale. Non abbiamo qui
le ripetizioni, sulla tonica, della prima strofa, il che assimila la struttura
dell’aria a quella della forma-sonata. La seconda strofa (Se per sì cara vita) attacca sul
DO minore, poi passa fugacemente al SIb maggiore e quindi chiude sulla relativa
SOL minore, da cui l’orchestra parte per ricondurre la tonalità al SIb in cui
viene ripresentata l’intera prima strofa, tutta nella tonalità d’impianto. Qui
all’interprete è veramente chiesto il massimo: le volate virtuosistiche sono
invero pazzesche per lunghezza e difficoltà (su un quasi-picchiettato si tocca
tre volte il RE sovracuto!) e poi è anche prevista una cadenza finale, prima
della conclusione dell’orchestra.
Scena VI – Cinna a
questo punto è deciso ad agire in prima persona contro Silla.
Recitativo
accompagnato – Ah sì, scuotasi omai
l’indegno giogo. Se Giunia rifiuta di trucidare Silla,
allora lo farà lui stesso: il brano è tutto intriso di decisione, urgenza,
ansia di vendetta.
N°12
Aria di Cinna
– Nel fortunato
istante, dove prefigura l’assassinio del tiranno, proprio nel momento in cui costui crederà di
aver partita vinta. Solita aria bistrofa, col da-capo, che davvero ci riporta
nel pieno dell’azione drammatica. È in Molto
allegro, 4/4, FA maggiore, con introduzione di sole tre battute che però
contengono un inciso (qui in crome) che si ripeterà ossessivamente (in
semicrome) nel corso dell’aria e che ben evoca l’agitazione che anima il
congiurato. Struttura canonica A-B-A’, con ripresa abbreviata della prima strofa.
Dopo che sono stati esposti i primi due versi, ecco il passaggio alla dominante
DO per i restanti due (per la comun vendetta); DO sul quale viene
riesposta l’intera strofa, la cui successiva riproposizione parte dalla
relativa di FA (RE minore) per tornare a casa in vista dell’ultima replica,
chiusa dall’orchestra. Ecco ora la seconda strofa (Già va una destra altera) esposta
in RE minore, che poi gradatamente modula al FA per la ripresa della prima
strofa. Ripresa abbreviata, contenente solo la prima e l’ultima parte della
sezione A.
Scena VII – La scena
ora muta, presentando dei giardini pensili, dove Aufidio prefigura a Silla il
successo: tutto è pronto per la cerimonia in Campidoglio in cui Senato e popolo
di fatto imporranno a Giunia di sposarlo. Silla vuol far partecipe Cinna del
piano, ma in quel momento arriva proprio Giunia.
Scena VIII – Altro
scontro fra Silla e Giunia: lui tenta ancora di convincerla a sposarlo, lei si
dice pronta a morire, pur di non cedergli. Lui l’avverte che non morirà da sola
e subito le attacca in faccia…
N°13
Aria di Silla
– D’ogni pietà mi spoglio, dove il tiranno esterna la dissociazione del suo
animo, combattuto fra l’odio e l’amore per Giunia. Aria piuttosto anomala, il
cui testo consta di tre strofe di 5-4+2-5 versi cantate in sequenza e senza
alcuna ripresa. Anche la musica (Allegro
assai, 4/4, impianto di DO maggiore, con seconda strofa in minore) non ha
alcun tratto ciclico (quindi è del tipo durchkomponiert).
Dapprima Silla manifesta ancora la sua collera e il suo proposito di punire
Giunia: dopo i primi due versi in DO, ecco i successivi 3 della prima strofa
nella dominante SOL, chiusi da una perentoria cadenza orchestrale. Ma il
tiranno (seconda strofa, Ma il cor mi palpita) diventa improvvisamente
un cagnolino piagnucolante e tremebondo all’idea di sacrificare la donna amata:
così passa a DO minore, e l’aria prende l’aspetto di un recitativo accompagnato
(Che dissi?
