Per conoscere più da vicino la musica di A Midsummer Night’s Dream ci appoggiamo
su una ripresa recente (2015) ad Aix-en-Provence dello spettacolo del 1991 firmato
(sempre ad Aix) dall’allora giovane rampante Robert Carsen. E qui diretto da Kazushi Ono.
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Sappiamo che l’opera è animata dalla presenza di
tre diversi mondi (A=elfi-fate, B=umani-nobili-amanti e C=umani-popolino-artigiani)
che rappresentano diversi strati della società umana e le loro proiezioni
onirico-fantastiche. A ciascuno di tali mondi Britten assegna altrettante palette sonore, caratterizzate da specifici
contenuti armonici, melodici e timbrici. E così il primo atto, grazie alla ristrutturazione operata da Britten-Pears
del testo originale di Shakespeare, si presenta musicalmente con la macro-forma
A-B-C-B-A (quindi una regolare successione, ad arco, di presenze dei tre mondi)
cui si aggiunge la sezione introduttiva (I) che evoca il mondo soprannaturale e
ricompare sistematicamente, come in un rondo,
ad ogni cambio di sezione e poi in chiusura d’atto.
A 3’52” l’opera si apre con un’Introduzione strumentale (dei soli archi, su 10 battute, subito
ripetute) che evoca il bosco e
tutti i suoi misteri. Siamo – per tener fede al titolo – anche nel mondo dei sogni e Britten ce lo rappresenta con
una serie di 12 accordi così
composta: SOL-FA#-RE-MI-LA-DO#-SOL#-MIb-DO-SIb-FA-SI. Una serie che si potrebbe
usare come rompicapo in un test attitudinale, domandando quale logica o
algoritmo o criterio stia alla base di quella successione: finora nessuno ha
proposto spiegazioni convincenti. Di sicuro c’è un labile riferimento all’atmosfera
creata dal tema della magia del sonno
di wagneriana memoria, una successione (quella sì, assolutamente preordinata)
di accordi che creano una sensazione di arcano, di straniante, di obnubilante.
Ciò che Wagner ottiene attraverso la giustapposizione di accordi in tonalità
vicinissime (distanti un semitono, decrescente) Britten lo crea impiegando due
trucchi del mestiere: i glissando
associati ad ampi intervalli su cui si
muovono i vari strumenti nel passaggio da un accordo al successivo. La serie
viene ripetuta in tempo appena più animato e poi ancora parzialmente, ma
arricchita (5’18”)
dall’irruzione di campane/triangolo, che annunciano
l’allegria che caratterizza l’entrata di due gruppi di fatine (il mondo-A).
Le quali, a partire da 5’27”, cantano una filastrocca in
onore della loro regina (Tytania). Dopo una prima strofa (A) basata su un tema a sali-scendi
(proprio come le colline e le valli percorse dalle simpatiche creature) eccone
una seconda più distesa (B, a 6’10”) e poi una terza (ancora A, accorciato, a 6’37”). Svolazzi di strumentini e un
intervento tutto in staccato della
tromba annunciano l’entrata in scena (6’46”)
di un personaggio che... non canterà mai: si tratta del tirapiedi di Oberon,
tale Puck, un folletto-carogna che
passa il tempo a perpetrare burle e scherzi da prete. La tromba (che sempre ne
accompagnerà le apparizioni) ne disegna poi la bizzarra e vulcanica
personalità, che ricorda (mutatis-mutandis)
quella di un altro burlone reso famoso dal corno di Strauss: Till Eulenspiegel.
Dopo che Puck ha battibeccato con le fatine di
Tytania, ecco arrivare (8’01”)
il suo padrone e signore Oberon, e
contemporaneamente, dalla parte opposta, la regina delle fate nonchè sua
consorte Tytania, su un ritmo di marcia,
che ci anticipa – grazie a forti contrasti di tonalità lontane dal LA di
impianto - come fra i due non corra buon sangue, come subito ci notificano le
fate, spiegandoci l’affaire del
piccolo indiano conteso fra i due. A 8’28”
ecco quindi un autentico duetto - tutto acuto (controtenore-soprano)
come i loro rapporti - Oberon-Tytania, i quali peraltro ammettono come dalle loro discordie derivino tutti i cataclismi e
i flagelli che colpiscono la terra e l’umanità, chiudendo le reciproche
recriminazioni (10’05”) con un da-capo
in cui riconoscono le proprie responsabilità.
Su una specie di recitativo con
scarno accompagnamento orchestrale, Oberon torna alla carica per avere il
fanciullo indiano, ma Tytania è irremovibile e se ne va. Ed allora (11’21”) Oberon architetta il suo
piano per costringerla a cedere: convoca Puck e, sul sottofondo di
celesta e glockenspiel (11’47”)
che creano propriamente l’atmosfera da incantesimo, ricorda al folletto il
succo di viola-del-pensiero e i suoi straordinari poteri. A 12’27” il tremolo di violini secondi
e viole, poi l’intervento di un solo primo violino danno corpo al suo racconto,
chiuso con l’ordine perentorio a Puck: trovami quel fiore e portamelo qui al più
presto! Al che Puck (13’01”) si
lancia nell’impresa, accompagnato immancabilmente da tamburo e trombetta. Ad Oberon
(13’12”) sempre con il
sottofondo incantante di celesta,
glockenspiel e archi, non resta ora che pregustare la completa vittoria sulla recalcitrante
consorte.
La misteriosa atmosfera del bosco (14’08”) riempie momentaneamente la scena, fra lo scomparire di
Oberon (e con lui del mondo-A)
e il sopraggiungere (14’59”)
dei primi rappresentanti del mondo-B,
Lysander ed Hermia, introdotti da un motivo in flauti e oboe che ne
caratterizzerà il canto (è un po’ il tema
degli innamorati, e lo si udrà anche affibbiato all’altra coppia) su un
ritmo accelerante di corni e trombone. Il tema, in questa sua prima
apparizione, scende in semiminime dal RE al DO#, al LA# per risalire al SI
(sono, nella stessa armatura di chiave, ma un semitono sotto, SI minore, le
stesse note del tema dell’ultimo intermezzo del mahleriano Abschied!) È stato giustamente osservato come il mondo-B, che è quello della
prosaica (anche se nobile, nella fattispecie) realtà quotidiana, venga
gratificato da Britten di stilemi caratteristici del teatro d’opera del '7-800, a partire
dalle voci (qui tenore e mezzosoprano, poi baritono e soprano) per arrivare ai contenuti musicali. Sul tema
udito al loro ingresso in scena, Lysander ed Hermia si abbandonano ad una
specie di numero chiuso (un duetto).
Esso è aperto (15’12”) da un cantabile dei due, cui segue (16’45”) una specie di tempo-di-mezzo (o recitativo di Lysander) che conduce (17’38”) ad una sorta di enfatica cabaletta, incentrata sulla reiterazione di I swear to thee (Ti giuro) sul ritmo accelerante di corni e
trombone e su una serie magica (ma
diversa da quella originaria del bosco)
di 12 accordi, dove i due si giurano eterna fedeltà. Usciti i due innamorati,
ora (18’59”) il bosco rimane per poco protagonista,
con la sua misteriosa atmosfera. Celesta e violino ci riportano, ma solo
momentaneamente (19’24”) nel mondo-A, poichè torna Oberon, sempre
sognando l’incantesimo che ha progettato per Tytania, quando la sua attenzione
è attirata (20’02”) dall’arrivo
della seconda coppia del mondo-B:
Demetrius ed Helena. I quali ingaggiano a loro volta un melodrammatico duetto
(dove torna lo stesso tema che aveva caratterizzato quello dei due innamorati)
tutto incentrato sui tentativi di Demetrius di liberarsi di Helena e sulle
insistenze di lei per restargli accanto. Ruvide strappate degli archi
sottolineano l’acredine del giovane, mentre lei (21’38”) in un intermezzo più calmo si offre addirittura di
fargli da cagnolino... Il battibecco riprende (22’17”) fino alla fuga precipitosa di Demetrius. Helena
promette di inseguirlo, mentre Oberon, che (invisibile) ha assistito alla scena
(22’42”) profetizza che fra
poco sarà lei a fuggire inseguita da colui che or ora l’ha respinta.
