affinità bombarole

rinsaldato il patto atlantico

14 marzo, 2008

Zeffirelli è stantìo... meglio le torte di mele!

Nel giustificare anche le messeinscena più bizzarre (per non dire offensive) ci si appoggia normalmente sul concetto secondo cui “il gusto del pubblico cambia con il tempo” e quindi sul giudizio secondo cui un’ambientazione - accettabile 150 o 100 anni fa - oggi apparirebbe ridicola e farebbe totalmente scadere anche il valore poetico-musicale dell’opera.

Premesso che, nell’opera della tradizione “italiana”, libretto e ambientazione sono spesso nulla più di necessari, talvolta fastidiosamente tollerati, eccipienti nei quali mescolare il vero e unico ingrediente che conta (la Musica) si potrebbe anche immaginare che gli autori di tali opere - senza offesa per alcuno - forse sarebbero contenti che la loro musica fosse comunque rappresentata, con qualsivoglia regia e ambientazione, visto che le parole e la messa-in-scena non sono farina del loro sacco, e magari non sono mai piaciute a loro per primi...

Però, che ciò comporti anche di rappresentare l’Aida in un moderna fiera, dove nei festeggiamenti del trionfo si vedono ragazzini costretti ad affondare la testa in crostate alla frutta, dovremmo lasciar dire a tale Giuseppe Verdi da Roncole di Busseto, se sia auspicabile, tollerabile, o da perseguire per legge...

13 marzo, 2008

Quando bisognava addolcire la pillola...

Elektra di Strauss è stata in cartellone di questi tempi a Firenze e a Venezia. A proposito della Fenice, la prima rappresentazione di Elektra si ebbe nel 1938, presente Strauss. Eccone la locandona (dalla brochure del Teatro):
Prima la tragedia...
.
.
.
e poi, per rimuoverne gli orrori
e scongiurare incubi notturni...
.
.
.
...la farsa!

12 marzo, 2008

Parole che generano musica

Che la notazione musicale anglosassone (da A ad H) si presti a giochi musicali è noto da tempo: quante composizioni sono state scritte sul nome B-A-C-H (SIb-LA-DO-SI, nella notazione italiana)?

Il limite al giochino sta però nelle 8 lettere dell’alfabeto; il che impedisce, ad esempio, di scrivere musica a partire - che so - dal nome Toscanini oppure dal verso di quella pira l’orrendo fuoco (qui peraltro ci ha già pensato Verdi a vestirlo adeguatamente...)

Nei lontani anni ’60 madre Harriett Ann Padberg, che insegnava matematica e musica (come sono davvero intimamente connesse!) al Collegio del Sacro Cuore vicino St.Louis, e si era appassionata di computer (antidiluviane ed arcane macchine, rispetto alle odierne diavolerie) pensò di inventare un sistema che permettesse di tradurre in musica un qualsiasi testo.

Per avere un numero di note contenute in una ottava e insieme sufficiente a rappresentare (quasi) tutte le lettere dell’alfabeto anglosassone - sono 26 - decise di suddividere l’ottava in 24 note, sulla base di intervalli di ugual frequenza, pari a 18,333(3) oscillazioni/secondo. Partendo dal 24° multiplo (18,333 x 24 = 440 o/s, il LA4) costruì l’ottava con i successivi 24 multipli, arrivando quindi al LA5 (880 o/s).

Avute quindi a disposizione le 24 note (assimilò V=W e Y=Z o Y=I) potè cimentarsi con la costruzione di musica a partire da un testo. Definì, programmando il computer, dei temi musicali derivati da frasi compiute di 12 lettere. Naturalmente dovette aggiungere un bel po’ di altri ingredienti: il ritmo viene costruito secondo complessi algoritmi che si basano sul rapporto vocali-consonanti; poi definì regole per costruire accompagnamenti, voci a canone, etc.; infine istruì il computer su come creare le trasformazioni dei temi (sulla tradizione fiamminga?) e su come costruirci una fuga.

Chissà se, applicando l’invenzione ai versi della pira non ne esca qualcosa di più interessante di Verdi (?!) Oppure: come suonerebbe il famoso Treulich geführt ziehet dahin... (umlaut a parte) ?

