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18 novembre, 2018

Il Beckett di Kurtág alla Scala


Ieri sera in un Piermarini poco frequentato fin dall'inizio è andata in scena la seconda di Fin de partie, Ia nuova (e prima...) opera di Kurtág György (l’ho scritto secondo l’usanza ungherese, prima il cognome e poi il nome) commissionata dal Teatro e che ha avuto una gestazione assai travagliata, con diversi rinvii da una stagione alla successiva, legati a seri problemi che hanno afflitto il 92enne compositore in questi ultimi anni.

L’atto unico, che riprende il dramma di Samuel Beckett del 1957, è strutturato su 14 parti (indicate nel libretto come numeri, proprio come era d’uso nell’800, trattandosi di teatro musicale). Kurtág ha impiegato una parte del testo originale francese di Beckett, cui ha poi premesso, a mo’ di Prologo, una poesia che lo scrittore irlandese scrisse quasi 20 anni dopo il dramma: Roundelay, che viene cantata da Nell, una dei quattro protagonisti dell’opera. In più, il compositore ha aggiunto poche parole (anche di diascalia) di suo.

Invece di ricordare qui la trama del dramma (in effetti più che di trama si dovrebbe parlare di cronaca di una giornata qualunque in una famiglia squinternata) mi limito a segnalare nella tabella sottostante le principali differenze (evidenziate in giallo) fra il testo originale di Beckett e quello che Kurtág ha derivato

tempo

Beckett

Kurtág

 

 

1. Prologo: Roundelay

 

32”

1’48”

Descrizione della scena e ingresso di Clov, servitore di Hamm.

Apertura tende delle finestre.

Scoprimento bidoni in cui abitano Nell e Nagg (senza gambe) e della

sedia a rotelle su cui dorme il padrone di casa Hamm (figlio di Nell e Nagg).

2. Pantomima di Clov: Ouverture

2’50”

Monologo di Clov, sull’imminente fine delle sue disgrazie.

3. Primo monologo di Clov 

3’43”

Monologo di Hamm, che vorrebbe farla finita, ma non ci riesce.

4. Primo monologo di Hamm

7’00”

10’30”

Dialogo Hamm-Clov (la bicicletta).

 Risveglio di Nagg che chiede la pappa.  Battibecco Hamm-Clov.

 

13’57

20’32”

21’16”

23’25”

23’53”

Dialogo Nagg-Nell, interrotto da Hamm.

Dialogo Nagg-Nell: ricordi del Lago di Como.

Nagg racconta la barzelletta dell’inglese e dei pantaloni.

Irritazione di Hamm, che ordina a Clov di gettare i bidoni con i genitori in mare.

Clov tasta il polso di Nell, che sembra morta.

5. Bidone

 

    Canzone Il mondo e i pantaloni

 

24’11”

25’08”

27’55”

29’46”

31’21”

32’35”

33’42”

34’22”

37’13”

38’15”

39’45”

40’36”

41’30”

43’05”

Dialogo Hamm-Clov (catetere, stimolanti e tranquillanti).

Giro del mondo di Hamm in carrozzella, spinto da Clov.

Clov esplora l’esterno.

Clov esplora il mare.

Hamm filosofeggia.

Clov ha una pulce nell’inguine e lo cosparge di insetticida.

Hamm propone un viaggio per mare, verso il Sud.

Hamm pronuncia la profezia per Clov.

Hamm ricorda il passato a Clov.

Hamm chiede il suo cane di pelouche.

Hamm chiede di mamma Pegg: morta, Clov non ha tempo per seppellirla.

Hamm chiede ia sbarra per spostarsi con la sedia.

Hamm racconta di un pazzo convinto di essere sopravvissuto alla fine del mondo.

Clov mostra ad Hamm una sveglia: la caricherà quando se ne andrà per sempre.

 

45’52”

47’15”

47’53”

 

55’15”

Racconto di Hamm. Nagg per ascoltarlo chiede un confetto.

Hamm vuol riprendere il racconto, ma ha mal di testa.

Hamm inizia il suo racconto senza capo nè coda:

l’incontro a Natale con un uomo che ha lasciato il bambino lontano e solo.

Preghiera, interrotta da Nagg che chiede il confetto

e da Clov che annuncia di aver trovato un topo in cucina.

6. Romanzo 

56’20”

Nagg rievoca i primi giorni di vita del figlio Hamm

e gli annuncia che arriverà il giorno in cui lui avrà ancora bisogno del padre.

7. Monologo di Nagg

58’48”

59’51”

1h02’53”

 

1h03’32”

1h04’30”

1h04’46”

1h06’17”

1h07’00”

Hamm rivuole il cane di pelouche, poi lo butta.

