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06 marzo, 2010

Peter Grimes al Regio di Torino

Ieri pomeriggio, al matinée del Teatro Regio di Torino (platea abbastanza affollata, fila di palchi invece deserta al 70%) un interessante Peter Grimes. Nei ruoli principali il secondo cast.

La regìa di Willy Decker ha delle buone intuizioni, affiancate da qualche caduta di stile, o da qualche banalità. Le scene (John Macfarlane) sono improntate ad un minimalismo non del tutto fuori luogo: soliti pannelli mobili, un paio di sfondi dai colori e disegni pallidi e indecifrabili, o che richiamano vagamente cieli striati da cirri e cumuli. I costumi (dello stesso Macfarlane) sono più da città che da borgo marinaro, ma forse una ragione c'è. È la stessa che spiega perché il mare non si vede mai, il che sembrerebbe idea strampalata, mentre tutto sommato ha buon diritto di cittadinanza.

Pare che lo stesso Britten si sia lamentato di una scenografia troppo esplicitamente marina in occasione di un allestimento londinese. E in effetti non c'è bisogno di vedere un mare di cartapesta, quando il mare lo si vede benissimo con l'orecchio! Grazie ai colori della splendida orchestrazione britteniana (a proposito, complimenti davvero ai professori addetti a flauto, ottavino e clarinetto, che hanno dato vita – con i corni e tutti gli altri - alle bellissime atmosfere acquatiche, non solo degli interludi). Secondo Britten (con cui si potrebbe magari filosoficamente ed antropologicamente dissentire) il Grimes non è una storia di gente di mare, ma di un certo tipo di gente, sempre uguale sotto qualunque orizzonte e latitudine. Una comunità che sfoga i suoi sensi di colpa sul primo individuo avvertito come diverso, il quale finisce quindi per divenire a sua volta diffidente di tutto e di tutti.

E il regista fa quindi benissimo a mostrarci Grimes sempre isolato dal resto del popolo, fin dalla prima scena dell'istruttoria processuale. Dove il pescatore appare recando una piccola bara, col corpo dell'apprendista morto, oggetto dell'istruttoria medesima. Bara che poi si porta via, proprio come un fardello di cui non si potrà mai liberare.

Il primo atto si apre – anziché sulla battigia, con barche e pescatori, e ragazzi che sguazzano – in un locale chiuso che pare proprio una chiesa, a giudicare dal fatto che è il reverendo Adams a dirigere il coro dei borgatari, tutti ordinatamente seduti su seggiole perfettamente allineate, e tutti con tanto di spartito in mano. Esattamente la stessa scena si vedrà alla conclusione dell'opera (dove del resto il coro canta quasi le stesse note, nella stessa tonalità di LA maggiore) prima che il sipario cali. Qui francamente l'intento didascalico di Decker – mostrarci una comunità integralista oltre ogni limite – mi è parso eccessivo. Oltretutto – massima contraddizione, certo voluta, ma altrettanto discutibile – allorquando (prima scena del secondo atto) il popolo è in chiesa per davvero, allora lo vediamo in totale disordine, in piedi, disattento e indisciplinato! Mah…

Nella scena della taverna, primo atto, durante la tempesta, c'è forse troppo andirivieni di comparse. La cosa è giustificata dalla presenza del coro, però Decker mescola troppo i personaggi principali con le masse, il che ne rende poco distinguibili, e udibili, gli interventi.

Altro discutibile aspetto della regìa è l'impiego della croce nelle due scene di caccia a Grimes (secondo e terzo atto): anche qui la metafora della crociata contro il diverso si poteva presentare in modo più efficace (almeno credo io).

Assai più efficace, appunto, l'impiego delle maschere di animali da branco (pecore, galline, conigli e maialini) nella scena della festa nella Sala Civica (inizio del terzo atto).

Un'ultima nota riguarda la fine dell'atto secondo, laddove, dopo essere scomparsi precipitando nel dirupo (cosa risultata fatale al ragazzino) Grimes e lo stesso riemergono nella loro casupola, dove il pescatore depone il corpicino morto – e senza maglione – sul letto. La cosa è inventata (nel libretto invece è Balstrode a calarsi a sua volta lungo la scogliera). L'unico valore aggiunto che questa trovata ci dà rispetto all'originale è di spiegarci meticolosamente come mai il maglioncino dell'apprendista sarà poi rinvenuto da Ellen in riva al mare.

Quanto alla caratterizzazione dei personaggi, direi che Decker abbia fatto centro. In particolare nelle macchiette come Swallow e Adams (dissacrante la scenetta con le nipotine all'inizio del terzo atto) Boles, efficacissimo nelle movenze e Mrs. Sedley, perfetta nel ruolo della benpensante fanatica. Grimes, Ellen e Balstrode: proprio come uno se li aspetterebbe.

Vengo alla parte musicale. Confermando subito il mio bravo incondizionato – già emesso dopo l'ascolto radiofonico della prima - al Kapellmeister Yutaka Sado. Che curiosamente abbandonava sul leggìo la bacchetta ad ogni attacco degli Interludi. E con lui all'orchestra del Regio, che evidentemente il mio concittadino Gianandrea Noseda sta curando con profitto. Mentre per radio mi era parsa spesso troppo invadente (colpa dei microfoni?) ieri non ha mai coperto le voci.

Grimes era Jon Ketilsson. Se dividiamo schematicamente gli interpreti del pescatore in due scuole (Pears e Vickers) il nostro è più della prima che della seconda (quindi sarebbe gradito a Britten!) A me è decisamente piaciuto di più del Shicoff ascoltato per radio alla prima. Voce non potentissima forse, ma canto assai pulito, mai impiccato, e buona espressività.