Uscito provvisoriamente di scena il
mondo-B, abbiamo adesso un’altra
parentesi di mondo-A: è Puck,
annunciato al solito da tromba e tamburo (23’05”) che torna con i petali di viola-del-pensiero. Celesta e
violoncello (23’35”) per 5
battute introducono la pagina forse più famosa dell’opera. È Oberon a cantare (23’57”) un mirabile arioso (I know a bank) accompagnato da arpe, cembalo, clarinetti e celli: è
l’evocazione di una riva fiorita e profumata dove Tytania suole addormentarsi (25’05”, primo ritornello) e dove (25’36”)
il serpente stende la sua veste per avvolgervi la fata. A 26’06” (secondo ritornello) Oberon canta il suo proposito di posare il succo sulle
palpebre di Tytania, che verrà assalita da odiose fantasie. Oberon invita poi (26’47”) Puck a prendere un po’ del
succo per versarlo sugli occhi di un giovane ateniese (Demetrius) in modo da
farlo innamorare della donna che lui ora respinge (Helena).
L’atmosfera del bosco (27’29”) torna ad occupare lo spazio sonoro,
rotta (a partire da 27’57”) da
sommesse ma chiare irruzioni del trombone. È l’annuncio dell’arrivo del mondo-C, quello degli artigiani,
che si materializza pienamente, sempre nel trombone (28’15”) con un
motivo in staccato, contrappuntato da
incisi borbottanti di clarinetti,
fagotto e corni. E sono proprio gli strumenti a fiato a caratterizzare
musicalmente questo mondo di rustici
(così Britten-Pears, rammentando... Donizetti). I quali compiono i preparativi per la messinscena di Pyramus and Thisby, cominciando con
l’assegnare i ruoli a ciascuno dei sei attori (tutti maschi). Da notare la
prosopopea con la quale il produttore-regista-sceneggiatore-attore Peter Quince scandisce (28’48”) il titolo della tragedia: LAb-MIb-LAb
su un’ottava discendente (pare l’incipit della terza di Bruckner!) Per
il resto, le caratteristiche salienti di questa scena – tipica di opera buffa -
si possono ricondurre a due: i sei artigiani, più che cantare, praticano un misto di canto
(spesso stonato) e parlato; e la loro
è una dizione quasi sempre concitata, affannosa, che i fiati e in particolare
il trombone accompagnano a loro volta con figurazioni spezzate (e in staccato)
che accentuano la frammentarietà delle enunciazioni dei sei. Uniche parentesi sono
rappresentate dalle pretenziose esibizioni di belcanto (?!) di Bottom e
da quell’oasi di relativa calma (32’15”)
sul recitativo in cui Snug si preoccupa di avere da Quince la sua parte (del leone) per
avere il tempo di mandarla a mente. Altre divertenti trovate di Britten sono i
diversi glissando del trombone (da 32’41”) che prendono di mira le
fanfaronate del Bottom faso-tuto-mì, anca el leon! Alla fine (34’16”) si raggiunge l’intesa
generale e ci si dà appuntamento a più tardi, per la prima prova.
Come sempre è il bosco (35’18”) con
le sue arcane sonorità a licenziare (per ora) il mondo-C per tornare ad accogliere (35’55”) il mondo-B,
ancora rappresentato da Lysander ed Hermia, che ricompaiono in scena
accompagnati dal loro tema in viole e celli. I due (che evidentemente, invece
di incamminarsi verso la zia di lui, devono aver girato in tondo per il bosco
dopo la precedente apparizione) adesso sono stanchi ed assonnati e si preparano
a coricarsi, in letti (si fa per dire) rigorosamente separati (certo, i due
contestavano le usanze dei matrimoni combinati, ma rispettavano – perlomeno lei
– la regola di arrivare illibati al matrimonio!) La buonanotte (37’37”) viene scambiata con
reciproci amen (evabbè) sul solito tema degli innamorati, qui opportunamente
dilatato nell’agogica.
Tamburo e tromba (38’18”) annunciano il sopraggiungere
di Puck, sempre alla ricerca dell’ateniese da incantesimare. E adesso
lo trova, è lì già bell’e addormentato (peccato che sia l’ateniese sbagliato...)
La celesta (curiosamente) sembra spiritata, come il folletto, mentre è la
tromba a calmarsi, suonando quietamente, col frullato, mentre Puck spruzza il succo magico sugli occhi di
Lysander, prima di scapparsene dal suo padrone, inseguito dai ghiribizzi della
sua tromba, tornata... normale. Hermia (39’32”)
ancora recita i suoi amen nel sonno, ma
ecco sopraggiungere (39’59”) Helena,
trafelata all’inseguimento di Demetrius, che invoca sul solito tema degli
amanti. Ma Demetrius l’abbandona ancora una volta, mentre lei... scopre
Lysander accasciato al suolo: vivo o morto? Così lo scuote e (41’32”) lo sveglia, destandone immediatamente la folle passione
verso di lei (e qui la musica incorpora parecchie atmosfere del bosco, a confermarci che il giovane è
sotto-incantesimo) che stenta a capire e vorrebbe ricondurlo alla ragione, poi
fugge inorridita. Lysander si compiace che lei non abbia visto Hermia e la
insegue. A 43’49” Hermia si
sveglia, non trova Lysander, ha fatto un brutto sogno a base di serpenti, si preoccupa (sulle note
in sedicesimi staccate dei legni) e
fugge a sua volta.
Chiusa definitivamente (per l’atto primo) la
presenza del mondo-B, si torna
per il finale d’atto al mondo-A.
É Tytania (45’16”) ad esibirsi
in un grande arioso, ricco di
fioriture e virtuosismi, in cui invita fate ed elfi a farla addormentare e
poi ad andarsene ai loro doveri di servizio nel bosco. Il suo canto si muove sul
tappeto sonoro del bosco, che aveva
aperto l’atto. Ora elfi e fate intonano una straordinaria ninna-nanna, composta
da tre strofe dal ritmo marziale intercalate a due comparse di un ritornello
più languido, che riutilizza parte del canto delle fate che aveva aperto l’opera.
La prima strofa inizia a 47’23”,
poi ecco (47’49”) il primo
ritornello; quindi (48’18”) la
seconda strofa e ancora (48’44”)
il ritornello. A 49’17” abbiamo
la breve strofa conclusiva.
Tytania dorme e la celesta (49’36”) ci annuncia incantesimi: è
Oberon che arriva e spruzza sugli occhi della regina il succo magico. Augurandole
di risvegliarsi incontrando qualche
oggetto vile... A 50’43” è il bosco ad accompagnare la calata del
sipario.
