intime gioje

chiuder la prigione e buttar la chiave

25 marzo, 2022

laVerdi 21-22. Concerto 22

Torna sul podio dell’Auditorium Jader Bignamini, per dirigere un concerto dall’impaginazione piuttosto insolita, che aveva come protagonista il violino di Domenico Nordio, per aprire e chiudere la serata. Poi all’ultimo momento l’impaginazione è tornata... classica, con il Concerto solistico in seconda posizione e la Sinfonia a chiudere: ne ha risentito un po’ l’equilibrio dei tempi delle due parti: 75’ la prima e 30’ la seconda...ma va bene anche così.
Il primo brano è una novità assoluta, commissionata dalla fondazione a Silvia Colasanti: Esercizi per non dire addio, per violino e orchestra. Qui c’è una specie di rimpatriata fra i tre protagonisti: Bignamini è Direttore-in-Residenza de laVerdi; Colasanti è Compositore-in-Residenza e Nordio è stato, dal 2017 al 2020 - prima che il Covid gli tirasse un brutto scherzo - Artista-in-Residenza.

Il contenuto del brano (poco più di un quarto d’ora) è descritto dalla stessa compositrice come uno sguardo al (suo) passato musicale a cui guardare senza rimpianti ma con piena consapevolezza:

...è un pezzo attorno al tema del distacco e della perdita, nel ricordo vivo di quello che si è amato e che si continua ad amare in modo sempre nuovo, un racconto in suoni dei tentativi che un’esistenza compie, lungo un cammino fatto di richiami interni e di memoria, per vivere il presente, guardando al futuro ma con la consapevolezza piena del nostro legame con il passato.

Questo brano della Colasanti conferma una tendenza chiaramente in atto nella musica contemporanea: back-to-basics! Non ho ovviamente sottomano la partitura, ma un orecchio appena appena allenato distingue chiaramente all’attacco un’atmosfera di MI minore! E tutto il brano si muove nel più classico diatonismo, compresi stilemi di stampo mahleriano (maggiore>minore). L’atmosfera, sempre composta e con vaghe increspature, pare virare al SIb. Il violino introduce qualche escursione espressionista, ma alla fine è ancora il SIb a farla da padrone, esalato dal solista su un sommesso tocco di (?) grancassa.

Insomma, un brano da riascoltare (speriamo venga presto messo in rete o su altri supporti) poichè merita davvero gli applausi che il pubblico dell’Auditorium ha riservato a compositrice e interpreti. 
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Torna subito il violino di Nordio - che si tiene davanti lo spartito elettronico - con Beethoven e il celeberrimo Concerto in Re maggiore op. 61Lui e Bignamini danno vita ad un’interpretazione coinvolgente, l’uno ad impreziosire la... razionalità beethoveniana con buone dosi di rubato e l’altro a supportarlo con sapiente dosaggio delle dinamiche. Successo calorosissimo premiato con due encore, scelti (casualmente?) quasi a rappresentare in musica la complessità della situazione politica che si vive in Europa orientale: il primo di Mieczyslaw Weinberg, compositore novecentesco polacco emigrato in Russia e amico di Shostakovich; il secondo dell’ukraino del Donbass Sergei Prokofiev!   
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Si chiude quindi con una Sinfonia (ma... piccola): la Nona di Dmitri Shostakovich. Così come la Quinta, udita qui non più tardi di una settimana fa, si potrebbe definire una Sinfonia (volutamente) insincera, anche questa è interpretabile come una sotterranea espressione di pessimismo, in aperto contrasto con il trionfalismo delle istituzioni sovietiche a fronte della conclusione vittoriosa della WWII. Interessante al proposito anche questa recente analisi dell’opera che sottolinea la presenza in essa di diffusi riferimenti a stilemi musicali ebraici, che Shostakovich avrebbe impiegato per esprimere le sue preoccupazioni sulla brutta piega che stava prendendo la situazione in URSS a dispetto dei trionfalismi di regime, legati all’eroica e vittoriosa resistenza al nazismo.    

Qui invece è il grande Lenny ad introdurcela con la sua proverbiale carica emotiva, dopodichè lo possiamo vedere all’opera, con i Wiener. Per alcune mie personali riflessioni rimando ad un mio scritto in proposito.

Davvero esaltante l’esecuzione di Bignamini e dei ragazzi, salutata da ovazioni per tutti. Mi limito a citare, come alfiere, Andrea Magnani e il suo fagotto magico.

Serata da incorniciare... ma dopo pochi minuti, ahinoi, la disfatta di Palermo!

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