Hamm riprende la storia (il suo Romanzo).

Hamm chiede a Clov di controllare se sua madre Nell è morta: pare di sì.

E il padre? Pare di no, piange.

Hamm si fa portare da Clov sotto la finestra. Clov lo porta sotto quella a destra.

Hamm vuole andare verso l’altra, che dà sul mare.

Clov lo porta là e apre la finestra. Fuori è tutto calmo. Si richiude la finestra.

Hamm chiede a Clov di guardare nel bidone del padre: sta succhiando il biscotto.

Hamm chiede a Clov di dargli un bacio: Clov rifiuta, anche di toccarlo.

 

1h07’30”

Hamm filosofeggia su vita e morte (Anassimandro, ndr).

8. Penultimo monologo di Hamm

1h11’40”

Hamm stuzzica Clov sulla sua fedeltà. Gli chiede il calmante: è finito.

9. Dialogo di Hamm e di Clov 

1h12’25”

1h13’02”

1h14’10”

1h14’29”

1h16’40”

1h17’27”

Hamm chiede a Clov di guardare fuori, verso terra.

Clov guarda dall’altra finestra, verso il mare, pensa ad un diluvio, poi capisce.

Clov informa Hamm di cosa morì Pegg: di oscurità, perchè lui la lasciò senz’olio.

Scenetta della ricerca del cannocchiale, del cane di pelouche e della bara.

Clov guarda dalla finestra verso terra: c’è qualcuno là fuori.

È un bambino, che Clov vorrebbe sopprimere, dissuaso da Hamm.

 

1h18’22”

1h19’57”

Hamm dichiara la fine. Clov fa per andasene, ma Hamm gli chiede un saluto.

Clov gli canta una filastrocca fra l’erotico e lo scurrile.

10. “È finita, Clov” e Vaudeville di Clov

      Vaudeville

1h20’21”

1h21’13”

Clov filosofeggia su amore, amicizia e... sulla somma ipocrisia della società.

Poi, improvvisamente, tutto finisce e lui piangerà di gioia.

11. Ultimo monologo di Clov 

1h21’45”

Saluti e ringraziamenti reciproci fra Hamm e Clov, che esce di scena.

12. Transizione al finale 

1h22’25”

1h25’14”

Siamo al finale di partita. E del romanzo: tenere il bambino per la vecchiaia.

Hamm getta via tutto, si tiene solo il fazzoletto aperto davanti al volto.

13. Ultimo monologo di Hamm 

      Fine del Romanzo

1h27’07”

 

14. Epilogo


Chi vuole approfondire in corpore vili, può riferirsi a questo testo del dramma di Beckett nel quale ho inserito (evidenziate in verde) le titolazioni di Kurtág e (evidenziate in giallo, all’inizio e alla fine) le parti del testo originale tagliate dal compositore. Seguendo poi questa messinscena italiana (cui si riferiscono i minutaggi riportati in tabella) ci si può fare un’idea della portata di quei tagli.

Dal punto di vista puramente tecnico, dalla tabella si desume che Kurtág ha tagliato circa 39 minuti su 87, quasi il 45% della pièce recitata. Dato che l’opera dura circa 120 minuti, se ne deduce che il compositore ha preso poco più della metà dell’oggetto originale e quella, in compenso, l’ha resa due volte e mezza più gonfia: ergo mi pare chiaro che l’oggetto finale del musicista ben poco abbia a che vedere con quello originale dello scrittore. A cominciare dal ritmo dell’azione, che in Beckett è spedito, a volte forsennato, mentre in Kurtág diventa quanto mai lento e in certi momenti esasperante. Abbiamo insomma una dimostrazione sintetica ma lampante di quanto la presenza della musica possa stravolgere (nel bene magari, ma anche e forse soprattutto nel male) l’originale. Lo stesso regista, Pierre Audi, lo riconosce nelle sue note apparse sul programma di sala. 

E in realtà ciò che il compositore ha omesso è parte (per me) irrinunciabile del testo originale, il che grava irrimediabilmente come un macigno sulla qualità dell’opera di Kurtág. Si pensi ad esempio al giro del mondo in carrozzella, o ai ridicoli equivoci e sbadataggini di Clov, o al ruolo del cane di peluche, o alle scenette della sveglia e della pulce, o alle esplorazioni di mare e terra di Clov, tutti elementi di quel teatro dell’assurdo che nell’opera - sempre e pervicacemente seriosa - finiscono per scomparire. E in coerenza con il taglio cupo e nichilista che Kurtág dà al suo lavoro, anche l’orchestra ne viene influenzata: vi predominano gli strumenti gravi e i tempi sono quasi sempre sostenuti, se non proprio larghi

Viceversa Kurtág ha arricchito (!?) il testo con altri contributi (legati probabilmente alla musica) quali il riferimento (verosimilmente all’episodio dei due ebrei polacchi) ai Quadri di Musorgski all’interno della ballata di Poldy Bloom (n°5, a sua volta un saluto al venerato James Joyce dell’Ulysses); le esplicite indicazioni di Stollen e Abgesang nel Romanzo (n°6); il riferimento (shakespeariano?) nel n°7 a Prospero (vedi i suoi New messages del 2009); la battuta su Maria-Antonietta (pane-brioches) nel n°8; e infine l’omaggio a Baudelaire e la reminiscenza di Debussy all’interno dell’ultimo monologo di Hamm (n°13). 