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L’apertura del second’atto ci deve
presentare un bosco ormai totalmente avvolto nelle tenebre e Britten si ricorda
qui di Mendelssohn, inventandosi
un’introduzione di 49 battute fondata su quattro accordi nelle tonalità
(maggiori) di REb-RE-MIb-DO (che occupano le prime 4 battute). A differenza di
Mendelssohn, che si muove rigorosamente nella tonalità di MI maggiore e
presenta quattro accordi (tonica, dominante, sesta minore e ancora tonica) che
complessivamente impegnano 7 delle 12 note della scala cromatica (MI-SOL# / RE#-FA#-SI
/ LA-DO) gli accordi di Britten coinvolgono tutte le 12 note (REb-FA-LAb /
RE-FA#-LA-(SI) / MIb-SOL-SIb / DO-MI) della scala, il che crea un sotterraneo
legame (boschivo, verrebbe da dire)
con la serie dei 12 accordi che caratterizzavano il bosco all’imbrunire, nell’introduzione dell’atto primo.
Dopo l’esposizione originaria (52’12”) dei quattro accordi,
assegnati ciascuno ad una diversa sezione strumentale (archi / ottoni / legni /
arpe-cembalo-vibrafono) gli stessi vengono riproposti per 5 volte, sempre con
sottili variazioni (melodiche ed agogiche) e con differenti assegnazioni
strumentali. Così abbiamo (52’34”)
la prima ripetizione, che occupa 8 battute (2-1-2-3); poi la seconda (53’15”) su 14 battute (4-3-4-3);
quindi la terza (54’00”) su 12
battute (3-3-3-3); ancora la quarta (54’30”)
su 5 battute (1-1-1-2); e infine (54’54”)
la quinta, incompleta, su 6 battute (3-3). Come già per l’atto iniziale, anche
qui siamo proprio nel mondo dei... sogni, ed a buona ragione, chè la scena è
rimasta quella di chiusura dell’atto primo, con Tytania che sta beatamente
dormendo, in attesa di un risveglio che le deve riservare una brutta (o bella?
chissà...) sorpresa.
La chiusa dell’introduzione (55’14”) coincide con l’irruzione di
un borbottìo del fagotto (qualcosa che ricorda gli spiritati interventi della
tromba di Puck...) che accompagna il sopraggiungere dei sei artigiani che si
ritrovano per la prova del loro spettacolo. Come nella scena precedente, i sei
cantano quasi parlando e in modo sempre concitato, anche perchè fra loro continuano
a nascere dubbi riguardo ad aspetti critici dello spettacolo: l’impressione che
un suicidio farà sulle signore del pubblico, poi lo spavento che provocherà il
leone, poi ancora (strepitoso, il moon,
da 57’02”) il problema di come
simulare il chiaro di luna e infine la presenza del muro che divide Pyramus da
Thisby. Come già la scena del prim’atto, anche questa ha caratteristiche
spiccatamente comiche ed ancora sono i fiati, massimamente fagotto e trombone
(due strumenti perfettamente appropriati alla bisogna) ad accompagnare le
esternazioni a volte preoccupate, a volte ridicole dei sei, che alla fine hanno
trovato un rimedio a tutto e (58’08”)
si preparano entusiasticamente alla prima prova dello spettacolo, accompagnati
da una trionfale fanfara di corni da far invidia a quella che festeggia
Siegfried dopo la fusione della spada!
Ma in quel momento (58’22”) proprio mentre Quince invita
Pyramus (Bottom) ad iniziare, la tromba di Puck annuncia l’arrivo del folletto,
giusto sul retorico accordo a piena orchestra di DO maggiore seguito da uno
svolazzo di strumentini sulla dominante e dalla perfetta cadenza (sempre DO) degli
archi, che è una straordinaria parodia di un classico stilema da melodramma.
Puck, mentre l’accordo si prolunga su una corona puntata, si domanda che razza
di gentaglia sia arrivata lì a disturbare il sonno regale di Tytania, e forse
già medita di dare una lezione a quegli zoticoni. Quince (58’38”) ripete l’invito a Bottom e
si ripetono anche gli accordi dell’orchestra, che finalmente danno inizio alla
prova.
La parte di tragedia che seguiamo
(la prova verrà di fatto interrotta dallo scherzo-da-prete di Puck a Bottom) è
un condensato di battute spiritose, legate ad errori e incomprensioni del testo
da parte degli aspiranti attori. Così Bottom(Pyramus) esordisce (58’48”) equivocando odious per odourous, e viene corretto da Quince: maniacale davvero la
precisione con cui Britten fa cantare odious
sul falso LAb e il corretto odourous
sul... corretto LA naturale. Il copione prevede poi che Pyramus venga attirato
altrove da una voce che arriva da lontano, e quindi Bottom (59’21”) se ne esce di scena cantando
una melodia degna di... Meyerbeer, ma inseguito da Puck, ormai deciso e vicino
a giocargli il suo scherzo. Allontanatosi anche il suono della trombetta del
folletto, si fa avanti Flute che impersona Thisby: a 1h00’18” canta la sua parte, dapprima salendo di tonalità (da
SI a REb) fra due versi, poi mettendosi spiritatamente a cantare tutto il resto
della sua parte (didascalie comprese, lo rimprovera Quince) a velocità folle!
Ora abbiamo il colpo di scena (1h01’18”): Bottom(Pyramus) rientra
con una testa d’asino (un incantesimo di Puck...) al posto della sua! Ne deriva
un parapiglia generale, tutti si danno alla fuga terrorizzati, mentre il povero
Bottom (1h01’45”) pensa che
gli amici gli stiano facendo uno scherzo di cattivo gusto, facendolo passare
per asino! Ma proprio di essersi trasformato in asino lo informano i compagni
tornati per un attimo a farsi vedere, prima di scomparire definitivamente (li
ritroveremo ormai nell’atto terzo). Per rincuorarsi Bottom attacca allora sguaiatamente
(1h03’04”) una canzonaccia
invero sbracata (The woosell cock)
tipica reazione emotiva di chi in realtà ha una paura nera...
Ma tutto ciò ottiene il risultato (1h03’27”) di svegliare Tytania (il cui
sonno aveva evidentemente resistito alla caciara precedente): le volgari
dissonanze del vociare di Bottom, che continua imperterrito la sua canzone, si alternano
ora come per incanto all’idilliaco mondo sonoro della regina delle fate (che
riprende il motivo udito all’inizio dell’opera). A 1h04’05” Tytania addirittura chiede allo sconosciuto dalla
testa asinina di continuare a cantare quelle note inebrianti (! a tal punto è
invaghita di lui!) Lui vorrebbe andarsene dal quel bosco maledetto, ma lei lo
trattiene, e con convincenti argomenti: chiama fate ed elfi e ordina loro di
mettersi al servizio del nuovo arrivato. E lo fa (1h05’59”) intonando un’aria col da-capo! Nella sezione A invita
i suoi a procurare frutta pregiata per nutrire il suo prediletto; nella sezione
B (1h06’27”) ordina per lui
miele e luci che lo accompagnino (1h07’00”,
ripresa A) quando si riposa e si desta. E a questo punto (1h07’34”) quattro elfi intonano una
specie di marcia cerimoniosa in onore del nuovo amante della regina, il quale ne
approfitta per fare la loro conoscenza.
Qui Britten-Pears hanno
giustapposto la scena d’amore, che
Shakespeare presentava più avanti, in un atto successivo. Tytania (1h09’24”) invita Bottom a sedersi
con lei su un letto fiorito e così (1h10’08”)
una deliziosa e debussy-iana melopea del clarinetto, poi del flauto accompagna
i due che si godono attimi di intimità, rotti peraltro dai... servizi da beauty-farm che l’asino Bottom ordina
agli elfi. A 1h12’28” Tytania
propone di far musica e Bottom non perde occasione per sciorinare anche il suo
orecchio musicale (!?) Gli elfi attaccano, con soli due flauti dolci, legnetti
e piccoli piatti (1h12’59”)
una veloce marcetta in 4/4, e subito dopo (1h13’25”) una specie di saltarello (6/8) cui si aggiunge
l’orchestra e sul quale Bottom si mette anche a danzare, cercando nel contempo
di accompagnare la musica col suo canto, ma con scarsi risultati, sia di
intonazione che di tempo. L’uomo-bestia ora è proprio stanco e chiede (1h14’11”) di riposare senza essere
disturbato. E così Tytania (1h14’26”)
accompagnata dalle languide melodie del clarinetto impreziosite dalle arpe, gli
canta la ninna-nanna, che si chiude con un’esplicita dichiarazione: Quanto ti amo! Son folle di te! Bottom
esala un orgasmico Ah...... mentre
sprofonda nel sonno evocato (1h16’06”)
dai quattro accordi che avevano aperto l’atto.