Ho l’anima vile a tal segno?) Ma ben presto Silla torna in sé (cioè
torna truce e crudele, Smanio di sdegno) e torna anche al DO maggiore
per la strofa conclusiva: riprende il sopravvento nel suo animo la decisione di
andare fino in fondo, però sono truci le parole, non certo il canto, che è
tutto fuorchè drammatico. Che dire? Anche questa sembra un’aria dove Mozart
pare preoccupato dalla modestia dell’interprete, e cerca in tutti i modi di
limitarne le difficoltà tecniche (un LA acuto verso la fine è il massimo
concesso…) onde evitare incidenti a lui e allo spettacolo.
Scena IX – Rimasta
sola, Giunia si prepara ad essere protagonista delle tre scene successive, di
cui farà da collante. Dapprima si domanda angosciata quale significato abbia
l’avvertimento di Silla: chi altro dovrà morire con lei? Cecilio? Il quale le
appare proprio in quel momento, dicendosi pronto ad assassinare Silla, se
costui dovesse ottenere dal Senato l’autorizzazione a sposarla… a tutti i costi.
Giunia insiste nel dissuaderlo dall’impresa e gli consiglia di fuggire e
nascondersi (le ultime parole di Cecilio e Giunia sono in forma di recitativo
accompagnato, 11 battute). Ma la donna non pare aver convinto l’amato, che la
lascia con il…
N°14
Aria di Cecilio
– Ah se a morir mi chiama il fato mio
crudele (aria d’ombra, anche testualmente parlando,
quindi… MIb maggiore, Adagio, 4/4
alla breve) dove il senatore proscritto mostra a sua volta i suoi contrastanti
sentimenti, di desiderio di vendetta nei confronti di Silla e di amore per Giunia, che lui fatica a
lasciare. L’aria segue lo schema usuale A-B-A’ ed è introdotta da sette battute
orchestrali, che precedono l’ingresso del soprano. Dopo i primi due versi in
MIb, ecco i successivi (seguace ombra fedele) nella dominante
SIb, su cui viene poi ripetuta una prima volta l’intera strofa. Si torna al MIb
per la ripetizione dei soli ultimi due versi della prima strofa. Da notare i
virtuosismi richiesti al soprano ed anche gli enormi intervalli (undicesima e
addirittura quindicesima) che connotano la drammaticità, pur rassegnata, del
canto di Cecilio. Mirabile come l’ultimo ritorno della parola sempre
(sarò con te) sia cantato su semicrome puntate che paiono precisamente dei
singhiozzi! La seconda strofa (Vorrei mostrar costanza) è nella relativa DO
minore, dove cambia anche il tempo (Andante,
3/8) per adeguarsi al testo, pieno di tristezza, di rimpianti e di incertezze
sul futuro. Tornati in MIb e al tempo primo, si ripete la prima strofa,
abbreviata rispetto all’esposizione (viene omessa la sezione centrale) e si
chiude con la cadenza della voce e quella orchestrale.
Scena X – Andatosene
pieno di rimpianti Cecilio, Giunia non può trattenere le lacrime, ma viene ora
raggiunta da Celia, che ancora la invita ad accettare le nozze con Silla, che
di certo saprà renderla felice, come felice ha reso lei, promettendole in sposo
Cinna (!?) E per manifestare la sua gioia, canta il successivo…
N°15 Aria di Celia – Quando sugl’arsi campi, la classica aria di paragone: come la pioggia estiva
ristora la terra inaridita (prima quartina) così Celia (seconda strofa) sente
la vita rinascere dopo tante pene. Aria quindi bistrofa (la prima strofa è
peraltro di 6 e non di 4 versi) in LA maggiore, 4/4 Allegro, aperta da una corposa introduzione strumentale che
anticipa il motivo del successivo attacco di Celia ed anche i picchiettati
che ne caratterizzeranno il canto, allo stesso tempo evocando le gocce
d’acqua che cadono sulle foglie, e ribadendo la personalità un po’…
picchiatella (!) della sorellina del tiranno. Al solito i primi due versi
vengono esposti sul tema principale in LA; poi si modula alla dominante MI,
sulla quale vengono esposti i restanti 4 versi della prima strofa (da le foglie, i
fior ravviva). Restando sul MI ecco la riproposizione della strofa
intera. Si torna a LA per ulteriori due varianti della prima strofa. Poi ecco
la sezione B (Così
quest’alma amante) sulla sottodominante RE, quindi la ripresa di A
accorciato, essendo eliminata la sezione centrale: è però mantenuta per intero la
prima sezione, qui tutta in LA (nella prima esposizione era in MI) quindi c’è
anche in quest’aria un labile riferimento alla forma-sonata.
