intime gioje

chiuder la prigione e buttar la chiave

02 aprile, 2022

laVerdi 21-22. Concerto 23

É il trentenne rampante Thomas Guggeis a ritornare in Auditorium dopo meno di un anno per proporci un concerto di classica impaginazione. Dopo che Ruben Jais ha ricordato Franca Canuti Cervetti (moglie del Presidente emerito della Fondazione e grande sostenitrice de laVerdi) scomparsa un anno fa, si inizia con un breve brano sinfonico novecentesco (1923): Pacific 231 di Arthur Honegger.
Questa fu la fonte di ispirazione (ma dichiarata a-posteriori...) del compositore figlio di svizzeri ma nato e vissuto prevalentemente in Francia: un tipo di locomotiva a vapore perfezionato dall’ingegner André Chapelon, che ebbe successo in tutto il mondo negli anni fra le due guerre mondiali. La sigla 2-3-1 indica i 6 assi del materiale rotabile (il cosiddetto rodiggio): 2 anteriori per ruote portanti, 3 centrali per ruote motrici e 1 posteriore per ruote portanti.

La breve composizione - prima di un trittico di Movimenti sinfonici, comprendente anche il N.2 (Rugby, 1928) e il N.3 (senza titolo, 1933) - è di fatto un mini-poema-sinfonico, che potrebbe in effetti evocare l’emozione di un viaggiatore a bordo del treno che lentamente si mette in moto e poi sfreccia a velocità incredibile (come poteva essere per quei tempi andare a 120 Km/h). 

Honegger poi quasi si pentì di aver affibbiato al brano quel titolo che finiva per banalizzarne il contenuto. Tuttavia è innegabile che almeno la parte iniziale (53 delle 217 battute complessive, fino alla prima eroica perorazione dei corni) richiami in modo esplicito le fasi dell’avviamento della locomotiva: chi come il sottoscritto (ahimè...) ha avuto modo, da ragazzino, di viaggiare (in terza classe!) su treni spinti da locomotive a vapore ha un ricordo assai vivo proprio dei primi sbuffi e del faticoso ansimare del mostro d’acciaio, in una nuvola di vapore e di fumo nero...

E anche il seguito della composizione, pur arricchendosi di motivi legati alle sensazioni del viaggiatore, non manca di riproporre suoni e ritmi tipici della corsa di un treno. Qui un suggestivo tentativo di mettere in relazione immagini e suoni: con tutte le contraddizioni del caso, come l’immagine di macchinista e fuochisti sporchi come spazzacamini (e con tanto di cartelli di pericolo di morte) e quella degli orchestrali in frac a realizzarne la colonna sonora! Ecco invece il premiato film del 1949 che celebrò insieme la locomotiva e la musica.

Guggeis ne cava un’esecuzione vibrante (e... sferragliante) che serve davvero a scaldare i motori, e ben accolta dal pubblico ieri foltissimo come non si vedeva da... anni (Mozart e Beethoven evidentemente tirano sempre).
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Ecco poi il concerto solistico, nel nostro caso bi-solistico. Sono i fratelli olandesi Lucas&Arthur Jussen - già ospiti dell’Auditorium il giugno scorso per Poulenc - ad interpretare il mozartiano Concerto per due pianoforti e orchestra K365. Qui possiamo ascoltarli e vederli all’opera in una recente performance a Colonia. 

E anche qui in Auditorium confermano le loro doti, di singoli e di coppia, offrendoci questo gioiellino - che Mozart compose per sè e per la sorella Nannerl - con grazia e leggerezza, ben coadiuvati dall’Orchestra che Guggeis tiene a sua volta a freno per non... disturbare i solisti.

I quali ci ringraziano per la calorosissima accoglienza con un bis particolare: una parafrasi di temi del Fledermaus!
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Si chiude infine con l’inflazionata Eroica di BeethovenChe Guggeis diresse (in sostituzione della Nona) al suo esordio in Auditorium a Capodanno 2021, ma in streaming causa pandemia.

Fra pochi giorni cade il 201° anniversario della morte di tale Bonaparte, cui Beethoven aveva inizialmente dedicato la sua Sinfonia, salvo poi ritirare la dedica per sopraggiunta manifesta... indegnità del dedicatario. Così, prima dell’esecuzione, ci è stata data la possibilità di un ripasso del manzoniano 5 Maggio!

Ma chi ci ha fatto un ripasso davvero sontuoso dell’Eroica è Thomas Guggeis, che già mi aveva impressionato in video a Capodanno 2021 e che adesso ha convinto anche i più scettici sulle sue qualità. Il suo gesto - a momenti enfaticamente ampio, oppure secco come una frustata - può magari apparire come affettato, ma di sicuro, almeno a giudicare dai risultati, è di grande efficacia.

In particolare mi sento di lodare le dinamiche che ha saputo dosare - lui neanche trentenne! - con una maestrìa degna di un veterano del podio: pianissimi al limite dell’udibile, crescendo entusiasmanti, attenzione minuziosa ad ogni dettaglio (la marcia funebre, una meraviglia...) Insomma, un talento naturale che farà parlare di sè per anni e anni a venire.

Inutile dire delle acclamazioni del pubblico e dell’apprezzamento dell’Orchestra!

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