Essi, ripetuti qui in tre sequenze
(anche a 1h16’40” e 1h17’16”) fungono da interludio e
preparano il terreno alla seconda parte dell’atto, che sarà caratterizzata dal
riunirsi, poi dal dividersi e finalmente dal tornare a riunirsi (per...
dormire) delle due coppie di giovani ateniesi. Prima però dobbiamo assistere
all’incontro fra Oberon e Puck, di cui ci dà avvisaglia (1h17’39”) la solita trombetta
dell’elfo, che ora ragguaglia il padrone sugli sviluppi dell’affaire di Tytania: Oberon è entusiasta
di come stanno andando le cose (pregusta già il... possesso del fanciullino
indiano che gli sta così a cuore); però gli interessa anche sapere di
Demetrius, se sia stato sottoposto all’incantesimo. Lupus in fabula (1h18’40”) ecco Demetrius che arriva
inseguendo Hermia: peccato che Puck riconosca la donna incontrata prima, ma non
l’uomo cui ha imposto la magia! I due si mettono in ascolto del dialogo fra i
giovani, in un’atmosfera sonora sulla quale incombono le semicrome staccate dei
legni (le stesse udite nel primo atto al momento per Hermia di risvegliarsi e
scoprire l’assenza di Lysander) e il tema che dall’inizio contraddistingue i
giovani innamorati.
Il battibecco fra i due dura poco,
chè Hermia se ne va sempre più contrariata, e Demetrius si... addormenta.
Oberon decide di sfruttare la situazione, quindi spedisce al volo Puck (che non
si fa pregare) in cerca di Helena mentre lui (1h20’36”) compie l’incantesimo sugli occhi di Demetrius e poi,
accompagnato dalle argentee note di arpe (in armonico) e celesta, gli canta
pure una dolce ninna-nanna, derivata dal suo precedente arioso I know a bank (che rievocava un altro
sonno, quello di Tytania). È sempre la trombetta ad annunciare il lesto ritorno
di Puck (1h21’33”) che ha
rintracciato Helena (e quindi Lysander): adesso ne vedremo delle belle,
annuncia al suo capo. A 1h21’56”
infatti Helena arriva, seguita da Lysander: stanno ancora baruffando come
nell’atto precedente (lui galante e amoroso, lei contrariata) ma ora vengono
interrotti (1h22’24”) dal
risveglio di Demetrius, che subito indirizza ad Helena la sua appassionata
dichiarazione d’amore, su una melodia che sta tra lo svenevole e il lamentoso,
accompagnata dal ribollire delle terzine e delle crome staccate degli archi,
che bene evocano lo stato dell’animo alterato di Demetrius. Helena ne inorridisce,
mentre Lysander ricorda all’amico il suo amore per Hermia, la quale
sopraggiunge proprio in quel momento (1h23’29”)
accusando Lysander di tradimento (dite voi se non è una farsa questa...)
Helena non lascia all’amica il
tempo di parlare e intona (1h23’32”)
un autentico arioso, per ricordarle i tempi della fanciullezza, quando loro vivevano sempre unite e
concordi, proprio come due sorelle: e una figurazione a specchio, in fagotto e oboe
(1h24’12”) torna continuamente
a sottolineare questa unità di intenti, che ora verrebbe rotta da Hermia (1h25’24”, Helena torna ad arrabbiarsi) evidentemente
in combutta con i due ragazzi per prendersi gioco di lei! Dopo un’energica
figurazione ascendente negli archi, culminante in una secca croma accompagnata
dal tamburo, Hermia (1h25’38”)
ribatte di essere colpita dalle appassionate parole di Helena, che però le
appaiono come un’ipocrita presa in giro! Helena si spazientisce ancor più e fa
l’atto di andarsene a... morire, trattenuta da Lysander, che ancora le protesta
il più sincero amore (!) e ne ottiene (1h26’07”)
un caustico ma bravo! Quest’ultimo
passaggio è caratterizzato dall’ostinato accompagnamento di crome degli archi
bassi, che percorrono più volte – in ordine apparentemente casuale - tutti i
gradi della scala cromatica.
Qui ha formalmente (in termini
musicali) inizio un quartetto - in
3/8, tempo allegro (Quick) - o piuttosto
uno sghembo concertato che accompagna le ripicche fra i quattro, caratterizzato
da un ostinato sottofondo di semicrome dei timpani punteggiate da... linguacce di clarinetti e archi. Si
riode anche il tema degli innamorati, qui però piuttosto storpiato, dacchè di
amore ne è rimasto assai poco... Dapprima i due maschi battibeccano su chi ama
di più Helena; così (1h26’18”)
Hermia chiede ancora spiegazioni del suo voltafaccia a Lysander, che la scaccia
riempiendola di contumelie al limite dell’irriferibile, mentre Demetrius lo
irride dandogli del codardo; Lysander gli promette di lasciargli Hermia, ma
Demetrius adesso di quella non sa che farsene; Helena accusa i due ragazzi di
essere rivali per l’amore di Hermia e di prendersi gioco di lei; ma poi è
Hermia (1h27’02”) ad accusare
Helena di essere una ladra di cuori, così Helena sbotta; tu sei una falsa, e
una pupattola.
Apriti cielo! (1h27’15”) il tempo rallenta
improvvisamente, poichè Hermia è stata punta sul vivo: lei è più bassa di
statura di Helena e deduce che costei la stia offendendo per questo, così si
imbarca in un’autentica requisitoria contro l’amica divenuta rivale. Il piglio
è solenne, sostenuto da figurazioni puntate negli archi, ma di una calma sotto
la quale cova il fuoco dell’ira: ecco, con la tua statura (e un fisico da
modella, diremmo oggi...) hai conquistato il mio promesso sposo. Ma attenta,
non sono poi tanto bassa da non arrivare a metterti le unghie negli occhi! Helena
(1h28’32”) con evidente tono
di scherno, implora i due maschi di difenderla da quella nanerottola, e ciò
innesca una furibonda lite fra le due: Helena insiste nelle sue offensive
allusioni alla... bassezza di Hermia,
rivolgendole una serie di epiteti... minuscoli!
Hermia minaccia di passare alle vie di fatto e allora Lysander (1h29’24”, sul tema allargato degli
innamorati, qui in MI minore nei legni) le assicura che lui è pronto a
difenderla. E ciò provoca il trasferimento del battibecco ai due maschi, che
arrivano ormai (1h29’52”) all’estremo
di sfidarsi a duello e se ne vanno (1h30’05”)
nel folto del bosco. 13 battute in tempo lively
(vivo) sul ribollire delle crome degli archi bastano a mostrarci l’astio
reciproco delle due ragazze che se ne corrono via inseguendosi ed insultandosi.