Scena XI – Celia,
fatto il suo compitino, se ne va e Giunia, rimasta sola, si dispera per la
terribile situazione in cui lei e Cecilio si trovano. Esprime il suo stato
d’animo con un…
Recitativo
accompagnato – In un istante, oh come
s’accrebbe il mio timor! Giunia teme per Cecilio, credendolo ormai prigioniero di Silla (che
sospetta deciso a giustiziarlo) e si decide a chiedere pietà per lui al tiranno
davanti al Senato. Se non l’avrà, invocherà gli dèi e poi cercherà anche lei la
morte. L’accompagnamento supporta passo-passo il mutare degli stati d’animo
della donna: inizia in Andante, RE
minore (un contrasto davvero stridente con il ciarliero LA maggiore di Celia)
poi accelera a Molto allegro
allorquando Giunia immagina terrorizzata Cecilio già condannato a morte da
Silla; infine diviene Presto nel
momento in cui la donna prende la decisione di agire in prima persona.
N°16
Aria di Giunia
– Parto, m’affretto (Allegro
assai, 4/4, DO maggiore) inizia senza alcuna introduzione strumentale, per
dare il massimo risalto allo sconforto di cui Giunia è preda per la tragica
situazione che si trova a fronteggiare. E proprio per meglio presentare questo
scenario instabile, l’aria è anomala
(rispetto allo standard) essendo costituita da una prima strofa di 4+2 versi
(sezione A) e da una seconda di 4 (sezione B) ed avendo una struttura
definibile come A-A’-B. Anche dal punto di vista musicale non presenta
ripetizioni (è del tipo durchkomponiert)
essendo invece caratterizzata da un inciso strumentale (pausa di croma – 3
crome – due biscrome – croma puntata e semiminima, sulle note DO-DO-DO/DO-RE-MI/DO)
che si ripete ossessivamente, quasi a scolpire l’affanno che attanaglia l’anima
della donna. Che espone i primi due versi in DO, poi modula alla dominante SOL
per i successivi due (da morir mi sento) e resta in SOL per esporre il
quinto e sesto verso della prima strofa (da Ah se potessi). Seguono, ancora in SOL, il
terzo e quarto verso in ordine inverso
(prima e
smanio, e gelo) e quindi il quinto e sesto verso, cantati con
l’ausilio di virtuosismi che toccano più volte il RE acuto, fino alla chiusura
della sezione A. La quale viene ora riproposta assai variata (A’) principiando
in MIb (in fondo è un’aria… d’ombra)
per tornare al DO sugli ultimi due versi. Infine attacca, in DO minore (sempre
i tre bemolli) la sezione B (Ma per maggior mio duolo) che espone i quattro
versi di seguito e poi, tornata la tonalità a DO maggiore, ripete gli ultimi
due (da divien
la morte istessa) con vocalizzi che toccano ripetutamente il DO acuto,
chiudendo infine con una cadenza mutuata da quella in cui si era chiusa in SOL
la sezione A. Come si vede, un’aria davvero importante
dal punto di vista musicale, ed anche assai impegnativa per il soprano.
