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da stellantis a stallantis

01 novembre, 2008

Della Origine & certezza della Musica.


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QVANTVNQVE Iddio Ottimo Massimo, per la sua infinita bontà, habbia concesso all'Huomo l'esser con le Pietre, il crescere con gli Arbori, & il sentire commune con gli altri Animali; tutta via com'ei volesse, che dalla eccellenza della Creatura si conoscesse l'onnipotenza sua, lo dotò dell'Intelletto; cosa che poco lo disaguagliò da gli Angioli. Et accioche egli sapesse il suo principio & fine esser la sù, lo creò con la faccia drizzata al cielo, doue è la sedia di esso Iddio; del che Ouidio nel Primo delle Trasformationi canta in questo proposito:



Pronàque cum spectent animalia caetera terras,

Os Homini sublime dedit coelumque videre

Iussit; & erectos ad sydera tollere vultus.

& questo perche ei non fermasse l'amor suo nelle cose basse & terrene; ma leuasse l'intelletto à contemplar le superiori & celesti; & penetrasse alle occulte & diuine col mezo delle cose, che sono & si comprendono per via de i Cinque sentimenti. Et benche, in quanto all'Essere, due soli fussero sufficienti; nondimeno per il Ben'essere, tre di più vene aggiunse: imperoche se per il Tatto si conoscono le cose dure & aspre, dalle tenere & polite; & per il Gusto si fà la differenza tra i cibi dolci & amari, & d'altri sapori; per questo & per quello si sente la diuersità del freddo & del caldo, del duro & del tenero, del greue & del leggiero; cose che veramente all'Esser nostro bastarebbono; non resta però, ch'al Ben'essere il Vedere, l'Vdire, & l'Odorare necessarij non siano; per i quali l'Huomo viene à rifiutare ciò che è cattiuo, & eleggere il buono. De questi chi vorrà ben essaminare la lor virtù, senza dubbio ritrouerà il Vedere, considerato da per sè, essere à i corpi di maggior vtilità; & consequentemente più necessario, che gli altri; ma ben si conoscerà poi, l'Vdito esser molto più necessario & migliore; considerandolo per accidente, nelle cose che appartengono all'Intelletto; conciosia che se bene per il senso del Vedere si conoscono più differenze di cose; essendo che più si estende, che l'Vdito, nondimeno questo nell'acquisto delle Scienze & giudicio intellettuale più si estende, & molto maggior vtile ne apporta. Onde ne segue, che l'Vdito veramente sia & più necessario & megliore de gli altri Sentimenti; auenga che tutti Cinque si chiamino Istrumenti dell'Intelletto: percioche ogni cosa che vediamo, vdimo, tocchiamo, gustiamo, & odoriamo, si offerisce à lui per il mezo de i Sensi & del Senso commune; ne di cosa alcuna può hauer cognitione, saluo che per il mezo di vno de questi cinque: essendo vero, ch'Ogni nostra cognitione da essi habbia l'origine. Dall'Vdito adunque, come dal più necessario de gli altri Sentimenti, la scienza della Musica hà hauuto la sua origine; la cui nobiltà facilmente si può per l'antichità dimostrare; percioche (come dicono Mosè, Gioseffo, & Beroso Caldeo) auanti che fusse il Diluuio vniuersale, fù al suono de martelli trouata da Iubale della stirpe di Caino; ma perduta poscia per lo soprauenuto diluuio, di nuouo fu da Mercurio ritrouata: conciosia che (come vuole Diodoro) egli fù il primo, che osseruò il Corso delle stelle, l'Harmonia del Canto, & le Proportioni de i Numeri; & dice ancora, lui essere stato l'Inuentore della Lira con tre Chorde; del cui parere è stato anco Homero & Luciano; quantunque Lattantio, in quello che fà della Falsa religione, attribuisca l'inuentione della Lira ad Apollo; & Plinio voglia, che l'Inuentore della Musica sia stato Anfione, Ma sia à qual modo si voglia; Boetio (accostandosi all'opinione di Macrobio, & allontanandosi da Diodoro) vuole, che Pitagora, & non Platone, come vuol Guidone Aretino; sia stato colui, che ritrouò la Ragione delle musicali proportioni al suono de