Riecco apparire Oberon e Puck (1h30’26”) in un’atmosfera sonora
fatta di scossoni di arpe e cembalo cui danno man forte alternativamente percussioni
diverse (timpani, tamburi, xilofono, piatti, gong): atmosfera che evoca
spintoni, calci e schiaffi con cui Oberon trascina il suo tirapiedi, accusandolo
(1h31’00”) di averne combinate
di cotte e di crude. Il poveraccio si difende ammettendo di aver sbagliato...
in buona fede (a scambiare Lysander per Demetrius) e stramazza con un grido
strozzato, sui glissando di arpe e
xilofono e su una discesa rapida del cembalo. L’umore di Oberon muta
d’improvviso (1h31’36”) e il
re degli elfi adesso attacca una languida berceuse,
accompagnata dai soli contrabbassi e cembalo con interventi di arpe, timpani e
gong. É il nuovo ordine di servizio che Oberon impartisce a Puck: l’elfo
burlone dovrà far scendere la notte fonda sui due giovani che si preparano al
duello, sì che vengano assaliti dal sonno
(1h32’08”) più profondo;
allora lui verserà sugli occhi di Lysander il succo di un’erba magica (il
contro-incantesimo...) così che al loro risveglio i quattro crederanno solo di aver sognato. Una
lunga battuta di recitativo libero (1h32’42”)
contiene l’invito concitato ad operare immediatamente.
Così (1h32’49”) Puck scatta in piedi (e la sua tromba ne sottolinea
subito i movimenti) e, mentre cala di colpo una fitta nebbia (sono gli archi
divisi e silenziati ad evocarne lo
scendere) corre ad obbedire ai comandi del suo padrone, proponendosi di far
girare a vuoto (su e giù, up-and-down) i due fino ad ubriacarli di sonno. Il primo che
incontra (1h33’07”, su uno schianto
della sua trombetta sostenuto da piatti, gong e arpe) è Lysander, che chiama
Demetrius. Puck imita la voce di quest’ultimo per attirare il primo verso di sè
e spedirlo poi altrove, mentre è Demetrius (1h33’30”, altro schianto, come sopra) a sopraggiungere a
tentoni in cerca di Lysander: Puck lo attira verso di sè e se lo porta via,
sugli svolazzi spiritati della sua trombetta.
Nuovo schianto e Lysander torna a
farsi vivo, poichè sarà lui il primo protagonista della serie di quattro
successivi addormentamenti! E a
ciascuno di essi Britten riserva ed associa una tonalità fondamentale
corrispondente a quella dei quattro accordi che hanno aperto l’atto. Siamo
quindi in REb quando (1h33’55”)
è appunto Lysander il primo a cedere al sonno (mentre il clarinetto ricorda il
motivo degli innamorati) rimandando all’indomani la vendetta su Demetrius. Il
quale viene richiamato dalla trombetta di Puck (1h34’47”) che contemporaneamente annuncia il passaggio di
tonalità a RE maggiore: Demetrius sembra copiare l’atteggiamento del
(provvisorio) rivale e cade addormentato, dopo aver mandato Lysander a quel
paese, sul motivo degli innamorati. Adesso Puck (1h35’46”) accoglie la terza persona da addormentare: è Helena,
che sopraggiunge (1h35’58”) accompagnata
dal nuovo cambio di tonalità a MIb e si lascia cadere in preda a morfeo. Puck (1h36’49”) mostra ora di saper anche
contare: due coppie fanno quattro persone, accipicchia, e qui ne abbiamo solo
tre... ah, ecco che arriva l’ultima, pare un cane bastonato, certo che l’amore
gioca proprio brutti scherzi! La tonalità trascolora a DO maggiore: Hermia (1h37’16”) si sente proprio come
l’unica vittima di tutta questa vicenda da incubo; non ha più la forza per
proseguire e cade addormentata, sotto la cullante protezione di flauto, corno
inglese e clarinetto.
La chiusura d’atto è riservata agli
abitanti del bosco, che sopraggiungono sveltamente (1h38’17”) con le arpe che accompagnano il loro incedere
saltellante. A 1h38’42” fate e
folletti intonano una filastrocca a mo’ di ninna-nanna, sulla tonalità tornata
a REb maggiore, quella con cui l’atto si era aperto. La forma è un semplice
ABA, dove A in 8 battute ripropone due volte la sequenza dei 4 accordi iniziali;
B (1h39’31”) raddoppia il
ritmo di successione degli accordi prima del ritorno di A (1h40’01”). Una coda di 13 battute (1h40’44”) è occupata dapprima da una
melodia nei violini che richiama la filastrocca e poi (1h41’06”) dall’atmosfera di
incantesimo (la celesta) che sottolinea il gesto di Puck che lo rimuove dagli occhi di Lysander.
___
Il terzo atto è suddiviso
scenicamente in due parti nettamente distinte: il bosco ne occupa ancora la
prima, mentre il palazzo ateniese di Theseus sarà teatro (anche in senso
letterale!) della seconda e conclusiva. La prima parte, in analogia all’atto
iniziale, ci presenta in sequenza i componenti del mondo-A, poi del mondo-B
e infine del mondo-C.
L’apertura (1h42’25”) è occupata da 51 battute strumentali introduttive
(dopo 30 di queste si alza il sipario) nelle quali i soli archi e in
particolare tutti i violini divisi in tre parti espongono una melopea dolce ma
con venature tristi, legate agli ampi intervalli che la caratterizzano e
all’accompagnamento degli archi bassi, fatto di dissonanti, anche se sommessi,
accordi di seconde: siamo ormai in
prossimità dell’alba e tre coppie di amanti si apprestano a tornare alla
realtà, dopo aver trascorso una notte che al loro risveglio sembrerà popolata
di sogni, o magari di incubi... Su di loro, implacabili quanto insonni,
vigilano Oberon e il fido (anche se inaffidabile...) Puck, autorevoli
rappresentanti del mondo-A.
Oberon (1h44’06”) cantando su piccoli intervalli (se non proprio recto-tono) che contrastano con quelli
ampi della melodia degli archi, indica a Puck il sonno di Tytania, il cui
infatuamento... bestiale comincia a fargli pena: lui ha ottenuto (come?
Britten-Pears non ce lo spiegano, a differenza di Shakespeare) ciò che
desiderava (il fanciullo indiano) ed ora è deciso a togliere l’incantesimo e
riportare a sè la regina delle fate. Sempre cantando per gradi congiunti, ma
ora con l’intervento della celesta (che già anticipa incantesimi) Oberon (1h45’03”) invita Tytania a tornare
in sè (e a sè...) grazie ad una nuova magia. Sulle parole Svegliati, mia dolce regina (1h45’29”)
ritorna la melopea dell’introduzione, che porta (1h46’13”) ad un grandioso tutti
orchestrale in fortissimo, in cui
spiccano i glissando delle due arpe,
ad accompagnare adeguatamente il risveglio di Tytania.
La quale (1h46’28”) sull’accompagnamento dei soli archi subito si rifugia
in Oberon, confidandogli di avere avuto una visione da incubo, essendosi
innamorata di un asino. E subito, sommesso ma evidente, per tre battute il
trombone ci ricorda chi fosse quell’asino! Oberon glielo indica, e Tytania si
chiede come tutto ciò possa essere accaduto, dato che lei ora detesta quella
visione. Oberon non le dà spiegazioni, ma ordina a Puck di rimuovere la testa
d’asino da Bottom, e ancora è il trombone, con i corni, a sottolineare il gesto
del folletto, mentre Oberon invita Tytania a produrre la sua musica, che
mantenga sprofondati nel sonno i cinque umani che ancora giacciono lì nei
pressi. Così Tytania (1h47’22”)
ordina che si faccia musica (entrano, senza cantare, alcune fate) e (1h47’50”) comincia a danzare con
Oberon, su una sarabanda, che pare in
realtà uno swing (richiama persino tea-for-two!) sul ritmo scandito dagli
accordi delle arpe e su una melodia puntata del corno inglese e dei clarinetti.