Scena XII – La scena cambia
ancora e adesso ci troviamo in Campidoglio, dove si appresta la cerimonia delle
nozze fra Silla e Giunia. La scena è aperta direttamente dal…
N°17
Coro
– Se gloria il crin ti cinse: il popolo, il Senato e i militari inneggiano
a Silla, grande guerriero ed oggi sposo felice! Il testo è formato da due
quartine che vengono cantate in sequenza. La tonalità è FA maggiore, tempo Allegro 4/4, il coro è il classico S-A-T-B.
Dopo 11 battute orchestrali che impongono il ritmo marziale, il coro intero
espone la prima quartina in FA, quindi modula alla dominante DO e ripete la
prima strofa. Ora la parte femminile del coro, tornando al FA, intona i primi
due versi della seconda strofa (Stringa quel braccio invitto) versi subito
ripetuti dai soli maschi. L’intero coro espone infine i due versi conclusivi
(da Se con i
mirti ancora) prima che l’orchestra suggelli il tutto con la dovuta
enfasi.
In mezzo ai Senatori è comparsa anche Giunia, che
assiste sconvolta al discorso del tiranno: Silla arringa il Senato e il popolo,
chiede di dimenticare tutti i passati contrasti con Mario, di cui si offre di
sposare la figlia. A dispetto dell’approvazione della folla, questa però lo
respinge per l’ennesima volta e poi, estratto un pugnale, minaccia addirittura
di suicidarsi davanti a tutti. Silla la fa disarmare.
Scena XIII – Ora ecco un
altro colpo di teatro: entra Cecilio armato, deciso a difendere Giunia. Silla ne
ordina l’arresto, promettendogli la condanna a morte per l’indomani.
Scena XIV – Altro colpo
di scena: arriva anche Cinna con la spada sguainata per attentare alla vita di
Silla, ma vedendo Cecilio circondato trova sui due piedi una spiegazione
plausibile alla sua presenza in armi, affermando di esser lì per difendere
Silla da una congiura, e il tiranno subito lo incarica di indagare su possibili
altri congiurati e lo congeda. Poi chiede che Cecilio venga disarmato, ma il
senatore è deciso a vender cara la pelle, finchè è Giunia a convincerlo a
cedere le armi. Silla ordina che Cecilio sia imprigionato e minaccia ritorsioni
anche nei confronti di Giunia. La scena e l’atto si concludono con il…
N°18
Terzetto
– Quell’orgoglioso sdegno. È in effetti un duetto fra Giunia e
Cecilio (che si confermano reciprocamente eterno amore e sono pronti al
sacrificio) con Silla trionfante sui due, ma allo stesso tempo straziato al
vederli felici e uniti a suo dispetto. Il tempo è Allegro, la tonalità principale SIb, 4/4 alla breve. Quanto al
testo, esso consta di 5 distici (Silla, poi Cecilio, quindi Giunia, ancora
Silla e infine Giunia-Cecilio) seguiti da due quartine (Silla e
Giunia-Cecilio). La forma è A-A’-B-B’, dove le due sezioni sono costituite dai
5 distici (A) e dalle due quartine (B), entrambi ripetuti con varianti di
melodia e tonalità. Una costante delle sezioni A e A’ è costituita dalla
mancanza di soluzione di continuità del canto: ciascun distico successivo inizia
sempre sulla battuta finale del precedente, a sottolineare l’atmosfera quasi da
battibecco fra il tiranno e i due innamorati. Dopo due sole battute strumentali
è dunque Silla
ad esporre in SIb il suo distico, su un tema ampio e regale, anche se minaccioso,
supportato da insistenti crome di violini secondi e viole. Cecilio risponde con
i suoi due versi (Non lo sperare, indegno, sulla dominante FA, che permane poi
fino al termine della sezione A) dal ritmo assai agitato nella voce e invece
più calmo nell’accompagnamento. Gli dà manforte Giunia, cantando il suo distico
(Eccoti, o
sposo, un pegno) con una melodia ampia e nobile. Rientra poi Silla
con il suo secondo distico (Empi la vostra mano) cui rispondono insieme i due
amanti (Se mi ama il caro bene) cantando
per terze e seste e chiudendo la sezione A, che cede subito il posto alla sua
ripetizione variata (A’) in tonalità che parte da SOL minore, relativa del SIb
d’impianto, cui si torna ben presto. A’ è chiusa da una breve cadenza
strumentale, che la separa dalla sezione B, dove le tre voci cantano insieme e
in perfetta sovrapposizione le rispettive quartine, sui due diversi testi di
Silla (Questa
costanza intrepida) e Giunia-Cecilio (La mia costanza intrepida) in SIb e
poi tutto mi
strazia il core (Silla) e dolce consola il core (Giunia-Cecilio) sulla
dominante FA. La ripetizione della sezione (B’) è ovviamente in SIb, ma variata
nel senso che le voci entrano a canone, ricongiungendosi sul secondo e poi sul
quarto verso; inoltre Giunia e Cecilio si abbandonano qui ad inebrianti volate
di terzine di crome. L’ultimo verso è ripetuto in perfetta sovrapposizione come
conclusione del terzetto e insieme dell’atto secondo.