Riferimenti:

Matthew Guerrieri
Harriett Padberg

07 marzo, 2008

Un altro genio che viene a spiegare Parsifal a noi poveri pirla

(recensione della messa in scena di Krzysztof Warlikowski alla Bastille, di Jorg von Uthmann , Bloomberg)
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Per Adolf Hitler, un fan della musica di Wagner, Parsifal era questione di purezza della razza. Krzysztof Warlikowski, che ne dirige la nuova produzione all’Opera Bastille, da parte sua lo interpreta come una storia della medicina.

La scenografa Malgorzata Szczesniak ha ambientato l’opera in un auditorium, che ricorda un laboratorio di anatomia, dove siedono i Cavalieri del Gral, come studenti che assistono ad una lezione. Amfortas, il re malato, entra appoggiandosi a stampelle e Titurel, suo padre, gira attorno su una sedia a rotelle.

L’auditorium è fiancheggiato da lavandini, una specie di marchio registrato da Warlikowski dopo le sue produzioni di Ifigenia in Tauride di Gluck e del Caso Makropulos di Janacek. Come Wagner, anche lui deve aver inventato i suoi leitmotive.

Il regista, che si autodefinisce un cattolico scaduto, fa del suo meglio per minimizzare il lato religioso dell’opera. Da ciò che si vede, non si indovinerebbe mai perchè Nietzsche, uno dei più ardenti ammiratori di Wagner, fosse poi rimasto così disgustato dall’improvviso attacco di devozione che aveva colpito il maestro.

Gran parte dell’Atto I è eseguito come un oratorio, con i cantanti seduti davanti ad uno schermo su cui di volta in volta appaiono disegni primitivi. Chi conosce la vicenda può decifrarvi la croce, la lancia e il calice. Chi la ignora, resta confuso come un puro folle.

Nell’Atto II ci sono tavolini con luci rosse che richiamano le Folies Bergère, il mitico cabaret. Le ragazze-fiore di Klingsor, in eleganti abiti da sera, spogliano l’eroe fino alle mutande... un’idea che avrebbe divertito Nietzsche, che maliziosamente insinuava che Parsifal fosse materia da operetta.

Disgraziatamente, Warlikowski butta al vento uno degli effetti più spettacolari di tutto il teatro wagneriano: la sacra lancia che resta sospesa sopra la testa di Parsifal, quando Klingsor cerca di ucciderlo. Chissà, forse qualcuno deve avergli segnalato che, in passate produzioni, il trucco aveva fatto cilecca e la lancia era finita dritta nella buca dell’orchestra.

L’Atto III, il più sereno dell’opera, è iniziato fra le proteste degli spettatori. Prima dell’attacco del preludio, è apparsa sul sipario la scena finale del film del ’48 di Rossellini Germania Anno Zero, dove si mostra il suicidio di un ragazzo in mezzo alle rovine di Berlino. Ciò ha provocato adirati fischi e cori di Wagner! Wagner!

Più tardi il ragazzo è riapparso in scena, innaffiando uno squallido giardinetto, inducendoci ancora a simpatizzare per l’eroe stordito, che ha difficoltà a comprendere il senso di tutto ciò che lo circonda.

Musicalmente, il tutto è molto più coerente.
(omissis)
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(aspettando ansiosamente che qualcuno realizzi una buona volta la vision di Slavoj Zizek...)

28 febbraio, 2008

Onorificenze




Anna Netrebko riceve da Putin il titolo di “Artista del Popolo” della Russia.




La grande soprano (qualche malignazzo insinua che si faccia “aiutare” più del dovuto dall’elettronica...) aspetta il primo figlio e da luglio sospenderà - temporaneamente - l’attività (canterò solo per mio figlio, ha giustamente affermato).


In Russia siamo proprio sotto elezioni e zar-Vladimir ovviamente non perde occasioni di pubblicità.

Le cronache parlano di una Netrebko “meravigliosamente arrossita” di fronte al riconoscimento.

Certo, a suo tempo il grande Petrolini, ricevendo una “patacca” dal regime, ebbe la presenza di spirito di rispondere: “Me ne fregio”... (altra personalità, ammettiamolo)

26 febbraio, 2008

Poche idee (e confuse?)

Nel giro di pochi giorni la Salome è andata in scena a Londra (Royal Opera House) e al Regio di Torino.

Lassù David McVicar, qui da noi Robert Carsen, due registi dalla fantasia sbrigliata e dalle idee innovative (leggasi: inventare di sana pianta l’ambientazione di un’opera famosa, usando le di lei collaudate parole e musica per garantire il successo alla propria idea sconvolgente).