Oberon preannuncia a Tytania un’altra danza, di cui loro saranno
protagonisti la sera di quello stesso giorno, al palazzo di Theseus, dove si
celebreranno le nozze del duca e quelle delle due coppie che ora dormono lì nei
pressi. Trilli e svolazzi dei due ottavini (1h48’47”) anticipano i gorgheggi dell’allodola, e Puck arriva infatti
ad avvertire che è quasi mattino, per poi subito sparire: così (1h49’00”) le allodole-ottavini si
sovrappongono alla melodia della danza, fino ad accentuare i loro trilli e poi
a svolazzare via a frotte, insieme ad Oberon e Tytania, per lasciare la scena
al mondo-B.
Il languido incedere della melodia
dell’introduzione (1h49’29”) fa
da sfondo al risveglio dei quattro amanti (più tardi anche del... quinto). Come
già nella commedia di Shakespeare (dove evocavano in realtà l’arrivo di Theseus
e compagnia) sono fanfare di corni in lontananza (versione aggiornata della
wagneriana caccia del Tristan) che
pongono fine al sonno dei quattro giovani ateniesi (1h49’57”) la cui successione di risvegli avviene secondo una
rigorosa sequenza e con modalità e simmetrie sempre uguali. Così il primo a
destarsi è Demetrius, che invoca Helena! E subito dopo altri squilli di corno,
più animati, svegliano anche Lysander, che invoca a sua volta Hermia,
scandendone il nome sul tema degli innamorati. Altra fanfara per ridestare
Helena, che invoca il suo Demetrius e poi quella che sveglia Hermia, che invoca
Lysander, sul tema invertito degli
innamorati. Mentre i corni continuano a farsi udire (1h51’51”, salvo non si pratichi un... taglio, qui risparmiato) Lysander,
Hermia e Demetrius manifestano il loro stupore e ancora non credono di essere
davvero svegli. (Il taglio, previsto ed eseguito da Britten alla prima nella Jubilee Hall di Aldeburgh,
si protrarrebbe fino a 1h53’08”.)
Adesso Helena (1h53’20”) afferma
di aver trovato Demetrius come quando si trova un gioiello, che diventa proprio
senza essere proprio... Questa considerazione (in Shakespeare riservata solo ad
Helena, beneficiaria principale dell’unico incantesimo non revocato) viene da
Britten-Pears messa in bocca anche agli altri tre amanti. E diventa la base di
un nuovo quartetto nel quale le voci
dei quattro entrano a canone prima largo e poi sempre più stretto, su una
melodia ascendente che ricorda, ma in positivo, quella aspra e discendente del
corrispondente quartetto della baruffa nell’atto II e con il sottofondo dei 12
accordi che avevano aperto l’opera, qui ristrutturati e presentati sulla
fondamentale. Infine (1h55’01”)
i quattro ripetono per tre volte, a corale,
il verso originale di Helena: mine own
and not mine own. Riascoltiamo (1h55’25”)
le fanfare dei corni, che per tre volte ancora accompagnano le allegre
esternazioni dei quattro innamorati, che hanno preso il sentiero che porta in
città, decisi a raccontarsi (da 1h56’08”
tornando a cantare a canone) le rispettive esperienze oniriche (o millantate
tali...)
Trombone e clarinetti (1h56’55”) ci portano ora senza ombra
di dubbio nel mondo-C, cioè a
dire alla presenza di Bottom, il quinto innamorato (ormai non più asino e
quindi... tradito!) che si sta a sua volta risvegliando, convinto di ritrovarsi
allo stesso punto (della prova teatrale) in cui lo sbifido Puck lo aveva incantesimato. E quindi pronto a riprendere
il dramma di Pyramus. Gli stessi clarinetti ci hanno riproposto in tempo lento
la musica dell’ultimo verso pronunciato da Flute (Thisby) prima che Bottom
tornasse in scena con la testa d’asino. Bottom ricorda perfettamente quale sia
il verso su cui deve riprendere, ma poi non trovando nessuno dei compagni si
comincia a preoccupare, come ci testimonia un improvviso (1h57’56”) agitarsi dell’orchestra
che ne accompagna l’inutile correre qua e là in cerca di qualcuno. Bottom ora (1h58’10”) realizza di aver sognato e
i clarinetti, raggiunti dal corno inglese e poi dai flauti, ricordano la
melodia del suo idillio con Tytania. Lui fatica a raccapezzarsi e ammette che
solo un asino (!) saprebbe raccontare ciò che gli è capitato. Il tempo ora (1h59’11”) diventa assai veloce (allegro molto) mentre Bottom afferma – a
tempo di walzer e su un motivo che ricorda l’invito di Tytania ai folletti di
essere gentili con lui - che nè occhio, nè orecchio, nè mano, lingua o cuore
umano potrebbero raccontare la sua straordinaria esperienza. E allora (1h59’33”) pensa di farci scrivere
sopra una ballata da Peter Quince, e la ballata si intitolerà (1h59’56”, in falsetto, sui quattro
accordi REb-RE-MIb-DO che avevano aperto l’atto
dei sogni) Il sogno di Bottom
(come dire: il sogno senza fine). Mentre legni ed arpe ripropongono il motivo
udito al suo risveglio (2h00’15”)
decide che canterà la ballata alla fine dello spettacolo per il duca, in coda
alla morte di Thisby; e quindi se ne va.
L’Interludio (2h03’39”, 4/4 alla marcia) si caratterizza per l’accompagnamento ostinato di
semiminime e per l’alternarsi delle figurazioni dei corni (che richiamano
quelle già udite al risveglio degli amanti) con l’imitazione che ne fanno di
volta in volta flauti, clarinetti, corno inglese e fagotto, ancora clarinetti e
flauti, poi tutti quanti insieme (mentre compaiono nei bassi le 12 note della
scala cromatica) fino a sfociare (2h04’49”)
in una sezione più cantabile, caratterizzata però da uno spiritato accompagnamento
degli archi. Come in un film hollywood-iano, lo spalancarsi della scena sul salone
del palazzo ducale è accompagnato (2h05’09”)
dal maestoso sbocciare di una vera e propria musica-da-film (Max Steiner,
per esempio) un motivo dove il lirismo si mescola all’enfasi e – per dirla
proprio tutta – un po’ anche al kitsch!
L’entrata solenne dei duchi (2h05’37”)
è ancora anticipata dal ritorno della fanfara dei corni (subito imitati dai
legni) e dal motivo che aveva caratterizzato l’Interludio.
A 2h05’54”, mentre gli archi reiterano il tema lirico udito poco
prima, ecco Theseus che annuncia ad Hippolyta l’ormai imminente – e
ansiosamente desiderato e atteso - coronamento del loro sogno d’amore. La
ex-regina delle amazzoni, su un ostinato quanto dolce accompagnamento degli
archi, gli fa eco (2h06’31”)
pregustando la notte d’amore che ormai si avvicina. Ancora la fanfara di corni (2h06’57”) prepara la risposta del
duca, che ricorda ad Hippolyta le bellicose circostanze della sua conquista, ma
promette di ricompensarla con pompe, trionfi e feste. E alla festa saranno
presenti anche i quattro innamorati che arrivano (2h07’28”) inchinandosi davanti al duca, al quale porgono (2h07’50”) le loro scuse. Theseus li
fa alzare e il quartetto d’archi (2h08’01”)
espone il loro canonico tema (forma originaria in violino II e cello, inversione in violino I e viola).