Atto III
Scena I – La scena si
svolge nell’ingresso di un carcere, dove Cinna giustifica a Cecilio,
imprigionato, il suo strano comportamento davanti al Senato: lui era deciso ad
assassinare Silla, poi la situazione imprevista in cui si era venuto a trovare
gli aveva consigliato di desistere, ma ora farà di tutto per salvare lui e
Giunia. Arriva anche Celia che è come al solito ottimista (alla fine ne avrà
ben donde) e parla di un ammorbidimento della posizione di Silla. Cinna, in
cambio della promessa di sposarla, le chiede di parlare al tiranno,
avvertendolo che se non recederà dai suoi obiettivi potrà subire gravi
conseguenze (leggi: un colpo di stato contro di lui). Celia promette di farlo,
con la speranza di salvare il fratello ma soprattutto di poter sposare
finalmente Cinna.
N°19
Aria-cavatina di Celia – Strider sento la procella (aria di paragone). Celia esterna le sue preoccupazioni (la tempesta) ma
allo stesso tempo pregusta la felice conclusione della sua storia d’amore. In
tonalità SIb maggiore, Allegro, 4/4,
come la sua precedente aria n°10, anche questa si discosta ampiamente dallo
standard: il testo è un’unica strofa di 5 versi (ottonari, ultimo settenario) e
viene ripetuto quattro volte. Dopo un’introduzione abbastanza lunga, dove
l’orchestra introduce il motivo principale corredandolo di semicrome e note in staccato che evocano scrosci di pioggia,
il soprano presenta i primi due versi della strofa in SIb, indi modula alla
dominante FA per esporre i restanti tre versi (da pure avvolta in tanto orrore). In
FA l’intera strofa viene riproposta una prima volta, poi si torna a SIb per le
altre due riproposizioni, sempre variate e ricche di virtuosismi.
Scena II – Finita la
sua aria, Celia se ne parte e Cecilio manifesta a Cinna tutto il suo
pessimismo: gli chiede soprattutto di difendere Giunia da Silla. Cinna si dice
speranzoso nelle capacità di convincimento di Celia. In caso contrario è pronto
ad usare la forza contro Silla, come canta nella successiva…
N°20
Aria di Cinna
– De’ più superbi il core , dove invoca i fulmini di Giove su
Silla, che come tutti i tiranni deve temere inevitabili ritorsioni per le sue
malefatte. Tonalità RE maggiore, tempo Allegro
in 4/4, è un’aria assolutamente standard, con il da-capo, A-B-A’ (unica
particolarità: la prima strofa è di 5 e non di 4 versi). Dopo la robusta
introduzione orchestrale che stabilisce l’atmosfera battagliera dell’aria, la
voce presenta la prima parte (3 versi) della prima strofa e poi modula alla
dominante LA maggiore, per l’esposizione dei due versi finali della strofa (ma d’un alloro all’ombra). Sul LA viene
riesposta, naturalmente variata, l’intera prima strofa, chiusa da una lunga
coda strumentale. Dal LA si passa ora a SI minore (relativa di RE) per la
ripresa dei primi tre versi della strofa, cui segue la riesposizione, in RE
maggiore, della strofa intera, ancora reiterata con variante, in particolare
nei due versi finali, cantati in valori assai allargati, cui segue una volata
in semicrome e, dopo una coda strumentale, la cadenza solistica che chiude la
sezione A. Come da regola, la sezione B (Paventino i tiranni) scende alla sottodominante
SOL, poi transita anche per SI minore prima che l’orchestra torni al RE per la
ripresa della prima sezione (A’). Che come di norma è limitata alla porzione
finale (ultime due repliche della prima strofa, più la cadenza).