Janice Watson era nei panni di Ellen, ruolo da lei già altre volte sostenuto. Tecnicamente ed attorialmente bravissima, purtroppo ciò che a me personalmente non piace di lei è la voce che, appena deve superare il piano, diventa metallica, chioccia, quindi poco gradevole. Quindi non adatta ad un personaggio che ha un animo dolce e materno, ma forse più ad una bisbetica come Mrs.Sedley! Più di lei mi era piaciuta per radio la Gustafson, una voce più calda e morbida.

Mark S.Doss si è confermato un baritono coi fiocchi e un Balstrode quasi perfetto.

Bravi, anche come qualità mimiche, il Boles di Mark Milhofer, il Keene di George von Bergen, lo Swallow di David Wilson-Johnson e il reverendo Adams di Dominic Armstrong.

Su discreti standard gli altri: la zia di Cornelia Wulkopf, le nipotine Silvia Colombini / Daniela Schillaci, la Mrs.Sedley di Claudia Nicole Bandera e l'Hobson di Lucas Harbour (che se l'è cavata bene anche come tamburino).

Alla fine grandi applausi per tutti, compresi Sado e il coro con il suo Gabbiani. Doss e Watson i più gratificati. Per la verità abbiamo avuto anche un applauso a scena aperta – ahimè dovuto a crassa ignoranza, da parte di qualcuno che forse pensava essere quella la conclusione dell'opera – dopo il primo dei tre Peter Grimes! che tutti (Ellen e Balstrode esclusi) cantano a squarciagola in SIb subito prima del sesto interludio. Pazienza.

Appuntamento fra pochi giorni con Wagner.


5 commenti:

Amfortas ha detto...

Un mio amico ha visto il primo cast e mi ha parlato benissimo di questo Peter Grimes, mi fa piacere che tu confermi.
Il Regio ha indubbiamente il cartellone più interessante d'Italia, soprattutto come diversificazione di titoli. Peccato che sia davvero lontano, per me.
Potevo scegliere Torino per il Tannhäuser, ma siccome lo fanno a Trieste ho optato per una traferta romana per il Mefistofele.
Ciao e buona domenica!

Giuliano ha detto...

Non so se tutto il Peter Grimes sia un capolavoro, come si diceva l'altra volta; di certo gli interludi sono dei capolavori.
Direi che a Britten manca qualcosa che Verdi aveva, nel senso del teatro; ma se poi scrive della musica così, e penso anche alla scena seguente al processo di Billy Budd, o all'apparizione dei fantasmi nel Giro di vite, tutte le critiche vengono a cadere.


Andando fuori tema, sei troppo duro con Pollini e con Abbado. Non so tu, io vengo da vent'anni di turni di notte in fabbrica, sono figlio di operai, forse queste cose io le capisco e tu no - beato te, s'intende.
Ma questa non è la sede per parlare di Politica (nota la P maiuscola!), piuttosto dico che il mio parere sui loggionisti "di mestiere" concorda tristemente con il tuo, e che se i turni in fabbrica me l'avessero consentito avrei fatto volentieri l'abbonamento anch'io - per questo sono grato ad Abbado, a Grassi, a Badini, che facevano opere e concerti anche di pomeriggio, in orari accessibili anche a chi si deve alzare alle cinque del mattino. Da una quindicina d'anni in qua sono tornate di moda le pellicce e gli abiti da sera...Potendo, prenderei le uova e la vernice anch'io (ma ormai son tropp vècc)
:-)

daland ha detto...

@Amfortas
Dì la verità, ti manca il "corridoio 5" della TAV!
Oh, farebbe comodo a tutti, eh!

@Giuliano
Scusa, ma credo che la distanza fra Britten e Verdi sia quella di Amfortas da Torino, senza TAV (smile!)

Quanto ai temi discussi sul blog di Amfortas, devo dire che "ai miei tempi" stravedevo per i due (Abbado-Pollini) proprio per la loro presenza politica e per la loro generosità nei confronti di chi sudava giorno e notte (anch'io, pur da colletto bianco, ho fatto innumerevoli notti di lavoro, perchè così era l'informatica una volta). Oggi, sarà il riflusso, sarà l'età, che ti devo dire, i due mi sembrano scimmiottare se stessi. Va bene il "Che" del '68, va bene il Vietnam del '70, ma il Castro del 2000...
Quanto alle pellicce, c'erano sempre, anche ai tempi di Grassi. Ricordo come ieri il grande organizzatore, a proposito di un 7 dicembre particolarmente mondano, affermare: "pecunia non olet". Certo, poi lui la pecunia che incassava dai ricchi impellicciati la usava per iniziative serie. Oggi, mah!

Giuliano ha detto...

Sì, in sostanza siamo d'accordo.
Sia Grassi che Badini di compromessi ne hanno fatti tanti, quasi sempre a fin di bene; poi, si sa, gli Strehler e gli Abbado sono artisti, il loro compito è appunto quello di volare alto - ma uno che tenga i piedi per terra ci vuole sempre.

Verdi è lo Shakespeare italiano! Dovrebbero insegnarlo a scuola, ma io sono contento che a scuola non me l'abbiano insegnato, pensa a quanti commenti idioti ci siamo risparmiati (povero Leopardi!)
Britten è nato nel Novecento...riuscire ad essere grande negli anni '60, al teatro d'Opera, è stata un'impresa titanica (l'ultimo dei Mohicani?)
:-)

daland ha detto...

@Giuliano
In realtà Verdi, inteso come rappresentante della "musica" andrebbe insegnato dall'asilo. Dopo, è già troppo tardi.