Lysander è il primo a parlare (2h08’15”)
e mentre gli archi ripetono il tema degli innamorati, spiega al duca le
circostanze della sua fuga nel bosco. Subito dopo (2h08’36”) tocca a Demetrius (gli archi espongono il tema degli
innamorati in inversione) a
raccontare la sua parte di verità, spiegazione che Theseus tronca di netto (2h08’54”) limitandosi a sentenziare
la sua approvazione (in contrasto con la volontà del padre di Hermia) all’unione
delle due coppie e benedicendone – insieme ad Hippolyta – il prossimo
matrimonio, con gli archi a reiterare il motivo della musica-da-film. Su un recitativo secco (solo il cembalo lo
accompagna, 2h09’52”) Theseus
ordina che entrino le maschere, per far trascorrere le tre ore che separano la
cena dal... letto (!) É Quince (2h10’06”)
a presentare a Hippolyta la locandina dello spettacolo, che Demetrius e
Lysander si permettono di dileggiare. Theseus chiede chi siano i commedianti e
la moglie gli risponde che trattasi di gente abituata ad usare le mani ma non
il cervello (!) Il duca invece apprezza l’offerta degli umili artigiani e
decide di metterli alla prova, pregando le signore di prendere posto. Si chiude
qui il recitativo secco ed ha inizio la rappresentazione della tragedia di Pyramus and Thisby. Britten elimina
d’ora in poi le indicazioni agogiche in inglese per presentarle solo in
italiano: chiaro riferimento (e già parodia?) del melodramma ‘7-8-centesco.
E come ogni melodramma (o operetta,
in questo caso!) che si rispetti, inizia (2h11’21”) con una (specie di) sinfonia (Vivace serioso, ma non troppo) introdotta da due schianti degli
archi, quindi da una sequenza di colpi di timpano e infine da una pretenziosa
strombazzata (tipo Leichte Kavallerie,
per intenderci). Tutto ciò serve, proprio come in vonSuppè, per attirare l’attenzione del pubblico sulla
rappresentazione (una serie di numeri
intervallati da qualche recitativo secco
riservato ai commenti degli astanti, ma non solo) che sta per iniziare. E che inizia (2h11’45”) con un Prologo (Tempo ordinario) recitato da tutti i sei aspiranti attori (in
coppie di due e in modo pomposo) e
suddiviso in sei sezioni, ciascuna aperta da un accordo orchestrale: le prime
quattro vengono cantate a corale a
cappella, la quinta a canone e la
sesta ancora a corale. In detto
Prologo i sei mettono le mani avanti rispetto ai loro obiettivi. Prologo che
chiude la sua prima parte (2h12’49”)
con uno stentoreo accordo di RE maggiore. Due battute (ad-libitum) di
recitativo secco, dove i sei nobili spettatori si lasciano andare, accavallando
le voci, a commenti non proprio lusinghieri, preludono ad una seconda sezione
del Prologo, ora cantata (2h13’01”,
Andante pesante, MIb) dal solo Quince
(che deve attaccare tre volte, causa il brusio persistente nell’uditorio...) e
volta a presentare al pubblico personaggi e interpreti. L’aggettivo pesante potrebbe convenientemente essere
mutato in pedante: tale è il tono
(anzi, recto-tono, cioè canto che insiste
sempre sulla stessa nota) tenuto da Quince, che alterna oltretutto squarci di
puro parlato. Quattro battute di recitativo (2h14’13”) servono a proporci una domanda di Helena (ma il leone
parla?) che dà modo a Demetrius di rispondere con una battuta di spirito: ma
certo, visto che parlano pure gli asini! Quince ha fatto uscire tutti tranne
Snout, che impersona il muro che divide i due amanti protagonisti del dramma. E
così il numero successivo (2h14’25”,
Lento lamentoso) ha come
protagonista, appunto, il muro attraverso il quale sono costretti a parlarsi e
sbirciarsi Pyramus e Thisby. La partitura prescrive che la voce del muro sia
una Sprechstimme, ormai classico
termine coniato da Schönberg per il
suo Pierrot. L’accompagnamento è
quasi da recitativo secco, e tale è il successivo interloquire (2h15’17”) di Hermia e Lysander, che
commentano causticamente il muro parlante, interrotti da Theseus che annuncia
l’entrata (2h15’32”, Moderato ma tenebroso) del protagonista
Pyramus(Bottom).
E ad un protagonista non si può
negare un numero strappa-applausi: scena&aria!
Così Pyramus attacca un recitativo accompagnato, deplorando la buia notte, cui
segue (2h16’03”) l’aria (un misto di Shostakovich e
Gershwin!) con la benedizione del muro e della sua fessura attraverso la quale
lui può guardare la sua Thisby. Una strepitosa cadenza (2h16’32”) chiude l’aria, ma non il numero, che riprende con un
recitativo (2h16’44“) nel
quale Pyramus piange l’assenza di Thisby (che è in ritardo ad arrivare dietro
il muro) maledice il muro medesimo e poi discute (2h17’04“) addirittura con Theseus che gli rimprovera quell’ingiusta
maledizione. E l’arpa annuncia infatti l’arrivo di Thisby (2h17’28“). Come co-protagonista,
anche a lei(lui) spetta di diritto un’aria-duetto,
un Allegretto grazioso con
accompagnamento di flauto (non è un caso che l’artigiano sia... Flute).
L’intonazione è sempre precaria e sul MIb dell’orchestra Thisby (2h17’46“) attacca in DO, poi (2h17’53“) prova dal LAb, quindi (2h18’01“) dal SI e finalmente (2h18’09“) azzecca per caso il MIb! Pyramus
si aggiunge (2h18’17“) avendo visto (!) una voce e chiama l’amata
attraverso il muro. Il tempo muta ora (2h18’41“)
in Allegro brillante per la chiusa
del duetto: i due si scambiano effusioni verbali, cantando lei in DO maggiore e
lui in LA maggiore, un’aspra e dissonante bitonalità che sfocia, mentre i due (2h19’01“) cercano di baciarsi
attraverso il muro, in un orripilante accordo LA-DO-DO#-MI dell’intera
orchestra. In un’appendice di recitativo che subito torna a tempo Thisby lamenta però di aver baciato... un muro e Pyramus le
dà quindi appuntamento presso la tomba di Ninny
(così anche Semiramide è accontentata). Usciti di scena i due amanti, il muro
rimane disoccupato e quindi (2h19’40“)
sempre Lento lamentoso (e... schönberg-iano)
saluta e se ne va.
Hippolyta (2h19’59“, recitativo secco) non ha dubbi nel bollare la scena come scema! Ma il marito filosoficamente osserva che ci potrebbe essere
di peggio, ecco. E a proposito stanno per arrivare (2h20’21“) due illustri bestie: uomo (che però impersona la
luna) e leone (impersonato da un... uomo!) Il primo a cantare è Snug, il leone,
in tempo Quasi ‘Polka’. Rassicura le
signore del pubblico – che si spaventano anche per un topolino - che lui è in
realtà lo stipettaio. I suoi attacchi (e quelli dell’orchestra) sono dei tritoni, che dovrebbero impaurire come
il diavolo, ma il ritmo e il portamento del canto mandano tutto in parodia,
tanto che (2h20’54“) perfino Hermia
apprezza la docilità della fiera, mentre Demetrius è meno tenero e Theseus
invita tutti ad ascoltare la luna. È Starveling ad interpretarla (2h21’09“, Andante placido) presentandosi come luna cornuta (cioè una falce) e così attirando la facile battuta di
Lysander (le corna dovrebbe averle in testa lui). Il suo è di fatto un
recitativo e, come già accaduto durante le prove, ogni volta che tocca la
parola moon il nostro si ferma sopra
il FA con una specie di prolungato falsetto, attirandosi così gli sbeffeggi di
Theseus e Demetrius e provocando la reazione annoiata di Hippolyta, che lo
invita a cambiare... fase. Ma adesso (2h22’04“)
...silenzio! Sta per tornare Thisby. La quale (2h22’11“, Allegretto)
è immancabilmente preceduta dalla leggiadra melodia del flauto accompagnato
dall’arpa. Lei è arrivata presso la tomba di Ninny all’appuntamento con
Pyramus, ma costui non si vede, mentre in compenso (2h22’35“, Presto feroce!)