Scena III – Cinna si è
congedato e Cecilio riceve ora un’ultima visita di Giunia, estremo favore
concessole da Silla. I due si dicono pronti a morire insieme.
Scena IV – Ma ecco che
Aufidio viene a prelevare Cecilio, senza informarlo di dove lo condurrà, al che
il senatore prigioniero e la sua promessa sposa immaginano si tratti del
patibolo. E qui abbiamo lo straziante addio fra i due innamorati, che Cecilio
interpreta con la sua ultima aria.
N°21
Aria di Cecilio
– Pupille amate non lagrimate. È l’estremo addio a Giunia, espresso
in due strofe di 4 pentasillabi ciascuna. La forma è il Rondò (A-B-A-C-A) il tempo è di Menuetto,
3/8, LA maggiore. L’incipit del tema del ritornello (prime 4 battute) verrà da
Mozart ripreso 20 anni più tardi nel movimento centrale del Concerto per clarinetto (K622). Dopo
l’introduzione strumentale che ne anticipa il motivo, ecco il ritornello A,
dove viene proposta dalla voce la prima strofa. La sezione B del rondò
ripropone, su una diversa melodia dopo modulazione alla dominante MI, la prima
strofa e poi, tornati a LA, la seconda (Quest’alma fida). Seconda apparizione del
ritornello A, seguita dalla sezione C del Rondò che ripete ancora la prima
strofa in LA, con melodia appoggiata alla dominante. Il ritorno della sezione A
chiude, con una cadenza finale, quest’aria invero deliziosa, dove l’animo di
Cecilio pare pervaso da serena rassegnazione e dalla fiducia di riunirsi a
Giunia nell’aldilà.
Scena V – Trascinato
via Cecilio da Aufidio, Giunia resta sola ed esterna immediatamente la disperazione
del suo animo, al pensiero della tragica sorte che aspetta l’amato. È una
classica scena d’ombra, che inizia
con un…
Recitativo
accompagnato – Sposo… mia vita, che irrompe bruscamente, in Allegro, alla chiusura del delicato Menuetto di Cecilio, col quale crea un
drammatico contrasto. È il recitativo più lungo e articolato dell’opera.
Dapprima la donna manifesta il suo sgomento e la sua impotenza di fronte al
precipitare della situazione: nemmeno gli dèi le danno ascolto! Poi immagina
Cecilio già giustiziato, vede il suo sangue scorrere a fiotti: il tempo
rallenta ad Andante e Giunia esprime
il desiderio di morire a sua volta. Si domanda cosa aspetti ancora per muoversi
(il tempo torna fugacemente ad Allegro).
