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20 dicembre, 2013

Orchestraverdi – Concerto n°14

 

L’appuntamento settimanale in Auditorium ha il sapore di una sana e allegra rimpatriata fra vecchi amici, una specie di Concerto di Capodanno anticipato, prima che l’imparruccato Händel ci riporti nel serio, cometa-stellato e religioso clima natalizio e che poi sia la serissima Nona beethoveniana a farci scollinare verso il 2014.   

Gaetano D’Espinosa (uno dei tre Direttori principali ospiti) è incaricato di chiudere l’Avvento (!?) con un pizzico di trasgressione… ma di tipo davvero sano e innocuo, come è per noi scafati del terzo millennio persino quella – a suo tempo graffiante – degli amori un poco… particolari fra una marescialla e il suo bambolotto preferito!

Dei sette brani in programma, quattro sono del Re-del-Walzer, anche se soltanto uno è proprio un… Walzer. Poi abbiamo tre ospiti valzerosi di provenienza abbastanza eterogenea: Pietroburgo, Parigi e, appunto, Monaco (provincia di Vienna…)

La prima parte della serata (Strauss, Ciajkovski, ancora Strauss e Ravel) alterna, potremmo dire, Vienna a Parigi, poichè anche il russo guardava certo più alla Francia che non all’Austria.

L’ouverture del Fledermaus è prevalentemente in tempo pari (4/4 o 2/4, con svariati motivi di polka) ma in mezzo contiene una sezione (dapprima in SOL, poi ripresa in LA) che presenta i due temi del famoso Walzer del finale dell’atto II (cui segue l’altro, dolce e patetico, dall’atto I). Chissà perché, a me istintivamente il primo dei due motivi ha da sempre richiamato alla mente nientemeno che la sezione centrale dell’Allegro della Quinta di Beethoven, che in effetti può apparire come un austero Walzer ante-litteram!


L’opera (operetta?) fu portata al suo massimo splendore da Gustav Mahler che la fece entrare stabilmente nel repertorio della Hofoper (ben 16 rappresentazioni nel 1899 e addirittura 21 nel 1900!) E questo nonostante il direttore-compositore avesse dei Walzer di Johann Strauss-jr una stima che definire pessima è ancora poco! Se è vero com’è vero che scrisse alla Bauer-Lechner che per lui Strauss, come musicista, era un povero disgraziato, come uno che porta tutti i suoi averi al banco dei pegni e si trova poi squattrinato, a confronto del vero artista (come Schubert!) che sa far fruttare al massimo sia le banconote che gli spiccioli che si trova in tasca…  

Con il Ciajkovski della Valse des Fleurs siamo passati in una Pietroburgo che guarda a Parigi, e gli arabeschi delle arpe che introducono il celeberrimo tema paiono proprio venire direttamente dal Bal della Fantastique berlioziana…

Si torna momentaneamente a Vienna con l’Ouverture dello Zigeunerbaron. Ancora in tempo pari, con all’interno la sezione ternaria che divenne famosa – fuori dall’operetta - col titolo di Schatz-Walzer (ma allora perché non suonare direttamente quello, in un programma così orientato?)


Chiude la prima parte Ravel con la sua Valse: una specie di simpatico e allo stesso tempo grottesco sberleffo (non certo un’evocazione della Vienna che marcia incosciente verso l’abisso…); invece è quasi una parodia della Vienna presuntuosamente godereccia di metà ‘800; profumi impressionisti che si mescolano a pesanti cadute di stile… 

A poco più di un anno fa risale l’ultima esecuzione de laVerdi qui in Auditorium (anche allora, ma quasi per… caso, con D’Espinosa sul podio) di cui avevo scritto in termini assai positivi. Termini che confermo in pieno anche per ieri sera.

Vienna torna protagonista nella seconda parte del concerto, ancora con lo Strauss casalingo di un’operetta, Prinz Methusalem, nella cui ouverture compare soltanto una breve sezione in ritmo ternario (3/8), quindi di Walzer ce n’è davvero pochino. Si nota invece il passaggio che verrà impiegato dal compositore per costruirci il corpo di una Polka-Schnell, il Banditen-Galopp:


Tocca poi al celebre e celebrativo Kaiser-Walzer, che si dovrebbe tradurre Walzer degli Imperatori, visto che fu dedicato a Franz-Josef d’Austria e a Wilhelm II di Germania, in occasione della visita che il primo fece al secondo nel 1889. Strauss voleva intitolarlo addirittura Mano-nella-mano, roba da chiodi! Devo dire che per me non si merita affatto le parole piuttosto sprezzanti di Mahler: la sua struttura sinfonica e la qualità dei temi ne fanno forse il Walzer più classico di Strauss. 

D’Espinosa lo esegue con piglio assai… meccanico, quasi a voler privilegiare il monarca prussiano (quello col classico chiodo in testa, smile!) su quello della raffinata Vienna. Ma il finale con l’assolo del violoncello di Tobia Scarpolini riscatta ogni offesa.

Chiude le danze un altro Strauss – arrivato a Vienna dalla Baviera – con la suite del Rosenkavalier. Come accade al pezzo di Ravel, anche il Rosenkavalier viene spesso descritto come la visione della Vienna che si avvia ciecamente, e ubriacandosi nel suo ballo nazionale, verso la catastrofe della Grande Guerra: in realtà è senno-di-poi, le biografie di Hofmannsthal e Strauss parrebbero dimostrare il contrario e quest’opera resterà probabilmente nei secoli come la più stupenda quanto anacronistica (nel 1910!) apologia del Walzer e dell’epoca che ne udì i primi vagiti.

L’argenteria e la cristalleria di Swarovski Strauss vengono qui esposte con dovizia di mezzi sonori: ottavini, flauti, oboi, clarinetti, glockenspiel, arpe e celesta; la definirei – in termini schizofrenici – una specie di orgia paradisiaca!

E in paradiso si deve essere sentito anche il pubblico dell’Auditorium, letteralmente inebriato da questi suoni. Cui è seguito un bis di polka (tanto per tener fede all’oggetto della serata, smile!) con Éljen á Magyar!, incluso il finale grido di Éljen – viva! 

Certo, chi ascolterà questo concerto il 22 e 24 ore dopo sarà presso il Messiah avrà una specie di choc… Per quanto mi riguarda, ho tre giorni di tempo per tornare sulla terra, vicino al presepe.
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Allego qui per l’occasione un prezioso studio sul Walzer del grande Roman Vlad, apparso su Musica&Dossier del gennaio 1989.

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