In definitiva, una rivisitazione di Beckett che finisce per... smentirlo! 
___ 
Anche se il compositore non è stato personalmente presente durante le ultime prove, si dice abbia però seguito da casa il procedere della preparazione; quindi c’è da pensare che ciò che vediamo e sentiamo sia abbastanza precisamente collimante con le sue intenzioni. In altre parole, questo è uno dei tipici casi in cui si può dare per scontato che Direttore e Regista non abbiano in alcun modo travisato la volontà dell’Autore (cosa che accade spesso e volentieri con le regìe di opere del passato).

Pierre Audi si prende, con lo scenografo Christof Hetzer, qualche libertà, come quella di mostrare la casa dall’esterno e non dall’interno e collocando quindi i personaggi all’aperto. La cosa fa pochi danni, stanti i... tagli di Kurtág, che guarda caso ha cassato le scene tassativamente da ambientarsi dentro la casa (le esplorazioni dalle due finestre di mare e terra di Clov, soprattutto). Resta però un piccolo, ma gratuito e del tutto strampalato particolare: nell’iniziale pantomima di Clov si vede il badante arrampicarsi sulla scaletta per guardare dalle due finestre, dal di fuori, l’interno della casetta (?!)

Per il resto Audi e i suoi collaboratori rispettano quasi alla lettera il testo di Beckett così come manipolato dal compositore.
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Quanto all’esecuzione musicale, Markus Stenz (tuttora impegnato qui anche sul fronte Elektra) si spera ci abbia portato all’orecchio i suoni che Kurtág ha immaginato prima di segnarli sui righi della partitura (se il compositore ha seguito la diretta della prima irradiata il 15 da Radio3 potrebbe aver commentato in prima persona... chissà). Dire invece se l’orchestra abbia suonato bene o male è cosa ardua: per default immagino abbia suonato bene, ecco. Vengo adesso agli interpreti.   

Frode Olsen (Hamm). Con una battutaccia, potrei dire che il suo nome è... onomatopeico, ma mi limiterò a bocciarlo senza appello (a meno che non abbia cantato così su ordine dell’Autore, il che mi farebbe perdere ogni stima per Kurtág, poichè il teatro d’opera non è un’osteria, che io sappia almeno).

Leigh Melrose (Clov). Un po’ meglio del suo padrone: la sua voce più da baritenore che da baritono secondo me giova assai a rendere bene il personaggio un po’ vanesio del badante di Hamm.   

Hilary Summers (Nell). Ha una parte - in omaggio al sesso - piuttosto lirica e la svolge con discreto profitto.

Leonardo Cortellazzi (Nagg). Essendo Nagg il padre di un basso, dovrebbe essere un basso profondo; invece Kurtág affida la parte ad un tenorino (il classico nonno starnazzante). E il nostro se la cava discretamente bene.

Va detto che la musica di Kurtág, pur non essendo improntata a puro (e insopportabile?) serialismo, è di digeribilità assai difficoltosa, il che mette a dura prova le capacità di assimilazione dell’ascoltatore: esodi di massa durante i tre cambi-scena testimoniano della ricezione negativa di gran parte del pubblico. E anche quello che è stoicamente rimasto al suo posto per più di due ore lo ha probabilmente fatto o perchè impossibilitato materialmente ad uscire (i posti di platea non sui corridoi) o perchè era già preparato in anticipo a fare il fioretto di sorbirsi l’amaro calice fino in fondo.

Pubblico che alla fine non ha fatto mancare i cosiddetti applausi di cortesia (forse anche di liberazione...) agli esecutori. E certo non avrebbe risparmiato applausi di stima all’Autore, fosse stato presente... però chi parla di capolavori, secondo il mio giudizio di melomane di media tacca, farebbe bene a moderare i termini, chè allora, se questo si definisce capolavoro, mi piacerebbe sapere quale termine dovremmo coniare per ridefinire anche solo Nabucco o Holländer, Barbiere o Bohème, tanto per dire, non parliamo poi di Otello o Tristan, Tell o Norma... 

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