Ma ecco il tempo scendere ad Adagio e
udirsi in flauti e viole una celestiale melodia dal sapore ultraterreno: è
Cecilio che la chiama, così immagina la sonfortata Giunia. Che decide
bruscamente (tempo Presto) di andare
a morire con lui: un DO minore (!) dell’orchestra chiude il recitativo e prepara
la successiva…
N°22 Aria di Giunia – Fra i pensier più funesti di
morte. In
tempo Andante, 4/4 alla breve, è una
grande aria d’ombra (l’unica aria in minore dell’intera opera) quindi
con i tre bemolli in chiave, il DO minore appena preparato dall’orchestra e qui
arricchito di tre battute introduttive che recano una mesta melodia discendente
(oboi e viole). Giunia immagina Cecilio giustiziato e si prepara a seguirlo
nella morte. Il testo consta di due strofe di 5 e 3 versi e viene esposto di
seguito, con semplici ripetizioni di versi. La prima strofa è in DO minore, con
tipici abbassamenti da… funerale, e
chiude con una sospensione sul SIb, che diventa dominante del MIb maggiore
(relativa del DO minore d’impianto) con cui principia la seconda strofa (Già vacillo, già
manco, già moro) accelerando al contempo ad Allegro. La tonalità viene ben presto ricondotta al DO minore,
ancora con mesti abbassamenti, sulla quale abbiamo la reiterazione della strofa
e poi quella insistita dell’ultimo semiverso (…m’affretto a seguir) che porta alla
concitata conclusione, mentre Giunia esce di scena.
Scena VI – Silla ha
convocato ancora il Senato perché gli renda giustizia (contro Cecilio e per
avere Giunia). Celia e Cinna cercano di dissuaderlo dai suoi propositi,
paventando altrimenti per lui solo imminenti pericoli. Il tiranno manifesta
tutto ciò che si muove nel suo petto: amore, gloria, vendetta, sdegno e timore.
Di tutto è deciso a venire a capo, chiamando Roma e il Senato a testimoni. (Il libretto
a questo punto prevederebbe l’ultima aria per Silla, Se al generoso ardire, ma sappiamo che
Mozart non la compose, verosimilmente perché ritenne non affidabile il tenore raccattato
all’ultimo momento per sostenere la parte del tiranno.)
Scena VII – Arriva Giunia
e subito affronta Silla, disprezzandolo in faccia a tutti e chiedendo al Senato
di renderle giustizia, ma il tiranno l’avverte minacciosamente che fra poco lei
toccherà con mano gli effetti delle sue decisioni.
Scena ultima – Viene
portato lì anche Cecilio. Silla, dopo averlo accusato per il tentativo di colpo
di stato, tra la sorpresa generale, lo spedisce fra le braccia di Giunia e
concede ai due di unirsi in matrimonio! Poi annuncia la grazia per tutti i
cittadini proscritti. Infine si rivolge a Cinna, il quale confessa di aver cercato
di attentare alla sua vita. Ma anche per lui c’è il sorprendente perdono, e ci
sono le nozze con Celia! E infine il bieco consigliere Aufidio viene pure perdonato
per i suoi maligni consigli, e Silla abdica al trono e ad ogni mira di
grandezza in favore del bene e della giustizia universali.
N°23
Finale col coro (Ciaccona) – Il gran Silla a Roma in
seno. È il lieto fine
della vicenda, strutturato come un Allegro
in 3/4 (Ciaccona) in RE maggiore. Tonalità che permane per quasi tutto il numero.
Il coro si presenta con il ritornello di 4 versi, cui segue il distico di Giunia-Cecilio
(Sol per lui l’acerba
sorte, cantato per terze) e
poi quello di Cinna/Silla (E calpesta le ritorte, che chiude con una sfumatura
alla relativa SI minore). Dopo la ripetizione in RE del ritornello abbreviato a
due versi ecco un nuovo distico (Trionfò d’un basso amore) cantato dai quattro solisti,
quindi quello di Silla (Il trofeo sul proprio core) che precede l’ultima ripresa
del ritornello (Se
per Silla in Campidoglio) che chiude l’opera.
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Prossimamente qualche impressione sull’allestimento scaligero.
2 commenti:
Ciao, credo sia completa quella di Cambrelyng per la Brilliant. Ma vado a memoria...
Alessio
@Alex
Alessio, intanto grazie dell'interesse!
Vado anch'io a memoria, e mi pare che qualche (piccolo) taglio ci fosse anche in quell'edizione: ad esempio la seconda strofa dell'aria di Celia (primo atto).
Uno degli altri pregi (se così vogliamo chiamarlo) dell'edizione Hager è di non tagliare nemmeno una parola di recitativo secco!
Ciao!
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