Riecco sul podio il Direttore
musicale per dirigere un concertone di quelli davvero tosti, con due
opere che sono scolpite nella storia della musica dell’800. Di autori che, al di là della loro volontà, furono
eletti a rappresentanti di avverse fazioni: pro e contro Wagner!
Dapprima ecco il Concerto per violino di Brahms, che ci viene proposto dalla
bella Liza Ferschtman, presentatasi con un lungo nero imbrillantato e dotato di profonda scollatura sul... retro.
Ottimamente supportata da Flor e dall’Orchestra, ha sciorinato una prestazione
maiuscola, riuscendo a dar calore a questo Brahms fin troppo... nordico.
Da ricordare l’Adagio,
dove l’oboe (ieri il bravissimo Luca Stocco)
ruba per un po’ la scena al violino solista, quindi dialogando mirabilmente con
lui (-lei).
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La seconda parte del programma è occupata dalla Romantica di Bruckner. Sinfonia, come parecchie altre
della produzione dell’organista di SanktFlorian,
dalla storia tormentata e costellata da continue, a volte pesanti revisioni e
rielaborazioni che coprirono circa 15 anni, dal 1874 (nascita della prima
versione) al 1889 quando Gutmann ne stampò
l’ultima. In mezzo quella del 1878 (con il cosiddetto finale Volksfest) e quella del 1878-80, con i
nuovi due movimenti rifatti (Scherzo
e Finale). Ma altre revisioni sono
state censite dai musicologi. Alcuni di questi (Wöss, Haas, Nowak e Redlich
nel ‘900, e Korstved nei primi
anni 2000) si sono cimentati nella produzione e pubblicazione di edizioni critiche della sinfonia. Da
allora le versioni del 1878-80 e l’ultima si contendono il primato delle
esecuzioni, con recente prevalenza della prima, adottata anche oggi da Flor. Per
un commento un po’ più dettagliato rimando a questo
post scritto in occasione di un’esecuzione (che non mi aveva impressionato, devo dire) de laVerdi del 2010.
Per
chi volesse dedicare tempo ad ascolti comparati segnalo le seguenti esecuzioni
fra quelle disponibili su youtube:
Nella seguente tabella ho riassunto, per ciascuna
delle quattro, dati quantitativi di tempo di esecuzione (dei riferimenti
proposti) e numero di battute dei singoli movimenti (per gli Scherzi sono le battute effettivamente
eseguite, inclusi quindi i ritornelli):
Intanto si può superficialmente notare come, con il passare degli
anni e delle revisioni, il numero di battute totale della sinfonia e,
parallelamente, il tempo di esecuzione (pur tenendo conto dell’approccio
interpretativo dei diversi Direttori) sia costantemente diminuito. Segno
abbastanza evidente di un processo di sottrazione e di volontà di prosciugare
l’opera da pleonasmi e inutili divagazioni. Ma mentre per i primi due tempi si
è trattato di interventi (del 1878, confermati nell’ultima versione) che non
hanno seriamente modificato la struttura tematica, lo Scherzo e il Finale sono
stati abbastanza pesantemente rinnovati nel 1878-80 e poi semplicemente
accorciati e/o leggermente riorchestrati nel 1888-89.
Lo Scherzo, al di là della drastica riduzione (fino al 40%!) delle
battute, ha subito nel 1878 (con l’edizione denominata Jagd, caccia, ispirata al Tristan
e con il leggiadro Trio) un drastico quanto benefico rifacimento. Francamente
quel richiamo del corno ripetuto fino alla nausea, e il Trio piuttosto anonimo
erano davvero poco edificanti. La versione ultima lo accorcia nella ripresa
dello Scherzo.
Quanto al Finale, l’originaria ciclicità determinata
dalla reiterata riproposizione del tema di apertura della sinfonia aveva un che
di stucchevole. Già la Volksfest - dando più risalto al tema elegiaco - ha
migliorato le cose, e poi la nuova stesura del 1880 ha dato il volto nuovo e
nobilissimo alla chiusa dell’opera, relegando il ritorno del tema d’apertura
solo a due fugaci comparse nel corpo del finale e poi (ma solo nell’edizione di
Nowak) alla riproposta proprio nelle ultimissime battute.
Sappiamo che i detrattori di Bruckner (la cerchia di amici
anti-wagneriani e simpatizzanti di Brahms,
capeggiati da Eduard Hanslick) ascoltando
la Terza Sinfonia vi trovarono
ragioni per irriderla, nientemeno bollandola come ciarpame... Ecco, figuriamoci
come avrebbero accolto la Quarta del 1874, invero macchinosa, prolissa e
tematicamente povera (almeno nei due tempi finali) se mai fosse stata eseguita
a quel tempo!
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Chi ha disertato ieri l’Auditorium si è davvero perso una cosa
grande; chè tale è stata la prestazione di Flor: impeccabile e quasi maniacale
la sua aderenza alla lettera e allo spirito dell’opera, sfrondata da ogni facile
enfasi e retorica; e dell’intera orchestra (schierata con i violini secondi al
proscenio) che ha sciorinato un’ammirevole compattezza e bellezza di suono in
tutte le sezioni (alla fine Flor ha fatto alzare separatamente le viole, protagoniste
dell’Andante e non solo, e i quattro
moschettieri ai corni).