martelli: Percioche passando egli appresso vna bottega di fabri, i quali con diuersi martelli batteuano vn ferro acceso sopra l'incundine, gli peruenne all'orecchie un certo ordine de suoni, che gli mouea l'udito con dilettatione; & fermatosi alquanto, cominciò ad inuestigare, onde procedesse cotale effetto; & parendogli primieramente, che dalle forze diseguali de gli huomini potesse procedere; fece che coloro, iquali batteuano, cambiassero i martelli: ma non vdendo suono diuerso da quello di prima; giudicò (com'era il vero) che la diuersità del peso de martelli fusse la cagione. Per la qual cosa hauendo fatto pesare ciascun di loro separatamente, ritrouò tra i Numeri de i pesi le ragioni delle Consonanze & dell'Harmonie; lequali egli poi industriosamente accrebbe in questo modo; c'hauendo fatto chorde di budella di pecore di grossezza vguale; attaccando ad esse i medesimi pesi de martelli; ritrouò le medesime consonanze; tanto più sonore, quanto che le chorde per sua natura rendono il Suono all'vdito più grato. Continuossi quest'Harmonia per alquanto spatio di tempo; & dopoi i successori, i quali sapeuano già i suoi fondamenti esser posti in certi & determinati Numeri, più sottilmente facendone proua, à poco à poco la ridussero à tale; che le diedero nome di perfetta & certa Scienza. Et rimouendo i falsi & dimostrando i veri concenti, con euidentissime ragioni de Numeri & infallibili, ne diedero in iscritto chiarissime Regole; come apertamente in tutte l'altre Scienze vediamo esser auenuto; che i Primi inuentori di esse, come chiaramente lo dimostra Aristotele, non n'hebbero mai perfetta cognitione; anzi con quel poco di lume erano mescolate molte tenebre di errori; i quali rimossi da chi li conosceua, in vece loro succedeua la verità; come fece egli intorno à i Principij della Filosofia naturale; che adducendo diuerse opinioni de gli Antichi filosofi, approuò le buone & vere, rifiutò le false, dichiarò le oscure & male intese, & aggiungendoui la sua opinione & autorità, dimostrò & insegnò la vera scienza della Filosofia naturale. Cosi della nostra scienza della Musica i posteri mostrando gli errori de passati, & aggiungendoui la loro autorità, la fecero talmente chiara & certa, che la connumerarono, & fecero parte delle scienze Mathematiche; & questo non per altro, saluo che per la sua certezza: percioche questa con l'altre insieme auanza di certezza l'altre Scienze, & tiene il primo grado di verità; il che dal suo nome si conosce; poi che Mathematica è detta da μάθημα parola greca, che in latino significa Disciplina; & nella nostra lingua importa Scienza, ò Sapienza; la quale (come dice Boetio) altro non è che vna Intelligenza; o per dirla piu chiaro, capacità di verità delle cose che sono & di loro natura non sono mutabili; della qual Verità queste Scienze fanno particolar professione; essendo che considerano le cose, che di lor natura hanno il vero essere. Et sono in tanto differenti d'alcune altre Scienze; che queste essendo fondate sopra le opinioni de diuersi huomini, non hanno in se fermezza alcuna; & quelle hauendo i Sentimenti per loro proua, uengono ad hauere ogni certezza. Percioche i Mathematici nelle cose essentiali sono d'un'istesso parere; ne ad altro consentono, che à quel, che si può sensatamente capire. Et è tanta la certezza di dette Scienze; che col mezo de' Numeri si sà infallibilmente il Riuolgimento de cieli, gli Aspetti uarij de i pianeti, l'Eclisse della Luna, & quello del Sole, & infiniti altri bellissimi secreti, senza esser tra loro punto di discordia. Ilperche da questo si può conoscere, che la Musica sia & nobile & certissima; essendo parte delle Scienze mathematiche.

ISTITVTIONI HARMONICHE DEL REV. M. GIOSEFFO ZARLINO DA CHIOGGIA,
Maestro di Capella della Serenissima Signoria DI VENETIA. Prima Parte. Capitolo 1. (MDLVIII)


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