La Salome - quella originale - di Strauss è ambientata (toh, che strano!) nel palazzo di Erode, ai tempi di Erode. Ma i registi moderni non possono certo abbassarsi a tanta ovvietà (dove finirebbe la loro inventiva?) E allora si scervellano per tirar fuori ambientazioni quali soltanto delle menti sopraffine e fuori dal comune potrebbero inventarsi.

Quindi uno si immagina che McVicar e Carsen ci stupiscano con due invenzioni personalissime ed uniche al mondo.

Vediamo. McVicar ci porta in una specie di casa-bordello, anni ’30-‘40, con ragazze seminude, un culturista, raccolto in strada, nudo completamente, e con annessi accessori di sesso - e cesso. Da parte sua, Carsen ambienta il tutto in una specie di casinò lasvegasiano, con gente che pensa solo ai soldi e, matematico - al sesso.

La Salome ha una notevole componente erotica, veniamo così a sapere, noi poveri pirla che non ci avevamo ancora fatto caso...

Oh, ma quale varietà di idee e di trovate!

Naturalmente, sulle locandine, ci sono i regolamentari avvisi ai naviganti (quelli che si appendono tipicamente fuori dai sex-shops...)
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Una luce nel buio?

A quest’ora la New York Philharmonic di Lorin Maazel avrà già dato il suo concerto a Pyongyang (Dvorak, Wagner, Gershwin). In USA, e non solo, c’è stata accesa polemica riguardo l’opportunità del concerto: da una parte si è sostenuto come fosse un controproducente regalo fatto al più spietato dittatore forse mai apparso al mondo (il famigerato Kim Il Jong) e dall’altra si è sostenuto che, in fin dei conti, la NYPO potrebbe essere un ambasciatore dell’occidente e il suo viaggio in NKorea contribuire alla da tutti auspicata distensione.

Nella foto notturna satellitare si scorge in basso la SKorea, illuminatissima, in alto la moderatamente illuminata Cina, in mezzo la NKorea, al buio-pesto: nulla meglio di questa immagine rende l’idea dell’arretratezza e, davvero, dell’oscurità (materiale ed esistenziale) in cui vivono più di 23 milioni di esseri umani.

La speranza è che la musica (possiamo dire: la nostra musica?) possa accendere almeno una piccola luce in quella disgraziata parte del mondo.

21 febbraio, 2008

Parsifal di Bayreuth 2008 (con Daniele Gatti)

Ecco la locandina completa, pubblicata oggi sul sito Festspiele.

Sono confermati gli interpreti principali, di cui si aveva da un po’ avuto sentore.

13 febbraio, 2008

Wozzeck... chi era costui?

A 5 giorni dalla prima alla Scala, in Internet ci sono 80 posti disponibili. 100 per il 22, 200 per domenica 24! 65, 90, 120 e 70 per le restanti quattro rappresentazioni.

Desolante?

Eppure ci sono Gatti-Flimm, Herlitzius, il “signor Wagner” Wottrich, oltre al giovane Nigl, viennese purosangue, nel ruolo del protagonista.

Nel frattempo si annuncia un’attempata Violetta a rimpiazzare l’Andrea... chissà che - per via del nome - non faccia cassetta almeno lei.

05 febbraio, 2008

Viva la trasparenza

Ormai troppo spesso capita, grazie ai geniali registi di opera, di assistere a spettacoli dove - meno male! - si ascoltano ancora parole e musica delle opere e dei drammi musicali, ma dove si vedono - al posto degli ambienti che tali parole e musica hanno ispirato, o devono giustificare e/o spiegare - scene, costumi e ambientazioni esistenziali del tutto inventate e spesso addirittura antipodiche rispetto a ciò che musica e parole ci raccontano.

Complimenti quindi a chi, invece, non fa l’ipocrita, nè pensa a guadagnarsi quattrini ingannando gli spettatori, propinando loro dei falsi Mozart o Wagner.

Ecco un bell’esempio: il wagneriano Fliegende Holländer fatto a rock! Ri-arrangiato per chitarre elettriche, sassofoni, batteria, etc. E cantato da vere pop-star.

Con piena coerenza e correttezza, la locandina reca una scritta che - invece - i vari registi Eurotrash si guardano bene dall’esporre sulle proprie: nach Richard Wagner.