Torna sul podio dell’Auditorium Jader Bignamini, per dirigere un concerto dall’impaginazione piuttosto insolita, che aveva come protagonista il violino di Domenico Nordio, per aprire e chiudere la serata. Poi all’ultimo momento l’impaginazione è tornata... classica, con il Concerto solistico in seconda posizione e la Sinfonia a chiudere: ne ha risentito un po’ l’equilibrio dei tempi delle due parti: 75’ la prima e 30’ la seconda...ma va bene anche così.
Il primo brano è una novità assoluta, commissionata dalla fondazione a Silvia Colasanti: Esercizi per non dire addio, per violino e orchestra. Qui c’è una specie di rimpatriata fra i tre protagonisti: Bignamini è Direttore-in-Residenza de laVerdi; Colasanti è Compositore-in-Residenza e Nordio è stato, dal 2017 al 2020 - prima che il Covid gli tirasse un brutto scherzo - Artista-in-Residenza.
Il contenuto del brano (poco più di un quarto d’ora) è descritto dalla stessa compositrice come uno sguardo al (suo) passato musicale a cui guardare senza rimpianti ma con piena consapevolezza:
“...è un pezzo attorno al tema del distacco e della perdita, nel ricordo vivo di quello che si è amato e che si continua ad amare in modo sempre nuovo, un racconto in suoni dei tentativi che un’esistenza compie, lungo un cammino fatto di richiami interni e di memoria, per vivere il presente, guardando al futuro ma con la consapevolezza piena del nostro legame con il passato.”
Questo brano della Colasanti conferma
una tendenza chiaramente in atto nella musica contemporanea: back-to-basics! Non ho ovviamente sottomano
la partitura, ma un orecchio appena appena allenato distingue chiaramente all’attacco
un’atmosfera di MI minore! E tutto il
brano si muove nel più classico diatonismo, compresi stilemi di stampo
mahleriano (maggiore>minore). L’atmosfera, sempre composta e con vaghe
increspature, pare virare al SIb. Il violino introduce qualche escursione
espressionista, ma alla fine è ancora il SIb a farla da padrone, esalato dal solista
su un sommesso tocco di (?) grancassa.
Qui invece è il grande Lenny ad introdurcela con la sua proverbiale carica emotiva, dopodichè lo possiamo vedere all’opera, con i Wiener. Per alcune mie personali riflessioni rimando ad un mio scritto in proposito.
Davvero esaltante l’esecuzione di Bignamini
e dei ragazzi, salutata da ovazioni per tutti. Mi limito a citare, come
alfiere, Andrea Magnani e il suo fagotto magico.
Serata da incorniciare... ma dopo pochi minuti, ahinoi, la disfatta di Palermo!