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08 novembre, 2018

Elektra è tornata in Scala


Ieri sera la Scala ha offerto la seconda delle sette recite della straussiana Elektra, una ripresa della produzione del 2014, l’ultima impresa registica del compianto Patrice Chéreau. Di quella produzione, a parte l’allestimento, è sopravvissuta la voce della venerabile Waltraud Meier, che già 4 anni orsono mostrava ampiamente la corda, quindi si può immaginare come sia oggidì (della serie: com’è difficile appendere la voce al chiodo...) 


Restando alle voci, una delle mie osservazioni critiche di allora (qui richiamate) riguardava i tagli apportati alla partitura (nulla di nuovo peraltro) che riguardano principalmente il soprano protagonista: la Herlitzius del 2014 (secondo me, date le sue strabordanti doti) avrebbe meritato che fossero riaperti. Ecco, la Ricarda Merbeth di oggi avrebbe invece bisogno di tagli almeno doppi, per non finire... arrosto! Il mio personale rapporto diretto con lei (oh, mantenuto ad almeno 20-30 metri di distanza, eh!) va da una promettente Leonore del 2011 ad una sufficiente Isolde del 2017, ad una nuova Leonore, ma in regresso, nel 2018, per arrivare a questa francamente anonima Elektra: ieri poi ha sfoggiato (in negativo, s‘intende) un vibrato davvero sgradevole.

Regine Hangler è invece una convincente Chrysothemis, ruolo non proibitivo ma non per questo da prender sottogamba: e lei ci si è evidentemente applicata con grande solerzia, mostrando bella impostazione e corposità di suono.

L’Orest di Michael Volle forse non raggiunge le vette del grande Sachs nei Cantori della scorsa stagione: certo il personaggio è per qualità e quantità assai più abbordabile e meno centrale di quello wagneriano...

Il figlio di migranti siculi Roberto Saccà (non ditelo a Salvini) fa la sua bella figura nei panni, peraltro succinti, causa subitaneo accoltellamento... di Egisth.

Tutti gli altri (e altre) su livelli dignitosi.

Christoph von Dohnányi è stato oggetto dell’ormai proverbiale annuncio di Pereira subito prima della recita: il quasi novantenne vegliardo non ha retto l’urto della prima di domenica e lo hanno dovuto trasferire in ospedale a Monaco di Baviera (ovvio, essendoci di mezzo Strauss...) per accertamenti. Così ier sera è salito sul podio uno che sta già qui a Milano per preparare la prima assoluta di Fin de partie di Kurtág, che va in scena dal prossimo 15 novembre: trattasi di Markus Stenz, che per la verità se l’è cavata da navigato routinier, fidandosi della preparazione dell’Orchestra, che mi pare abbia ben meritato. 

In sostanza, un evento per nulla memorabile, ma ascoltare questa musica ti fa sempre venire i brividi e sconvolge le budella, e così deve averla pensata anche il pubblico dei rari nantes approdati al Piermarini.

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