si vede e si sente, dopo un tremendo accordo generale, il leone che comincia a
darle la caccia, con ruggiti che hanno però l’aria di un... saltarello, ulteriormente
mandati in... vacca, cioè in muggiti dagli sfottenti glissando del trombone! Demetrius applaude i ruggiti, Theseus ed
Hermia lodano la fuga precipitosa di Thisby (che ha lasciato lì il mantello)
Lysander apprezza gli strappi che il leone dà al mantello, mentre le altre due
signore si complimentano con la luna. Ma ora ci si avvicina alla scena-madre,
con il ritorno di Pyramus (2h23’06“,
Lento) che i clarinetti accompagnano
nell’esposizione di una nuova aria col
da-capo, in LAb maggiore. Dopo la strofa iniziale, ecco (2h23’24“) una specie di tempo-di-mezzo, più vivace, dove il
poveretto si rende conto a poco a poco della (da lui stesso presunta) disgrazia
capitata all’amata Thisby. Ora (2h23’42“)
un Allegro disperato (si fa per
dire... ascoltando il solito strafottente trombone!) sostiene la disperata
esternazione di Pyramus (condivisa dalla sensibile Hippolyta) che non sopporta
la perdita dell’amata e si slancia in una stentorea perorazione con
accompagnamento dei legni, sfociante (2h24’10“)
in un accordo seguito da crome ribattute sul quale Pyramus si trafigge e cade
invocando la morte, suggellata dai rintocchi di timpano e grancassa. Ma, come
in ogni eroica e melodrammatica morte che si rispetti (Siegfried, Otello... per
dire) l’eroe defunto ha diritto a cantare il da-capo della sua aria! E così tornano i clarinetti (2h24’23“, Lento) ad accompagnarlo nel suo definitivo addio al mondo, con
tanto di saluto alla luna e cadenza finale del glockenspiel che si porta
l’anima in cielo...
Il recitativo (quasi) secco
che segue ci porta la graffiante battuta di Demetrius (beh, con un buon medico
potrebbe tornare in vita e dimostrarsi un vero asino) e il richiamo di Theseus
all’attenzione per il rientro di Thisby (che Hippolyta si augura sia breve).
Ecco infatti (2h25’01“) ritornare
l’immancabile Allegretto del flauto
che scorta la poveretta, ancora ignara della tragedia che incombe su di lei. Le
sue frasi smozzicate, alla vista del corpo di Pyramus steso a terra, sono
intercalate da graziose figurazioni del flauto, finchè (2h25’33“, Vivace) lei
realizza che l’amato è stecchito e si imbarca (sempre insieme al flauto) in due
o tre vocalizzi e poi in una drammatica cadenza, prima di esporre una specie di
epitaffio per il defunto. Eccola quindi (2h26’08“,
Adagio lamentoso) piangere Pyramus
esaltandone labbra, naso, occhi... tutto finito, tutto andato. Peccato che il
suo canto, un’accorata melodia in SI maggiore, sia accompagnato dalla trombetta
(col vibrato) che lo trasforma in una
specie di mortorio di paese, con tanto di banda del pignataro, o come una
processione ante-litteram del duo Fellini-Rota. Davvero esilarante poi, nella
sua parodistica enfasi, la chiusa (Adieu,
adieu, adieu) con suicidio allegato. Theseus (2h27’26“) non aspetta altro per poter chiudere lo spettacolo, e
ordina che luna&leone si fermino a seppellire i morti. Lysander si permette
di aggiungervi anche il muro, ma Bottom (2h27’37“)
resuscita e protesta: il muro è ormai abbattuto, piuttosto ci sarebbe un
epilogo... o si preferisce una Bergomask?
Per carità, niente epiloghi, ribatte il duca, vada per la danza (così abbiamo anche una spruzzatina
di grand-opéra, che non guasta!)
Dopo un’introduzione (2h28’00, Quick – Britten, chiusa la parentesi d’opera italiana, torna alle indicazioni agogiche in inglese) che
richiama la strombazzata della sinfonia, ecco i sei rustics (2h28’18“)
danzare la bergomask, con una prima
sezione che alterna 3/4 a 6/8, e una seconda (2h28’57“ Very quick)
in 2/4 caratterizzata da svolazzi di flauti e clarinetti, che si chiude
inopinatamente (2h29’26“) al
sopraggiungere dei rintocchi di mezzanotte. Essi sono affidati alla campana (in
SOL#) che ne batte uno ogni due battute, in tempo Slow, mentre l’orchestra intona un motivo solenne, che ben si
addice al luogo e ai nobili che lo abitano. Sul settimo rintocco (2h29’51“) prende la parola Theseus,
per invitare tutti ad andare a nanna (no, anzi, per la verità: a letto!) A 2h30’20“ si aggiungono all’invito anche Hippolyta e subito
(insieme) i quattro giovani, seguiti da altri 12 rapidi rintocchi del
glockenspiel ed altrettanti, ancor più rapidi, della seconda arpa e poi, sempre
più rapidi, della prima.
La conclusione della storia – come
già il suo principio - è però riservata ai rappresentanti del mondo-A, che arrivano ad occupare
(quasi a contraccambiare la visita fatta a casa loro dai rappresentanti degli
altri due mondi) i luoghi della
realtà. Ecco quindi i quattro elfi (2h31’00“)
intonare una filastrocca di quattro strofe, di cui le prime tre cantate a
coppie e l’ultima tutti insieme: una cosuccia non proprio da... educande, a
giudicare dai riferimenti (tipo-halloween)
a sepolcri che si spalancano liberando gli spiriti che vi abitano. Arriva (2h32’00“) Puck armato di scopa, ma
è... la sua trombetta a spazzar via i quattro elfi, per far posto all’arrivo di
Oberon e Tytania. Una Slow march (2h32’19“) introduce i sovrani che
invitano gli elfi a riempire quel luogo di pace e serenità: e gli accordi
dell’intera scala cromatica fanno da sottofondo a questo invito. Poi (2h33’05“, Slow and solemn) ecco una vera e propria consacrazione della casa, con tanto di auguri-e-figli-maschi! alle tre coppie di sposi. La forma di quest’ultimo
ensemble (un concertato dove cantano
tutti: i 4 elfi, il coro degli elfi, Oberon e Tytania, caratterizzato da canto
ed accompagnamento in metro giambico - semicroma / croma puntata) - è A-B-A,
dove A è una sezione di 8 battute suddivise in 4 parti di due; B (2h33’50“, 5 battute) varia solo
leggermente la melodia; e la ripresa di A (2h34’14“) è costituita da due sole battute, seguite da cinque in
cui Oberon invita tutti a... folleggiare via per tornare da lui all’alba. L’ultimissima
scena è appannaggio dell’equivoco Puck che arriva (2h34’48“) scortato dalla sua inseparabile trombetta e dai legni
per il recitativo di chiusura, le classiche scuse al pubblico (non
Theseus&C, ormai a letto, ma proprio noi...) e la promessa di risarcimento in
cambio di un applauso.
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